ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00238

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 614 del 27/04/2016
Abbinamenti
Atto 6/00236 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00237 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00239 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00240 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00241 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00242 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00243 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00244 abbinato in data 27/04/2016
Atto 6/00245 abbinato in data 27/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 27/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIORGETTI ALBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 27/04/2016
PRESTIGIACOMO STEFANIA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 27/04/2016
MILANATO LORENA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 27/04/2016
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 27/04/2016


Stato iter:
27/04/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 27/04/2016
Resoconto PARRINI DARIO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 27/04/2016
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 27/04/2016
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto GALATI GIUSEPPE MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto PASTORINO LUCA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto TOTARO ACHILLE FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto TABACCI BRUNO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto TANCREDI PAOLO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto MARCON GIULIO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto GIORGETTI ALBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MARCHI MAINO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 27/04/2016
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 27/04/2016

DISCUSSIONE IL 27/04/2016

NON ACCOLTO IL 27/04/2016

PARERE GOVERNO IL 27/04/2016

DICHIARATO PRECLUSO IL 27/04/2016

CONCLUSO IL 27/04/2016

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00238
presentato da
BRUNETTA Renato
testo di
Mercoledì 27 aprile 2016, seduta n. 614

   La Camera,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4);
   premesso che:
    ancora una volta il quadro macroeconomico descritto nel DEF, nella sua versione programmatica, risulta venato da una notevole dose d'ottimismo, se confrontato in particolare con le previsioni delle principali Istituzioni nazionali od internazionali del calibro di: Banca d'Italia, Ufficio Parlamentare di Bilancio, Istat, Corte dai conti, dal Fondo Monetario Internazionale e Commissione europea;
    secondo le ultime stime pubblicate dalle suddette organizzazioni, nel 2016 la crescita nominale (data da crescita reale più inflazione) nel nostro Paese 2 pari, se va bene, 1,3 per cento. La crescita reale del PIL Italiano, che il Governo colloca all'1,2 per cento, nei fatti sarà al massimo dell'1 per cento. Sempre nel 2016, inoltre, l'inflazione sarà, come dicono le stime, al massimo dello 0,2 per cento-0,3 per cento. Parliamo quindi di una crescita nominale, ovvero quella che conta ai fini del rispetto dei parametri europei, attorno all'1,2 per cento-1,3 per cento. Lontana quindi dall'ambizioso 2,2 per cento indicato nel Documento di economia e finanza di Renzi e Padoan;
    il problema del debito è enorme e non viene scalfito con qualche gioco contabile né, ancor peggio, con masochistiche vendite, a prezzi spaventosamente bassi, dei «gioielli di famiglia», che se danno un momentaneo risultato in termini di stock riducono, però, di pari ammontare, gli incassi da dividendi, per erodere furbescamente e di poco uno stock di quasi il 133 per cento, crescente di mese in mese;
   secondo le previsioni dell'esecutivo il debito comincerà a scendere già a partire da quest'anno. Trend confermato anche per il 2017, 2018 e 2019. Ma c’è sentore di trucco contabile. La diminuzione del rapporto debito/PIL è, infatti, dovuta all'aumento del denominatore. Il Governo prevede una crescita sovrastimata del prodotto interno lordo a partire da quest'anno e per gli anni a venire. Prospettiva che, senza Spending review, senza un piano di privatizzazioni credibile, senza crescita e con deficit in aumento, è difficile che si realizzi, se non impossibile;
    della Spending review non vi è traccia. Anzi. Nei prossimi 4 anni le uscite dalle casse dello Stato cresceranno sempre, con un incremento complessivo di oltre 22 miliardi di euro. La spesa pubblica passerà dagli 826 miliardi del 2015 ai quasi 849 miliardi di euro del 2019;
    tra il 2016 e il 2019, in base a quanto scritto nel DEF, è prevista una stangata fiscale di quasi 72 miliardi di euro. Nei prossimi 4 anni le tasse aumenteranno sistematicamente e il gettito complessivo supererà quota 855 miliardi rispetto ai 784 miliardi del 2015;
    la produttività, da cui dipendono i redditi e il benessere dei cittadini, si è ridotta con continuità nei decenni scorsi fino ad avere segno negativo negli ultimi anni. Con differenziali tra i vari settori, ma questa è la dinamica media. È diminuita la produttività totale dei fattori, il che vuol dire che il prodotto cresce meno dell'aumento dell'uso dei fattori produttivi, ed è diminuita la produttività del lavoro, da cui dipende la sua remunerazione;
    è fuor di dubbio che la produttività del lavoro difficilmente aumenta in periodi di recessione, almeno nella fase iniziale, perché la caduta della produzione per assenza di domanda è in genere superiore alla riduzione immediata di occupazione. Ma, dopo otto anni di crisi e un massiccio aumento della disoccupazione, il fatto che la produttività continui a non aumentare è preoccupante;
    nel periodo 2007-2011, cioè con l'impatto violento della crisi, la produttività del lavoro è rimasta stagnante, essa è poi crollata successivamente, e negli ultimi due anni è diminuita di circa un punto percentuale. Questo non avviene quasi mai nelle fasi di ripresa, per questo è un segnale inquietante. Il dato strutturale è che rispetto al 2007 la produttività del lavoro oggi è ancora inferiore di quasi il 2 per cento (che tra l'altro è solo la metà della riduzione conseguita negli ultimi due anni), e il tasso di occupazione è diminuito, sempre rispetto al 2007, di oltre il 5 per cento. Dietro questo trend c’è essenzialmente la caduta degli investimenti. E questo e l'altro problema di fondo;
    in Italia sono diventati negativi anche gli investimenti al netto degli ammortamenti. Significa che si riduce lo stock di capitale e non solo la sua variazione. Non sorprende quindi che i dati Eurostat indichino una caduta anche del prodotto potenziale italiano, cioè la sua capacità produttiva. La questione è europea: se non ripartono gli investimenti non aumenta la domanda interna e soprattutto non aumenta la produttività. Tutti ormai invocano gli investimenti pubblici, dalla Bce al Fondo monetario internazionale, perché, soprattutto quelli in infrastrutture materiali e immateriali, servono ad aumentare anche il rendimento, cioè la produttività degli investimenti privati;
    in Italia nei due anni di Governo Renzi gli investimenti pubblici, che pur nel pieno della crisi si erano mantenuti intorno al 3 per cento del PIL (poi scesi al 2,6 per cento nel corso della crisi del debito del 2012) sono crollati al loro minimo nel 2014 e nel 2015, tra il 2,2 per cento e il 2,3 per cento, e così si manterranno nei prossimi anni, secondo le ultime previsioni della Commissione europea;
    da queste due gravi debolezze dell'economia italiana (bassa produttività e scarsi investimenti) deriva anche la debolezza del nostro Paese nelle trattative con gli altri partner europei, i quali comprendono certamente che la produttività non cresce per decreto governativo, ma anche che l'uso di risorse scarse per finanziare bonus di vario tipo non rappresenta una politica di sostegno all'innovazione tecnologica e alla formazione del capitale umano per fare la rivoluzione necessari. Quando il tema è l'Italia, tra gli economisti europei non si parla d'altro, mentre il Governo continua a propagandare le sue false riforme e i suoi falsi risultati strabilianti di politica economica e finanza pubblica. È evidente che non solo i conti nel nostro Paese non sono in ordine, anzi sono pericolosamente a rischio, ma produttività e investimenti sono temi da cui non si può prescindere se si vuole davvero cambiare il Paese;
    il giudizio in merito all'atteggiamento dell'Esecutivo sul tema della cosiddetta «flessibilità» è pesantemente negativo: l'Italia, con il Governo Renzi, la chiede per il terzo anno consecutivo, ma le regole europee consentono ai paesi di fare maggior deficit solo una volta e sulla base delle riforme effettuate, che nel nostro caso non solo non sono state ancora completate, ma anche la loro efficacia è tutta ancora da verificare. Su questo, valgono le parole di Mario Draghi secondo cui l'abuso di «flessibilità», vale a dire una politica economica tutto in deficit, porta alla perdita di credibilità dei Paesi che ne abusano. E la credibilità del sistema paese è quella che orienta le decisioni dei mercati e degli investitori internazionali, con le relative ricadute sull'economia reale e sull'assorbimento dei nostri titoli del debito pubblico;
    l'Italia ha bisogno di una vera manovra espansiva, che crea crescita e occupazione, con l'aumento della produttività dei fattori e della competitività del Paese, la riduzione vera della pressione fiscale e il blocco definitivo dell'aumento di IVA e accise, che il Governo Renzi ha solo rinviato di un anno,

impegna il Governo:

   a soprassedere da qualsiasi decisione circa l'ulteriore distribuzione a pioggia di risorse che non siano state contabilmente certificate, impostando una strategia di politica economica che non rimandi le necessarie misure da intraprendere ad un tempo indefinito e/o disallineato rispetto alle dinamiche della congiuntura internazionale, e conseguentemente, a chiarire le misure di politica economica che intende mettere in atto ai fini della necessaria correzione dei conti pubblici italiani, onde evitare l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. L'obiettivo è uscire dalla genericità delle enunciazioni circa la necessità di un maggiore sviluppo, indispensabile per arrestare i fenomeni di ulteriore arretramento rispetto alle realtà internazionale. Non dimenticando che, a differenza della maggior parte dei Paesi dell'Eurozona, l'Italia deve ancora recuperare circa 9 punti di PIL, per ritornare alla situazione del 2007;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a ridurre la pressione fiscale, finanziando l'operazione anche attraverso tagli alla spesa pubblica inefficiente, utilizzando e potenziando il programma di Spending review elaborato a fine 2013-inizio 2014 dall'allora commissario Cottarelli, che prevede risparmi per un totale di 60-65 miliardi nel triennio, da utilizzare quindi per disinnescare quanto prima le clausole di salvaguardia, e procedere alla riduzione dell'Ires e alla graduale cancellazione dell'Irap;
   a prevedere un quadro completo di misure atte a stimolare la crescita economica, i consumi, la domanda interna e la produttività, in particolare incentivando gli investimenti privati, anche attraverso la previsione di agevolazioni fiscali a favore delle imprese italiane;
   ad adottare ogni iniziativa volta ad introdurre, anche in via sperimentale, il cosiddetto «quoziente familiare», che considera il nucleo familiare, e non il singolo contribuente, come soggetto passivo dell'Irpef, con conseguenti vantaggi per le famiglie più numerose;
   a promuovere un grande piano per il Mezzogiorno, intervenendo per compensare il ridimensionamento delle quote di cofinanziamento dei fondi strutturali nell'ambito dei programmi operativi regionali del Sud, aumentando la spesa in conto capitale ordinaria dello Stato in favore delle aree territoriali che rientrano nel «piano di convergenza», al fine di sostenere l'economia meridionale e il capitale sociale dell'area, i servizi di pubblica utilità e alla persona, la messa in sicurezza dei territori; più in generale, ad adottare ogni iniziativa volta a rafforzare l'attività e la capacità competitiva degli impianti produttivi che già operano nel Mezzogiorno, attraverso il potenziamento dei presidi di legalità, l'implementazione di interventi mirati a colmare il gap infrastrutturale e di servizi, nonché misure specifiche volte a garantire l'accesso al credito, sostenendo altresì politiche di decontribuzione rafforzata, in particolare per le nuove imprese che decidono di investire nella zona creando conseguentemente sviluppo e posti di lavoro;
   a farsi promotore, in sede europea, di specifiche iniziative volte a modificare la direttiva sul bail-in, e identificare con precisione le passività bancarie chiamate a sopportare le perdite, escludendo quelle emesse prima dell'entrata in vigore delle nuove norme, per evitare la retroattività di queste ultime, e a predisporre strumenti eccezionali di intervento nel caso in cui si ha percezione che il sacrificio di azionisti o creditori derivante dall'applicazione del bail-in metta a repentaglio la stabilità dell'intero sistema;
   ad assumere in sede europea opportune iniziative volte a disporre una garanzia europea comune sui depositi bancari, in quanto è necessaria, in una unione monetaria, quale è l'Eurozona, la condivisione dei rischi, e tutto quanto ne consegue in termini di sacrifici richiesti ai governi e ai cittadini, non può che procedere di pari passo con la condivisione delle garanzie che quei rischi stessi servono a coprire, anche per far fronte a episodi di «panico finanziario»;
   ad adottare la opportune iniziative che assicurino la tutela dei risparmiatori, prevedendo innanzitutto misure volte al pieno ristoro degli obbligazionisti subordinati che hanno perso i propri risparmi a seguito dell'applicazione delle nuove norme sul bail-in, nonché la possibilità di ricorso allo strumento della class action collettiva. La previsione di un'attivazione di un'azione di classe è funzionale al completamento degli strumenti utilizzabili dai risparmiatori e, in particolare, dalle associazioni di tutela dei consumatori, così da consentire un'azione giudiziale di controllo anche della funzione di vigilanza svolta dalla Banca d'Italia.
(6-00238) «Brunetta, Alberto Giorgetti, Prestigiacomo, Milanato, Occhiuto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prodotto interno lordo

crescita economica

creazione di posti di lavoro