ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00218

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 204 del 08/07/2019
Abbinamenti
Atto 1/00213 abbinato in data 08/07/2019
Atto 1/00219 abbinato in data 08/07/2019
Atto 1/00221 abbinato in data 09/07/2019
Firmatari
Primo firmatario: SPENA MARIA
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 08/07/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
NEVI RAFFAELE FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 08/07/2019
BRUNETTA RENATO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 08/07/2019
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 08/07/2019
LABRIOLA VINCENZA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 08/07/2019


Stato iter:
09/07/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 08/07/2019
Resoconto SPENA MARIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 08/07/2019
Resoconto PIGNATONE DEDALO COSIMO GAETANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MANTOVANI LUCREZIA MARIA BENEDETTA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto LOSS MARTINA LEGA - SALVINI PREMIER
 
INTERVENTO GOVERNO 09/07/2019
Resoconto MANZATO FRANCO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 09/07/2019
Resoconto FORNARO FEDERICO LIBERI E UGUALI
Resoconto CARFAGNA MARIA ROSARIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto ZANICHELLI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE
 
DICHIARAZIONE VOTO 09/07/2019
Resoconto FORNARO FEDERICO LIBERI E UGUALI
Resoconto CIABURRO MONICA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto SPENA MARIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto INCERTI ANTONELLA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto LOLINI MARIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto CILLIS LUCIANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BOND DARIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
PARERE GOVERNO 09/07/2019
Resoconto MANZATO FRANCO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/07/2019

DISCUSSIONE IL 08/07/2019

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 08/07/2019

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 09/07/2019

DISCUSSIONE IL 09/07/2019

ACCOLTO IL 09/07/2019

PARERE GOVERNO IL 09/07/2019

IN PARTE ASSORBITO IL 09/07/2019

APPROVATO IL 09/07/2019

CONCLUSO IL 09/07/2019

Atto Camera

Mozione 1-00218
presentato da
SPENA Maria
testo presentato
Lunedì 8 luglio 2019
modificato
Martedì 9 luglio 2019, seduta n. 205

   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è il primo produttore in Europa di grano duro, con oltre 200 mila imprese agricole coinvolte. Eppure molti agricoltori, schiacciati dall'andamento dei prezzi della materia prima, non considerano più conveniente investire nella semina di questo cereale. In alcuni areali (Lazio, Toscana e Sicilia e Basilicata) si regista una perdita di superfici di quasi il 50 per cento negli ultimi dieci anni. La Sardegna in 14 anni ha perso i quattro quinti (-78 per cento) di terra investita a grano, passando dagli oltre 96 mila ettari del 2004 agli appena 20.600 del 2018;
    nonostante il miglioramento che si sta registrando nella campagna 2018-2019, il comparto nazionale del grano duro lavora ai limiti del sottocosto ormai da anni. Dai 300 euro mediamente pagati al produttore alla tonnellata nel 2014 si è scesi a 270 euro l'anno successivo. La «guerra del grano» del luglio 2016 ha portato nel giro di un anno le quotazioni del grano duro destinato alla pasta a perdere il 43 per cento del valore fino a 180 euro a tonnellata. Le quotazioni sono risalite attorno ai 210 euro nel 2017 e 2018, ma lo scorso anno in taluni casi si è scesi ulteriormente fino 150-160 euro alla tonnellata a causa delle continue piogge che hanno compromesso la qualità del prodotto;
    secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) la semina del grano duro per la campagna 2018-19 è stata pari a circa 1,20 milioni di ettari, cioè il 6,5 per cento in meno rispetto alla campagna precedente. È particolarmente significativo il calo delle superfici al Nord (-25 per cento) e al Centro (-15 per cento), mentre tengono il Sud e le Isole. Crescono del 5 per cento le superfici a grano «bio». Il raccolto previsto per il 2019 è di circa 4 milioni di tonnellate, in calo rispetto all'anno scorso;
    ogni anno l'industria molitoria nazionale individua e seleziona circa 5,6 milioni di tonnellate di grano duro che trasforma in semola per il settore della pasta. La produzione interna di grano duro è sufficiente a coprire solo il 70 per cento del fabbisogno dei pastai. Ma non sempre e non tutti gli anni il grano italiano raggiunge gli standard qualitativi previsti dalla legge per la pasta. Secondo una analisi del Crea (periodo 2011-2016) circa il 30 per cento del grano italiano è poco adatto alla pastificazione, mentre solo il 35 per cento è di alta qualità. In particolare, una parte del grano duro italiano difetta nel contenuto proteico minimo necessario per ottenere semola di qualità (minore del 13 per cento);
    oltre che per il consumo (23 chilogrammi a testa), l'Italia è prima nel mondo per produzione (3,6 milioni di tonnellate annue) ed export di pasta (2 milioni di tonnellate), ma questo primato è a rischio per diversi motivi:
     1) la produzione di grano italiano è penalizzata da una eccessiva polverizzazione delle imprese produttive e la mancanza di strutture di stoccaggio adeguate rende difficile la valorizzazione e la classificazione della materia prima. La polverizzazione rende più difficile raggiungere la redditività minima. Quanto allo stoccaggio, le strutture, circa un migliaio su tutto il territorio nazionale, sono state modernizzate solo nelle regioni dove le superfici seminate a grano duro sono rimaste quasi invariate, come in Puglia e nelle Marche;
     2) il sostegno al settore da parte del sistema Paese in Italia non è stato sufficiente e ha sensibilmente concorso nel tempo a scavare un solco, in termini di competitività, crescita e sostegno all’export rispetto alla crescente concorrenza internazionale. Paesi come Turchia ed Egitto, pur con un prodotto di qualità inferiore, stanno erodendo quote di mercato alla pasta italiana, forti anche del supporto dei rispettivi Governi. Cresce anche la produzione di Usa e Brasile;
     3) è in costante calo l'impiego delle sementi certificate, il cui uso è diminuito del 12 per cento rispetto al 2018 (fonte: Crea). Le uniche aziende che hanno l'obbligo dell'uso del seme certificato sono quelle che hanno un contratto di filiera con i più importanti pastifici nazionali. Tutte le altre, circa l'80 per cento sono libere di usare anche semi non certificati, pratica vietata fino a qualche anno fa: per accedere ai contributi Pac occorreva produrre la fattura d'acquisto di seme certificato. Tal pratica colpisce anche le imprese sementiere che richiedono, per fare ricerca, la possibilità di incassare royalty sui semi che hanno costituito. In molti casi l'uso di sementi non certificate ha abbassato il livello qualitativo delle nostre produzioni;
    si registrano peraltro alcuni segnali favorevoli:
     1) il crescente sviluppo di contratti di filiera dove gli attori, ognuno per la propria specificità di ruolo, contribuiscono al miglioramento della competitività e a una più equilibrata distribuzione del valore; dal protocollo d'intesa per migliorare il grano dura italiano firmato nel dicembre 2017 dall'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane (Aidepi), le associazioni agricole e l'Italmopa, Associazione industriali mugnai d'Italia (complessivamente poco meno della metà di tutta l'agroindustria italiana, per un valore di circa 60 miliardi di euro e per quanto riguarda il mondo agricolo, oltre 3 milioni di associati e 1,1 milioni di imprese), si sono sviluppati numerosi accordi, sino ai recentissimi «salva cerealicoltori» tra Coldiretti Sardegna e il Gruppo Casillo o all'accordo siglato da Filiera agricola italiana e il pastificio Casa Milo di Bitonto per la fornitura già da quest'anno di grano 100 per cento pugliese, che permetterà di produrre pasta secca e fresca certificata da Fdai (Firmato dagli Agricoltori italiani);
     2) grazie all'entrata in vigore dalla fine del 2017 dell'obbligo di indicare sui pacchi di pasta in etichetta l'origine della materia prima, si è assistito alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l'origine italiana al 100 per cento del grano impiegato. Il consumatore oggi è in grado di influenzare la grande distribuzione organizzata, poiché le sue scelte creano «imposizioni» al trasformatore e, a ritroso, all'agricoltore. Secondo Coldiretti è cresciuto di conseguenza del 20 per cento il valore del grano duro in Italia;
     3) sono stati positivi gli effetti del fondo di sostegno per la sottoscrizione dei contratti di filiera di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 successivamente rifinanziato dalla legge di bilancio 2017. il «Fondo grano duro» si è rivelato indubbiamente uno strumento valido per sviluppare e incentivare le relazioni contrattuali all'interno della filiera. Nella prima campagna 2016, il premio previsto è stato di 100 euro a ettaro agli agricoltori in contratti di filiera almeno triennali. La misura ha coinvolto 100 mila ettari e circa 9 mila aziende. La seconda campagna ha visto domande in linea con la prima ma con contributo raddoppiato, 200 euro. Si registrano però ritardi nei pagamenti;
     4) la ricerca italiana è sempre stata un'eccellenza soprattutto per i miglioramenti genetici. Il recente annuncio del completamento del genoma del grano duro (un progetto internazionale con a capofila Crea, Cnr e Università di Bologna e Salerno) avrà effetti importanti per il settore: l'industria sementiera potrà lavorare per nuove varietà più resistenti a malattie come le ruggini e la fusariosi. L'industria della trasformazione potrà, a medio termine, avere una materia prima sempre più calibrata e funzionale alle proprie esigenze produttive e ai gusti del consumatore. I ricercatori, in tempi più lunghi, avranno modo di riconoscere e tutelare le biodiversità, grazie al riconoscimento su basi genetiche delle diverse tipologie di frumento duro, sia esso farro, grano antico o moderno;
     5) quanto all'ammodernamento degli stoccaggi, nelle regioni dove i livelli produttivi sono stati mantenuti gli imprenditori hanno innovato. Con le nuove metodologie lo stoccaggio viene effettuato sia in silos metallici di nuova concezione sia in silobag sottovuoto. Il raccolto viene differenziato per tipologia (convenzionale e biologico) e per classi proteiche, colore, peso specifico e bianconatura. La differenziazione stimola gli agricoltori a coltivare grano di qualità. In Alta Murgia, nel 2018 ai produttori che hanno sottoscritto il contratto Grano Armando sono andati 285 euro/tonnellata più le premialità, sulla base della scala proteica. Anche per il Gruppo Santacroce, uno dei cui silos è stato recentemente oggetto di attentato, si è passati dallo stoccaggio indifferenziato alla separazione delle partite di grano duro e il successo non è tardato ad arrivare;
    va sfatato il falso mito della superiorità del grano estero per la pasta di qualità. I produttori nazionali sono in grado di realizzare semole con contenuto proteico sopra il 14 per cento. La scelta di grano coltivato sul territorio nazionale è una garanzia per la tutela della salute dei consumatori, perché in Italia è vietato l'utilizzo del glifosato sul grano in preraccolta, a differenza di quanto accade per quello straniero proveniente da Usa e Canada, dove ne viene fatto un uso intensivo per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato;
    in base ad una specifica normativa europea (Regolamento (UE) 1881/2006), il deossinivalenolo (Don), una micotossina del grano duro non trasformato è ammessa dalla Unione europea fino a 1750 ppb (parti per miliardo). Le micotossine sono sostanze dannose alla salute prodotte da alcuni funghi che albergano nelle derrate alimentari. La loro presenza negli alimenti è consentita solo entro certi limiti. Per la maggior parte dei Paesi del mondo i valori massimi del Don nei cereali sono compresi fra i 750 e 1000 ng/. Questo consente l'importazione di grano duro che in altri Stati dovrebbe essere considerato rifiuto. Dagli studi si apprende che nel meridione d'Italia, grazie al clima arido, le percentuali di Don sono al di sotto di 100 ppb se non assenti;
    per quanto riguarda gli effetti della speculazione sulle commodity alimentari, le previsioni per il 2019 prevedono prezzi stabili sui mercati internazionali. Quanto all'oscillazione delle valute, gli unici grani duri pagati in valuta estera sono l'americano, il canadese e kazaco per i quali le quotazioni sono espresse in dollari. Gli altri grani hanno origini comunitarie, quindi sono pagati in euro. La sola differenza consiste nei costi di produzione differenti tra i vari Paesi dell'Unione europea (vedi Grecia, Spagna, Francia, per non parlare dei Paesi dell'Est Romania, Bulgaria, Ungheria). Occorre invece considerare l'enorme incidenza del costo dei carburanti, che si abbattono sulla produzione e sui trasporti: costa più trasportare il grano da Catania a Foggia su gomma che da Vancouver a Bari su nave;
    nella riunione di fine dicembre 2018 tra il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e le organizzazioni agricole, le associazioni industriali e sementiere e i rappresentanti della distribuzione, il Ministro ha avanzato diverse proposte: 1) mantenimento nel 2020 e 2021 della dotazione del «Fondo filiera grano duro»; 2) sblocco immediato pagamenti 2019, nel limite degli aiuti de minimis, su contratti di filiera; 3) trasparenza sui prezzi realizzata mediante creazione di una commissione unica nazionale per il grano duro per favorire il dialogo interprofessionale e rendere più trasparente la formazione del prezzo; 4) promozione della pasta italiana di qualità sul mercato interno e internazionale. Impegni ripetuti nel tavolo di filiera grano duro-pasta tenutosi presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo il 27 giugno 2019,

impegna il Governo:

1) ad adottare, con urgenza, le iniziative necessarie a rimuovere le criticità che caratterizzano il comparto della cerealicoltura nazionale, al fine di incrementare la produzione nazionale anche per metterla al riparo dalle dinamiche internazionali di mercato e dalla concorrenza di Paesi terzi ed in particolare:
   a) a incentivare la disponibilità di grano duro nazionale di qualità e prodotto in modo sostenibile per venire incontro alle esigenze dell'industria molitoria e della pasta, mediante lo sviluppo e la generalizzazione degli accordi di filiera, prevedendo premi di produzione legati al raggiungimento di standard qualitativi del grano;
   b) a rafforzare gli interventi previsti dal piano cerealicolo nazionale, rivedendone i contenuti alla luce delle mutate condizioni di mercato, dotandolo di adeguate risorse finanziarie, promuovendo l'innovazione nella filiera italiana grano-semola-pasta e prevedendo la velocizzazione dei pagamenti e la sburocratizzazione delle procedure;
   c) a promuovere specifiche misure per il miglioramento e la modernizzazione e ove occorra, la concentrazione dei centri di stoccaggio, tenendo conto delle esperienze già maturate, con particolare riferimento ai siti di stoccaggio collegati ai contratti di filiera;
   d) a stimolare e sostenere il settore della ricerca nazionale sul grano duro, anche prevedendo che i diversi centri di ricerca adottino specifici orientamenti e piani di ricerca, al fine di renderla una eccellenza assoluta a livello internazionale;
   e) a promuovere e difendere, a livello nazionale e internazionale, in maniera coesa un'immagine forte della filiera della pasta italiana, garantendone la sicurezza anche attraverso la tracciabilità informatica dei vari passaggi dalla filiera al consumatore finale;
   f) a costituire in tempi rapidi la Commissione unica nazionale per il grano duro di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge n. 51 del 2015, al fine di consentire ai produttori di collocare il proprio prodotto ad un prezzo congruo e di garantire la trasparenza nelle relazioni contrattuali tra gli operatori di mercato e nella formazione di prezzi;
   g) a valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre misure di agevolazione fiscale, anche per un periodo transitorio, con il fine di consentire alle aziende cerealicole di recuperare i margini di redditività minimi, prevedendo una riduzione delle accise sul gasolio agricolo e un aiuto al rimodernamento del parco mezzi meccanici aziendali, anche per garantire la sicurezza dei lavoratori e la diminuzione degli oneri contributivi;

2) a valutare la possibilità di modificare, in sede di attuazione dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 135 del 2018 e con le modalità ivi previste, l'articolo 3 del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 26 luglio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 17 agosto 2017, n. 191, prevedendo che, per l'apposizione sull'etichettatura della pasta della dicitura «Italia e altri Paesi UE o non UE» la miscela utilizzata debba contenere almeno il 60 per cento di grano coltivato sul territorio nazionale, al fine di aumentare la richiesta di prodotto nazionale;

3) a mettere in moto tutte le iniziative utili per rivedere con la massima urgenza e determinazione, a difesa della salute dei consumatori italiani e del lavoro degli agricoltori italiani, il Regolamento (UE) 1881/2006, grazie al quale l'Unione europea permette la presenza di micotossine nel grano duro non trasformato fino a 1750 ppb (parti per miliardo), fatto che consente l'importazione di grano duro che in altri Stati dovrebbe essere considerato rifiuto, favorendo in tal modo la produzione di grano duro nel Meridione d'Italia, che, grazie al clima arido, presenta percentuali di micotossine al di sotto di 100 ppb o addirittura assenti.
(1-00218) «Spena, Nevi, Brunetta, Occhiuto, Labriola».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prodotto agricolo

cerealicoltura

protezione del consumatore