ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00209

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 571 del 17/02/2016
Abbinamenti
Atto 6/00201 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00202 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00203 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00204 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00205 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00206 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00207 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00208 abbinato in data 17/02/2016
Atto 6/00210 abbinato in data 17/02/2016
Firmatari
Primo firmatario: BATTELLI SERGIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 17/02/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI MAIO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE 17/02/2016
FRACCARO RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 17/02/2016
NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE 17/02/2016
PETRAROLI COSIMO MOVIMENTO 5 STELLE 17/02/2016
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 17/02/2016
CRIPPA DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 17/02/2016


Stato iter:
17/02/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 17/02/2016
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 17/02/2016
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto ALFREIDER DANIEL MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto PARISI MASSIMO MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto MAESTRI ANDREA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto CICCHITTO FABRIZIO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto SCOTTO ARTURO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto CARFAGNA MARIA ROSARIA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GARAVINI LAURA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 17/02/2016

NON ACCOLTO IL 17/02/2016

PARERE GOVERNO IL 17/02/2016

DISCUSSIONE IL 17/02/2016

VOTATO PER PARTI IL 17/02/2016

RESPINTO IL 17/02/2016

CONCLUSO IL 17/02/2016

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00209
presentato da
BATTELLI Sergio
testo di
Mercoledì 17 febbraio 2016, seduta n. 571

   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016, visto l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo di febbraio che prevede che i capi di Stato e di Governo discutano sui temi posti dal referendum indetto sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea ed in particolare sulla competitività, governance economica, sovranità e prestazioni di sicurezza sociale e libera circolazione nonché sulle questioni poste dalle migrazioni;
   premesso che:
    a seguito del referendum indetto in Gran Bretagna mirante a chiarire la volontà dei cittadini britannici sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea il 10 novembre, David Cameron ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk in merito alle preoccupazioni del popolo britannico riguardo all'appartenenza del Regno Unito all'Unione europea. Nella lettera vengono individuati i quattro principali ambiti (governance economica, competitività, sovranità, prestazioni sociali e libera circolazione delle persone) sui quali il Regno Unito richiede modifiche alle regole dell'Unione. In risposta il Presidente Tusk ha predisposto una bozza di decisione del Consiglio volta a apportare modifiche atte ad accogliere parzialmente le richieste del Presidente Cameron;
    nel luglio 2015 è stato presentato il report «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa» che mira a creare un coordinamento più stretto delle politiche economiche, sviluppare meccanismi concreti per coordinare e far convergere le politiche economiche e infine modificare la governance economica nella zona euro. Si prevede un percorso in tre fasi: la prima, senza modificare i trattati, intende promuovere la convergenza delle politiche fiscali completando l'Unione finanziaria e rafforzando la responsabilità democratica. Nella seconda fase, di completamento dell'Unione monetaria, si prevede l'istituzione di benchmark comuni e l'istituzione di un Tesoro per l'area euro. Infine la fase finale (entro il 2025) che prevede profonde modifiche di governance attraverso la revisione dei Trattati;
    l'unione fiscale non risolverebbe le asimmetrie macroeconomiche e gli squilibri generati dall'introduzione della moneta unica in Paesi con caratteristiche e dinamiche economiche molto diverse tra loro. Inoltre una unione fiscale non appare una ipotesi credibile nemmeno nel lungo periodo, per la resistenza dimostrata dagli Stati membri a condividere i rischi o ad adottare misure efficaci contro elusione fiscale delle multinazionali;
    la creazione del Ministro delle finanze «europeo» causerebbe un'ulteriore cessione di sovranità nazionale all'Europa e perdita del controllo democratico sulle decisioni economiche;
    urge la necessità di politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà che ormai è a livelli record, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. Questi ultimi però richiedono ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con le politiche di austerità imposte nel rispetto del fiscal compact, quali ad esempio il pareggio di bilancio, contraddistinto da sciagurate politiche di austerità o riforme strutturali deleterie, nonché da privatizzazioni e dalla svendita del patrimonio pubblico, come ad esempio il fondo privatizzazioni in Grecia e la riforma delle banche popolari in Italia. A tutto ciò si aggiunge la volontà di attrarre investimenti privati – ad esempio attraverso il FEIS (cosiddetto Piano Juncker) – e l'ulteriore sviluppo dei mercati finanziari – come l'iniziativa CMU – che avranno quale unica conseguenza quella di ritardare la ripresa economica e, aumentando le ineguaglianze socio-economiche, non risolveranno i problemi di disoccupazione e di povertà;
    nel 2016 più della metà della ricchezza globale sarà in mano all'1 per cento della popolazione del mondo. A dirlo è il rapporto «Grandi disuguaglianze crescono di Oxfam». Secondo il report stilato dalla confederazione di ong, entro due anni la ricchezza detenuta dall'1 per cento della popolazione mondiale supererà quella del restante 99 per cento. Una disuguaglianza spaventosa e in continua crescita, visto che la quota di ricchezza nelle mani dell'1 per cento della popolazione del pianeta è aumentata in maniera costante dal 2009 (quando una élite deteneva una quota di ricchezza pari al 44 per cento) al 2014, anno in cui la percentuale è arrivata al 48 per cento. Ritmi di crescita che portano Oxfam a credere che nel 2016 si supererà il 50 per cento;
    tale situazione impone la necessità di promuovere iniziative che portino a salari dignitosi;
    quanto alla flessibilità in entrata e in uscita dal mondo del lavoro, le recenti riforme occorse in Italia, hanno posto il nostro Paese nella condizione di divenire uno tra i paesi col mercato del lavoro più flessibile, attraverso un vero e proprio capovolgimento dei capisaldi socio economici del medesimo mercato. Tuttavia, ad oggi, non vi è alcuna evidenza empirica dell'innalzamento di benessere dato alla collettività, viceversa sono emerse vistose criticità, in relazione ai primi dati forniti dall'esecutivo. È dunque particolarmente importante analizzare in modo serio la performance del mercato del lavoro, considerando la transizione dei lavoratori dalle forme di lavoro flessibile alle forme di lavoro permanente, al fine di verificare se la flessibilità conduce ad una successiva stabilizzazione o, come ritenuto dai sottoscrittori di questo atto, verso una maggiore segmentazione del mercato del lavoro stesso, ponendovi immediato rimedio;
    i flussi migratori pongono storicamente problemi sostanziali e di difficile gestione. I dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) quantificano in oltre un milione i migranti giunti nell'Unione europea nel 2015, superando di quattro volte il numero registrato nel 2014. Risulta pertanto ovvio come la gestione dei flussi migratori si imponga come questione indifferibile, anche in considerazione del collegamento con il terrorismo internazionale;
    negli ultimi 15 anni oltre 31.000 persone hanno perso la vita cercando di raggiungere l'Europa. Di questi, 24.000 nel Mar Mediterraneo. Nello stesso periodo l'Unione europea ha speso 11,3 miliardi di euro per procedere a espulsione di migranti irregolari, a fronte dei 16 miliardi di euro spesi dai migranti per raggiungerla;
    il crescere dei flussi dei rifugiati e richiedenti asilo è dovuto in larga parte all'incapacità della comunità internazionale di dare una soluzione alle guerre in Siria e di Libia. A queste deve aggiungersi l'inopinata destabilizzazione dello Yemen e solo le particolari condizioni geografiche hanno per il momento impedito che altre decine di migliaia di profughi si riversassero anch'essi sulle coste del Mediterraneo. Lo stato di allerta in cui sono state messe le basi militari di diversi Paesi dell'Unione europea (Italia compresa) nella Repubblica del Gibuti induce a pensare come imminente – se non dovessero cessare immediatamente i bombardamenti sullo Yemen – il riversarsi anche in Europa di queste persone in fuga;
    attraverso due successive decisioni del Consiglio giustizia e affari interni e del Consiglio europeo, nel corso del 2015 si è stabilito di ricollocare 160.000 richiedenti asilo dai Paesi maggiormente sottoposti alla pressione migratoria verso quelli con maggiori disponibilità o meno coinvolti dai flussi. In particolare, il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri partecipassero al reinsediamento di 20.000 persone bisognose di protezione internazionale. Il successivo 20 luglio 2015 il Consiglio ha adottato delle conclusioni nelle quali si stabiliscono i dettagli di tale reinsediamento e la divisione delle quote per paese, sulla base di criteri oggettivi e numerici, che poco tengono in considerazione la componente umana delle migrazioni stesse;
    ad alcuni mesi dalle decisioni sulle ricollocazioni prese nei suddetti consessi europei i numeri dei richiedenti asilo effettivamente ricollocati sono del tutto irrisori. Le relazioni sui progressi compiuti in Grecia, Italia e nei Balcani occidentali, pubblicata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2015 certifica che «La prima ricollocazione ha avuto luogo il 9 ottobre con 19 eritrei trasferiti in Svezia. Da allora sono state effettuate altre 125 ricollocazioni. L'Italia ha individuato altri 186 candidati alla ricollocazione e ha presentato 171 richieste di ricollocazione ad altri Stati membri. Fino ad oggi, soltanto dodici Stati membri hanno messo a disposizione dei posti per la ricollocazione, impegnandosi ad accogliere 1.041 persone. Diciannove Stati membri hanno nominato funzionari di collegamento per coadiuvare il processo sul campo. Gli Stati membri devono aumentare in modo sostanziale il loro impegno e abbreviare i tempi di risposta per accelerare il funzionamento del meccanismo»;
    l’aquis di Schengen, i Trattati e le successive modifiche e convenzioni collegate, definiscono norme attraverso cui sono abolite le frontiere interne sostituendole con un'unica frontiera esterna e al contempo si individua un territorio dove viene garantita la libera circolazione delle persone. Entro tale spazio si applicano regole e procedure comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d'asilo e controlli alle frontiere. Queste norme, ma soprattutto la libertà di circolazione da esse garantita, rappresentano una delle maggiori conquiste dell'Unione europea. Negli ultimi mesi, a causa della pressione migratoria e di scontri di natura politica che vedono contrapporsi alcuni Stati membri, si assiste ad un moltiplicarsi della sospensione dei menzionati accordi, che si traducono in unilaterali chiusure delle frontiere nazionali. Sei dei ventisei paesi membri dello spazio Schengen (la Germania, l'Austria, la Slovenia, la Francia, e dopo gli attentati di Parigi e dall'inizio del 2016 anche Svezia e Danimarca) hanno reintrodotto controlli temporanei alle frontiere;
    il 15 ottobre 2015 la Commissione europea ha presentato un piano d'azione congiunto tra l'Unione europea e la Turchia mirante da un lato a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione contrastando l'arrivo di migranti e dall'altro ad aiutare la Turchia nella gestione dell'emergenza rifugiati. Il Piano, che si articola in due parti e che individua azioni specifiche, è corredato di un aiuto straordinario di 3 miliardi. Al contempo si è stabilito di rilanciare il processo di adesione della Turchia all'Unione europea e di promuovere il dialogo di alto livello attraverso incontri più frequenti e strutturati, compresa l'organizzazione di due vertici all'anno;
    con la legge n. 118 del 2013 l'Italia ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi dell'ONU, entrato in vigore a dicembre 2014, vincolandosi in tal modo agli impegni ivi contenuti. Tra le altre obbligazioni, il Trattato (Arms Trade Treaty – ATT) all'articolo 6, comma 3, prevede il divieto di autorizzare il trasferimento di armi convenzionali nel caso in cui, in fase di valutazione della richiesta, vi sia conoscenza che i materiali potrebbero essere utilizzati per commettere crimini contro l'umanità, violazioni delle convenzioni di Ginevra del 1949 o attacchi diretti a obiettivi o soggetti civili. L'Unione europea ha supportato e coadiuvato l'ONU nel processo negoziale che ha portato alla firma del predetto trattato e, attraverso la decisione del consiglio 2013/768/PESC finanzia il supporto tecnico necessario ad implementare l'accordo stesso per gli Stati che lo richiedano;
    l'Unione europea da lungo tempo promuove il controllo sulle esportazione di armi. Nel 1998 è stato sottoscritto da tutti gli Stati dell'Unione un protocollo mirante a stabilire i principi da rispettarsi nell'esportazione di armi, incluso la produzione di un report annuale che ciascuno Stato membro deve stilare sui proventi e sulle destinazioni della vendita di armi. Il protocollo è stato poi rafforzato ed esteso nel suo campo di applicazione attraverso la posizione comune 2008/944/PESC e due decisioni del Consiglio 2009/1012/PESC e 2012/711/PESC;
    gli Stati membri dell'Unione europea che continuano a trasferire armamenti verso l'Arabia Saudita, usati dalla coalizione sunnita per bombardare lo Yemen, stanno chiaramente violando la posizione comune dell'Unione europea 2008/944/CFSP sul controllo dell’export di armamenti e si configurano anche come una violazione del Trattato internazionale sugli armamenti (ATT) ed infine, per quanto riguarda l'Italia, anche della legge n. 185 del 1990 che regolamenta l’export di armi (così come denunciato da Rete italiana per il disarmo in diversi esposti presentati alle procure della Repubblica di numerose città);
    il Consiglio dell'Unione europea, già nell'agosto del 2013, ha condannato con la massima fermezza tutti gli atti di violenza e ha deciso di sospendere le licenze di esportazione verso l'Egitto per qualsiasi attrezzatura che potesse essere usata a fini di repressione interna. Tuttavia, malgrado l'adozione di questa disposizione e nonostante le pesanti violazioni dei diritti umani operati dalle autorità egiziane, l'Italia ha continuato a inviare armi in Egitto. In questo contesto l'omicidio del connazionale Giulio Regeni conferma ulteriormente tale violazione, compresa quella del diritto alla verità su cosa sia accaduto al giovane ricercatore e chi ne siano i responsabili,

impegna il Governo:

   a supportare la scelta della Gran Bretagna di sottoporre la permanenza nell'Unione a referendum popolare, finalizzato a legittimare democraticamente la partecipazione dello Stato all'Unione europea e a permettere alla popolazione di prendere una decisione informata, attivandosi affinché simili consultazioni della volontà popolare si tengano in altri Stati membri dell'Unione;
   a promuovere azioni miranti ad accrescere la legittimazione democratica dell'Unione europea ed in questo contesto favorire un coinvolgimento attivo e sostanziale dei Parlamenti nazionali sia nella definizione delle politiche poste a fondamento dell'Unione, che nella formazione della normativa europea, inclusa la revisione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In questo contesto è necessario favorire un generale e sostanziale miglioramento in chiave democratica dell'Unione europea e delle sue istituzioni, sostenendo in questo contesto anche la necessità di sviluppare strumenti di democrazia diretta adeguati all'Unione, e pertanto impegnandosi in primo luogo per promuovere la sostanziale revisione del regolamento (UE) n. 211/2011 riguardante l'Iniziativa dei cittadini europei;
   a favorire la costituzione di un'Unione europea che riconosca formalmente la possibilità di far coesistere una pluralità di monete e che introduca definitivamente la facoltà per gli Stati membri di decidere liberamente se intendano aderire all'euro o se intendano uscirne, senza subire alcun tipo di discriminazione di qualsivoglia natura, in particolare per ciò che riguarda il tessuto produttiva l'accesso al mercato interno e alla quattro libertà fondamentali dell'Unione europea sia nel caso di non adesione che di successiva uscita dalla moneta unica;
   ad attivarsi per definire una strategia europea volta a favorire una crescita inclusiva, atta a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei attraverso politiche occupazionali inclusive, politiche di welfare, servizi universali di assistenza, politiche di sostegno al reddito quali l'istituzione del reddito di cittadinanza, nonché salari dignitosi attraverso la previsione di un salario minimo, nonché ogni misura idonea a sconfiggere l'oramai insostenibile livello di disuguaglianza sociale che, ben rappresentato da tutti i focus statistici delle principali organizzazioni di ricerca, pone la ricchezza globale in mano all'1 per cento della popolazione mondiale;
   a intraprendere ogni iniziativa volta a ridiscutere il Patto di stabilità e crescita e gli stringenti vincoli posti dal Fiscal Compact, in primo luogo l'anacronistico e deleterio vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil e a sostituire i target numerici con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori qualitativi che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi dei fattori ambientali e sociali, quali il Genuine Progress Indicator (GPI) o il benessere equo e sostenibile (BES), così come già approvato nella mozione n. 1/00951 a prima firma Busto, che mirino a rilanciare l'economia del Paese, all'aumento dell'occupazione e in generale ad un miglioramento del benessere diffuso dei cittadini europei e del welfare;
   a porre in essere ogni iniziativa affinché l'UEM (Unione economica e monetaria) non si limiti ad essere uno sterile sistema di regole ma sostenga, nel quadro del bilancio dell'Unione, lo sviluppo e la coesione sociale in coerenza con i principi di uguaglianza e solidarietà tra gli Stati membri affrontando gli squilibri, le divergenze strutturali e le emergenze finanziarie direttamente connesse all'Unione monetaria, in un'ottica di cooperazione e solidarietà, senza compromettere le sue funzioni tradizionali di finanziamento delle politiche comuni;
   ad attuare ogni iniziativa volta a arrestare le attuali fallimentari politiche neoliberiste e di austerità, che si basano sulla svendita di asset strategici e di rilevante utilità sociale, ovvero le politiche di privatizzazione, e sull'assurdo assunto che politiche di austerità possano rilanciare l'economia di un Paese;
   a intraprendere ogni iniziativa atta al superamento di una moneta comune che non sia permeabile alle differenti specificità economiche dei Paesi facenti parte dell'Eurozona attraverso l'avvio di negoziati tra i Paesi dell'Eurozona per lo smantellamento concordato e controllato della moneta unica o in alternativa, qualora non si trovi un accordo in tal senso, a prevedere nei trattati una procedura mirante a introdurre il diritto di recedere unilateralmente dalla partecipazione alla moneta unica e pertanto a riacquisire la piena sovranità monetaria, l'autonomia fiscale e monetaria degli Stati membri;
   ad assumere le opportune iniziative volte ad arginare la precarietà del mercato del lavoro determinatasi a seguito delle recenti riforme, anche attraverso l'ausilio di meccanismi normativi finalizzati a favorire le stabilizzazioni contrattuali dei lavoratori, innescando in modo concreto sistemi crescenti di tutele posti nell'esclusivo interesse del lavoratore medesimo;
   a richiedere immediata attuazione delle decisioni del Consiglio che hanno stabilito il ricollocamento di un totale di 160.000 migranti al fine di ottenere una più equa ripartizione del peso della crisi migratoria su tutti gli Stati membri dell'Unione europea e a sistematizzare e istituzionalizzare il sistema delle ricollocazioni, rivedendo al contempo i criteri di selezione dei migranti da ricollocare e i presupposti in base ai quali viene scelto il Paese di destinazione. L'Unione si faccia inoltre da garante e promotrice dei diritti posti a fondamento dell'Unione stessa nella predisposizione e gestione dei centri, o approcci, hotspot, e dei relativi funzionari di supporto, in particolare coadiuvando gli Stati membri più esposti al fine di rendere questi centri operativi, anche attraverso i funzionari delle agenzie dedicate, con lo specifico obiettivo di favorire i ricollocamenti;
   ad adoperarsi affinché in sede europea si provveda rapidamente ad attuare quanto previsto dall'accoglimento della mozione 1-00605 del 18 dicembre 2014, ovvero l'impegno a revisionare l'accordo «Dublino III» (regolamento n. 604/2013), tra l'altro istituendo punti adibiti alla richiesta d'asilo direttamente sui territori di partenza dei migranti, nonché corridoi umanitari per questi ultimi. Si promuovano azioni coordinate volte ad estirpare le ragioni delle migrazioni, combattendo l'instabilità politica ed economica, le violazioni dei diritti umani e la povertà. Al contempo si definiscano strumenti concreti per promuovere il miglioramento della gestione dei flussi migratori legali;
   a proteggere gli accordi e più in generale l’aquis di Schengen e le libertà ad esso connesse, impegnandosi affinché la chiusura delle frontiere torni ad essere una misura puramente residuale legata a situazioni gravi e contingenti e non un mezzo per ricatti reciproci tra Stati membri dell'Unione europea, che ricadono sulle spalle di persone che, in quanto deboli, hanno assoluta necessità di protezione. In questo contesto si promuova un dialogo con tutti gli Stati membri affinché l’aquis di Schengen venga sviluppato e la libertà di circolazione e quella di stabilimento vengano garantite senza alcuna eccezione e senza limitazione dei diritti ad esse connessi;
   a stabilire in sede di Consiglio europeo le modalità per dare piena attuazione all'articolo 6, comma 3, del Trattato sul commercio delle armi dell'ONU (Arms Trade Treaty – ATT), prescrivendo in tal modo il divieto di autorizzare il commercio, il transito e il trasferimento di armi convenzionali come bombe o missili verso gli Stati coinvolti in conflitti, sul quale prolifera il terrorismo internazionale o a rischio di guerra civile, promuovendo al contempo una normativa più puntuale, stringente ed efficace che renda effettivo per tutti gli Stati membri lo stop totale alla vendita di armi ai paesi in conflitto o a quelli direttamente o indirettamente legati al terrorismo internazionale e a tale scopo a stilare una lista condivisa tra gli Stati membri dei paesi riconosciuti in conflitto;
   a promuovere la sospensione da parte degli Stati membri dell'Unione europea della vendita di armamenti nei confronti dell'Arabia Saudita e della cosiddetta coalizione sunnita, fino a quando non saranno sospesi i bombardamenti sullo Yemen e pertanto non sia consentita la piena agibilità delle organizzazioni umanitarie internazionali per soccorrere la popolazione civile ormai allo stremo;
   a chiedere al Consiglio europeo disposizioni cogenti in ordine alla decisione adottata nell'agosto 2013 richiamata in premessa, in merito al trasferimento di qualsiasi attrezzatura che può essere usata a fini di repressione interna in Egitto e a chiedere un impegno europeo corale per l'individuazione dei responsabili e dei mandanti dell'assassinio del connazionale Giulio Regeni;
   a farsi promotore in sede europea della proposta di condizionare i tre miliardi di euro di aiuti alla Turchia a: 1) l'avvio di una missione dell'Unione europea in ambito PSDC tesa al monitoraggio della frontiera turco/siriana al fine di assicurare che effettivamente non vi sia passaggio dei foreign fighters e l'esecuzione dell'embargo sulle armi e della compravendita di petrolio con Daesh; 2) l'immediato cessate il fuoco nei confronti dei curdi e delle loro organizzazioni, nonché la fine della repressione poliziesca nelle città del Kurdistan turco; 3) la riapertura del negoziato e del dialogo di pace con il PKK; 4) l'avvio di una inchiesta indipendente sulle stragi di Soruc (21 luglio 2015), Ankara (10 ottobre 2015) e dell'assassinio del Presidente dell'Ordine degli avvocati di Diyarbakir Tahir Elci (28 novembre 2015) assicurando alla giustizia mandanti, complici ed esecutori; 5) la riapertura dei valichi tra la Turchia e la regione siriana del Rojava al fine di far affluire, sotto controllo internazionale, il necessario aiuto umanitario alla popolazione siriana; 6) la cessazione immediata dei bombardamenti e altra attività ostile da parte della Turchia nei confronti dei combattenti curdo/siriani della YPG e segnatamente intorno alla città di Azaz.
(6-00209) «Battelli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Nesci, Petraroli, Vignaroli, Crippa».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

paese membro

commercio di armi

asilo politico