ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00925

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 572 del 18/02/2016
Firmatari
Primo firmatario: ZOLEZZI ALBERTO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 18/02/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
BUSINAROLO FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 18/02/2016
KRONBICHLER FLORIAN ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA 31/05/2017


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 12/01/2017
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 12/01/2017
BORGHI ENRICO PARTITO DEMOCRATICO
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 12/01/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 12/01/2017

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 31/05/2017

ATTO MODIFICATO IL 25/07/2017

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00925
presentato da
ZOLEZZI Alberto
testo presentato
Giovedì 18 febbraio 2016
modificato
Martedì 25 luglio 2017, seduta n. 841

   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    gli obiettivi della direttiva europea 2003/4/CE sull'accesso del pubblico alle informazioni ambientali, come recepita dal decreto legislativo n. 195 del 2005 sono i seguenti:
     a) garantire il diritto di accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base, nonché modalità pratiche per il suo esercizio;
     b) garantire che l'informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile, sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell'informazione ambientale. A tal fine, è promosso l'uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili;
    i fanghi sono classificati come rifiuti speciali, (articolo 184, comma 3, lettera g), decreto legislativo n. 152 del 2006). Di tali rifiuti, la stragrande maggioranza viene classificata come rifiuto speciale non pericoloso, in particolare CER 190805 (fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue). In quanto rifiuti speciali, detti fanghi non sono soggetti al principio di prossimità vigente per i rifiuti urbani di cui all'articolo 182-bis del citato testo unico ambientale;
    dal rapporto Ispra 2015 sui rifiuti speciali, a pagina 100, risulta che, nel solo 2013, sono state avviate a spandimento sul suolo oltre 5 milioni di tonnellate di rifiuti, che includono anche i fanghi utilizzati in agricoltura;
    nel rapporto dell'ARPA della regione Sardegna sull'utilizzo dei fanghi in agricoltura, riferito all'anno 2012 si afferma, a pagina 4, che: «Per quanto riguarda l'attendibilità dei risultati dell'indagine, occorre premettere che agli errori di misurazione, riconducibili a concetti statistici, devono essere sommati quelli derivanti dalle possibili disuniformità nelle modalità di misura (tonnellate trasformate in metri cubi o viceversa), nel momento della misura (al momento del prelievo dagli impianti o in fase di essiccazione più o meno avanzata), nelle possibili conversioni (misura effettuata sul fango tal quale e sostanza secca ricavata), eccetera. Si ritiene che queste incertezze, insite nel metodo di rilevazione adottato e nella natura dei rifiuti in questione, influiscano in modo indeterminato, sulla distanza tra il dato finale riportato nella presente relazione e il dato reale»;
    tale criticità è confermata a pagina 79 del progetto di piano di gestione dei rifiuti urbani e fanghi della regione Piemonte, dove si informa che: «Le informazioni raccolte dal MUD non consentono, per nessun tipo di rifiuto, fanghi compresi, di evidenziarne il contenuto in umidità: mentre nel caso dei rifiuti urbani in genere tale assenza di informazioni non riveste un'importanza sostanziale, nel caso dei fanghi questa carenza risulta determinante nel ridurre la significatività dei quantitativi: ne deriva pertanto un'impossibilità di confronto con altre banche dati che invece si basano sul quantitativo in sostanza secca di fango prodotto presso ogni singolo impianto di depurazione;
   a supporto della necessità di conoscere con esattezza la quantità di fango prodotto espressa sulla sostanza secca, si precisa che sia la direttiva 86/278/CEE (riguardante l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi di depurazione, recepita in Italia con il decreto legislativo 99/92), sia il regolamento n. 42150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti, sia infine i decreti ministeriali in materia di acque e fanghi, prevedono per i fanghi la conoscenza della sostanza secca in essi contenuta. Inoltre le dichiarazioni MUD non consentono di avere alcun tipo d'informazione riguardo agli aspetti agronomici, ambientali ed igienico-sanitari dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione»;
    la gestione dei fanghi è inoltre caratterizzata da criticità emergenti e di difficile soluzione, quali la presenza di elementi non normati (farmaci, metalli pesanti, sostanze chimiche varie), che non vengono neppure ricercati per valutarne la sicurezza e la gestione; tali carenze normative determinano una possibile amplificazione delle criticità collegate appunto al possibile turismo dei rifiuti a norma di legge, (i rifiuti speciali non sono soggetti a principio di prossimità per il citato articolo 182-bis del citato decreto-legge n. 152 del 2006);
    già nel 2006, il Joint Research Center della Commissione europea produsse un report in merito a questi aspetti (Background values in European soils and sewage sludges, Part III, Conclusions, comments and recommendations B. M. Gawlik, G. Bidoglio 2006, euro 22265, EN Results of a JRC-coordinated study on background values) realizzato in collaborazione con l'Ispra, segnalando che un certo numero di componenti (sostanze) non sono state incluse in tale report, in parte per mancanza di dati ma anche perché sono più difficili da analizzare e determinare. Questi «contaminanti emergenti» corrispondono in molti casi a contaminanti non regolati, ad esempio: tensioattivi, prodotti farmaceutici e prodotti per la cura personale (Ppcp) o additivi per carburanti, ma anche componenti organo-metallici. Esempi tipici sono organo-lattine, muschio chetone e xilene muschio, polielettroliti, metaboliti antibiotici e agenti di trattamento del cancro;
    i dati disponibili sono troppo scarsi ed i metodi analitici per rilevarli troppo costosi per produrre un quadro di regole applicabile ai fanghi da depurazione in questi casi; i nuovi regolamenti dovrebbero evidenziare i limiti per i microinquinanti organici che dovrebbero essere regolarmente analizzati e aperti al controllo dei governi nazionali. Se necessario, le autorità locali potrebbero stabilire restrizioni;
    secondo l'ufficio federale per l'ambiente tedesco (2013), i fanghi da depurazione sono uno dei fertilizzanti più comunemente usati e controllati. Detengono al momento la capacità di soddisfare parte della richiesta di nutrienti necessari ai raccolti. I fanghi possono anche migliorare il bilanciamento dell'humus per le aziende agricole che non generano i loro stessi concimi;
    sui fanghi da depurazione, utilizzati come fertilizzanti e probabilmente fonti di inquinamento per alcune loro componenti provenienti dai prodotti utilizzati a livello domestico, da alcune attività produttive ed altre fonti diffuse, non abbiamo dati certi sui loro probabili impatti ambientali. Il possibile livello di inquinamento dei suoli, piante, acque profonde e superficiali che risulterebbe da queste sorgenti è difficile da determinare; inoltre, nuovi prodotti derivanti dalla degradazione di farmaci vengono scoperti nei fanghi da depurazione ogni giorno. Questi prodotti si incorporano nei fanghi attraverso l'escrezione umana e in altri modi; è difficile sviluppare processi di rilevazione specifici e valutare l'impatto ambientale di tutte queste sostanze, il cui impatto combinato è particolarmente difficile da caratterizzare e valutare, si possono però stimare i rischi teorici posti da tali sostanze, tenendo conto che quando eventuali conseguenze saranno visibili gli inquinanti in questione avranno già trovato la loro strada nella biosfera;
    il Ministero dell'ambiente tedesco (settembre 2015) dichiara «Al fine di evitare possibili alte concentrazioni di inquinanti nei campi, nel lungo termine, stiamo facendo degli sforzi per permettere il solo utilizzo in agricoltura di fanghi di altissima qualità in futuro». In questo contesto, il Ministero dell'ambiente tedesco ha avviato la procedura di modifica dell'attuale ordinanza sui fanghi di depurazione, risalente al 1992 per stringere i valori limite degli inquinanti esistenti (si tratta di quello che il Tar Lombardia ha impedito su ricorso delle associazioni di categoria agricole). Alla luce dell'accordo di coalizione per il periodo legislativo 18, secondo il quale l'utilizzo dei fanghi di depurazione per la concimazione deve essere fermato per intraprendere invece il recupero di fosforo e altri nutrienti, Il Ministero dell'ambiente tedesco ha allargato la bozza di lavoro per includere prescrizioni concrete per il recupero di fosforo e la cessazione dell'utilizzo dei fanghi sui campi;
    secondo lo studio «Environmental, economic and social impacts of the use of sewage sludge on land Final Report (Feb. 2010)», la composizione dei fanghi in Italia è altamente variabile perché tutti gli impianti di depurazione (WWTPs) servono aree urbane dove le attività industriali contribuiscono a conferire inquinanti organici. Inoltre, molti impianti di medie e grandi dimensioni sono situati in distretti industriali come: il distretto della lana di Biella in Piemonte, il distretto della seta di Como in Lombardia, altri distretti tessili a Prato in Toscana, concerie in Veneto e Toscana, finiture di metalli in Piemonte e Lombardia e altri distretti minori;
    in questi casi, ovviamente, le caratteristiche dei fanghi dipendono fortemente dall'influenza degli scarichi industriali che, per esempio, contengono molti componenti organici recalcitranti che sono assorbiti dai fanghi (come idrocarburi e sulfonato lineare alchilbenzene) a metalli pesanti che di norma precipitano come idrossidi di metallo durante il trattamento e si accumulano nei fanghi;
    da circa un anno, sta assumendo contorni davvero preoccupanti la questione delle sostanze perfluoroalchiliche, trattate in Italia, in particolare dallo stabilimento Miteni di Trissino (VI) e dallo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (AL), visto che le sostanze perfluoroalchiliche o composti polifluorurati (PFC) sono prodotti chimici antropogenici, incorporati in una vasta gamma di prodotti commercializzati negli ultimi sei decenni; sono prodotti idrorepellenti all'olio e all'acqua, lo si trova nei trattamenti di moquette, cuoio, pelle, tessile e altro. Questa classe di composti include migliaia di sostanze chimiche, di cui le più conosciute sono il perfluorottano sulfonato (PFOS) e gli acidi perfluorocarbossilici (PFCAs) che includono l'acido perfluoroottanoico (PFOA);
    nella provincia di Vicenza si sono rilevati valori elevati di prodotti della degradazione e delle sostanze perfluoroalchiliche stesse nei corpi idrici superficiali, nelle falde e nelle acque potabili. È in corso in questi mesi, sulla base anche di istanze comunitarie, la valutazione di parametri di legge per stabilire limiti accettabili per la salute. Si segnalano dati epidemiologici non conclusivi, presenti nella letteratura internazionale, che identificano queste sostanze come fonte di incremento dell'incidenza di patologie oncologiche in particolare al rene, alle vie urinarie, alla prostata e di patologie cardio-cerebrovascolari e altre, in particolare per esposizione professionale, ma anche ambientale. Dal 2015, negli USA, la produzione di alcune molecole (PFOA e PFOS) è stata vietata; lo stesso sta avvenendo nelle attività produttive italiane, ma non è chiaro se le molecole sostitutive (a corta catena) garantiranno maggiore sicurezza. Si segnala l'enorme idrosolubilità di queste sostanze che si diffondono per decine di chilometri in particolare in pianura, nel ovest Vicentino e a sud di Trissino si individua un'area dove risiedono circa 340 mila persone pesantemente contaminata a livello ecosistemico (falde acquifere superficiali, cibi); le province interessate sono quelle di Vicenza e, in parte, di Verona e Padova. Studi epidemiologici e tossicologici sono in corso ma stentano a produrre risultati definitivi anche per gli scarsi finanziamenti. Questi dati comportano che tutto il contesto ambientale delle aree citate è pesantemente impattato;
    il documento della Commissione europea del titolo «Occurrence and levels of selected compounds in European Sewage Sludge Samples» del 2012 del titolo precisa che il processo di biodegradazione degli inquinanti organici inizia negli impianti di depurazione (waste water treatment plants – WWTPs), che fungono da fonti puntuali di PFASs sia per gli ecosistemi acquatici, che per l'ambiente terrestre attraverso l'applicazione dei fanghi di depurazione nel suolo e in agricoltura. L'applicazione di fanghi di depurazione come fertilizzante per agricoltura è ampiamente utilizzato in diversi Paesi. L'applicazione di fanghi di depurazione per il suolo può, quindi, essere una potenziale via per i PFASs per entrare nell'ambiente terrestre. Recenti studi hanno dimostrato che l'applicazione di PFASs biosolidi contaminati (fanghi di depurazione) può avere effetti importanti sugli ambienti locali. Sono conosciuti globalmente i gravi inquinamenti in Alabama (USA) con alti livelli di PFASs in campioni di terreno (PFOA fino a 320 ng/g; PFOS fino a 410 ng/g da PFASs), ma forse il più noto degli inquinamenti da PFASs è avvenuto in Germania (caso Sauerland): nello studio di Robert Loos, del Joint Research Centre, del 21 ottobre 2013, realizzato in collaborazione con l'Ispra, dal titolo «Perfluorinated Chemicals, especially Perfluorinated Alkyl Sulfonates and Carboxylats: European Distribution and legislation» furono pubblicati i risultati degli studi sulle acque superficiali lungo il fiume Mohne contaminate da PFC, la cui causa principale di inquinamento era rinvenibile nell'uso abnorme di inquinati ammendanti sui terreni agricoli. L'ammendante venne distribuito su più di 1.300 terreni agricoli tra il 2000 e il 2006, con la massima concentrazione di PFOA e PFOS, che si aggiravano tra i 2,4 e 33 mg/Kg; le matrici ambientali principalmente colpite furono la contaminazione di acqua potabile, mentre i campioni di suolo contenevano più PFOS che PFOA. Un biomonitoraggio umano ha rivelato 4-8 volte l'aumento delle concentrazioni ematiche di PFOA nei residenti esposti ad acqua potabile contaminata rispetto alla popolazione di riferimento;
    in pratica, anche i fanghi di depurazione civile prodotti in queste aree risentono della contaminazione, addirittura concentrando tali sostanze che verranno riversate nuovamente sui suoli con lo spandimento. Mancano dati sui fanghi industriali, per capire se anche altre attività di manifattura che utilizzano come matrici i materiali impermeabilizzanti prodotti a Trissino, producano fanghi o altri reflui contaminati;
    questa particolare questione pone l'accento sulla mancanza di definizione di gestione sostenibile dei fanghi, così come di un prezzario gestionale che possa, indirizzare alla tutela ambientale ed economica. In pratica, lo spandimento dei fanghi al suolo, in molti casi con pretrattamenti opinabili, determina un carico ambientale importante. Manca qualsiasi tutela per le aree vulnerate da nitrati o altre sostanze; da ciò deriva che, nonostante il fatto che la pianura padana ad esempio abbia indici di rischio importanti per tutte le falde e i suoli (vedi ad esempio lo studio Isonitrate dell'Ispra (2012) in cui è rilevato un indice Hi massimo per oltre il 90 per cento dell'area), non esiste alcuna forma di precauzione atta a garantire la qualità dell'acqua potabile e tantomeno la qualità dell'acqua di falda e di conseguenza le produzioni agroalimentari;
    assume un contorno ancora più inquietante, per i presentatori del presente atto di indirizzo, «il turismo dei fanghi», l'inaccettabile pratica per cui si gestiscono i fanghi solo in base al prezzo finale; i viaggi low cost dei fanghi portano a spendere meno di 20 euro a tonnellata per la gestione finale con spedizione anche in regioni lontane. Si segnala per esempio che la Lombardia, sulla base dei dati Ispra in particolare quelli presenti nel rapporto sui rifiuti speciali del 2014, vede una quantità di fanghi «sparsi sul suolo a beneficio dell'agricoltura ed ecologia» (R10) di 748.612 tonnellate su un totale nazionale di 5.046.626 tonnellate. Dai dati Arpal per il 2013 si evince che il 42,4 per cento dei fanghi trattati negli impianti della Lombardia è di provenienza regionale, mentre il restante 57,6 per cento proviene da altre regioni. Questa tendenza è stata confermata dall'Arpal anche per gli anni precedenti al 2013. L'esportazione dei fanghi dalla Lombardia verso altre regioni, secondo l'Arpal, sarebbe irrilevante, solo 1.660 tonnellate. Tali dati potrebbero essere sottostimati dalla disomogeneità di conteggio citata in premessa;
    dal Veneto provengono 103.567,81 tonnellate di fanghi intesi come «tal quale», il 13,34 per cento dei fanghi gestiti in regione Lombardia; questi dati impongono una riflessione in merito allo stato ambientale della pianura padana (vedi dati dello stato di contaminazione delle acque superficiali, Scas e il già richiamato studio Isonitrate dell'ISPRA), per cui oltre alla già elevata contaminazione, oltre alla pressione delle attività civili e industriali locali, si somma la pressione legata al turismo dei rifiuti speciali. Per quanto concerne i fanghi provenienti dal Veneto si pone anche il problema della presenza delle sostanze perfluoroalchiliche, che la normativa non impone al momento di dosare;
    nella pubblicazione scientifica dal titolo, «Effects of chain length and pH on the uptake and distribution of perfluoroalkyl substances in maize (Zea mays)» sono stati studiati i meccanismi di assorbimento delle sostanze perfluoroalchilici (PFASs) con il più diffuso dei grani coltivati: il mais. Dai test condotti risulta che il mais ha un alto tasso di assorbimento, tale da interessare tutta la pianta di mais partendo dalle radici fino ad arrivare ai germogli, difatti, l'acido perfluorobutanoic (PFBA) ha avuto il più alto tasso di assorbimento all'interno del gruppo di PFCAs, con una media di 2,46 mg g-1 e l'acido perfluorottano sulfonato (PFOS), e ha avuto il più alto tasso di assorbimento (3.63 mg g-1) all'interno del gruppo di PFSA. I PFASs a più breve catena sono trasferiti prevalentemente e in concentrazioni più elevate alle riprese/germogli. Al contrario, PFCAs a lunga catena sono accumulati in concentrazioni più elevate nel radici delle piante di mais;
    meritiamo inoltre di essere considerati i seguenti elementi:
     la mancanza di uno standard normativo e tecnico/procedurale sulla contabilizzazione dei fanghi rende difficoltoso, quando non addirittura impossibile, ricostruire i dati relativi ai movimenti, alla gestione sostenibile, all'utilizzo finale e ai costi di gestione di tali rifiuti;
     lo spandimento incontrollato sul suolo di tali fanghi può portare ad un accumulo di nitrati, oltre che di metalli pesanti ed altre tipologie di inquinanti persistenti, tale da compromettere la fertilità e la redditività dei suoli coltivati, la qualità delle acque di falda e idropotabili;
     informazioni relative a contabilità, circolazione e caratterizzazione dei fanghi, nonché gli aspetti economici riguardanti la loro gestione rientrano nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 195 del 2005;
     la mancanza di criteri di tutela delle aree già impattate, in particolare relativamente a parametri di sicurezza della qualità idrica, è inaccettabile; in pratica, nelle medesime aree vengono sparsi liquami, digestati da diverse matrici, rifiuti speciali compresi, fanghi di depurazione civile e industriale; questa carenza porta anche al fenomeno del «turismo dei rifiuti» che avviene solo in base a criteri di lucro immediato per cui anche aree già pesantemente impattate ricevono rifiuti provenienti anche da altri contesti territoriali;
     la mancanza di studi adeguati sugli effetti di sostanze inquinanti emergenti, come le sostanze perfluoroalchiliche, porta alla possibilità di esportazione interregionale di tali sostanze e alla possibile propagazione di tali inquinanti;
    si rileva la mancanza di controlli in merito allo spandimento dei fanghi o altre matrici in uscita da impianti a biogas o biomasse (digestati) che vengono trasformati in fertilizzanti in base al decreto legislativo 2010/75, (si vedano in particolare allegati 2 e 3) e perdono qualsiasi possibilità di tracciatura e mappatura di aree e tempi di spandimento in quanto escono dal ciclo dei rifiuti;
    si tratta in pratica di fertilizzanti con nomi fantasiosi come l'idrobios, provenienti da macellazione e/o concia delle pelli (si consideri al proposito la risposta del Governo all'interrogazione n. 5-02653, presentata alla Camera dal primo firmatario del presente atto relativa agli impianti a biogas di Curtatone e Rodigo, in provincia di Mantova) che potrebbero contenere cromo esavalente;
    lo stesso discorso vale per i gessi e i carbonati di defecazione che sono in generale ottenuti trattando banalmente fanghi di depurazione con calce e acido solforico;
    lo stesso dicasi per i gessi rossi della Tioxide Huntsman di Grosseto, dove risulta che siano state prodotte oltre 4.000 tonnellate di fertilizzante dai rifiuti del biossido di titanio sparso al suolo, nonostante l'ovvio rischio di radioattività; tale matrice usata per ottenere fertilizzante è autorizzata dalla registrazione 927/09 ottenuta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; il fertilizzante è denominato Agrigess;
    va rilevato che il decreto legislativo n. 72/2010, ha visto la luce nel periodo in cui era Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Giancarlo Galan; in quel periodo si è visto in Italia un proliferare di impianti di produzione di fertilizzanti, da 700 industrie produttrici di fertilizzanti a oltre 3200;
    si rileva la mancanza di criteri di filiera corta per quanto concerne la matrice mais per gli impianti a biogas,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per l'elaborazione di criteri di misurazione oggettivi ed uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di agevolare i controlli da parte delle autorità competenti e di consentire un'adeguata contabilizzazione e tracciabilità di fanghi, fertilizzanti e correttivi agricoli con particolare riferimento ai gessi e carbonati di defecazione e a fertilizzanti critici come l'agrigess e gli idrolizzai proteici animali;
   ad assumere iniziative per prevedere la pubblicazione dei dati raccolti in merito ai fanghi e correttivi agricoli sul sito web dell'Ispra in modo che siano facilmente accessibili, costantemente aggiornati e di pronto utilizzo da parte del pubblico e degli operatori del settore;
   ad assumere iniziative per definire criteri di tutela dei suoli e delle falde che prevedano:
    a) monitoraggi periodici della qualità dei suoli, delle falde, dei corpi idrici superficiali anche minori con valutazione delle principali sostanze chimiche normate e delle caratteristiche chimico fisiche di suoli e falde;
    b) realizzazione di mappe aggiornate in relazione alla presenza di inquinanti normati ed emergenti (pesticidi, farmaci, sostanze di utilizzo industriale);
    c) interruzione dello spandimento di specifiche sostanze in aree impattate al suolo o in falda dalle medesime e sostanze (ad esempio nitrati);
   a promuovere il monitoraggio dei principali inquinanti emergenti e l'esecuzione di studi in merito alla sicurezza ambientale e sanitaria;
   ad assumere iniziative per evitare il «turismo dei rifiuti speciali» verso aree già impattate, in particolare in caso di sospetta contaminazione da sostanze pericolose come le sostanze perfluoroalchiliche;
   ad assumere iniziative per destinare opportuni finanziamenti agli studi scientifici in merito agli effetti ambientali e sanitari delle sostanze perfluoroalchiliche e agli effetti ambientali delle nuove molecole a catena corta proposte nelle attività produttive;
   ad assumere iniziative per destinare finanziamenti alla bonifica delle aree impattate e alla fornitura di acqua di qualità adeguata alla popolazione interessata;
   a promuovere lo studio della filiera inquinante da sostanze perfluoroalchiliche in particolare in merito a fanghi, digestati da impianti a biogas, manifatture, in modo da tracciare con precisione la diffusione degli inquinanti e da ridurre gli impatti;
   a promuovere una filiera corta di approvvigionamento del mais utilizzato nelle centrali a biogas, e ad assumere iniziative per vietare l'utilizzo di mais proveniente dall'area impattata da sostanze perfluroalchiliche sia localmente che a distanza;
   ad adottare iniziative per definire un quadro normativo di riferimento per uniformare sul territorio nazionale le condizioni e le modalità di controllo e di utilizzo dei fanghi e dei correttivi in agricoltura, anche considerandone gli effetti cumulativi e sinergici derivanti dalla loro combinazione sugli stessi terreni;
   ad assumere iniziative per effettuare verifiche del rispetto della normativa e prevedere l'immediata interruzione dello spandimento di digestati da impianti a biogas che utilizzino con matrice rifiuti speciali, siero di latte, sottoprodotti di origine animale (SOA), fertilizzanti come l'idrobios e altri, potenzialmente contaminati da sostanze perfluoroalchiliche ed evitare che si protragga la gestione dei percolati di discarica senza misurare il contenuto Pfas e l'eventuale loro smaltimento non in sicurezza.
(7-00925) «Zolezzi, Vignaroli, Businarolo, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Terzoni, Micillo, Kronbichler».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

fanghi di depurazione

rifiuti industriali

rifiuti