ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/02203/080

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 249 del 30/10/2019
Firmatari
Primo firmatario: COMINARDI CLAUDIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 30/10/2019


Stato iter:
30/10/2019
Fasi iter:

DICHIARATO INAMMISSIBILE IL 30/10/2019

CONCLUSO IL 30/10/2019

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/02203/080
presentato da
COMINARDI Claudio
testo presentato
Mercoledì 30 ottobre 2019
modificato
Giovedì 31 ottobre 2019, seduta n. 250

   La Camera,
   premesso che:
    il lavoro con contratto part-time di tipo verticale ciclico viene svolto in alcune settimane del mese o in alcuni mesi dell'anno ed è caratterizzato da prestazione lavorativa alternata a periodi di non attività;
    la suddetta tipologia lavorativa si caratterizza quindi per un orario, stabilito dal contratto individuale di lavoro, inferiore all'orario «normale» di lavoro. Quest'ultimo è individuato dall'articolo 3, comma 1 del decreto legislativo n. 66 del 2003 in 40 ore settimanali, ovvero nel minor orario previsto dal contratto collettivo di lavoro applicabile nella fattispecie; per i lavoratori del settore privato l'applicazione della disciplina in vigore ai rapporti di lavoro a tempo parziale verticale di tipo ciclico comporta che le settimane ricadenti nei periodi di esonero dall'attività lavorativa, non essendo coperte da versamenti contributivi, non vengano considerate nel calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto al trattamento pensionistico;
    l'istituto del part-time è usato come leva di «flessibilità» dalle aziende, per risolvere situazioni lavorative che non richiedono il pieno impegno del lavoratore, oppure per quei lavori che devono essere svolti solo in alcuni periodi dell'anno. Con la riforma Biagi, la precedente normativa (decreto legislativo n. 61 del 2001) è stata in parte integrata e in parte profondamente innovata;
    in particolare, i suddetti lavoratori in part-time ciclico verticale sono costretti a ricorrere alla via giudiziaria per vedersi riconoscere tutta l'anzianità contributiva, inclusa quella relativa ai periodi di non lavoro. L'Inps ha imposto da sempre un'interpretazione restrittiva, che penalizza pesantemente chi non per scelta, ma per imposizione delle aziende, è costretto a pause di inattività, pur essendo titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato; finora tutti i ricorsi legali hanno portato a un identico risultato, cioè alla condanna dell'istituto previdenziale pubblico a ricalcolare l'anzianità contributiva dei lavoratori ricorrenti con contratto part-time ciclico verticale;
    al riguardo la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 8772 ribadendo il principio di non discriminazione nei trattamenti tra i lavoratori con contratto full-time e quelli in part-time ciclico verticale, ma l'elenco dei verdetti è ben più nutrito: solo dalla Corte di legittimità in meno di due anni ne sono stati emessi ben 8. Se a queste sentenze si aggiungono quelle emesse dai tribunali territoriali, l'elenco si allunga ulteriormente, in modo sufficiente per parlare di un orientamento giurisprudenziale univoco, ben consolidato; inoltre la Corte di Giustizia europea, con la pronuncia n. 395 del 10 giugno 2010, ha ribadito che «l'esclusione dei periodi di non lavoro dall'anzianità contributiva può essere giustificata solo se la prestazione lavorativa sia stata interrotta o sospesa per un impedimento, tale da giustificare l'accredito limitato della contribuzione»;
    in tutti i dispositivi finora acquisiti, si richiama peraltro quanto già stabilito nel 2010 dalla Corte Europea di giustizia, nella sentenza C-395/08 e C-396/08, laddove ha affermato che «la disciplina italiana sul trattamento pensionistico prevista per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico è sfavorita rispetto a quelle concernenti gli altri lavoratori» secondo la suddetta Corte, il principio di non discriminazione scaturente dalla Direttiva n. 97/81 – che l'Italia ha fatto propria con il decreto legislativo n. 61 del 2000 – fa sì che l'anzianità contributiva necessaria per l'individuazione della data relativa al diritto della pensione debba essere calcolata, per chi è a tempo parziale, come se avesse lavorato a tempo pieno. Da ciò discende che debbano essere prese in considerazione, in via integrale, anche periodi di non lavoro. Alla luce di queste considerazioni, conclude la sentenza, «osta una normativa nazionale la quale, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, esclude i periodi non lavorati dal calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, salvo che una tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive»;
    la questione investe tutti i dipendenti che svolgono attività «ciclica», vale a dire intervallata da periodi di sosta dovuti a specifiche caratteristiche del ciclo produttivo (per esempio: la pulizia degli spazi e la gestione delle mense scolastiche, che chiudono nella pausa estiva; i servizi di ausiliariato e assistenza ad personam; attività tipiche del settore del trasporto aereo, soggetto a un calendario ben preciso, e turistico-alberghiero);
    sulla base di una recente indagine attuariale, basata sui dati registrati negli archivi amministrativi dell'INPS, sono stati stimati gli oneri derivanti dalla valorizzazione ai fini pensionistici dei periodi prestati con rapporti di lavoro part-time di tipo verticale ciclico. Per l'anno 2020 si stima che:
     a) il numero di pensioni anticipate sia di 3,5 milioni;
     b) non vi siano richieste di pensione di vecchiaia;
     c) il maggiore onere corrisponda a 21,7 milioni di euro; complessivamente, in base ai dati attuariali, si stimano, dal 2019 al 2028:
     a) 3,3 milioni di soggetti interessati alla pensione anticipata;
     b) 0,1 milioni di soggetti che raggiungeranno la pensione di vecchiaia (con un onere stimato a 3,4 milioni di euro);
     c) maggiori oneri per entrambe le fattispecie di pensioni, stimabili a 56,0 milioni di euro,

impegna il Governo

anche alla luce delle sentenze citate in premessa, a valutare l'opportunità di intervenire con provvedimenti a carattere normativo, al fine di tutelare il lavoratore in part-time ciclico verticale, disponendo che il periodo prestato con contratto di lavoro a tempo parziale sia da considerare intero, ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione, nei limiti previsti dall'applicazione del minimale retributivo, di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 463 del 1983.
9/2203/80Cominardi.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

contratto di lavoro

lavoro a tempo parziale

pensionato