ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00283

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 726 del 18/01/2017
Abbinamenti
Atto 6/00282 abbinato in data 18/01/2017
Atto 6/00284 abbinato in data 18/01/2017
Atto 6/00285 abbinato in data 18/01/2017
Atto 6/00286 abbinato in data 18/01/2017
Atto 6/00287 abbinato in data 18/01/2017
Atto 6/00288 abbinato in data 18/01/2017
Firmatari
Primo firmatario: FERRARESI VITTORIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 18/01/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
AGOSTINELLI DONATELLA MOVIMENTO 5 STELLE 18/01/2017
BONAFEDE ALFONSO MOVIMENTO 5 STELLE 18/01/2017
BUSINAROLO FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE 18/01/2017
COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 18/01/2017
SARTI GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/01/2017


Stato iter:
18/01/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 18/01/2017
Resoconto ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
INTERVENTO GOVERNO 18/01/2017
Resoconto ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 18/01/2017
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC
Resoconto MAESTRI ANDREA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto CHIARELLI GIANFRANCO GIOVANNI MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto D'ALESSANDRO LUCA SCELTA CIVICA-ALA PER LA COSTITUENTE LIBERALE E POPOLARE-MAIE
Resoconto DAMBRUOSO STEFANO CIVICI E INNOVATORI
Resoconto MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MAROTTA ANTONIO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'ITALIA
Resoconto FARINA DANIELE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto SISTO FRANCESCO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto FERRARESI VITTORIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto VERINI WALTER PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 18/01/2017
Resoconto ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 18/01/2017

NON ACCOLTO IL 18/01/2017

PARERE GOVERNO IL 18/01/2017

DISCUSSIONE IL 18/01/2017

RESPINTO IL 18/01/2017

CONCLUSO IL 18/01/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00283
presentato da
FERRARESI Vittorio
testo di
Mercoledì 18 gennaio 2017, seduta n. 726

   La Camera,
   premesso che:
   udite le comunicazioni e preso atto della relazione presentata dal Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 3 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150;
    relativamente alla materia dell'ordinamento giudiziario, soggetta ad una riserva di legge, sancita dalla Costituzione, posta a salvaguardia del principio di separazione dei poteri ed in particolare dell'indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo, il reiterato ricorso da parte del Governo all'utilizzo dello strumento del decreto-legge – i cui requisiti di necessità e urgenza raramente si configurano – desta notevoli perplessità, in quanto i limitatissimi tempi del procedimento parlamentare di conversione di un decreto-legge non sono idonei a garantire un'adeguata discussione e ponderazione dei delicati interessi in conflitto. È necessario che le misure d'iniziativa governativa relative alla giustizia debbano sempre essere sottoposte all'esame del Parlamento nelle forme ordinarie, in quanto l'abuso dello strumento del decreto-legge, oltre che di dubbia costituzionalità sotto il profilo del metodo, ha avuto un impatto assolutamente negativo sul duplice fronte della garanzia del diritto all'accesso per il cittadino alla giustizia e dell'effettività della certezza della pena per i condannati;
    la rapidità dell'accertamento delle responsabilità penali e la predisposizione di norme e riforme anche strutturali tali da garantire la certezza del diritto e la certezza della pena, idonee tra l'altro a garantire la conclusione dei processi prima del decorso del termine prescrizionale, e quindi l'efficientamento dell'intero sistema giudiziario e lo snellimento delle regole procedurali dei processi, sia penali sia civili, debbono necessariamente rappresentare una priorità dell'azione governativa;
    il settore della giustizia – al contrario – nel corso degli ultimi anni, non è stato oggetto di alcuna incisiva riforma strutturale, relativamente ad un disegno strategico e organico di rilancio della sua funzionalità, ma anzi è stato sottoposto a disomogenei interventi, in particolare sul piano civile, che, lungi dall'apportare reali benefici, ne hanno, invece, concretamente limitato la funzionalità e l'efficacia. Laddove qualsiasi intervento che incida sugli ordinamenti deve essere subordinato all'indispensabile erogazione delle risorse per il completamento degli organici ed all'adeguamento di strumenti e strutture;
    in particolare, al sistema giustizia non serve una nuova, ennesima, riforma del codice di procedura civile, ma solo degli aggiustamenti; approvare una riforma significa tornare indietro, giacché ormai la giurisprudenza si è stabilizzata e bisogna dare sicurezza agli operatori del diritto;
    il sistema giustizia ha infatti subito progressivamente modifiche legislative del quadro normativo sul piano delle politiche finanziarie, delle politiche delle risorse umane delle dotazioni infrastrutturali, tali da generare un sistema del tutto asfittico (costante il decremento nell'ultimo decennio delle spese del dicastero, dall'1,57 per cento all'1, 28 per cento rispetto alle spese finali dello Stato) che risente ulteriormente dei tagli al Ministero della giustizia disposti dal precedente Governo per il triennio 2016-2018, pari a complessivi 75 milioni di euro, cui vanno ad aggiungersi gli ulteriori 30 milioni disposti dalla vigente legge di bilancio;
    negli ultimi anni, in assenza di sufficienti stanziamenti per il settore giustizia si è peraltro mortificato l'istituto del gratuito patrocinio sottraendo ad esso risorse fondamentali, effettuando altresì un aumento indiscriminato del contributo forfettario per l'iscrizione al ruolo delle cause. Aumento che ha frapposto un emblematico ulteriore filtro fra la giustizia ed il cittadino, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo assolutamente in contrasto con l'articolo 111 (comma 6) della Costituzione;
    altresì, si ricordano quali esempi di interventi di disomogenea pregiudizievole legislazione sottoscritta da parte dell'attuale ministro in carica:
     il decreto-legge n. 90 del 2014, «decreto P.A.», con il quale sono state introdotte sensibili restrizioni all'accesso alla giustizia amministrativa, limitando in concreto la possibilità di ricorso mediante l'inasprimento delle sanzioni a carico della parte soccombente proponente ricorso (cosiddette «misure per il contrasto all'abuso del processo»), nonché introducendo restringimenti – oltre che al numero delle pagine ammissibili del ricorso – ai tempi ed alla portata dei provvedimenti cautelari, sottomettendoli al deposito di una cauzione, accelerando i tempi della definizione – in forma semplificata – della decisione, configurando una giustizia amministrativa, di fatto, non alla portata di ciascun cittadino e difficilmente in grado di esercitare il suo precipuo ruolo di controllo di legalità negli atti della pubblica amministrazione;
     il decreto-legge n. 92 del 2014 sui rimedi risarcitori in favore dei detenuti che, proseguendo in linea con i più recenti provvedimenti «Svuota carceri» ed «indulti mascherati», ha inteso conferire 8 euro al giorno ai carcerati sofferenti del sovraffollamento carcerario;
     il decreto-legge n. 132 del 2014 sulla giustizia civile, che ha delineato, l'introduzione di un separato sistema giudiziale (civile) sempre più privatizzato – nel quale le liti potranno essere risolte rivolgendosi a pagamento ad arbitri, mediatori e avvocati in maniera privata – a discapito dell'imparzialità della decisione e, di conseguenza, accessibile solo a chi potrà permettersi di pagarlo, nonché introducendo una nuova procedura «leggera» per separazioni e divorzi del tutto insensata se non accompagnata dalla riduzione dei termini temporali, così come peraltro indicato dalla Camera con l'approvazione della proposta di legge sul «divorzio breve»;
     il decreto legislativo ai sensi della legge delega n. 64 del 2014, con il quale si consente la non punibilità, a discrezione del giudice, per i reati fino a cinque anni, che determina una grave lesione alla capacità dello Stato, anche sotto il profilo della percezione, di tutelare la sicurezza dei cittadini, nonché un serio attacco al principio di eguaglianza;
     la legge di stabilità 2015, per le quali, oltre a comportare una riduzione delle dotazioni del Ministero della giustizia, derivanti da riduzioni sul programma amministrazione penitenziaria (-36,2 milioni di euro) e del programma giustizia civile e penale (-64,2 milioni), hanno disposto, l'aumento delle spese di notificazione richieste agli ufficiali giudiziari nelle cause e attività conciliative in sede non contenziosa davanti al giudice di pace, di valore inferiore a 1.033 euro;
    la legge di stabilità del 2016 con il ricordato taglio delle dotazioni al Ministero della giustizia, confermati dalla Legge di Bilancio 2017, assieme ad una serie di riduzioni delle indennità dei magistrati onorari, nonché di risorse per l'implementazione del processo civile telematico; la quale ha altresì comportato una riforma, di tipo ordinamentale, della cosiddetta «legge Pinto» mediante modifiche che, da un lato, irrigidiscono la procedura per il cittadino per accedere ad un'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo e, dall'altro lato, ne riducono sensibilmente il « quantum» risarcitorio con l'esclusivo intento di ridurre l'esborso dovuto dallo Stato al cittadino per il diritto alla giustizia così come configurato e prescritto da numerose indicazioni, in tal senso, da parte della CEDU;
     il decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59 a tutela del sistema creditizio, che ha surrettiziamente reintrodotto il «patto marciano» ovvero la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche con il trasferimento della proprietà di un immobile, che viene trasferito alla banca creditrice in caso di inadempienza di tre rate da parte del debitore senza l'intervento del giudice se non in sede di stima dell'immobile;
     il decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168 sulla definizione del contenzioso, col quale l'Esecutivo ha scelto di prorogare con decretazione d'urgenza, il trattenimento in servizio solo di alcuni magistrati – posti ai «vertici» del sistema giudiziario – ed attribuendo loro, ex lege, un carattere di assoluta inamovibilità a parere dei firmatari del presente atto, in spregio al principio di uguaglianza, di indipendenza della magistratura ed interferendo nelle prerogative al Csm;
     la legge 28 aprile 2016, n. 57 recante la delega sulla magistratura onoraria che non solo non risolve le attuali criticità dell'impiego della magistratura onoraria ma ne crea di nuove e di maggiori introducendo fattori di inefficienza, ove una magistratura onoraria priva di garanzie economiche e di stabilità sufficienti per poter svolgere il proprio lavoro, rischia di svolgerlo male o, nel migliore dei casi, in modo approssimativo;
     la legge europea 2015-2016, che ha introdotto, per far fronte alle reiterate procedure di infrazione europea in merito alla insufficiente applicazione della direttiva 2004/80/CE, il diritto di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, mediante una formulazione che tuttavia preclude alle vittime di poter ricevere adeguato risarcimento se non a condizioni assai particolari ed, in ogni caso, in maniera del tutto parziale in rapporto al danno ricevuto in conseguenza del reato;
     in merito alla proposta di legge recante disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario, approvata dal Senato ed in discussione alla Camera (A.C. 259-B), scritta in maniera evidentemente incongrua questa provocherà contrasti giurisprudenziali (e sarà quindi foriera di contenziosi sulle procedure), nonché un abbonamento dei risarcimenti per le vittime di errori medici; 
    a parere dei firmatari del presente atto la produzione dei ricordati interventi legislativi, di scarso respiro, è stata costantemente dettata dall'esigenza di sfruttare politicamente il clamore suscitato dalla stampa di fronte a casi eclatanti che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica, dando luogo ad esili e lacunose riforme rappresentate come intervento urgente e necessario ad arginare ciò che di volta in volta occupava il dibattito sui media, quanto più, parallelamente gli interventi in tema di giustizia penale sono apparsi dominati da un «logica esterna» apparentemente riconducibile ad accordi extraparlamentari che, sul fronte del contrasto al malaffare hanno creato dilazioni dannose per l'affermazione e la difesa del principio della certezza della pena;
    tra questi, si iscrivono:
     la legge sulla corruzione approvata dopo ben 797 giorni in più letture parlamentari con esiti affatto soddisfacenti alla dissuasione del malaffare;
     il provvedimento approvato alla Camera su modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, non contiene di fatto solo provvedimenti che imbavagliano la stampa, ma ha l'ambizione di voler risolvere i problemi del processo penale nella sua interezza: semplificare il processo, le procedure, e anche ridurre il carico, quindi deflazionare il carico dei procedimenti pendenti in sede penale, senza tenere nel debito conto che tali interventi normativi sarebbero da fare solo quando i giudici e il personale amministrativo dei tribunali in un successivo futuro fossero messi in grado di far funzionare effettivamente il tribunale stesso. Con le scoperture di organico vigenti ad oggi – oltre il 50 per cento in alcuni uffici del tribunale – sia per quanto riguarda i dipendenti amministrativi (che presentano una scopertura di organico oltre 5 mila unità) sia per quanto riguarda i giudici (la cui scopertura di organico è pari a 1245 unità pari al 12,85 per cento), la riforma di fatto è impossibile, ancor più se il personale amministrativo, peraltro ancora non interamente riqualificato, viene reclutato esternamente tramite scorrimenti di graduatorie di concorsi banditi per figure professionali provenienti dal sistema sanitario ovvero attraverso il trasferimento di interi organici già in carico alle aree vaste;
    altresì ai numerosi interventi nel settore della giustizia civile, non ha corrisposto, nelle intenzioni del Governo e della maggioranza, altrettanta attenzione e spirito riformatore nei confronti della giustizia penale, laddove, in tale settore, e più specificamente in tema di lotta alla corruzione, reato di falso in bilancio, certezza della pena, allungamento della prescrizione, reati fiscali, è da individuarsi la vera urgenza ed emergenza in tema di efficacia del sistema giustizia mai affrontate da questo Governo se non in maniera del tutto inefficace;
    uno dei problemi più gravi che affliggono la giustizia italiana concerne la ragionevole durata del processo, in applicazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo concernente il diritto ad un processo equo, in presenza di circa 4 milioni di processi civili e 3,2 milioni di processi penali pendenti e di tempi medi di definizione che nel civile sono pari a circa 7 anni e nel penale a circa 4 anni e mezzo;
    l'aumento dei costi per l'accesso alla giustizia associato all'introduzione di filtri obbligatori preventivi prima del radicamento del procedimento civile stesso, rappresenta un approccio fortemente inidoneo a coniugare l'intento deflattivo del carico civile con la certezza del diritto quanto più laddove connesso ad un aggravio degli adempimenti per accedere alla procedura per il risarcimento all'eccessiva durata del processo stesso. In questo senso, il combinato disposto, della scelta dell'introduzione della mediazione obbligatoria con decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 dichiarata incostituzionale, dalla sentenza 6 dicembre 2012, n. 272 della Corte costituzionale con sua conseguente disapplicazione, ma nuovamente reintrodotta, ad avviso dei firmatari della presente risoluzione con insignificanti modifiche, con l'introduzione nel decreto-legge n. 32 del 2014 dell'arbitrato per la conclusione extragiudiziale delle controversie civili, dà luogo a gravi carenze sotto il profilo dell'accesso alla giustizia per il cittadino nonché dell'imparzialità delle soluzioni adottate;
    nell'ambito degli interventi volti alla razionalizzazione del processo ed alla necessaria riduzione dei termini di celebrazione, non possono certamente essere considerati interventi strutturali e risolutivi la proroga dell'arruolamento, al fine di contribuire a smaltire l'arretrato civile, di stagisti, giovani neolaureati che reclutati dal Ministero della giustizia, con un ridottissimo contributo spese né alcuna copertura assicurativa sugli infortuni, e l'inserimento in via straordinaria e provvisoria di giudici ausiliari retribuiti a cottimo, nonché la proroga, senza precisi intendimenti della questione dei cosiddetti precari della giustizia;
    sul tema del sovraffollamento carcerario le soluzioni sin qui proposte dal Ministro, confermando l'impostazione dei precedenti Governi, non hanno presentato interventi di tipo quantitativo, né qualitativo per il miglioramento delle condizioni detentive, laddove, in assenza di un «piano carceri» capace di fornire risultati tangibili è stata rafforzata ogni misura rivolta a conseguire scarcerazioni e misure alternative al carcere, mantenendo ugualmente un livello di popolazione carceraria pari a 55.251 reclusi, 2425 unità in più rispetto allo scorso anno;
    l'annoso problema del sovraffollamento carcerario rappresenta una questione di legalità perché nulla è più disastroso che far vivere chi non ha recepito il senso di legalità e, quindi, ha commesso reati, in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto attuato e vissuto;
    con riferimento alle problematiche della situazione carceraria, non si può non rilevare il permanere di condizioni assolutamente paradossali, come quella di strutture terminate da molti anni e non ancora entrate in funzione, talune delle quali si presentano già obsolete;
    nonostante una capienza delle carceri di 50228 posti, il dato del sovraffollamento è ritornato ai medesimi livelli antecedenti alle soluzioni di facciata adottate dai Governi durante la presente legislatura per poter aggirare le sanzioni europee:
     vi sono 54653 detenuti, e cioè 4425 detenuti in sovrannumero, ma questi sono solo il dato apparente, perché in realtà andrebbero considerati come «detenuti in più» tutte quelle persone in sovrannumero presso ciascun istituto penitenziario i quali, in realtà, ammontano a 8757 detenuti in sovrannumero rispetto alla capienza. Considerando che le statistiche del Ministero omettono colpevolmente di citare i circa 4500 posti non utilizzati per lavori in corso o di ristrutturazione si giunge ad un risultato di ben 44304 detenuti coinvolti nel sovraffollamento;
     le carceri sovraffollate in Italia sono 130 su 193 rispetto alle 111 del 2015, ciò rappresenta un vero e proprio fallimento delle politiche messe in atto dal Ministro soprattutto nei confronti delle aspettative di chi vive la realtà delle carceri ed è in attesa di risposte. Ancorché le risposte del regime della sorveglianza dinamica – dettato dalla carenza di organico – e delle celle aperte – studiato per eludere gli effetti della cosiddetta «sentenza Torreggiani» – hanno creato di fatto un sistema criminogeno nel quale criminalità organizzata e radicalismo islamico rischiano di prendere il sopravvento sia nei confronti della polizia penitenziaria stretta tra il rischio per la propria incolumità personale e la possibilità di incorrere in sanzioni disciplinari, sia di quei detenuti che vorrebbero tentare il recupero ma temono per la propria incolumità;
    i numeri del sovraffollamento delle carceri inoltre, sono ancora più gravi di quelle fornite il 31 dicembre dal DAP (data della ultima rilevazione) perché ogni anno, le rilevazioni del 31 dicembre, evidentemente non comprendono le presenze delle persone in momentaneo permesso. Per esempio, il numero di persone detenute all'interno delle carceri rilevato il 30 novembre 2016, era di 55251 detenuti presenti. Il medesimo «fenomeno» si è presentato puntualmente anche negli anni precedenti;
    la polizia penitenziaria è al completo collasso: ad oggi, nelle carceri (quindi escludendo il personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso altre sedi), sono presenti 32940 agenti per un organico previsto (al netto delle chiusure temporanee delle carceri: es. Camerino) di 41130 unità, con disastroso deficit di personale di 8190 poliziotti per far fronte alla quale il Ministro sta cercando di riparare mediante una deroga alla durata della formazione degli agenti a sei mesi per biennio, senza tuttavia garantire la certezza di un'assunzione agli idonei non vincitori dei concorsi di polizia penitenziaria ed ai VFP4;
    le condizioni dei detenuti sono tuttora indegne e incompatibili col principio di rieducazione dettato dalla Costituzione: in un quadro di cronica mancanza di esperti quali psicologi, educatori e pedagoghi all'interno delle carceri, solo il 4,38 per cento della popolazione carceraria, svolge un lavoro risocializzante estraneo alle mansioni del carcere, inoltre lo stesso calcolo degli spazi minimi per detenuto adottato dal Dap tiene in scarsa considerazione la sentenza della Corte di cassazione che esclude letti e mobili dal computo di tale spazio, quando, anche in conseguenza di tali condizioni detentive, il tasso complessivo di recidiva rimane dato ignoto anche allo stesso ministro che, ad espressa domanda di un giornalista, non ha saputo fornire risposte;
    ancora, sul tema della sicurezza, come si evince dalle eclatanti evasioni registrate nella casa circondariale di Rebibbia, non si è intervenuti concretamente lasciando in più carceri videosorveglianza e sistemi di anti-scavalcamento non funzionanti o disattivati, né, tantomeno, si è impostato un piano di rinnovo tecnologico dei sistemi di sorveglianza dei detenuti e di controllo delle comunicazioni, o l'introduzione di sistemi di videochiamata che potessero far risparmiare tempo e risorse. Mentre desta notevole preoccupazione la possibilità di infiltrazione della criminalità organizzata all'interno delle carceri, sia attraverso il concorso per assunzione a polizia penitenziaria 2016, sia mediante i ripetuti tentativi di introduzione cellulari o altri strumenti tecnologici all'interno delle carceri;
    fra le questioni che si ritengono prioritarie in materia di contrasto all'illegalità ed alla criminalità organizzata appare indispensabile valutare una più attenta gestione del 41-bis, relativamente ai circuiti informativi paralleli che nascono dentro gli istituti penitenziari, effettuare un puntuale monitoraggio degli enormi patrimoni confiscati ai mafiosi, nonché ulteriormente alzare il livello di guardia nei confronti delle rilevate infiltrazioni mafiose nell'ambito degli appalti anche attraverso maggiori stanziamenti da destinare all'Autorità nazionale anti-corruzione;
    ricordato che, per quanto attiene alla corruzione nel nostro Paese:
     secondo il Corruption Perception index 2015 di Transparency International, l'Italia si classifica al 61o posto nel mondo, affiancata da Montenegro e Senegal, Leshoto e Sud Africa, e penultima nell'Unione europea sopravanzando la sola Bulgaria;
     la corruzione costa allo Stato italiano 60 miliardi di euro, tale che una delle questioni cruciali per il nostro Paese, è rappresentata dalla risposta che il sistema giustizia è in grado di offrire al fenomeno della corruzione, che, oltre a determinare sacche di illegalità in ambiti pubblici e privati, costituisce una vera e propria «zavorra» per il «Paese reale» con effetti devastanti sulle medie e piccole imprese in termini di mancata concorrenza;
     è evidente che una risposta al problema della corruzione non può essere circoscritta al piano giudiziario; tuttavia occorre rilevare che il Consiglio d'Europa ha più volte sottolineato criticamente come la prescrizione dei reati (oltre 132 mila processi conclusi anzitempo per avvenuta prescrizione del reato) incida pesantemente, nel nostro Paese, sui processi per corruzione, invocando riforme che consentano di addivenire alle sentenze;
     ribadito che nessun procedimento di riorganizzazione può sperare di funzionare omettendo un corretto riconoscimento delle professionalità del personale dell'amministrazione giudiziaria, il cui sviluppo di carriera è rimasto da lungo tempo bloccato, nonché un adeguato accesso di personale qualificato dall'esterno;
     ciò premesso, preso atto delle comunicazioni del Ministro della giustizia,

impegna il Governo

1) in materia di amministrazione della giustizia, ad assumere iniziative volte:
    a) a considerare il servizio giustizia che lo Stato rende al cittadino, basilare per il recupero di competitività del Paese, al centro della propria azione politica e progettuale, individuando adeguate e perduranti risorse economiche tese a conseguire efficienza ed efficacia per il funzionamento dell'amministrazione della giustizia, che prioritariamente contempli – mediante nuovi concorsi e senza operare lo scorrimento di graduatorie estranee al settore – il raggiungimento della completa copertura delle piante organiche con particolare attenzione al personale non dirigenziale delle singole strutture, centrali e periferiche, ciò coerentemente con il completamento della riqualificazione dell'intero personale del dicastero; nonché al fine della riduzione del contenzioso ed alla funzionalità degli uffici giudiziari, l'indizione, in deroga alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di uno o più concorsi per coprire la straordinaria carenza di magistrati in rapporto alle previste dotazioni;
    b) introdurre correttivi alla norma che regola il trattenimento in servizio dei magistrati nel senso di prevedere, sulla base di un'opportuna consultazione degli organi di autogoverno di ciascuna magistratura, un trattamento uniforme per ciascun magistrato, collegandolo al solo requisito anagrafico senza differenziazione per incarico ricoperto;

2) in merito alla revisione della geografia giudiziaria, a riflettere sugli effetti infausti della chiusura di alcuni tribunali effettuata con la riforma della geografia giudiziaria ed ad intervenire per porvi rimedio;
3) ad assumere iniziative per rimuovere gli ostacoli economici e procedurali che si frappongono tra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia a partire da:
    a) una valorizzazione dell'istituto del gratuito patrocinio e dalla riduzione generalizzata delle spese di giustizia a carico dei cittadini (contributo unificato, marche da bollo, anticipazioni e altro), a partire dalla soppressione delle misure di innalzamento dell'anticipazione forfettaria per le notificazioni nei procedimenti giurisdizionali e di riduzione di un terzo degli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato nei casi di patrocinio a spese dello Stato;
    b) l'abolizione di qualsiasi carattere di obbligatorietà, onerosità e consequenzialità sulle decisioni giudiziali dell'istituto della mediazione;
    c) la previsione, nell'ambito della degiurisdizionalizzazione del processo civile, di rendere interamente gratuito il ricorso all'arbitrato per la definizione extra processuale delle controversie;
    d) la modifica dell'attuale assetto della «legge Pinto» facilitando l'accesso per il cittadino ad un'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo sia attraverso la previsione della facoltatività dell'esperimento dei rimedi preventivi ai fini dell'accesso alla procedura, sia mediante il ripristino delle modalità di ricorso antecedenti le riforme degli ultimi anni, più congruenti con il dettato e con la giurisprudenza della CEDU, nonché riconoscendo un adeguato quantum risarcitorio per ciascun anno di ritardo;
4) in tema di condotte riparatorie che estinguono il reato, ad assumere iniziative affinché queste siano sempre frutto di una libera scelta della vittima e non dello Stato in accordo con il colpevole;
5) in tema di giustizia amministrativa, a rimuovere i limiti al diritto all'accesso alla giustizia per i ricorrenti quali, in particolare: la limitazione nella dimensione degli atti del ricorso, l'inasprimento delle penalità per la parte soccombente (misura di carattere dissuasoria piuttosto che sanzionatoria), il pagamento di una cauzione potenzialmente subordinante l'efficacia della misura cautelare, nonché la previsione della sentenza in forma semplificata, in quanto deleteri ai fini di un adeguato ed efficace controllo giurisdizionale sugli atti della pubblica amministrazione;
6) a promuovere una più ampia e maggiormente incisiva legislazione anticorruzione e più in generale contro il malaffare, nell'esclusivo interesse del cittadino contribuente che sia dunque orientata:
     a) a realizzare un «DASPO» per i corrotti e corruttori, cioè l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per chi è stato condannato definitivamente per un reato contro la pubblica amministrazione;
     b) ad un aumento delle pene per tutti i reati contro la pubblica amministrazione: riallineando le fattispecie e recuperando la logica delle sanzioni nel codice;
     c) una revisione della prescrizione che la interrompa dal momento del rinvio a giudizio dell'imputato nonché al raddoppio dei termini di prescrizione per i reati di corruzione;
     d) alla tutela del segnalatore di reati, il whistleblower, tale da proteggere chi denuncia, anche in forma anonima, la corruzione nel pubblico nel privato, contro ogni discriminazione diretta o indiretta con la previsione di premialità sulla base delle cifre recuperate all'erario conseguenti alle segnalazioni effettuate;
7) ad assumere iniziative per eliminare le soglie di non punibilità per il reato di falso in bilancio;
8) al fine di scoraggiare qualsiasi alleanza tra politica e criminalità organizzata, ad assumere iniziative per rivedere la tipizzazione dell'articolo 416-ter del codice penale procedendo alla soppressione nell'articolo dell'inciso «mediante le modalità di cui all'articolo 416-bis»;
    a) assumere iniziative per ricondurre ad un principio di proporzionalità nella determinazione della sanzione penale la legislazione sui reati tributari, mediante una riduzione generalizzata delle soglie di non punibilità di cui al secondo Titolo del decreto legislativo n. 74 del 2000 previste per le singole fattispecie di reato, tenuto presente che l'efficacia deterrente della sanzione amministrativa pecuniaria, infatti, non è idonea da sola a disincentivare le condotte di evasione dal momento che spesso le frodi fiscali vengono perpetrate ed attuate attraverso l'impiego delle cosiddette «teste di legno» ovverosia soggetti privi di garanzie patrimoniali, segnatamente intervenendo sui reati di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazioni infedeli, sottrazione di attivi all'imposizione, omessa dichiarazione, omesso versamento di ritenute certificate, l'omesso versamento dell'IVA;
10) ad assumere iniziative per riconsiderare le norme in materia di «non punibilità dei reati lievi», operando un'ulteriore esclusione dal novero degli effetti della delega per i reati che destano maggiore allarme sociale, escludendo correlazioni tra il principio della particolare tenuità ed i reati tributari;
11) a recedere dal sostenere l'approvazione della delega, all'interno del disegno di legge sul processo penale, sul divieto di pubblicazione e diffusione di intercettazioni e registrazioni tra privati, lesiva della libertà di espressione e diffusione del pensiero, e dell'unica possibilità per il cittadino di venire a conoscenza delle condotte di chi, coinvolto nel malaffare, amministra la cosa pubblica;
12) ad assumere iniziative per riformulare il vigente sistema di parziale indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, mediante una formulazione che consenta alle stesse di poter realmente ricevere, secondo il dettato della direttiva 2004/80/CE, pieno risarcimento del danno ricevuto in conseguenza del reato e non solo il ristoro delle spese mediche sostenute condizionato al reddito della vittima;
13) a favorire altresì, per quanto di competenza un rapido iter delle proposte di legge di iniziativa parlamentare in tema di: disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati; determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale; riforma dello strumento dell'azione di classe; iniziative nella questione degli allontanamenti dei minori dalle famiglie e dalle situazioni di incompatibilità e di conflitto di interessi di componenti privati presso i tribunali e le corti di appello per i minorenni; introduzione nel codice penale del reato di tortura;
14) con riferimento al sistema carcerario ad assumere iniziative volte:
    a) a reperire le necessarie risorse finanziarie per l'edilizia penitenziaria prevedendo, nel rispetto della normativa vigente, la realizzazione di almeno due nuove strutture e, con priorità, l'ampliamento e l'ammodernamento di quelle esistenti che siano adattabili, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti, evitando in ogni caso il ricorso a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici;
    b) ad incentivare – nel pieno rispetto dei diritti riconosciuti alle persone detenute e delle norme nazionali ed internazionali di carattere pattizio – il trasferimento delle persone straniere detenute che abbiano subito condanna definitiva, assicurando a tal fine una più ampia ed efficace applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo, il 21 marzo 1983 e favorendo altresì la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri Paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel Paese d'origine;
15) a garantire il principio della certezza della pena, ponendo fine alla definizione di norme emergenziali recanti sconti di pena generalizzati a scapito della sicurezza dei cittadini;
16) a mettere in atto adeguate iniziative normative per le quali il garante nazionale per i diritti dei detenuti sia concretamente slegato ed indipendente, sia sul piano formale che sostanziale dall'Esecutivo;
17) quale indifferibile priorità, a far fronte alla preoccupante scopertura della vigente pianta organica della polizia penitenziaria, anche in deroga alle facoltà assunzioni previste, al fine di ripristinare le condizioni, oggi del tutto assenti di minima sicurezza e legalità all'interno delle carceri e favorire, attraverso un'adeguata sorveglianza dei ristretti, il monitoraggio dei percorsi di rieducazione e riabilitazione di questi ultimi; nonché, al medesimo fine, a reperire fondi necessari e disporre conseguenti procedure assunzioni per completare l'organico di psicologi ed educatori, e di tutte le figure che operano nel circuito penale esterno, previsti dalla vigente dotazione organica del Dap;
18) a condurre un puntuale ed omogeneo monitoraggio della recidiva, quale indispensabile prerequisito per la conoscenza ed il contrasto del fenomeno, relazionando periodicamente degli esiti le competenti Commissioni parlamentari al fine di produrre una legislazione mirata ed efficace; nonché a favorire la riabilitazione, il recupera ed il reinserimento del detenuto nella società, destinando ulteriori risorse per ai piani di lavoro all'interno e all'esterno delle carceri;
19) ad innalzare i livelli interni di sicurezza dei penitenziari – oltre al ricordato piano assunzionale di polizia penitenziaria – anche mediante un efficientamento degli attuali sistemi videosorveglianza e dei sistemi di anti-scavalcamento, e la predisposizione di un piano di rinnovo tecnologico dei sistemi di controllo dei detenuti e delle loro comunicazioni;
20) per scoraggiare le infiltrazioni della criminalità organizzata ed il proliferare della radicalizzazione dei detenuti con relativi circuiti informativi paralleli interni agli istituti, ad operare una revisione dell'applicazione del concetto di «sorveglianza dinamica» e del regime delle «celle aperte», che, in assenza di adeguato personale di sorveglianza e di una più rigorosa demarcazione dei differenti livelli di sicurezza per i singoli detenuti, non può non accompagnarsi all'implementazione dei ricordati aggiornamenti tecnologici quali, ad a esempio l'adozione di un sistema di trasmettitori «beacon» per monitorare la presenza dei detenuti all'interno dell'istituto carcerario o di videoconferenza sperimentati dal Dap per supplire – con i rischi del caso – alla traduzione presso il tribunale dei ristretti e risparmiare considerevoli risorse;
21) ad assumere iniziative per la tutela e il miglioramento delle condizioni di accesso e di relazione dei figli dei detenuti con i propri genitori, anche mediante la creazione negli istituti di pena degli spazi child friendly per permettere ai bambini, figli di detenuti, di visitare in condizioni accettabili i loro genitori nel rispetto della loro condizione infantile;
22) in materia di accordi internazionali di mutua assistenza giudiziaria, a rispettare quanto indicato in sede di approvazione della risoluzione in Commissione n. 8-00209, in data 26 ottobre 2016, sul trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l'Italia e gli Emirati arabi uniti, sottoscritto il 16 settembre 2016.
(6-00283) «Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

responsabilita' civile

detenuto

accesso alla giustizia