ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00142

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 444 del 17/06/2015
Abbinamenti
Atto 6/00140 abbinato in data 17/06/2015
Atto 6/00141 abbinato in data 17/06/2015
Atto 6/00143 abbinato in data 17/06/2015
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: MISTO-ALTERNATIVA LIBERA
Data firma: 17/06/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ARTINI MASSIMO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
BARBANTI SEBASTIANO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
BALDASSARRE MARCO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
BECHIS ELEONORA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
MUCCI MARA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
PRODANI ARIS MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
SEGONI SAMUELE MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015
TURCO TANCREDI MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 17/06/2015


Stato iter:
17/06/2015
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 17/06/2015

DICHIARATO PRECLUSO IL 17/06/2015

CONCLUSO IL 17/06/2015

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00142
presentato da
RIZZETTO Walter
testo di
Mercoledì 17 giugno 2015, seduta n. 444

   La Camera,
   premesso che:
    la Corte costituzionale, con una sentenza epocale, si è espressa su uno dei provvedimenti più discussi degli ultimi anni nel comparto previdenziale, la riforma Fornero, giudicata incostituzionale per aver disposto il blocco della rivalutazione delle pensioni, in base all'inflazione;
    emanata nel 2011, nell'ambito del decreto Salva Italia, dal Governo Monti, la riforma Fornero delle pensioni, oltre a rivedere i requisiti contributivi e anagrafici per il pensionamento con il sistema contributivo, aveva disposto che per i trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo, ovvero superiori ai 1443 euro mensili, non fosse più prevista la rivalutazione annuale dell'assegno pensionistico, in base all'aumento del costo della vita, ovvero in base all'andamento dell'inflazione;
    pur trattandosi di una norma estremamente invisa a molti contribuenti, di cui la stessa Elsa Fornero conosceva bene la pesantezza e la gravità (si ricordino le lacrime dell'allora Ministro del lavoro in conferenza stampa ma anche le recenti dichiarazioni, rilasciate alla stampa –, in cui Elsa Fornero ha spiegato che quella specifica misura fu voluta da tutto il Consiglio dei Ministri) si trattava, comunque, di un provvedimento d'urgenza, che manteneva una sua ratio: penalizzare gli assegni pensionistici della classe media ma, soprattutto, le pensioni d'oro, richiedendo dei «sacrifici», in un momento in cui il Paese era sull'orlo del tracollo;
    con la sentenza numero 70, depositata lo scorso 30 Aprile, la Corte costituzionale ha affermato che: «L'interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio»;
    per la Corte costituzionale, non sarebbero, quindi, sufficienti le esigenze finanziarie addotte a sostegno della Riforma Fornero perché «la censura relativa al comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico, induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività»;
    ciò implica che siano stati: «intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (articolo 36 della Costituzione) e l'adeguatezza (articolo 38)»;
    nel momento in cui si tenne l'udienza presso la Corte costituzionale, l'avvocatura dello Stato aveva stimato che l'impatto sui conti dello Stato, derivante da un eventuale risarcimento dei contribuenti penalizzati dal blocco della rivalutazione delle pensioni sarebbe stato pari a: circa 1,8 miliardi per il 2012; circa 3 miliardi per il 2013;
    si tratterebbe di un totale di quasi 5 miliardi di euro, che ha interessato i pensionati con un reddito da pensione superiore ai 1500 euro lordi mensili, si tratterebbe di circa 6 milioni di cittadini, ossia oltre il 36 per cento dei contribuenti, su un totale di oltre 16,3 milioni di pensionati italiani;
    all'indomani della decisione della Consulta i sindacati sono stati i primi a cantare vittoria, parlando di ingiustizia che va sanata e della necessità di restituire tutto e subito. Assieme a loro sono molte altre le categorie che, in una compagine tanto variegata quanto insolita, hanno richiesto l'immediata restituzione degli importi non corrisposti per l'adeguamento delle pensioni al costo della vita;
    quella che, però, per molti pensionati sembra un'ingiustizia da sanare, comporterà ben altri problemi per la maggioranza dei contribuenti italiani;
    siamo innanzi ad un buco di bilancio ben indicato nella relazione inviata al Parlamento dal Governo, la cui copertura è contenuta nell'apposito decreto emanato all'uopo;
    il Governo pur stabilendo un risarcimento inversamente proporzionale al reddito destinato ad una parte dei pensionati italiani, determinerà conseguenze più gravose per la totalità dei cittadini, in uno scenario economico dove non si vede ripresa, la disoccupazione continua a crescere e il 65 per cento dei trattamenti pensionistici risulta inferiore ai 750 euro,

impegna il Governo

a reperire in modo alternativo a quello individuato i fondi necessari per la copertura del provvedimento in discussione relativo alla sentenza n. 70 del 2015, della Corte costituzionale, con particolare riferimento ad una rimodulazione dell'imposizione fiscale per i redditi dichiarati maggiori, prevedendo idonee modifiche alla legge 22 dicembre 1986, n. 917, innalzando a 8 le fasce di imposizioni, l'ultima delle quali dovrebbe incidere sui redditi maggiori ai 200.000 euro, ad abrogare la cosiddetta legge Mosca ovvero la legge 11 giugno 1974, n. 252, legge che ha permesso finora a 37.119 persone di beneficiare di «contributi figurativi» pari a circa 12,5 miliardi di euro, tutti a carico dell'Inps; ad intraprendere una seria politica di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, a nostro avviso imputabile molto più ai grandi gruppi industriali da sempre assistiti dallo Stato e altri enti pubblici, piuttosto che ai milioni di PMI e alle tante partite Iva, vere colonne portanti del nostro sistema economico produttivo che ha consentito al Paese di non andare in default grazie ai sacrifici da essi sostenuti assieme ai tanti lavoratori dipendenti che non possono evadere grazie al meccanismo di sostituto d'imposta, poiché si stima che in Italia, tra imposte dirette, Iva e Irap, vengono evasi dai 120 ai 160 miliardi all'anno e nel corso degli anni precedenti, anche a causa della crisi ancora in atto, essa è aumentata del 14 per cento, inoltre, il fisco italiano, pur effettuando molti accertamenti, incassa solo il 10 per cento del dovuto, dimostrando una arretratezza del sistema di controlli tributari preoccupanti e da riformare, poiché nel resto del mondo vi sono percentuali ben più alte di recupero prendendo ad esempio la Turchia che recupera sino al 58 per cento e infine, ad innalzare la percentuale impositiva delle cosiddette pensioni d'oro, generalmente attribuite a funzionari della pubblica amministrazione che hanno usufruito del sistema retributivo, ovvero percependo in proporzione più di quanto versato, ledendo l'equità intergenerazionale che vede i giovani più fortunati impiegati con redditi miseri ma che devono sostenere un carico fiscale onerosissimo per onorare i diritti acquisiti delle vecchie generazioni, non potendo avere la garanzia di poter percepire, al momento del loro collocamento in pensione, di un trattamento nemmeno lontanamente comparabile, poiché eccessivamente sperequato a vantaggio di chi ci ha lasciato il fardello dell'enorme debito pubblico da sostenere grazie al consumo anticipato, dissennato, ingiusto di risorse future per consumi immediati. Ciò è stato rivelato dal sottosegretario al lavoro che ha risposto a un'interrogazione in Commissione e da dichiarazioni di illustri esperti i quali hanno coraggiosamente affermato che se i giovani conoscessero gli importi miserrimi delle pensioni loro spettanti, sorgerebbero disordini sociali e pericolo di rottura del patto sociale stesso.
(6-00142) «Rizzetto, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Segoni, Turco».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

pensionato

evasione fiscale

rivalutazione dei salari