ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00352

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 864 del 04/10/2017
Abbinamenti
Atto 6/00349 abbinato in data 04/10/2017
Atto 6/00350 abbinato in data 04/10/2017
Atto 6/00351 abbinato in data 04/10/2017
Atto 6/00353 abbinato in data 04/10/2017
Atto 6/00354 abbinato in data 04/10/2017
Firmatari
Primo firmatario: CASTELLI LAURA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 04/10/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE 04/10/2017
CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 04/10/2017
SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE 04/10/2017
BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 04/10/2017
D'INCA' FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE 04/10/2017
COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 04/10/2017


Stato iter:
04/10/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 04/10/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 04/10/2017

DISCUSSIONE IL 04/10/2017

DICHIARATO PRECLUSO IL 04/10/2017

CONCLUSO IL 04/10/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00352
presentato da
CASTELLI Laura
testo di
Mercoledì 4 ottobre 2017, seduta n. 864

   La Camera,
   premesso che:
    la Nota di aggiornamento al Def 2017 (Nadef) rivede in aumento le stime di crescita dell'economia italiana per l'anno in corso e per il triennio successivo rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, in considerazione dei segnali di rafforzamento dell'economia italiana emersi a partire dall'ultimo trimestre del 2016, in un contesto di crescita più dinamica a livello europeo e globale;
    rispetto alle previsioni del DEF di aprile scorso, si stima una crescita del Pil reale nella misura dell'1,5 per cento sia nel 2017 che per il 2018 e 2019, quindi 0,4 per cento in più nel 2017 e 0,5 per cento in più per 2018 e 2019. Nel 2020 si prevede una crescita dell'1,3, solo 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile;
    le indicazioni incoraggianti emerse nei ultimi mesi inducono a ritenere che nella seconda parte del 2017 l'espansione economica continui quantomeno in linea con il ritmo del primo semestre, trainata dal settore manifatturiero e da alcuni comparti dei servizi, quali i trasporti e il turismo. Secondo il Governo, la congiuntura potrebbe migliorare ulteriormente, in quanto la ripresa sta coinvolgendo tutti i settori dell'economia, ad eccezione dei comparti ancora soggetti a processi di ristrutturazione, quali i servizi di informazione e quelli bancari. Gli indicatori disponibili forniscono segnali molto positivi anche per gli investimenti;
    la Nadef, nella proiezione di finanza pubblica presentata nel Capitolo III, pone la crescita nominale degli investimenti pubblici nel 2018 al 5,1 per cento, dopo un lieve incremento quest'anno (0,4 per cento). Se questa proiezione si realizzerà – sostiene il Governo – gli investimenti e i contributi in conto capitale nel 2018 aumenteranno complessivamente di 2,1 miliardi di euro, pari allo 0,12 per cento del PIL. Secondo la Nadef, l'incremento delle risorse a disposizione delle Amministrazioni pubbliche stimolerà la domanda aggregata, migliorando il potenziale di crescita dell'economia;
    nonostante quanto sopra, il tasso di crescita del PIL italiano resta tra i più bassi d'Europa:
     la Nadef presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l'altro programmatico. Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull'economia del quadro normativo vigente che – precisa la Nota – include gli effetti sull'economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte indirette per il 2018 e 2019. Lo scenario programmatico incorpora l'impatto sull'economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2018. È intenzione del Governo con la prossima legge di bilancio disattivare le suddette clausole relativamente all'anno 2018;
    l'Ufficio parlamentare di Bilancio «ha validato le previsioni tendenziali del Mef per il 2017-18, che ipotizzano una crescita reale rispettivamente dell'1,5 e dell'1,2 per cento». «Le previsioni» – si legge – «rientrano in un intervallo di valutazione complessivamente accettabile, anche se la dinamica ipotizzata del Pil reale nel 2018 appare marginalmente al di sopra dell'estremo superiore delle previsioni del panel Upb» (composto, oltre che dallo stesso Upb, da Cer, Prometeia e Ref ricerche). Per quanto riguarda le previsioni tendenziali relative al biennio 2019-2020 (non oggetto di validazione) il quadro tendenziale Mef stima una crescita reale rispettivamente dell'1,5 e dell'1,3 per cento. E su questi andamenti l'Upb manifesta «maggiori perplessità». In particolare, nella stima relativa alla dinamica del Pil nel 2020 «si rileva la prevalenza di rilevanti fattori di rischio negativo. La previsione di un trend in accelerazione tra il 2019 e il 2020 è infatti soggetta a significativi margini d'incertezza, collocandosi in parziale controtendenza rispetto agli andamenti del prodotto globale ipotizzati nel quadro internazionale». Nella valutazione di insieme, riguardante il periodo 2017-2018, secondo l'Upb «si tiene conto del fatto che la dinamica reale è controbilanciata, in particolare nei 2018, da una stima più contenuta del deflatore del Pil; ne consegue che l'evoluzione del Pil nominale, variabile più direttamente rilevante per gli andamenti di finanza pubblica, si situa tanto nel 2017 quanto nel 2018 all'interno dell'intervallo delle stime ipotizzate dal panel dei previsori» dell'ufficio parlamentare;
    il presidente dell'ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, durante l'audizione sulla Nota di aggiornamento del Def nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato ha rilevato che «Il sentiero programmatico del debito in rapporto al Pil, nonostante la riduzione a partire da quest'anno prevista dalla NaDef, non sarebbe sufficiente ad assicurare il rispetto della relativa regola numerica entro il 2020». «Il rispetto delle regole di bilancio nell'anno in corso e nel prossimo – ha aggiunto Pisauro – dipenderà dall'evoluzione, presumibilmente più flessibile, della loro interpretazione a livello Ue a cui la normativa dell'Italia si richiama. Infatti, applicando rigidamente gli obiettivi richiesti dalla cosiddetta matrice, il rispetto della regola sul saldo strutturale e quella sulla spesa appaiono a forte rischio di deviazione significativa nel 2017. Per il 2018 con un aggiustamento richiesto dello 0,3 per cento strutturale per il prossimo anno si avrebbe il sostanziale rispetto delle regole in termini annuali mentre in termini biennali permarrebbero dei rischi di deviazione anche significativa»;
    il quadro programmatico per gli anni 2018 e successivi presentato nella Nadef include l'impatto sull'economia delle misure, che saranno adottate con la prossima legge di bilancio. Il profilo della manovra indicata nella Nota avrebbe un impatto positivo sulla crescita di 0,3 punti percentuali rispetto alla previsione tendenziale nel biennio 2018-2019. La crescita programmatica risulta invece sostanzialmente pari a quella tendenziale nel 2020, con un impatto della manovra in tale anno prossimo allo zero;
    dal punto di vista macroeconomico, rispetto allo scenario tendenziale, le misure di maggiore impatto della manovra programmata, sono indicate nella disattivazione delle clausole di salvaguardia e dei relativi aumenti di imposte per l'anno 2018, pari a circa 0,3 per cento nel triennio. Gli effetti delle misure per il rilancio dell'economia, volte ad accrescere la competitività e l'occupazione, si tradurrebbero in un aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,1 per cento nel 2018-19 e 0,2 per cento nel 2020;
    rispetto al DEF, approvato ad aprile scorso, aumenta anche il deficit, previsto nel 2018 all'1,6 per cento dall'1,2 per cento del DEF 2017. In base al nuovo quadro tendenziale, ossia a politiche invariate, si passa all'1,6 per cento dall'1 per cento. Questa differenza di sei decimi di punto rappresenta il maggior deficit che il nostro Paese utilizzerà per le misure da realizzare con la manovra. La priorità è data alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, correlate all'aumento dell'Iva, che, ha assicurato Padoan, «saranno totalmente eliminate». Nel 2019 l'indebitamento netto dovrebbe scendere allo 0,9 per cento e nel 2020 a 0,2 per cento «che tecnicamente» – ha spiegato Padoan – consente «il sostanziale» raggiungimento del pareggio di bilancio. Secondo il Ministro dell'economia e finanze, il pareggio di bilancio sarà conseguito al 2020, slittando di un anno rispetto a quanto previsto ad aprile;
    le nuove politiche per lo sviluppo e la disattivazione delle clausole di salvaguardia per il 2018 saranno dunque coperte con una manovra del valore dello 0,5 per cento del PIL, composta da una riduzione di spesa pubblica per 0,15 punti di PIL e maggiori entrate per la restante parte. Si evince quindi che la manovra 2018 sarà di circa 8,5 miliardi, dei quali, 6 miliardi riferiti alle entrate e 2,55 miliardi di tagli alle spese. Per la disattivazione delle clausole di salvaguardia il Governo prevede di utilizzare anche le risorse dell'ampliamento del deficit, pari a circa 10 miliardi;
    la legge di bilancio per il 2018, secondo il Governo, fornirà ulteriore impulso alla crescita e al lavoro, e, al netto delle risorse destinate alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, le risorse residue, seppure limitate dall'esigenza di stabilizzazione delle finanze pubbliche e di accelerazione del processo di riduzione del debito, verranno impiegate privilegiando l'occupazione giovanile (in particolare riducendo gli oneri contributivi); gli investimenti pubblici e privati e il potenziamento degli strumenti per la lotta alla povertà;
    il debito pubblico, anche al netto del sostegno al sistema bancario, nel 2017 è destinato per la prima volta a scendere. Dal 132 per cento sul Pil, stimato dall'Istat per il 2016, si passerà al 131,6 per cento nel 2017 e al 129,9 per cento nel 2018. Il Governo ha posto l'accento sul tema del rispetto delle regole europee, spiegando che l'attuale impianto prevede una correzione del deficit strutturale, dello 0,3 per cento, obiettivo concordato con Bruxelles e più flessibile rispetto allo 0,8 per cento inizialmente previsto. I margini di finanza pubblica favorevoli concessi dall'Europa, inducono il Governo a proporre al Parlamento una legge di bilancio non depressiva, «che non sarà un freno alla tendenza positiva dell'economia»;
    la riduzione del debito dal 2017 è la vera scommessa di questa revisione del Documento di economia e finanza, ma il percorso sembra poco trasparente e rischioso soprattutto a causa dell'andamento dell'inflazione, correlata alla rivalutazione dell'euro, che ridurrà il costo dei beni di importazione. Il debito pubblico dell'Italia lievita automaticamente del 3 per cento all'anno solo per effetto degli interessi, mentre l'economia che lo deve sostenere si dilata più lentamente: 1,5 per cento di crescita reale più un effetto prezzi allo 0,6 per cento dà nel 2017 un tasso di crescita dell'economia al 2,1 per cento Di qui il trend negativo del rapporto debito/PIL;
    nelle cifre fornite dalla presente Nota si legge che i proventi da privatizzazioni nel 2017 saranno nella misura dello 0,2 per cento del Pil, cioè 3,5 miliardi. Eppure quest'anno lo Stato non ha dismesso assets di rilievo. È probabile che il Ministro Padoan non esclude di trasferire alcune quote di Eni e Enel alla Cassa depositi e prestiti – posseduta dallo Stato all'80 per cento, ma esclusa dal suo perimetro contabile – per registrare proventi senza perdere il controllo delle aziende. Di fatto, nel 2017 la nota di aggiornamento al DEF prevede una riduzione del target delle privatizzazioni che passa dallo 0,3 per cento (circa 5 miliardi) allo 0,2 per cento del PIL (circa 3,5 miliardi). Dal 2018, e fino al 2020, il target resta fissato allo 0,3 per cento l'anno. In sostanza, si legge che, su Poste e FS, c’è stato un «temporaneo slittamento» che non ha «compromesso la validità del piano d'azione». Lo slittamento è dovuto al cambio ai vertici di Poste e ai «necessari approfondimenti» sul «perimetro delle società soggette a razionalizzazione al l'interno del nascente gruppo FS-Anas» e a «eventuali operazioni straordinarie di scorporo di rami di attività del Gruppo» per la cessione. Secondo il Governo «è verosimile considerare i potenziali introiti come realizzabili nei prossimi mesi»;
    dunque il debito del 2017 è fissato al 131,6 per cento del Pil, in calo (minimo) di 0,4 per cento dal 2016. La partita sul 2018 potrebbe essere appena meno ardua, benché gravino le incognite della bassa inflazione e bassa crescita;
    gli investimenti avranno un ruolo cruciale per sostenere la crescita economica, con una previsione di spesa in crescita di circa 4 miliardi tra il 2016 e il 2019. A tal fine la Nota evidenzia il Fondo da ripartire per il rilancio degli investimenti infrastrutturali, che dispone di una dotazione complessiva di risorse pari a 47,5 miliardi da utilizzare in un orizzonte pluriennale compreso tra il 2017 e il 2032;
    la scommessa del Governo è tutta fondata sull'ampliamento degli investimenti nel prossimo triennio, soprattutto in macchinari e attrezzature (+11 per cento) e in costruzioni (+5,6 per cento). La previsione appare poco plausibile se si considera che non aumenterà mai l'incidenza sul PIL degli investimenti fissi pubblici (pari al 2,1 per cento dal 2017 al 2019 e al 2,0 per cento al 2020) e che anche l'enfasi della presente Nadef sul «Piano nazionale Impresa 4.0» non è supportata dalle stesse stime di impatto del MEF, che contano appena 1,2 punti di PIL in 5 anni;
    coerentemente con la tendenza prevista per l'intera Unione europea, infatti, le principali istituzioni internazionali (a partire da OCSE, FMI e Commissione europea) prevedono un rallentamento del ritmo di crescita del PIL italiano nel 2018 e nel 2019 (in linea con il quadro tendenziale del Governo) e, comunque, una variazione del PIL inferiore a tutte le principali economie avanzate. L'intervallo in cui tali previsioni si concentrerebbe la crescita del PIL è attualmente dello 0,9-1,4 per cento per quest'anno e 0,8-1,3 per cento per il 2018. In aggiunta alle tendenze internazionali, i previsori istituzionali esprimono preoccupazioni riguardo all'impatto sull'Italia della eventuale sospensione da parte della BCE della politica di accentuato accomodamento monetario (QE), oltre all'incertezza dovuta all'esito delle elezioni politiche, che avranno luogo entro maggio 2018;
   considerato altresì che:
    in relazione alla composizione della prossima manovra di bilancio, la Corte dei conti ha rilevato, nel corso dell'audizione svolta presso le Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato, che, «nel complesso la manovra è quantificata in circa 1,2 punti di prodotto: 0,6 punti proverranno dal peggioramento del disavanzo e 0,6 per un terzo da tagli strutturali della spesa e per i restanti due terzi da misure per accrescere la fedeltà fiscale e ridurre i margini di evasione ed elusione. Si tratta di margini di manovra molto stretti considerando che la sola disattivazione della clausola richiede 0,9 punti di prodotto e che i restanti 0,3 punti devono riguardare aree di intervento particolarmente ampie a cui si aggiungono le risorse necessarie a garantire la copertura finanziaria del rinnovo del contratto del pubblico impiego. Si presenta particolarmente impegnativa, poi, la valutazione della congruenza e della realizzabilità delle coperture. Ciò anche alla luce dei limitati margini rispetto ai parametri europei e di un quadro tendenziale che sconta già un profilo di riduzione significativo della spesa e consistenti misure per ridurre l'evasione e l'elusione fiscale.»;
    la Corte dei conti ha altresì sottolineato «l'importanza di utilizzare i margini di manovra disponibili, realizzando interventi selettivi e non frammentati, in grado di riparare anche alle distorsioni accumulate durante il periodo della crisi». Pertanto, secondo la Corte «già a partire dalla prossima manovra che sarà contenuta nel disegno di legge di bilancio, occorrerà dare il segnale che si intende procedere con decisione verso più solide condizioni di crescita concentrando gli sforzi per migliorare la qualità della spesa, portando a compimento le riforme avviate e affrontando le ragioni della bassa crescita del PIL potenziale in Italia.»;
    di particolare rilievo appaiono i richiami della Corte dei conti riferiti alle modalità di intervento adottate negli ultimi anni in tema sia di politica delle entrate che di contenimento della spesa pubblica. Infatti, la Corte ha rilevato che «la revisione della spesa è stata finalizzata a ridurre comunque i livelli di spesa, piuttosto che a ricercare maggiore efficienza nella gestione delle risorse pubbliche, anche attraverso un attento screening della qualità dei servizi resi e una più penetrante capacità di misurazione dei risultati raggiunti dai diversi programmi»;
    secondo la Corte dei conti, l'azione di spending review portata avanti dal Governo in questi anni è stata condizionata dall’«urgenza impressa dalla crisi, e dunque dalle esigenze di breve periodo». Ciò, ha comportato «il sacrificio di interi comparti (basti pensare al pesante declino dell'attività di investimento nelle infrastrutture pubbliche) e le difficoltà crescenti nell'offerta dei servizi alla collettività che, in alcuni settori, mostrano una riduzione significativa della qualità delle prestazioni». Quanto alla lotta all'evasione, presenta «per sua natura esiti incerti già nel breve periodo» e si basa su misure non strutturali. Inoltre, ha aggiunto ancora la magistratura contabile che «gli anticipi di imposta possono incidere sulla tenuta del gettito in un orizzonte temporale che si estenda oltre quello dell'urgenza del risanamento». Secondo il presidente della Corte dei conti «non va sottovalutata una tendenza che, concentrata sulla ricerca di risultati immediati e quindi su interventi non strutturali, potrebbe generare effetti distorsivi sull'assetto del nostro sistema fiscale, che, al contrario, sollecita riforme in grado di recuperare i principi di fondo cui dovrebbe ispirarsi»;
   valutato altresì che:
    la Nota in esame vanta la creazione di circa 900.000 posti di lavoro negli ultimi tre anni e riporta una crescita degli occupati su base annua dell'1,1 per cento nella prima metà dell'anno. A tal proposito occorre sottolineare che al di là dei toni quasi trionfalistici si è in presenza di un dato assai debole e che almeno metà dei posti di lavoro che sarebbero stati creati in questi tre anni è costituito da contratti a termine. Peraltro, i dati recentemente diffusi dall'ISTAT nella nota trimestrale sulle tendenze dell'occupazione non possono certamente indurre all'ottimismo. Infatti il registrato aumento del numero degli occupati è dovuto solo all'aumento del lavoro precario: dai dati emerge che su base annua a fronte di 437.000 nuovi posti di lavoro, la grandissima parte, ben 329.000 sono a tempo determinato. In un anno occupati a termine crescono del 14,3 per cento, mentre quelli permanenti solo dello 0,4 per cento. La disoccupazione giovanile diminuisce dello 0,2 per cento, rimanendo comunque sopra al 35 per cento, quella degli over 50 aumenta del +15,2 per cento. Dalla medesima nota emerge inoltre che gli ormai abrogati voucher per lavoro accessorio sarebbero stati sostituiti dal contratto a chiamata il quale comporta una prestazione lavorativa che viene svolta in modo discontinuo o intermittente e che, quindi, costituisce di fatto un contratto precario;
    il livello della spesa pensionistica in rapporto al PIL aumenta di circa il 2 per cento nel 2035, per raggiungere l'incremento massimo del 2,6 per cento nel 2045, riducendosi all'1,2 per cento nel 2060. Contemporaneamente, secondo le medesime previsioni, la spesa sanitaria in relazione all'invecchiamento fa registrare un trend ulteriormente peggiorativo poiché nel medesimo periodo 2020-2060 essa continua a crescere, a dimostrazione del fatto che l'adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita, secondo le disposizioni vigenti, non rappresenta uno strumento adeguato, nel lungo periodo, per contenere la spesa e garantire la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, di quello sociale e sanitario. A fronte di un percorso lavorativo più lungo e quindi deteriorante può corrispondere, infatti, un abbassamento dei livelli e della qualità di vita che potrebbero condurre all'erogazione di maggiori e più durature prestazioni socio-sanitarie con il paradossale effetto che una permanenza prolungata a lavoro non produrrà risparmi o contenimenti di spesa ma, al contrario, un aumento incontrollato della stessa;
    nella rilevazione di agosto, l'Istat ha registrato una crescita di occupati principalmente giovani e donne. Ciononostante queste ultime oggi soffrono ancora un gap consistente nelle condizioni di accesso al mercato del lavoro e nelle condizioni di trattamento, primo fra tutti quello economico. Il divario tra il numero di uomini occupati e di donne occupate si attesta al 20 per cento mentre resta stabile il numero di donne lavoratrici sul totale: 1 donna su 2 resta a casa. Sussiste di fatto una discriminazione di genere implicita e una debolezza intrinseca del sistema di protezione sociale e di tutela della genitorialità e della cura familiare le cui attività quotidiane, nella stragrande maggioranza dei casi, gravano sulle spalle delle donne. È evidente infatti che un semplice bonus riconosciuto per pagare l'asilo nido o la baby sitter non può rappresentare una misura valida in senso strutturale e comunque non è una forma di tutela e promozione adeguata per una società, peraltro, con grosse debolezze in termini demografici;
    ancora a fine agosto 2017 si registravano forti disparità nel trattamento economico delle donne lavoratrici rispetto ai loro colleghi maschi. Secondo la rilevazione 2016 del Global Gender Gap Index del Wef, l'Italia è scesa al 50 esimo posto, dal 41 esimo su 144 paesi, nella graduatoria della disparità di genere. Nello specifico alla voce «opportunità economiche» l'Italia è addirittura 117 esima, mentre a quella «retribuzione a parità di ruolo» finisce al 127 esimo posto. Nel Gender Gap Report 2017 di JobPricing si segnala che in Italia un lavoratore di sesso maschile percepisce mediamente una retribuzione lorda annua superiore di quasi il 13 per cento rispetto a quella percepita da una lavoratrice donna. Rispetto al 2015, peraltro, il divario retributivo è lievemente cresciuto;
    il Movimento 5 Stelle sostiene da sempre la necessità di inserire nel nostro ordinamento una misura come il reddito di cittadinanza condizionato alla soglia di povertà e a interventi di politica attiva. Per il Movimento 5 Stelle, quindi, uno strumento che possa dirsi sul piano fattuale veramente efficace deve avere requisiti ben specifici: la misura deve essere condizionata alla soglia di rischio di povertà elaborata da EUROSTAT, fissata al 60 per cento del reddito disponibile equivalente mediano nazionale; prevenire le situazioni di grave privazione materiale e far uscire le famiglie da tali situazioni. Per contrastare in modo efficace la trappola della povertà, il complesso delle misure di sostegno al reddito deve essere fortemente condizionato dagli investimenti nelle politiche attive del lavoro e in particolare nei servizi sociali e nei servizi per l'impiego pubblici; investimenti mai fatti in questi cinque anni, malgrado ve ne fosse la possibilità nell'ambito della discussione sul Jobs act;
    con riferimento al carico fiscale è necessario sopprimere l'IMU sui terreni concessi in affitto e in comodato a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali per i contratti di durata uguale o superiore ai 5 anni;
    è sempre più urgente la definizione di strumenti che garantiscano un sistema strutturato di ammortizzatori sociali al comparto della pesca, con l'intento di affrontare in modo organico una questione che, di anno in anno, viene affrontata in maniera episodica con lo stanziamento di fondi a copertura dei fermi biologici;
    la Nota di aggiornamento conferma che la spesa sanitaria sarà di 115 miliardi per il 2018, 116 per il 2019 e 118 nel 2020 e, parimenti, conferma che la sua incidenza sul PIL sarà decrescente e passerà dal 6,6 per cento del 2017 e ulteriormente decrescente lo sarà anche nel 2020 passando dal 6,4 per cento del DEF al 6,3 per cento della Nota all'esame; si ufficializza dunque il passaggio al di sotto del 6,5 per cento quale soglia minima che l'OMS indica come livello minimo al di sotto del quale, in termini di aspettativa di vita, la salute dei cittadini è in pericolo. Si teme che il finanziamento del sistema sanitario nazionale, nelle cifre prevista dalla Nota, sconterà bene presto, in termini di insufficienza di risorse, anche l'introduzione dei nuovi LEA e ciò sulla base di quanto più volte segnalato anche dalle Regioni e dall'incompletezza della revisione dei LEA laddove manca, ancora oggi, l'individuazione delle tariffe relative alle nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica che doveva realizzarsi entro il 2016; anche il recente decreto-legge che ha introdotto i vaccini obbligatori ad invarianza finanziaria in realtà rischia di non essere sostenuto da adeguate risorse finanziarie, come peraltro ha evidenziato anche il servizio di bilancio del Senato;
    nonostante già dal 2016 sia stato previsto un piano straordinario di assunzione, la carenza di personale sanitario non sembra trovare soluzione dinanzi ai tempi biblici del Ministero della salute che non sembra venire a capo del fabbisogno di personale sanitario da parte delle Regioni, permane dunque il blocco del turnover, che attraverso altre misure di contenimento della spesa sul personale hanno generato un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale (nonostante la direttiva europea – recepita con legge 30 ottobre 2014, n. 161, entrata in vigore dal 25 Novembre 2014 ed ancora inapplicata «abbia imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario);
    la Nota di aggiornamento conferma che la spesa sanitaria sarà di 115 miliardi per il 2018, 116 per il 2019 e 118 nel 2020 e, parimenti, conferma che la sua incidenza sul PIL sarà decrescente e passerà dal 6,6 per cento del 2017 e ulteriormente decrescente lo sarà anche nel 2020 passando dal 6,4 per cento del DEF al 6,3 per cento della Nota all'esame; si ufficializza dunque il passaggio al di sotto del 6,5 per cento quale soglia minima che l'OMS indica come livello minimo al di sotto del quale, in termini di aspettativa di vita, la salute dei cittadini è in pericolo;
    si teme che il finanziamento del sistema sanitario nazionale, nelle cifre prevista dalla Nota, sconterà ben presto, in termini di insufficienza di risorse, anche l'introduzione dei nuovi LEA e ciò sulla base di quanto più volte segnalato anche dalle Regioni e dall'incompletezza della revisione dei LEA laddove manca, ancora oggi, l'individuazione delle tariffe relative alle nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica che doveva realizzarsi entro il 2016; anche il recente decreto-legge che ha introdotto i vaccini obbligatori ad invarianza finanziaria in realtà rischia di non essere sostenuto da adeguate risorse finanziarie, come peraltro ha evidenziato anche il servizio di bilancio del Senato;
    nonostante già dal 2016 sia stato previsto un piano straordinario di assunzione, la carenza di personale sanitario non sembra trovare soluzione dinanzi ai tempi biblici del Ministero della salute che non sembra venire a capo del fabbisogno di personale sanitario da parte delle regioni, permane dunque il blocco del turnover, che attraverso altre misure di contenimento della spesa sul personale hanno generato un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale (nonostante la direttiva europea – recepita con legge 30 ottobre 2014, n. 161, entrata in vigore dal 25 Novembre 2014 ed ancora inapplicata — abbia imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario);
    per quanto riguarda le politiche sociali la Nota di aggiornamento non introduce alcun elemento di novità rispetto al DEF 2017, e si limita a rivendicare la strategia innovativa dell'azione di contrasto alla povertà, basata su un sostegno economico condizionato all'attivazione di percorsi verso l'autonomia lavorativa, con un progressivo ampliamento della platea di beneficiari; tale strategia è in realtà tutt'altro che innovativa bensì assolutamente insufficiente, nonché un triste tentativo di emulare, in iso-risorse, il reddito di cittadinanza proposto dal M5S; inoltre si registra un ritardo nelle azioni da porre in essere in relazione alla prima infanzia, alle responsabilità genitoriali e ai centri per le famiglie poiché alcune regioni non hanno ancora programmata le attività del 2015 e in alcuni casi, come Lazio e Sardegna, neanche del 2014 e sul Fondo per le non autosufficienze si registra una sensibile riduzione di risorse;
    il Governo appare disattento anche sulle cosiddette «questioni di genere», le quali certamente non rappresentano un problema esclusivamente femminile, al contrario riguardano tutte e tutti in quanto mettono al centro della Politica il tema delle relazioni tra donne e uomini, evidenziando la disparità dei tradizionali rapporti di potere fondati sull'invisibilità e la «naturalezza» del lavoro domestico e di cura da parte delle donne in relazione alla cultura: l'Italia occuperà gli ultimi posti in relazione ai finanziamenti da destinare al comparto istruzione in relazione al PIL, dati gravati dai benefìci pressoché assenti della recente riforma scolastica. A ciò si aggiunga l'assenza di provvedimenti in materia di definizione e garanzia dei livelli essenziali delle Prestazioni (LEP), la mancanza di misure in materia di internalizzazione dei servizi scolastici, l'assenza di misure per incentivare lo sport nelle scuole, la non coincidenza dell'organico di fatto con quello di diritto, ed il mancato inserimento all'interno di quest'ultimo dei posti sul sostegno, l'aumento del tempo pieno, con particolare riferimento alle regioni del Sud, e, soprattutto, le insufficienti dotazioni previste per gli interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici nell'ambito della programmazione nazionale;
    continuano a non considerarsi le gravissime distorsioni che anche per l'anno 2017 verranno determinate dalla distribuzione della parte premiale, ancora una volta direttamente sottratta dal Fondo di Finanziamento Ordinario, nonché dalla volontà di procedere all'assunzione di nuovi docenti anche attraverso chiamata diretta. L'attuazione della no tax area in assenza di finanziamenti adeguati, inoltre, sta determinando aggravi eccessivi nella tassazione delle fasce non comprese dal beneficio a causa delle minori entrate. Inadeguato al regolare funzionamento risulta, inoltre, lo stanziamento previsto per il Fondo ordinario per il finanziamento degli Enti di Ricerca, il più basso degli ultimi 5 anni. Del tutto assente risulta invece il settore culturale. Si ricordi, a tal fine, come nell'ambito delle previsioni relative al federalismo demaniale culturale, risulti assolutamente necessario garantire per i beni di interesse storico artistico la sussistenza del vincolo di destinazione d'uso, ovvero il divieto di alienazione di tali beni a soggetti privati in materia fiscale e bancaria la programmata riduzione della pressione fiscale sui fattori produttivi, da realizzare mediante la riduzione del cuneo fiscale e aumento del reddito disponibile dei lavoratori, non risulta supportata da politiche di revisione strutturale del sistema fiscale tali da garantire un'equa redistribuzione dei carichi fiscali tra famiglie e imprese e tra le diverse classi di redditi. Contrariamente a quanto si sostiene, il livello di pressione fiscale resta ancora oggi tra quelli più elevati in ambito europeo e internazionale, con pesanti ricadute sia in termini di consumi delle famiglie (di cui solo il 10 per cento percepisce più di 55.000 euro annui) che di investimenti per le imprese. Non sono definite le modalità di attuazione della prevista razionalizzazione delle spese fiscali e delle tax expenditures. Si rammenta che tale obiettivo trova origine nell'esigenza di recuperare gettito attraverso l'eliminazione di spese fiscali superflue in termini di costi/benefici, nell'ottica di garantire una maggiore equità fiscale nella distribuzione dei benefici. La riforma del sistema di tassazione del patrimonio immobiliare su base catastale, individuata tra gli strumenti che dovrebbero garantire un progressivo passaggio della tassazione dalle persone alle «cose», non è accompagnata da una contestuale riduzione del sistema di tassazione sul reddito. Allo stato, dunque, la programmata riforma del catasto rischia di diventare uno strumento di aumento della pressione fiscale sui patrimoni immobiliari, in chiaro contrasto peraltro con la delega fiscale che prevedeva una revisione del catasto immobiliare ad invarianza di gettito per realizzare una ripartizione dei carichi fiscali in favore della classi di contribuenti medio basse. In tema di lotta all'evasione, gli obiettivi previsti (miglioramento della collaborazione tra amministrazione e contribuente e incentivi all'adempimento spontaneo) non trovano riscontro nelle misure introdotte negli ultimi anni, caratterizzate per lo più da interventi di breve periodo e di stampo condonistico finalizzati al mero recupero di gettito. Mentre sul versante della semplificazione fiscale, con l'introduzione della fatturazione elettronica e l'invio telematico dei dati di fatturazione è stata sprecata nuovamente l'occasione di realizzare una significativa riduzione degli oneri contabili e dichiarativi a carico di imprese e professionisti. Di fatto dunque le misure che si prevedono, tra cui il potenziamento e l'estensione dello split payment (con i suoi effetti distorsivi) nonché un irrigidimento delle procedure di compensazione, si sostanziano in aggravi fiscali e burocratici ai danni del comparto produttivo e professionale senza alcun apprezzabile beneficio in termini di riduzione della pressione fiscale e tutele da verifiche e accertamenti. Gli interventi predisposti dal Governo per rendere maggiormente stabile il sistema come la garanzia pubblica «GACS», il rilascio di garanzie pubbliche per l'emissione di nuove obbligazioni ed il programma di ricapitalizzazione precauzionale rappresentano interventi preposti alla mitigazione degli effetti della crisi del sistema bancario e non di certo alla risoluzione delle problematiche «ontologiche» infatti l'incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti non ha subito sostanziali modifiche ed il tasso di copertura dei crediti deteriorati è aumentato al 47,3 per cento;
    il Consiglio dell'Unione Europea dell'11 luglio 2017 ha posto un particolare accento sul problema della corruzione nel nostro Paese giudicato «ancora molto importante nonostante le riforme sin qui adottate» e che per via dell'allora vigente regime della prescrizione «nella gran parte dei processi» per corruzione «si interrompano per avvenuta prescrizione dopo la condanna di primo grado». A fianco di una stigmatizzata carenza di risorse e di poteri per l'autorità anti-corruzione, il Consiglio dell'Unione Europea ha quindi rinnovato la formale raccomandazione all'Italia «a potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l'istituto della prescrizione», ribadendo il nesso speciale intercorrente tra quel regime giuridico ed il fenomeno criminale;
    la Nota in esame, nella sezione dedicata all'attuazione del PNR per il comparto della giustizia, annovera impropriamente la modifica della prescrizione all'interno della sezione «lotta alla corruzione e riforma dei tempi della prescrizione», titolo che risulta del tutto slegato dal contenuto della stessa sezione nella quale, in merito alla riforma del processo penale il nesso tra la lotta alla corruzione e l'introdotta modifica del regime della sospensione della prescrizione non è mai esplicitato. Ben sapendo, l'esecutivo, che la mera sospensione generalizzata della stessa, in difetto di un particolare trattamento per i reati di corruzione, non potrà che alimentare il ricorso a pratiche dilatorie da parte del condannato in primo grado, vanificando l'adempimento alla risalente raccomandazione europea;
    in materia energetica, il Governo rimarca la rilevanza della Strategia Energetica Nazionale (SEN), che mirerebbe ad accrescere la competitività del nostro Paese attraverso l'allineamento dei prezzi energetici a quelli europei, il miglioramento dell'approvvigionamento della fornitura, l'adeguamento delle infrastrutture e l'individuazione di un percorso di decarbonizzazione nell'ambito degli impegni presi con l'Accordo di Parigi; nel complesso, però, la SEN appare più una linea di difesa del gas naturale che una convinta proposta di decarbonizzazione dell'economia italiana, come invece ci si aspetterebbe da un Paese che può essere leader nel settore delle energie rinnovabili e, di conseguenza, del contrasto ai cambiamenti climatici. Si continua, infatti, a dare una valutazione errata sul ruolo del gas nei prossimi anni, ritenendolo centrale e fondamentale per soddisfare le esigenze energetiche del Paese, al punto da prevedere metanizzazioni su intere porzioni di territori. Si tralascia, inoltre, che nella SEN sono totalmente sottovalutati i vantaggi, per aziende, industrie e cittadini, che possono derivare da un sistema energetico basato sulla generazione distribuita, che se accompagnata con regole chiare e trasparenti, può dare risposte ai problemi della rete, portando flessibilità e nuovi scenari per il mercato elettrico. Le analisi contenute nella SEN dimostrano che gli obiettivi non saranno raggiungibili se il Governo non individuerà misure più concrete di promozione delle rinnovabili, dell'efficienza energetica e della mobilità sostenibile;
    dalla Relazione del Ministro dell'ambiente allegata alla nota di aggiornamento, si evince, nella tabella 1 relativa alla sintesi delle informazioni nel primo periodo del protocollo di Kyoto (2008-2012) che l'Italia ha sforato gli obiettivi previsti;
    per le emissioni di gas nei settori non ETS quali trasporti, piccola industria, agricoltura e rifiuti, riportati in tabella III della relazione, si evince che siamo ancora lontani dagli obiettivi previsti dalle decisioni n. 162 del 2013 e n. 634 del 2013;
    con il Pacchetto Quadro clima – energia 2030 sono introdotti nuovi obiettivi per il periodo 2021-2030, relativi a: riduzione dei gas serra di almeno il 40 per cento a livello europeo rispetto all'anno 1990; obiettivo vincolante a livello europeo pari ad almeno il 27 per cento di consumi energetici da rinnovabili; obiettivo indicativo a livello europeo pari ad almeno il 27 per cento per il miglioramento dell'efficienza energetica nel 2030 rispetto alle proiezioni del futuro consumo di energia;
    nella relazione del Ministero della Difesa sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali allegata alla Nota di aggiornamento è segnalato come gli stanziamenti di bilancio non siano sufficienti a garantire la piena funzionalità della nuova organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, conseguente allo scioglimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri. Le previsioni di risparmio previste dalla riforma non solo non si fanno verificando ma la Relazione chiede risorse aggiuntive per 15 milioni da destinare a investimenti nel triennio 2018-2020;
    la relazione del Ministero dello sviluppo economico sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali evidenzia come l'impatto della prosecuzione dei programmi aeronautici e navali ad alta tecnologia per la difesa, nonché i progetti di ricerca e sviluppo nei settori dell'aerospazio e dell'alta tecnologia richiedano ulteriori finanziamenti che rischiano, per il crescere esponenziale dei costi, di rendere non sostenibile per la finanza pubblica tali programmi di riarmo. Si prosegue inoltre nella politica di avviare nuovi programmi di armamento con stanziamenti iniziali palesemente insufficienti, cosa che determina lo slittamento nel tempo dei programmi stessi, tanto che sovente i «nuovi» sistemi d'arma risultano ultimati e disponibili per le FF.AA solo quando sono superati ed obsoleti se confrontati a sistemi d'arma tecnologicamente più aggiornati;
    in materia di trasporti, la Nota di aggiornamento richiama quanto introdotto dal DL n.50 del 2017, relativamente alla fusione tra Anas S.p.a. e il gruppo Ferrovie dello Stato. Nel merito, occorre necessariamente ribadire la nostra più totale contrarietà a tale operazione fortemente voluta dall'Esecutivo esclusivamente per far uscire l'Anas dal perimetro della Pubblica Amministrazione, aggirando, così, il problema relativo ai 500 milioni di debito del gruppo. Tale operazione, però, sembra non aver considerato le problematiche che sorgeranno dal fatto che Anas non potrà più usufruire dei contributi a fondo perduto trasferiti dallo Stato e dovrà bensì fare affidamento su dei corrispettivi calcolati in base ad alcuni parametri come il traffico effettivamente registrato sulla rete (in calo su molte tratte), il rispetto di costi e tempi degli investimenti (anche questi ultimi molto in ritardo) e le performance dei servizi. Analogamente, suddetta scelta risulta rischiosa anche per il gruppo Ferrovie dello Stato, tenuto conto che Anas ha ancora in attivo un contenzioso di circa 9 miliardi;
    il documento in esame ripercorre gli interventi adottati dal Governo in materia di trasporto pubblico locale. Si evidenzia come ancora una volta il Governo sia intervenuto, con il DL 50/2017, spingendo gli enti competenti a scegliere procedure competitive per l'affidamento dei servizi, sfavorendo la gestione diretta o l'affidamento in house. La riproposizione della norma suddetta, dunque, sebbene sotto forma di disincentivo e di penalizzazione economica, sebbene non si traduca in un chiaro divieto di affidamento in house, rappresenta una forzatura rispetto alle disposizioni contenute nel regolamento CE n. 1370/2007;
    in materia di ambiente: la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, alla luce dell'ipotizzato incremento della crescita per investimento pari allo 0,4 per cento per l'esercizio finanziario in corso e del 5,1 per cento per l'anno 2018, individua una consistente allocazione di nuove risorse per gli investimenti pubblici;
    la ripartizione degli investimenti non sembra tenere in adeguato conto le problematiche relative alla gestione del territorio, alla prevenzione del rischio idrogeologico e sismico, alla tutela ambientale ed all'esigenza di una politica di valorizzazione e conservazione della natura e degli ecosistemi;
    in particolar modo giova ribadire che il dissesto idrogeologico è una piaga che affligge il nostro territorio nazionale e che per essere seriamente affrontata ha bisogno di fondi e di una programmazione a lungo termine, mentre alluvioni e frane, ogni anno rendono tragica una situazione che invece con una seria pianificazione, un utilizzo serie e oculato dei fondi e con l'impegno di tutte le istituzioni locali e nazionali si deve assolutamente evitare;
    anche la situazione delle reti e delle infrastrutture idriche è ormai al collasso, come ci dicono anche i dati Istat dello scorso marzo, dai quali emerge che il 40 per cento dell'acqua che attraversa le reti si disperde. L'Italia inoltre sta attraversando un momento di grave criticità idrica che sta arrecando gravi danni ai cittadini in tantissimi comuni, con forte rischio igienico sanitario e si conteggiano già miliardi di euro di danni in agricoltura. Dopo 15 anni e 3 procedure di infrazione europea, le acque marine costiere sono sempre più inquinate a causa della mancanza di sistemi di depurazione e fognatura;
    è necessario avviare una politica che accompagni la cura e la valorizzazione del territorio con l'esigenza di ridurre o azzerare il consumo di suolo, che contrasti seriamente il dilagare dell'abusivismo edilizio, che promuova il rilancio della tutela delle aree protette,

impegna il Governo

   in materia di politica economica:
    a porre il veto all'inserimento del Fiscal Compact nei trattati europei ad ampliare le misure di « Fiscal Stancé» nella programmazione 2018 e 2019, derogando alle regole di austerity, imposte dal fiscal compact, per trarre il massimo vantaggio dalle favorevoli condizioni contingenti dell'economia e del commercio internazionale, destinando maggiori risorse, rispetto a quelle preventivate nel documento in esame, agli investimenti pubblici, al sostegno dei redditi medio-bassi, al miglioramento delle condizioni di vita della collettività;
    a destinare quindi maggiori risorse finalizzate al conseguimento di uno stato di benessere sociale, in termini di sicurezza dell'occupazione, contrasto alla povertà, maggiori servizi di qualità ai cittadini, aumento del potere di acquisto dei salari e degli stipendi medio-bassi, innovazione e qualità dell'ambiente, allineandosi ai livelli più elevati della media europea;
    a sostenere nelle sedi europee una politica di espansione, tramite l'interpretazione estensiva dei trattati esistenti, in modo da abbandonare l'attuale interpretazione promotrice di politiche di austerità;
    a intervenire, anche nelle sedi europee, per rilanciare il principio di una gestione autonoma del debito da parte degli Stati, basata non più su politiche di rigore, ma di riduzione progressiva del debito attraverso la crescita economica;
    a promuovere in sede europea iniziative per l'armonizzazione interna dei montanti di surplus/deficit tra i vari Paesi dell'Unione;
    a programmare una politica mission oriented incentrata sulla promozione dell'innovazione nei settori chiave con particolare attenzione al comparto dell'energia pulita;
    a considerare come vincolanti gli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile, completando quei pochi recentemente individuati nel Documento di Economia e Finanza, rendendoli programmatici;
    a promuovere misure adeguate di sostegno al reddito e di inclusione sociale, di entità non inferiore a quelle già adottate dagli altri Paesi europei, considerando anche le proposte di legge depositate in Parlamento in materia;
    a invertire le politiche economiche adottate sino ad oggi, basate sul principio dello sfruttamento del lavoratore, della sua precarizzazione e diminuzione del salario (labour intensive), adottando politiche economiche che prediligano l'investimento in innovazione e ricerca (capital intensive) nei settori quali l'energia pulita e l'innovazione;
    a promuovere misure atte alla valutazione ex-ante e ex-post dell'impatto dell'attività normativa, ivi compresa l'analisi relativa alla qualità degli atti normativi;
    a sbloccare la leva fiscale a favore dei comuni, compensandone gli effetti con la riduzione della pressione fiscale erariale;
   in materia bancaria, fiscale e tributaria:
    a ridurre la pressione fiscale sul reddito delle persone fisiche attraverso la revisione degli scaglioni IRPEF privilegiando, nell'ottica di redistribuzione della ricchezza, le fasce di contribuenti mediobasse, i nuclei familiari monoreddito e con più componenti e le diversità territoriali del Paese; a ridurre il costo fiscale del lavoro su imprese, in particolare per le piccole realtà imprenditoriali, professionali e artigianali, incentivando gli investimenti per imprenditoria giovanile e start-up; a introdurre regimi fiscali semplificati per imprese e società che garantiscono adeguate forme di affidabilità e regolarità fiscale con riduzioni di imposta e immunità da determinate tipologie di accertamento e verifiche fiscali;
    a riformare il sistema di riconoscimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali semplificando le modalità di fruizione, anche attraverso l'introduzione di modalità alternative volte a favorire il trasferimento del beneficio e ad anticiparne gli effetti;
    a potenziare e razionalizzare, anche nell'ambito della riorganizzazione del sistema delle agenzie fiscali, gli attuali strumenti di riduzione dell'indebitamento fiscale, limitando il ricorso alle esecuzioni forzate sui beni personali del debitore;
    ad introdurre disposizioni di carattere normativo al fine di vietare allo Stato, alle Fondazioni bancarie, alle imprese bancarie, finanziarie ed assicurative di effettuare investimenti in strumenti finanziari derivati o speculativi che implichino un rischio di perdite patrimoniali e siano pregiudizievoli per le risorse erariali e per il risparmio dei cittadini; promuovere la separazione tra banche commerciali e banche d'investimento nonché l'istituzione di una banca pubblica degli investimenti al fine di favorire il finanziamento e la ripresa dell'economia reale;
   in materia di giustizia:
    ad adempiere, in maniera esaustiva ed entro il 2017, alla raccomandazione del Consiglio dell'Unione Europea dell'11 luglio 2017 con la quale si richiede all'Italia di «potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l'istituto della prescrizione» attraverso una disciplina speciale per i reati corruttivi che non prescinda dalla sospensione senza limiti di tempo della stessa dopo il rinvio a giudizio ovvero dopo la condanna di primo grado;
    fermo restando che il ripristino della piena funzionalità del sistema giudiziario italiano, inteso come investimento strategico per il rilancio del Paese, non possa passare esclusivamente dalla «riforma» delle procedure penali, civili, fallimentari, ma dal reperimento di adeguate risorse finanziarie, a completare, nell'ambito della legge di Bilancio 2018-2020, le piante organiche di magistratura, del personale amministrativo degli uffici giudiziari al fine di una più celere celebrazione dei processi e dell'abbattimento del contenzioso arretrato;
   in materia di lavoro e politiche sociali:
    a prevedere misure per disinnescare l'adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita adottando un approccio quali-quantitativo anche intervenendo nell'integrazione degli Indici di Benessere Equo e Sostenibile (BES) al fine di introdurre un parametro adeguato a monitorare la qualità di vita dei soggetti in procinto di avvicinarsi all'età pensionabile;
    a prorogare fino al 2019 la misura c.d. «Opzione donna» che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento pensionistico anticipato in presenza dei prescritti requisiti contributivi ed anagrafici, a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo, al fine di consentire alle donne di vedere valorizzato il proprio impegno in famiglia;
    a prevedere, nel solco dell'iter di rafforzamento della contrattazione collettiva di secondo livello, l'adozione di misure volte a introdurre sistemi di controllo e verifica della parità di trattamento economico tra donne e uomini a parità di funzioni, prevedendo altresì incentivi alle imprese perché adottino piani di audit interno per garantire l'effettiva tutela e promozione della parità di genere anche nelle fasi selettive;
    a prevedere misure urgenti per ampliare la platea dei c.d. «lavori usuranti» di cui al decreto-legislativo 21 aprile 2011, n. 67, al fine di ricomprendere quelle categorie di soggetti che svolgono quelle professionalità alle quali viene richiesta un'attività fisica dura e per tante ore come, a titolo esemplificativo, i lavoratori del settore edile, del trasporto merci, dei servizi di pulizia, delle professioni sanitarie infermieristico-ospedaliere;
   in materia di cultura, scuola, Università e ricerca:
    alla previsione di adeguati finanziamenti che assicurino un rapporto tra spesa e PIL in linea con gli standard europei e idoneo allo sviluppo culturale del Paese, intervenendo affinché le gravi inadempienze determinate dall'assenza di provvedimenti in materia di internalizzazione dei servizi scolastici, dall'urgente necessità di definire e garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione, dalla mancanza di un concreto incremento dello sport scolastico, di efficaci misure per l'aumento del tempo pieno, con particolare riferimento alle regioni del Sud, dalla non coincidenza dell'organico di fatto con quello di diritto, ed il mancato inserimento all'interno di quest'ultimo dei posti sul sostegno, e, infine, dall'assenza di risorse adeguate in materia di sicurezza degli edifici scolastici, che assicurino sia la verifica della piena conformità alle vigenti disposizioni in materia di edilizia e alle norme tecniche antisismiche, non impediscano l'adeguato sviluppo del sistema scolastico;
    ad assicurare la previsione di una quota premiale aggiuntiva ai finanziamenti ordinari, con riferimento al FFO e al FOE, impedendo altresì la distribuzione dei finanziamenti secondo il calcolo del costo standard per Ateneo, adottando urgenti misure per la corretta applicazione della no tax area per i contributi universitari garantendo livelli di tassazione adeguati per le fasce non comprese dal beneficio, nonché l'assunzione di personale docente attraverso il sistema di chiamata diretta. Si richiedono stanziamenti adeguati in favore degli Enti di ricerca pubblici, per lo sviluppo del sistema della ricerca e il contenimento del precariato. Concrete misure si richiedono, infine, nel settore culturale, con risorse adeguate a sviluppare un settore fondamentale per la crescita del Paese, garantendo, inoltre, l'assunzione di provvedimenti che, in materia di federalismo demaniale culturale, assicurino per i beni di interesse storico artistico la presenza del vincolo di destinazione d'uso, ivi compreso il divieto di alienazione di tali beni a soggetti privati;
   in materia di sanità e affari sociali:
    a garantire, già nella prossima legge di bilancio, le risorse adeguate ad aumentare il livello di finanziamento del fondo sanitario nazionale recuperando gli stanziamenti tagliati in precedenza rispetto agli importi indicati nel Patto della salute 2014, assicurando quindi che l'incidenza della spesa sanitaria sul PIL sia collocata ad un livello accettabile tale da garantire il principio universalistico della tutela della salute e soprattutto così da assicurare l'effettiva esigibilità dei LEA; a garantire al SSN le risorse umane di cui necessita, provvedendo allo sblocco del turnover, all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e attivando le procedure concorsuali straordinarie in tutte le regioni come previsto nella legge di stabilità 2016 e nel rispetto della direttiva europea – recepita con legge 30 ottobre 2014, n. 161, entrata in vigore dal 25 Novembre 2014 ed ancora inapplicata – che ha imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario;
    ad intervenire affinché siano aumentate le risorse sia del Fondo nazionale per le politiche sociali e sia del Fondo per le non autosufficienze, al fine, tra l'altro, di portare a termine le relative azioni in forte ritardo rispetto al piano programmato dell'utilizzo dei medesimi;
    a garantire le risorse necessarie alla piena attuazione del piano nazionale antiviolenza per dare efficacia agli strumenti giuridico-legislativi attualmente previsti e dunque: la messa in sicurezza e il sostegno economico delle donne vittime di violenza, il finanziamento delle attività e la formazione permanente di tutti gli operatori che entrano in contatto con le vittime di violenza, la messa a punto delle reti antiviolenza territoriali, l'implementazione del previsto sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati finalizzato alla banca dati nazionale, l'attività di prevenzione e contrasto a molestie e violenze nei luoghi di lavoro;
   in materia energetica ed ambientale:
    ad aumentare il controllo del territorio, contrastare l'abusivismo edilizio con seri provvedimenti, abbandonando misure legislative premiali nei confronti degli autori degli abusi edilizi, dare adeguata attenzione non solo al rischio sismico, ma anche adeguate mappature delle criticità territoriali dove insistono rischi vulcanici, idrici, chimici e ambientali;
    a programmare un piano straordinario di investimenti nel settore idrico, che preveda l'aumento del Fondo per le Risorse Idriche di almeno 500 milioni di euro annui, e che abbia la finalità di dare certezze e produrre un'accelerazione degli investimenti previsti e di indirizzarli prevalentemente verso la ristrutturazione della rete idrica, con l'obiettivo di ridurre le perdite di rete, e verso le nuove opere, in particolare del sistema di depurazione e di fognatura;
    ad investire maggiori risorse, a razionalizzare e monitorare con trasparenza ed efficacia, quanto previsto nei Patti per il Sud in cui sono previsti fondi e accordi di programma sul tema delle infrastrutture idriche;
    a fermare la «controriforma» sui parchi che sembra rispondere soprattutto all'esigenza di indebolire la tutela delle aree protette, destinando invece maggiori risorse agli enti parco e alla politiche sulla biodiversità;
    ad investire maggiori risorse sulle forme di mobilità dolce e sostenibile, con l'obiettivo di dare un ulteriore contributo ad una politica finalizzata alla valorizzazione del patrimonio ambientale, storico e culturale del Paese, garantendo altresì la rapida approvazione delle proposte di legge che vanno in questa direzione;
    a dare seguito a quanto indicato nel «Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli», pubblicato in attuazione della legge sulla green economy e l'efficienza delle risorse (n. 221/2015), prevedendo una graduale soppressione dei sussidi e degli incentivi pubblici, diretti e indiretti, alle fonti fossili, per favorire la transizione verso un sistema fiscale ecologico e un modello di economia sostenibile;
    a promuovere una conversione ecologica del sistema produttivo italiano, attraverso nuove misure di sostegno in favore del consolidamento delle vere fonti energetiche rinnovabili e dell'efficienza energetica, attraverso la definizione di una tassazione delle esternalità ambientali e sanitari la cui base imponibile dovrà essere gradualmente ampliata fino a comprendere gli impatti sanitari associati all'utilizzo delle fonti energetiche;
    a definire le misure necessarie a garantire che la cessazione dell'uso del carbone in Italia sia accompagnata esclusivamente da un incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili e da misure di contenimento della domanda di energia;
    a dare precisa attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, elaborando una strategia per la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale in grado di sostenere economicamente la trasformazione degli edifici esistenti in edifici a energia quasi zero, sia per la parte pubblica che per quella privata, attivando le necessarie dotazioni finanziarie anche a garanzia dell'intervento;
    ad assumere, in linea con quanto sta avvenendo nel resto dell'Unione europea, ogni utile iniziativa volta a vietare, entro il 2030, la commercializzazione di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina di origine fossile, prevedendo nel periodo transitorio un obbligo in capo ai costruttori/importatori di quote crescenti di immatricolazione di autoveicoli/motoveicoli elettrici, ibridi e alimentati a idrogeno, al fine di contribuire concretamente al conseguimento degli obiettivi contenuti nell'accordo di Parigi;
   in materia di trasporti:
    a rivedere il programma di fusione tra Anas S.p.a. e il gruppo Ferrovie dello Stato al fine di evitare suddetta operazione;
    ad incrementare le risorse destinate al trasporto pubblico locale rivedendo il meccanismo disincentivante nei confronti degli enti che non dovessero scegliere di ricorrere alla gara nell'affidamento dei servizi di trasporto e a rivedere il sistema di erogazione delle risorse di cui al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale prevedendo uno stanziamento diretto in favore delle città metropolitane, al fine di favorire immediatezza nella disponibilità di suddette risorse;
   in materia di agricoltura:
    ad esentare dal pagamento dell'IMU i terreni agricoli concessi in affitto e/o in comodato a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali il cui contratto di locazione e/o comodato abbia durata di almeno 5 anni;
    ad adottare urgentemente un sistema strutturato di ammortizzatori sociali per il settore della pesca;
   in materia di difesa e sicurezza:
    a razionalizzare l'organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare improvvidamente messa in discussione dall'accorpamento nell'Arma dei Carabinieri del Corpo Forestale dello Stato;
    a ridimensionare, ottenendo per questa via un notevole risparmio per il Bilancio dello Stato, i programmi di riarmo dell'Italia a cominciare dal taglio del progetto di acquisizione di ulteriori cacciabombardieri F-35.
(6-00352) «Castelli, Caso, Cariello, Sorial, Brugnerotto, D'Incà, Colletti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prodotto interno lordo

professione sanitaria

politica fiscale