ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00301

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 755 del 08/03/2017
Abbinamenti
Atto 6/00297 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00298 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00299 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00300 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00302 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00303 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00304 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00305 abbinato in data 08/03/2017
Firmatari
Primo firmatario: BATTELLI SERGIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 08/03/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI MAIO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE 08/03/2017
FRACCARO RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 08/03/2017
PETRAROLI COSIMO MOVIMENTO 5 STELLE 08/03/2017
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 08/03/2017
CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE 08/03/2017


Stato iter:
08/03/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 08/03/2017
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 08/03/2017
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC
Resoconto ALFREIDER DANIEL MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto DISTASO ANTONIO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto CAUSIN ANDREA AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA
Resoconto LA RUSSA IGNAZIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI CIVICI E INNOVATORI
Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto BATTELLI SERGIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SAVINO ELVIRA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BERLINGHIERI MARINA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 08/03/2017
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/03/2017

DISCUSSIONE IL 08/03/2017

NON ACCOLTO IL 08/03/2017

PARERE GOVERNO IL 08/03/2017

RESPINTO IL 08/03/2017

CONCLUSO IL 08/03/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00301
presentato da
BATTELLI Sergio
testo di
Mercoledì 8 marzo 2017, seduta n. 755

   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017, visto l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo
   premesso che:
    l'Unione europea sta vivendo oggi una delle sue più gravi e profonde crisi di identità che si esprime in un diffuso malcontento, livelli di gradimento bassissimi e mancanza di identità, sino ad arrivare alla scelta di uno dei suoi Stati membri di abbandonare l'Unione, in controtendenza con il processo di integrazione avuto sino ad oggi. In questo contesto al fine di dare risposte concrete di definire un percorso concordato per l'Unione europea, la Commissione europea ha pubblicato il 1o marzo 2017 un libro bianco che basandosi sulle prospettive di cambiamento del continente europeo nel prossimo decennio propone cinque diverse opzioni per il futuro dell'Unione che spaziano da un'unione unicamente commerciale sino ad una prospettiva di profondo e ulteriore avvicendamento;
    nelle intenzioni di tutti le celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma il 25 marzo 2017, a cui saranno presenti i 27 capi di Stato e di Governo, sembrerebbe voler essere l'occasione per tracciare la rotta futura dell'Unione e per uscire dall'incertezza attuale;
    in questo contesto di estrema incertezza sembrerebbe delinearsi la concreta prospettiva, lungamente dibattuta in passato, di un'Europa a più velocità o di una «coalizione di volenterosi», consentendo agli Stati membri che ne hanno interesse di approfondire determinate politiche e ambiti. Notizie di stampa riportano che l'Italia vorrebbe far parte di questa cosiddetta coalizione;
    urge la necessità di rivedere la governance di politica economica europea, che ha fallito e non ha saputo, dal 2008 ad oggi, contrastare gli effetti di una crisi economica e finanziaria internazionale, imponendo a tutti gli Stati membri una politica neoliberista di puro rigore finanziario, che ha creato disoccupazione e povertà nei Paesi più deboli, che ora faticano maggiormente a rilanciare la propria economia;
    servono urgentemente politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per sostenere investimenti pubblici anche nelle situazioni caratterizzate da indebitamenti oltre i vincoli consentiti, in quanto solo il rilancio dell'economia e la crescita del prodotto interno lordo consentono di conseguire maggiori risorse da destinare alla riduzione futura e progressiva del debito;
    del resto gli obiettivi di maggiore occupazione, soprattutto quella giovanile, appartengono come priorità agli intenti sottostanti al Trattato di Lisbona. La realizzazione deve contemplare il riallineamento delle economie dei Paesi membri, fra cui l'Italia, con le economie dei Paesi europei dominanti, altrimenti la solidarietà fra gli Stati membri diventa un ideale astratto;
    solo l'abbandono delle politiche austere e l'apertura verso investimenti pubblici, quindi una economia di sostegno alla domanda di beni e servizi e al reddito dei cittadini, di puro stampo keynesiano, può consentire la rinascita dell'economia dei Paesi europei in difficoltà;
    è necessario valutare di ritornare ad un'economia europea sociale di mercato e solidale, quindi politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà che ormai è a livelli record, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. Questi ultimi però richiedono ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con gli attuali vincoli del Fiscal compact;
    eppure bisogna contrastare il fenomeno mondiale della concentrazione della ricchezza globale in mano all'1 per cento della popolazione del mondo, come risulta dal rapporto «Grandi disuguaglianze crescono di Oxfam»;
    gli obiettivi fissati nel luglio 2015 con report «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa», ossia creare un coordinamento più stretto delle politiche economiche, sviluppare meccanismi concreti per coordinare e far convergere le politiche economiche e infine modificare la governance economica nella zona euro, non possono prescindere dal superamento della dualità creatasi fra le economie dei Paesi membri europei più forti ed i Paesi dell'area mediterranea. L'evidente economia a due velocità in Europa rende difficile, per le diverse realtà economiche, la convergenza delle politiche fiscali, che completano l'unione finanziaria e «dovrebbero» rafforzare la responsabilità democratica;
    la Commissione europea, con la pubblicazione nel maggio e nel dicembre 2015 di due comunicazioni, ha adottato l'agenda europea sulla migrazione, evidenziando l'esigenza di una migliore gestione della migrazione e sottolineando, al contempo, come quella migratoria sia una responsabilità condivisa. In particolare, pacchetto approvato si concentra su 4 ambiti: ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, salvare vite e garantire la sicurezza delle frontiere esterne, definire una forte politica in materia di asilo e definire una nuova politica di migrazione legale;
    il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri partecipassero al reinsediamento di 20000 persone bisognose di protezione internazionale. La decisione (UE) 2015/1601 che istituisce misure temporanee nel sentore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, in deroga del regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III) ha introdotto il meccanismo di ricollocamento per alleggerire la pressione delle domande di protezione internazionale sui predetti Stati membri, prevedendo il ricollocamento di 120.000 richiedenti protezione internazionale da distribuire negli altri Paesi membri. L'entità dei ricollocamenti, che pure non sarebbero stati sufficienti ad incidere significativamente sul problema, risultano del tutto irrisori;
    l'accordo stipulato tra capi di Stato e di Governo dell'Unione e la Turchia, recentemente definito dalla stessa Corte europea come accordo internazionale non rientrante sul contesto dell'Unione in quanto tale, ha come intento quella di rafforzare le frontiere esterne dell'Unione per il contrasto dell'arrivo di migranti, incluso quelli che non necessitano di protezione internazionale, e al contempo di aiutare la Turchia nella gestione dell'emergenza rifugiati. L'accordo prevede: il rientro, a spese dell'Unione europea, di tutti i nuovi migranti irregolari che hanno attraversato la cosiddetta «rotta balcanica»; far sì che, per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell'Unione europea l'accelerazione della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi con tutti gli Stati membri; la facilitazione dell'erogazione dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati e la definizione di possibili ulteriori tranche; l'apertura di nuovi capitoli dei negoziati di adesione e la collaborazione per migliorare le condizioni umanitarie all'interno della Siria, in modo da consentire alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in zone più sicure;
    il 29 settembre 2016 è stata adottata la decisione (UE) 2016/1754 volta a modificare la decisione (UE) 2015/1601, che stabilisce la possibilità per gli Stati membri di ammettere sul proprio territorio cittadini siriani presenti su territorio turco in rapporto 1 ad 1 per ogni cittadino siriano riammesso in Turchia dalla Grecia, entro il limite totale stabilito di 54.000 unità;
    a maggio 2016 la Commissione europea ha presentato una prima proposta di revisione del sistema di Dublino del tutto insufficiente se si tiene conto dell'importanza e dell'urgenza di affrontare la crisi migratoria che prevede: 1) instaurare un meccanismo automatico che stabilisca quando un Paese sta trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo ed in tal caso attivare la ricollocazione automatica. Uno Stato membro avrà, inoltre, la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento, ma, in tal caso, dovrà versare un contributo di solidarietà di 250.000 euro allo Stato membro in cui è ricollocato il richiedente del quale sarebbe stato responsabile ai sensi del meccanismo di equità; 2) un meccanismo che tenga conto anche degli sforzi di reinsediamento di persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un paese terzo; 3) un sistema più efficiente in termini di invio delle richieste di trasferimento, per il ricevimento delle risposte e per l'esecuzione dei trasferimenti dei richiedenti asilo tra gli Stati membri; 4) scoraggiare gli abusi e i movimenti secondari attraverso una ridefinizione chiara degli obblighi giuridici per i richiedenti asilo, compreso il dovere di rimanere nello Stato membro competente per la loro richiesta, limiti geografici alla fornitura di benefici materiali legati all'accoglienza e conseguenze proporzionate in caso di violazione delle norme; 5) maggiori garanzie per i minori non accompagnati e un ampliamento equilibrato della definizione di familiari. Parte integrante della proposta consiste nel trasformare l'attuale Ufficio europeo di sostegno per l'asilo. La Commissione europea ha, inoltre, integrato la precedente proposta a luglio 2016, sostituendo la direttiva sulle procedure di asilo con un regolamento che stabilisca una procedura dell'Unione europea comune pienamente armonizzata per la protezione internazionale al fine di ridurre le differenze nei tassi di riconoscimento dei vari Stati membri, scoraggiare i movimenti secondari e assicurare garanzie procedurali comuni efficaci per i richiedenti asilo;
    il Governo italiano sta inoltre siglando accordi, come, ad esempio, il Memorandum con il Governo libico siglato il 2 febbraio 2017, con cui ci si impegna a fornire strumentazione e sostegno militare, strategico e tecnologico al fine di bloccare e controllare le partenze dei migranti in fuga, o quello che ha portato al subitaneo rimpatrio di alcuni cittadini sudanesi nell'estate 2016 che, destano notevole preoccupazione per la protezione dei migranti;
    per quanto riguarda l'ipotesi di ulteriore allargamento dell'Unione verso i Balcani occidentali, questa appare poco ragionata, mentre occorre prima di tutto una seria e urgente riflessione su quale futuro spetta all'Europa, considerando come propedeutica, infatti, una revisione di alcuni suoi trattati base e magari prevedere per gli stati balcanici un'integrazione più blanda e progressiva; altro aspetto da considerare è quello legato alla violazione della sovranità di questi Stati che si troverebbero a stravolgere le proprie Costituzioni per favorire la loro integrazione europea, mentre le riforme andrebbero progettate per andare incontro alla volontà dei popoli;
    in merito al Kosovo, in particolare, occorre sottolineare che il Kosovar center for security studies (Kcss) stima che questo Paese è il principale serbatoio europeo pro-capite di foreign fighters del sedicente Stato Islamico, la crescente partecipazione di membri radicali tra le sue fila e la posizione di hub strategico nel cuore dell'Europa sollevano seri elementi di criticità legati al ritorno dei combattenti in patria. È, inoltre, fondamentale tener conto dei rapporti tra jihadismo e criminalità organizzata locale, un connubio particolarmente pericoloso; emblematici, in tal senso, sono i dati sulla carente azione di controllo esercitata dalle istituzioni kosovare sugli imam più radicali, finanziati dalla monarchia saudita. Tale situazione sul campo rappresenta la maggiore sfida per le missioni internazionali attive in Kosovo e costituisce una preoccupazione per l'Italia, alla luce dei comprovati ingressi di soggetti radicalizzati attraverso il porto di Bari;
    gli impegni assunti al Consiglio europeo del dicembre 2016 sulla sicurezza esterna e la difesa, in più parti e più volte, prevedono un'intensa cooperazione Nato-Unione europea, subordinando di fatto la creazione dell'Unione europea di difesa al rispetto del quadro Nato;
    anche per le cosiddette minacce ibride, come l'attuale tensione tra Unione europea e Russia, non si sviluppa una vera alternativa a questo nuovo clima di guerra fredda o quantomeno non si prova a ribilanciare gli equilibri in seno alla Nato volti a riportarla al suo ruolo di alleanza prettamente difensiva;
    in particolare, la proposta di istituire il fondo europeo per la difesa dell'Unione europea previsto dal piano d'azione europea in tema di difesa per la ricerca militare congiunta, non definisce chiaramente i paletti su obiettivi e priorità di questa ricerca;
    la proposta di creare un quartier generale congiunto per missioni militari e civili, rischia di provocare una commistione inaccettabile tra le missioni civili e quelle militari, che dovrebbero al contrario rimanere ben distinte;
    negativo è il sostegno dichiarato dal Consiglio agli obiettivi di Varsavia, ovvero spese militari al 2 per cento del prodotto interno lordo di ogni singolo Paese della Unione europea (o anche oltre), cosa incompatibile per le economie di molti Paesi (Italia compresa, invece di percorrere prioritariamente l'obiettivo dell'Unione europea di difesa per ottenere economie di scala e risparmi e lotta alla corruzione, ottenendo per questa via una riduzione del bilancio attribuito alla difesa;
    incautamente si propone l'obiettivo di poter dispiegare al confine orientale quanto prima i bottlegroup rivisti e rafforzati, un po’ come già sta facendo la Nato;
    molte delle missioni internazionali, che ogni anno sono state rifinanziate, si sono rivelate fallimentari (per esempio Afghanistan, Iraq, Libia), comportando peraltro importanti distrazioni di risorse economiche e umane. È necessario, diversamente dalle intenzioni del Consiglio, pensare a nuovi approcci per la stabilizzazione delle aeree in conflitto;
    una vera Unione europea di difesa deve essere fortemente ancorata ai principi di difesa della pace e vedere la Unione europea come protagonista nella risoluzione dei conflitti e non invece, come troppe volte sta accadendo, essere parte e responsabile degli stessi. Per questo sarebbe necessario una radicale correzione dell'indirizzo politico e programmatico della Commissione,

impegna il Governo:

1)  differentemente da quanto avvenuto – ad avviso dei firmatari del presente atto – sino ad oggi, a condividere e definire congiuntamente al Parlamento, organo sovrano di rappresentanza della pluralità degli interessi dei cittadini, la posizione italiana che concerne il futuro dell'Unione europea, gli intenti, gli obiettivi e la linea da seguire, rifiutando in ogni caso qualsiasi accordo che conduca ad un'Unione europea ancor più marcatamente al servizio dei poteri economici e finanziari e pertanto lontana dal perseguimento degli interessi dei suoi cittadini;

2)  a farsi promotore presso le competenti istituzioni della definizione di una nuova governance di politica economica europea per rilanciare l'economia di tutti i Paesi membri, rinegoziando il «Fiscal compact», che ad oggi ha dimostrato di ostacolare la ripresa economica di alcuni Stati europei, in quanto vincola gli Stati e impedisce loro di fatto di destinare le limitate e scarse risorse a disposizione dei Paesi in difficoltà allo sviluppo e alla crescita mediante l'incremento degli investimenti pubblici, creando quindi nuova occupazione, rafforzare la domanda di beni e servizi;

3)  a farsi promotore di iniziative affinché le risorse europee del Fondo di solidarietà dell'Unione Europea possano essere disponibili tempestivamente per fornire subito un efficace sostegno alle nostre regioni colpite dai gravi eventi sismici e rendere quindi tangibile la solidarietà fra le popolazioni europee;

4)  a richiedere l'immediata attuazione delle decisioni del Consiglio che hanno stabilito il ricollocamento di un totale di 160.000 migranti al fine di ottenere una più equa ripartizione del peso della crisi migratoria e dei richiedenti asilo tra gli Stati membri dell'Unione europea, rivedendo al contempo i criteri di selezione dei migranti da ricollocare e ampliando le metodologie sottostanti la scelta dei paesi di destinazione al fine di contemperare necessità di carattere personale, umano e sociale, oltre che economico;

5)  a subordinare l'attivazione, la gestione e l'esistenza dei centri, o approcci, hotspot, all'effettiva attuazione delle ricollocazioni dei richiedenti asilo, resa peraltro ancora più complessa dalla Decisione (UE) 2016/1754;

6)  ad adoperarsi affinché la revisione dell'Accordo Dublino III (Regolamento n. 604/2013) includa la cancellazione del principio dello Stato di primo approdo, definisca un approccio comune e regole armonizzate in tema di asilo e al contempo sia parte di una strategia europea più ampia, volta anche a creare canali legali e protetti che permettano ai migranti e richiedenti asilo di raggiungere l'Unione europea, istituendo anche strutture sicure, gestite in ottemperanza dei diritti umani e del diritto internazionale, nei paesi di transito;

7)  a promuovere azioni coordinate volte a combattere le radici e le motivazioni alla base dei flussi migratori, contrastando testabilità politica ed economica, le violazioni dei diritti umani e la povertà;

8)  ad adottare iniziative per sospendere l'accordo in essere con la Turchia, ad opporsi alla conclusione di qualsiasi ulteriore patto, incluso quello promosso nell'ultimo vertice, ad arrestare il processo di liberalizzazione dei visti, ad interrompere gli aiuti economici già in essere, sino a che la Turchia non rispetti pienamente ed interamente i diritti umani stabiliti dalle convenzioni internazionali siglate per il loro rispetto, incluso l'articolo 38 della Direttiva 2013/32/UE sia nei confronti dei migranti che dei cittadini Turchi, cessi qualsiasi tipo di violenza nei confronti delle minoranze (religiose, linguistiche e altro), ripristini integralmente la libertà di stampa e prenda una chiara posizione nei confronti del terrorismo internazionale e del problema dei foreign fighters acconsentendo tra l'altro ad una missione dell'Unione europea in ambito PSDC tesa al monitoraggio della frontiera turco/siriana al fine di assicurare che si fermi il passaggio di combattenti, ed infine sia garantita piena libertà di espressione e di manifestazione delle idee;

9)  ad adottare iniziative per condizionare l'erogazione dei tre miliardi di aiuti alla Turchia per i rifugiati alla effettiva e dignitosa accoglienza degli stessi e a contrastare efficacemente il traffico di esseri umani e le organizzazioni criminali che lo gestiscono;

10) a non sottoscrivere accordi che implichino il rimpatrio ove non sia possibile controllare l'effettività dei diritti e la protezione degli stessi una volta rimandati indietro immigranti;

11) ad improntare le politiche commerciali dell'Unione alla salvaguardia e alla promozione delle PMI nazionali ed europee, quale elemento caratterizzante, propulsore ed innovatore della nostra economia;

12) ad adoperarsi in sede europea affinché venga adottata un'iniziativa normativa al fine di istituire opportuni meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale;

13) a rafforzare la collaborazione tra le varie agenzie di intelligence per bloccare l’import e export di armi verso Paesi non rispettosi dei diritti umani e, in generale, operare tutti in una rete di carattere transnazionale, atteso l'impatto globale delle questioni che affliggono tuttora il Kosovo e i Balcani;

14) a sostenere, nelle opportune sedi europee, la posizione cauta dell'Italia in ordine all'allargamento dell'Unione verso i Balcani occidentali ovvero di prevederne una più ragionata e progressiva evoluzione;

15) nel contesto della sicurezza esterna e la difesa ed in particolare in merito alla decisioni del Consiglio europeo del dicembre 2016 sulla sicurezza esterna e la difesa, ad adoperarsi per sviluppare una cooperazione difensiva alternativa alla NATO, o quantomeno prevedere una cooperazione capace di ridare autonomia ai Paesi europei per ribilanciare gli equilibri e allontanare quello che appare ai firmatari del presente atto la pericolosa china interventista e militarista statunitense riscontrata negli ultimi decenni;

16) a contribuire alla definizione di uno strumento orientato principalmente, se non esclusivamente, alle missioni di peacekeeping, anche al servizio delle Nazioni Unite, e non ad innalzare il livello dello scontro e delle tensioni verso i Paesi del vicinato (si veda il caso russo in particolare) come vorrebbero i Paesi baltici, la Polonia e la Romania;

17) a proporre una cooperazione finalizzata a eliminare inutili duplicazioni e sprechi, per favorire la standardizzazione degli equipaggiamenti, i risparmi e le economie di scala, permettendo quindi un taglio dei costi al bilancio della difesa negli Stati membri e garantendo un recupero di fondi da reinvestire, auspicabilmente, nel sociale e nella lotta alle crescenti disoccupazione e disuguaglianze;

18) a contribuire affinché l'Unione europea rafforzi l'attività diplomatica e di cooperazione, per giungere alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti nei Paesi vicini, nonché sempre in un'ottica di sicurezza e difesa, a potenziare ed incrementare lo sviluppo di strumenti come le reti di intelligence e la cybersecurity;

19) a pretendere l'effettività della Posizione comune Ue che vieta la vendita delle armi a tutti quei Paesi che finanziano direttamente o indirettamente il terrorismo e che partecipano a guerre;

20) a sostenere la creazione di una struttura di difesa europea che non abbia finalità neocoloniale o di ingerenza indebita nei Paesi terzi;

21) a rinsaldare la cooperazione europea, al fine di riequilibrare i rapporti di forze della NATO, oggi troppi sbilanciati in favore degli interessi geopolitici degli Stati Uniti per tornare a far sì che agisca in conformità alla sua natura di alleanza esclusivamente difensiva;

22) a concentrarsi su un vero contrasto del terrorismo, partendo dall’intelligence, dalla prevenzione e dalla lotta alle predicazioni radicali e ai loro sponsor diretti e indiretti, considerato che, nonostante i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e altre aree di crisi, sono nate più di 30 nuove sigle terroristiche, e che le bombe non estirpano il male, anzi lo stimolano, permettendogli di proliferare;

23) a prevedere un aumento delle risorse logistiche e per il personale delle Forze di polizia e contestualmente affinché vi sia una maggiore condivisione anche delle informazioni e delle loro Intelligence negli Stati membri in modo tale che gli strumenti esistenti (Europol, Eurojust, il sistema di scambio dati Siena) funzionino correttamente;

24) ad assumere iniziative per migliorare l'efficacia del finanziamento delle missioni militari dell'Unione europea, attraverso una revisione del meccanismo ATHENA che ne garantisca una maggiore efficacia di azione e consenta di ampliare stabilmente la quota di costi comuni finanziati, provvedendo in particolare alle spese connesse al dispiegamento dei Battlegroup, strumento mai utilizzato nonostante abbia raggiunto la capacità operativa prevista già nel 2007, escludendo comunque il loro dispiegamento nei confini orientali dell'Unione;

25) a promuovere un utilizzo migliore e massiccio del settore della sicurezza cibernetica quale ambito pilota nel quale sviluppare una capacità totalmente integrata.
(6-00301) «Battelli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Baroni, Caso».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

asilo politico

paese membro

diritti umani