ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00072

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 166 del 18/04/2019
Abbinamenti
Atto 6/00070 abbinato in data 18/04/2019
Atto 6/00071 abbinato in data 18/04/2019
Atto 6/00073 abbinato in data 18/04/2019
Atto 6/00074 abbinato in data 18/04/2019
Firmatari
Primo firmatario: LOLLOBRIGIDA FRANCESCO
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 18/04/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MELONI GIORGIA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
ACQUAROLI FRANCESCO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
BELLUCCI MARIA TERESA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
BUCALO CARMELA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
BUTTI ALESSIO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
CARETTA MARIA CRISTINA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
CIABURRO MONICA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
DE CARLO LUCA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
DEIDDA SALVATORE FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
DONZELLI GIOVANNI FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
FERRO WANDA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
FIDANZA CARLO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
FOTI TOMMASO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
FRASSINETTI PAOLA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
GEMMATO MARCELLO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
LUCASELLI YLENJA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
MANTOVANI LUCREZIA MARIA BENEDETTA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
MASCHIO CIRO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
MOLLICONE FEDERICO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
MONTARULI AUGUSTA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
OSNATO MARCO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
PRISCO EMANUELE FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
ROTELLI MAURO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
SILVESTRONI MARCO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
TRANCASSINI PAOLO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
VARCHI MARIA CAROLINA FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019
ZUCCONI RICCARDO FRATELLI D'ITALIA 18/04/2019


Stato iter:
18/04/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 18/04/2019
Resoconto TRIA GIOVANNI MINISTRO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 18/04/2019
Resoconto TABACCI BRUNO MISTO-+EUROPA-CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto LORENZIN BEATRICE MISTO-CIVICA POPOLARE-AP-PSI-AREA CIVICA
Resoconto GEBHARD RENATE MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto LUPI MAURIZIO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI
Resoconto FORNARO FEDERICO LIBERI E UGUALI
Resoconto LUCASELLI YLENJA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto PRESTIGIACOMO STEFANIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto PADOAN PIETRO CARLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BORGHI CLAUDIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto SODANO MICHELE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SGARBI VITTORIO MISTO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 18/04/2019

DISCUSSIONE IL 18/04/2019

DICHIARATO PRECLUSO IL 18/04/2019

CONCLUSO IL 18/04/2019

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00072
presentato da
LOLLOBRIGIDA Francesco
testo di
Giovedì 18 aprile 2019, seduta n. 166

   La Camera,
   premesso che:
    il Documento di economia e finanza per il 2019 riporta una previsione di crescita media del PIL in termini reali per il 2019 all'1 per cento (con ipotesi all'1,2 per cento nel secondo semestre dell'anno), un indebitamento netto al 2,4 per cento del PIL (in peggioramento di circa 0,2 punti percentuali rispetto al 2018), un rapporto debito/PIL stimato al 132,8 per cento del PIL, e una spesa pubblica in aumento dell'1,7 per cento;
    sotto il profilo delle entrate tributarie, sono previsti: una discesa al 28,5 per cento anche per effetto della disattivazione delle clausole di salvaguardia IVA, l'estensione dell'ambito di applicazione del regime forfettario agevolato e la tassazione a favore delle imprese che reinvestono gli utili in beni strumentali e per l'incremento dell'occupazione nonché l'aumento della deducibilità dell'IMU sugli immobili strumentali e la proroga al 2019 delle detrazioni fiscali delle spese destinate all'efficientamento energetico;
    il DEF, quindi, certifica la sostanziale stagnazione in cui versa l'Italia, unico tra i ventotto Stati dell'Unione europea a trovarsi oggi in una fase di recessione, ampliando, peraltro, la distanza con gli altri ventisette, e confermando i dati diffusi dall'Istat sull'andamento dell'economia nazionale nel quarto trimestre 2018, che riportano una contrazione del PIL pari allo 0,2 per cento per il secondo trimestre consecutivo di calo, dopo un valore che si attestava su -0,1 per cento del periodo luglio-settembre;
    i principali effetti finanziari delle misure del Programma Nazionale di Riforma (PNR) per il triennio 2019-2021 risultano essere: maggiori spese complessive per circa 133 miliardi afferenti prevalentemente alle due misure «Reddito di cittadinanza» e «Quota 100»; minori spese per circa 16,6 miliardi per il bilancio dello Stato (al riguardo, tra le misure più rilevanti si segnala il concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario introdotto dalla legge di bilancio per il 2019); maggiori entrate per circa 50,8 miliardi riconducibili prevalentemente sia all'abrogazione del regime opzionale dell'imposta sul reddito d'impresa IRI che alle disposizioni della legge di bilancio 2019 relative all'aumento delle aliquote IVA e delle accise previsto dal 2020;
    a conferma di questi ultimi dati il Ministro dell'economia e delle finanze – nel corso della sua audizione in Parlamento nell'ambito dell'esame del DEF – ha confermato l'attivazione delle clausole di salvaguardia IVA che determinerà un'ulteriore contrazione dei consumi e un innalzamento del costo della vita che sarà ancora più insostenibile per migliaia di famiglie;
    nel quadro programmatico presentato nella Nota di aggiornamento dello scorso anno si evidenziava che le misure di politica economica, industriale e sociale che il nuovo Governo avrebbe messo in campo avrebbero determinato una rilevante crescita del PIL nel triennio successivo, ma, già allora, le stime di crescita si palesavano del tutto inverosimili, considerando che anche i principali istituti internazionali (OCSE, FMI, Commissione Europea) esprimevano più realistiche previsioni al ribasso, con un rallentamento della crescita che, nella stima più ottimistica, si attestava al +1,1 per cento per il 2019;
    la previsione di crescita media del PIL in termini reali per il 2019 – a legislazione vigente – si attesta allo 0,1 per cento (1,0 per cento nello scenario del più recente documento ufficiale), con una lieve accelerazione del tasso di crescita solo nel triennio successivo, mantenendosi comunque sotto l'1 per cento (0,6 per cento nel 2020, 0,7 per cento nel 2021 e 0,9 per cento nel 2022);
    incorporando peraltro gli effetti delle misure contenute nei due recenti provvedimenti annunciati e ad oggi non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale (ossia il decreto «Crescita» e il decreto «Sblocca Cantieri») – il cui impatto complessivo sull'economia sarebbe di appena 0,1 punti percentuali di crescita aggiuntiva del PIL reale nel 2019 rispetto allo scenario tendenziale (+0,2 punti percentuali nel 2020 e +0,1 punti nel 2021) – il debito pubblico, per quest'anno, si attesterebbe al 129,4 per cento (rispetto al 128,8 per cento del 2018), per poi scendere al 128,1 per cento nel 2020 e al 127,2 per cento nel 2021, ad un livello comunque ancora del tutto insostenibile;
    il taglio drastico delle previsioni di crescita – con contestuale flessione delle aspettative e degli indici di fiducia delle imprese e delle famiglie – è dovuto in larga parte alla minore domanda interna (circa tre quarti a fronte di un quarto derivante dalla contrazione di quella estera), con la forte contrazione dei consumi e degli investimenti pubblici e privati;
    la crescita dei consumi delle famiglie si è sostanzialmente arrestata a partire dal secondo trimestre del 2018, mentre gli investimenti fissi lordi si sono complessivamente ridotti nella seconda metà dell'anno, cosicché la loro crescita tendenziale è passata da una media del 5,7 per cento nel primo semestre a solo lo 0,9 per cento nella seconda metà dell'anno;
    tale tendenza – come emerge anche dai dati allarmanti diffusi dal Centro Studi Confindustria – è confermata nel primo trimestre di quest'anno, con una produzione industriale sostanzialmente ferma (calo dello 0,1 per cento, dopo il forte arretramento di fine 2018, -1 per cento), una domanda interna (specie degli investimenti) ancora molto debole e un calo significativo dei prezzi alla produzione (-0,1 per cento);
    la debolezza della crescita italiana, pur inserendosi in un contesto complessivo di indebolimento del ciclo internazionale condiviso da tutte le principali economie europee, fa registrare una flessione decisamente più accentuata che altrove, ampliando così nuovamente il divario di crescita rispetto all'area dell'euro, con un netto calo di fiducia delle famiglie e delle imprese e, conseguentemente, anche dei potenziali investitori;
    nei giorni scorsi anche l'OCSE ha ribadito che il rischio concreto per l'Italia è quello di chiudere l'anno in piena recessione, con un calo dello 0,2 per cento nel 2019, unica economia europea a segnare un risultato nettamente negativo;
    rispetto alle previsioni di ottobre 2018, il quadro economico e finanziario tendenziale che emerge dal DEF 2019 conferma i rischi di un drastico rallentamento e una profonda incertezza del ciclo economico e produttivo nazionale, e l'impatto negativo della frenata del PIL sui conti pubblici determinerà, in automatico, l'incremento del deficit nominale e del debito, che, se non compensato da massicci investimenti, rischia di avere effetti devastanti;
    occorre un deciso rilancio degli investimenti pubblici che, invece, sono scesi ulteriormente all'1,9 per cento del PIL, con un divario di 0,8 punti rispetto al 2,7 per cento della media UE, pari a quasi 15 miliardi di euro;
    le numerose fratture interne alla maggioranza anche sul tema dei lavori pubblici, tuttavia, stanno bloccando l'avvio e il completamento ai molti cantieri e scoraggiando gli investimenti privati su cui pesa, tra l'altro, la scarsa fiducia delle imprese, come emerge anche dai dati recenti diffusi da Confindustria;
    la Banca d'Italia ha rilevato che gli investimenti delle imprese in beni strumentali, cresciuti del 5,2 per cento nel 2018, caleranno drasticamente nel 2019 e nel 2020: un peggioramento dovuto soprattutto alle norme contenute nella legge di bilancio che hanno cancellato il super-ammortamento e rimodulato gli incentivi dell'iper-ammortamento in beni tecnologici;
    a tutto ciò si aggiunge che le imprese italiane continuano ad essere vessate da una tassazione abnorme e da una eccessiva burocrazia;
    la fatturazione elettronica, inoltre, si sta rivelando un vero disastro; l'entrata in vigore del relativo obbligo per tutte le operazioni tra partite IVA e con i consumatori, infatti, sta evidenziando notevoli criticità e scontando gravi inefficienze nella sua applicazione concreta (forti ritardi nella gestione telematica, con il rischio che la fattura possa non arrivare in tempi brevi al destinatario, inevitabili ritardi nell'esecuzione del pagamento dovuto) che stanno portando, in molti casi, addirittura alla chiusura delle attività commerciali di piccole dimensioni, non in grado di sostenere gli oneri (anche finanziari) derivanti dai nuovi adempimenti richiesti;
    in tale contesto – già duramente provato – il tasso di disoccupazione permane ancorato ad un valore decisamente troppo elevato, passando dal 10,6 per cento del 2018 all'11 per cento del 2019, per poi scendere solo lievemente nel biennio 2021-2022 (e attestandosi comunque sopra il 10 per cento e, dunque, ad un dato ancora molto lontano dai livelli pre-crisi, considerato che nel 2008 si attestava al 6,7 per cento);
    sull'occupazione stabile continua peraltro a pesare in modo drammatico – con grave pregiudizio soprattutto per le donne e i giovani – il costo del lavoro, che in Italia è il più alto d'Europa;
    il recente rapporto OCSE «Taxing Wages 2019», che analizza il livello e la dinamica del carico fiscale sul lavoro dipendente nei Paesi membri dell'OCSE, ha evidenziato come sulla determinazione del cuneo fiscale nel nostro Paese incidano – per il 16,7 per cento – l'imposta sui redditi, – per il 7,2 per cento – i contributi a carico del lavoratore e – per il 24 per cento – i contributi a carico del datore di lavoro: in Italia le imposte sul reddito e i contributi di sicurezza sociale combinate assieme rappresentano l'85 per cento del cuneo fiscale totale, rispetto al 77 per cento del cuneo fiscale medio dell'OCSE;
    sempre secondo l'OCSE, tra il 2017 e il 2018, il cuneo fiscale nel nostro Paese è, per il lavoratore medio single, in aumento dal 47,7 per cento al 47,9 per cento, attestandosi di quasi 12 punti sopra la media OCSE, che è del 36,1 per cento rispetto al 36,2 per cento del 2017 (questo effetto è ascritto all'incremento dell'imposta sui redditi, mentre non ha avuto variazioni l'incidenza dei contributi sociali) mentre, per le famiglie monoreddito con due bambini, è pari al 39,1 per cento, il secondo più alto dell'OCSE, superato solo da quello della Francia (39,4 per cento), decisamente sopra la media dei Paesi industrializzati che è del 26,6 per cento;
    inoltre il Total tax & contribution rate (uno degli indicatori presenti nel rapporto «Paying Taxes 2019» pubblicato dalla Banca Mondiale, particolarmente esemplificativo del dumping fiscale interno all'Unione europea e dell'eccessiva tassazione sulle imprese italiane e che misura il carico fiscale e contributivo che grava sulle imprese) in Italia è superiore di circa quindici punti rispetto alla media europea, dimostrando come per i nostri prodotti e per le nostre imprese esista un importante problema di competitività dovuto al differente peso fiscale;
    nell’«Analisi annuale della crescita 2019» elaborata dalla Commissione europea nel novembre 2018 – nel confermare che l'economia europea è entrata nel sesto anno di crescita ininterrotta – si ribadisce che «in diversi Stati membri il flebile impulso delle riforme, la bassa crescita della produttività e gli elevati livelli di debito gravano sul potenziale di crescita dell'economia», che vi sono notevoli differenze di produttività tra imprese, settori e regioni dell'Unione europea e che proprio le ampie disparità regionali e territoriali «rimangono un'importante fonte di preoccupazione»;
    nel citato documento si afferma, inoltre, che nonostante i progressi compiuti, «le sfide e i rischi esterni sono in aumento», tra i quali in primo luogo figurano l'ascesa economica della Cina e il crescente protezionismo commerciale praticato dagli Stati Uniti;
    in particolare, nel testo si citano tra le «vulnerabilità persistenti»: la bassa crescita della produttività, le persistenti disuguaglianze di reddito e la lenta diminuzione della povertà, le disparità regionali e territoriali, l'elevato debito pubblico e privato e altri squilibri macroeconomici persistenti all'interno della zona euro;
    tra le «sfide a breve termine» figurano, tra le altre, l'aumento del protezionismo e le tensioni geopolitiche che incidono sulle relazioni commerciali, l'instabilità sui mercati emergenti, e il graduale ritiro dello stimolo della Banca centrale, mentre tra le «sfide a medio/lungo termine» sono annoverati anche l'impatto dei cambiamenti demografici e il ruolo delle migrazioni;
    l'azione protezionistica avviata dagli Stati Uniti con la introduzione dei dazi su siderurgia e acciaio, come reazione al surplus commerciale tedesco, rischia di scatenare una guerra commerciale dagli esiti drammatici per le nostre aziende, oltre ad acuire la crisi di alcune economie emergenti che rappresentano per l'Italia importanti partner commerciali e mercati per le esportazioni;
    le imprese italiane sono già gravemente penalizzate a causa delle sanzioni commerciali imposte alla Russia, che – negli anni in cui sono state in vigore – hanno inflitto perdite al mercato delle esportazioni italiane per tre miliardi di euro annui, colpendo in particolar modo le imprese agroalimentari e il mercato delle tecnologie;
    la doverosa riduzione del debito pubblico non può essere realizzata con le cieche politiche di austerità che derivano dall'applicazione di regole stringenti che – come è evidente – hanno prodotto nel tempo effetti devastanti (mancata ripresa economica, crescente impoverimento dei cittadini, acuirsi delle disuguaglianze sociali) e hanno agito nel senso di una sistematica disintegrazione del sistema di protezione e inclusione sociale;
    la debolezza dell'economia italiana – attanagliata da un debito troppo pesante e da prospettive di crescita assolutamente deludenti – sta incidendo in maniera fortemente negativa sulla tenuta dell'intero sistema sociale del nostro Paese, oltre che sulla competitività e attrattività dei suoi assetti produttivi;
    le previsioni del Governo sono state clamorosamente smentite dall'attuale fase di recessione economica, produttiva e sociale, e le misure adottate finora non hanno avuto gli effetti auspicati, determinando anzi un sostanziale peggioramento delle condizioni complessive del Paese;
    i provvedimenti inerenti lo sviluppo economico e sociale del Paese messi in atto finora dall'Esecutivo – con particolare riferimento alla politica fiscale, occupazionale e industriale – non hanno neanche lontanamente raggiunto gli obiettivi prefissati e, anzi, hanno generato effetti negativi e recessivi, nonostante i clamorosi annunci di esponenti autorevoli che, ancora a gennaio di quest'anno, prefiguravano un «boom economico» paragonabile a quello degli anni Sessanta;
    invece che in un «miracolo produttivo» gli italiani si ritrovano oggi in una fase di piena recessione economica e sociale, con una stagnazione della produzione industriale e un enorme pregiudizio soprattutto per le famiglie e le imprese;
    è assolutamente necessario e urgente invertire la rotta e avviare nuove e più incisive politiche per lo sviluppo economico e sociale del Paese,

impegna il Governo

   1) ad assumere tutte le iniziative strutturali necessarie per disinnescare – in maniera definitiva e non solamente per l'anno 2020 – le clausole di salvaguardia che prevedono un aumento delle vigenti aliquote Iva, senza altresì prevedere aumenti della pressione fiscale;
   2) a realizzare una riforma complessiva del sistema fiscale, disponendo l'immediata introduzione della flat tax al 15 per cento, sia per famiglie che per le imprese, sul reddito incrementale, ovvero sul maggior reddito prodotto rispetto al periodo d'imposta precedente, al fine di far emergere i redditi sommersi ed ampliare la base imponibile delle diverse imposte e a prevedere, a partire dall'anno d'imposta successivo, l'applicazione del meccanismo della flat tax sull'intero reddito prodotto;
   3) ad avviare la progressiva riduzione delle accise sulla benzina;
   4) a promuovere l'adozione di un Piano nazionale di interventi – anche di natura fiscale – finalizzato a contrastare la crisi demografica in atto e incentivare la natalità, con provvedimenti strutturali e permanenti volti a promuovere, in primo luogo, la gratuità degli asili nido e gli assegni per i figli a carico;
   5) a promuovere politiche sociali volte a garantire il sostegno ai soggetti che per ragioni obiettive sono impossibilitati a lavorare, quali i minori, gli invalidi e gli ultrasessantenni privi di reddito;
   6) ad assumere le necessarie iniziative in ambito europeo volte a introdurre la golden rule per investimenti pubblici strategici che – consentendo di scomputare la relativa spesa dal calcolo del deficit ai fini del Patto di Stabilità – permetterebbe di realizzare un piano nazionale di investimenti infrastrutturali, materiali e immateriali, indispensabili per lo sviluppo dell'Italia;
   7) a destinare almeno il 3 per cento del PIL a investimenti pubblici e infrastrutture, per tornare a puntare sull'ammodernamento della Nazione, attraverso lo sviluppo e l'implementazione della rete digitale, la riqualificazione e il miglioramento del trasporto pendolare e il completamento dell'Alta Velocità;
   8) a garantire – in considerazione del gap infrastrutturale che scontano le regioni del Sud Italia rispetto al resto del Paese – che almeno il 50 per cento della quota del PIL destinata a investimenti pubblici e infrastrutture sia utilizzato per realizzare investimenti nelle regioni meridionali;
   9) ad adottare iniziative volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni insulari;
   10) a tutelare le imprese italiane e il Mode in Italy, sostenendo in ambito europeo l'introduzione di misure più stringenti volte a contrastare il dumping sociale e ambientale degli Stati extraeuropei, nonché ad intraprendere le necessarie iniziative volte a promuovere una maggiore armonizzazione tra gli Stati membri del sistema di tassazione gravante sulle imprese, al fine di compensare il dumping fiscale esistente;
   11) a realizzare una politica economica basata sulla difesa del lavoro, dell'industria e dell'agricoltura italiani da concorrenza sleale e normative europee che possono penalizzare il sistema-Italia, e volta a sostenere la produzione industriale e agricola riconoscibile come marchio-Italia e la graduale riconversione della produzione esposta alla concorrenza indiscriminata;
   12) ad assumere iniziative urgenti volte a contrastare la concorrenza fiscale sleale tra Stati membri e il fenomeno delle delocalizzazioni intracomunitarie;
   13) ad adottare politiche industriali efficienti volte a fronteggiare la minaccia all'economia e alla sicurezza del nostro Paese, attraverso la tutela delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico, spesso permeabili a manovre esterne indirizzate ad assumerne il controllo;
   14) rilanciare il piano di incentivi relativi a Industria 4.0, con particolare attenzione all'innovazione nelle piccole e medie imprese;
   15) ad adottare iniziative volte a ridurre e semplificare gli adempimenti burocratici che gravano sulle imprese;
   16) ad assumere le opportune iniziative volte a eliminare l'obbligo della fatturazione elettronica a carico delle piccole e medie imprese e ad escluderle dallo split payment;
   17) a revocare i contratti di concessione autostradale, aeroportuale, delle reti ferroviarie, delle reti idriche ed energetiche che non soddisfino l'interesse nazionale;
   18) ad avviare negoziati in ambito europeo per rivedere l'impostazione del complesso dei vincoli derivanti dal fiscal compact, al fine di avviare una politica di crescita sostenibile e di ripresa economica e produttiva, con l'impegno da parte italiana a utilizzare la maggiore flessibilità unicamente in investimenti pubblici e sicurezza;
   19) ad adottare una politica fiscale «di vantaggio» per le attività del comparto turistico, attraverso una sensibile riduzione dell'imposta sul valore aggiunto sulle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive – in sintonia con quanto previsto dalla legislazione di altri Paesi nostri concorrenti diretti – tale da determinare una riduzione del prezzo finale per i consumatori, un aumento del ricavo unitario per gli operatori e, conseguentemente, un aumento dell'attività turistica (indotto sia da una crescita della domanda di turismo, in termini di maggiori presenze e di maggiore spesa, sia dai maggiori investimenti che potranno essere effettuati dal settore);
   20) a prevedere forme di sostegno diretto nei settori produttivi maggiormente trainanti per la nostra economia nazionale, e ridare centralità al contratto di lavoro a tempo indeterminato e alla tutela dei diritti dei lavoratori;
   21) a prevedere il rilancio del sistema bancario per assicurare l'accesso al credito a famiglie e imprese e – in questo contesto – accelerare il processo di riduzione dello stock di crediti deteriorati, rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale, predisporre una revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie e favorire una revisione della normativa sul sistema bancario al fine di prevedere la separazione tra banche commerciali e banche d'affari;
   22) a evitare ulteriori compressioni delle risorse correnti dei comuni, auspicando una prossima revisione delle regole contabili che consenta agli enti di trasformare in effettiva capacità di spesa almeno quota parte degli avanzi di amministrazione disponibili in bilancio;
   23) a promuovere la revisione della legge n. 56/2014 per dare una prospettiva certa alle Province e alle Città metropolitane, in coerenza con le disposizioni della Costituzione e della Carta europea delle autonomie locali, sia relativamente agli organi di governo e al loro sistema di elezione, sia relativamente ad una più precisa definizione delle loro funzioni fondamentali, al fine di ripristinare e consolidare, in maniera strutturale, l'equilibrio nei bilanci;
   24) ad assegnare risorse agli Enti locali da destinare alla riqualificazione urbana e alla sicurezza delle periferie, al fine di ricostruire e dare nuova vitalità al nostro immenso patrimonio artistico nonché contrastare l'abusivismo, le occupazioni illegali e il degrado;
   25) a proseguire nella creazione di aree di fiscalità di vantaggio, atte a sostenere e potenziare lo sviluppo dei territori, e in questo quadro:
    a) in ottemperanza alle previsioni di cui all'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, ad assumere le iniziative volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni insulari;
    b) ad assumere ogni iniziativa utile a promuovere – in analogia con quanto previsto per le Zone economiche speciali (ZES) – una fiscalità di vantaggio in favore delle aree portuali delle regioni settentrionali che, ponendosi al crocevia dei principali corridoi europei ad alta velocità e capacità, possono costituire senza dubbio un partner strategico e di supporto per il sistema portuale del Mezzogiorno;
    c) individuare con rapidità quali comuni, tra quelli che ne abbiano fatto richiesta, abbiano i requisiti per costituire al proprio interno le zone franche urbane di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al fine di rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale delle micro e piccole imprese;
   26) a realizzare il monitoraggio delle risorse destinate dallo Stato e dall'unione europea al contrasto della disoccupazione e agli altri programmi di sviluppo in favore delle regioni dell'obiettivo convergenza, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse, e al fine di contrastare la lentezza nelle procedure di spesa;
   27) a elaborare un programma per la messa in sicurezza dei territori, degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, di recupero dei centri urbani, attraverso opere di restauro degli edifici storici, per il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitaria e carceraria;
   28) tra gli interventi considerati prioritari, ad assegnare precedenza assoluta alla realizzazione dei collegamenti, anche volti all'approvvigionamento energetico, con gli Stati esteri confinanti, per i quali risultano contratti già in essere e per i quali sono già state ultimate le tratte estere;
   29) rispetto alle azioni per l'emergenza sismica, e stante il fallimento delle strategie messe in campo sinora, ad assumere iniziative per semplificare le procedure e velocizzare la ricostruzione sia pubblica che privata, nonché prevedere una moratoria decennale sulla riorganizzazione dei servizi pubblici essenziali nelle zone colpite dagli eventi sismici, al fine di evitare lo spopolamento e il definitivo collasso del tessuto produttivo;
   30) ad abolire il limite all'uso del contante, considerato che non si è rivelato, nel tempo, uno strumento efficace di contrasto all'evasione fiscale e alle operazioni di riciclaggio da parte della criminalità organizzata, che, invece, andrebbero combattute con misure repressive e sanzionatorie più organiche e strutturali, e che, peraltro, non essendo previsto in molti Paesi europei, anche confinanti, rischia di essere solo un freno per i consumi e un ostacolo in termini anche di competitività;
   31) a riattivare i meccanismi di programmazione e regolamentazione dei flussi migratori regolari, rivitalizzando lo strumento, oramai del tutto depotenziato negli ultimi anni, del cosiddetto «decreto-flussi», al fine di assicurare «quote» mirate di immigrazione regolare e consentire, dunque, l'ingresso di stranieri nel territorio italiano esclusivamente sulla base di specifici criteri che tengano conto:
    1) dei fabbisogni occupazionali non reperibili nel territorio nazionale e delle caratteristiche della domanda di lavoro per settore economico e titolo di studio;
    2) dell'andamento tendenziale dei tassi di natalità, di fertilità e di invecchiamento della popolazione in Italia e, dunque, delle esigenze connesse al bilancio demografico negativo del nostro Paese e dell'effetto addizionale che l'ingresso di donne in età fertile può determinare sulla dinamica delle nascite;
    3) delle condizioni politiche, ambientali, sociali e demografiche dei Paesi di origine e di provenienza, con particolare riferimento alla capacità e alla propensione all'integrazione socio-culturale e al rispetto dei principi volti a garantire la sicurezza e l'ordine pubblico;
   32) al fine di assicurare la più efficace esecuzione delle procedure di rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza, incrementare le risorse del Fondo rimpatri e, in generale, gli stanziamenti destinati alle spese connesse alle procedure di espulsione, respingimento o allontanamento degli stranieri irregolari dal territorio dello Stato;
   33) ad assicurare maggiore efficienza e trasparenza al sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati per quanto concerne, in particolare, la gestione, il controllo e il monitoraggio della spesa, al fine di contrastare e prevenire efficacemente fenomeni lucrativi, dietro i quelli, il più delle volte, operano organizzazioni criminali;
   34) a razionalizzare la spesa connessa al sistema di accoglienza, eliminando gli sprechi e contrastando il conseguimento di indebiti profitti, soprattutto prevedendo un tetto al costo pro-capite mensile per ciascun migrante che non possa in ogni caso essere superiore all'importo massimo delle prestazioni economiche di natura socio-assistenziale erogate ai soggetti che si trovano in condizioni economiche disagiate e che lo Stato ritiene sufficienti ad assicurare una vita sostenibile e dignitosa;
   35) a incrementare le risorse destinate al comparto Difesa del 2 per cento, adeguando gli stanziamenti agli standard europei, soprattutto per quanto concerne la spesa per dotazioni e stipendi, prevedendo, altresì, che nei contratti del comparto difesa sicurezza vi sia un incremento per specificità;
   36) a destinare almeno il 50 per cento dei beni e proventi sottratti alle mafie alle forze di polizia e alle forze armate;
   37) a promuovere investimenti in attrezzature, tecnologie e sistemi informatici;
   38) ad adottare opportune politiche nel campo della cyber sicurezza;
   39) a potenziare i presidi istituzionali e delle forze dell'ordine sul territorio nazionale;
   40) a varare con urgenza un piano straordinario di edilizia carceraria con la creazione di nuovi posti detentivi e l'assunzione di nuovi agenti di Polizia Penitenziaria;
   41) ad assumere ogni iniziativa utile in ambito europeo ed internazionale volta alla stabilizzazione delle Nazioni estere i cui mercati da sempre costituiscono lo sbocco commerciale delle nostre esportazioni e ad assumere una posizione contraria alle sanzioni imposte dall'unione europea alla Russia.
(6-00072) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

crescita economica

prodotto interno lordo

finanziamento pubblico