ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00133

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 414 del 23/04/2015
Abbinamenti
Atto 6/00131 abbinato in data 23/04/2015
Atto 6/00132 abbinato in data 23/04/2015
Atto 6/00134 abbinato in data 23/04/2015
Atto 6/00135 abbinato in data 23/04/2015
Atto 6/00136 abbinato in data 23/04/2015
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 23/04/2015


Stato iter:
23/04/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 23/04/2015
Resoconto DE MICHELI PAOLA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
INTERVENTO GOVERNO 23/04/2015
Resoconto DE MICHELI PAOLA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 23/04/2015
Resoconto DI GIOIA LELLO MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto OTTOBRE MAURO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto BARBANTI SEBASTIANO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA
Resoconto RIZZETTO WALTER MISTO-ALTERNATIVA LIBERA
Resoconto FAUTTILLI FEDERICO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto LIBRANDI GIANFRANCO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MARCHI MAINO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TAGLIALATELA MARCELLO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 23/04/2015

NON ACCOLTO IL 23/04/2015

PARERE GOVERNO IL 23/04/2015

DISCUSSIONE IL 23/04/2015

DICHIARATO PRECLUSO IL 23/04/2015

CONCLUSO IL 23/04/2015

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00133
presentato da
BRUNETTA Renato
testo di
Giovedì 23 aprile 2015, seduta n. 414

   La Camera,
   premesso che:
    il quadro macroeconomico descritto nel Def, nella sua versione programmatica, risulta venato da una notevole dose d'ottimismo. Com’è dimostrato dal confronto con le previsioni di tutte le principali Istituzioni internazionali: dal Fondo Monetario Internazionale alla Commissione europea. La stessa Banca d'Italia, proprio in questi giorni, nel suo Bollettino economico ne ha notevolmente ridimensionato le pretese, proprio a partire dall'anno in corso. Con evidenti effetti immediati negli anni successivi;
    gli andamenti del primo trimestre, che dovrebbe portare ad una crescita del Pil dello 0,1 sono coerenti con questi elementi di preoccupazione, considerato che l'acquisito per l'anno in corso è pari a meno 0,1 per cento. Ne deriva che, per realizzare gli obiettivi indicati dal Governo, l'economia dovrebbe crescere nei prossimi mesi dello 0,7 per cento. Prospettiva auspicabile, ma altrettanto improbabile;
    si potrebbe ancora forzare il sentiero dello sviluppo. Ma questa strategia richiederebbe una politica economica ed una visione che manca nell'ordine del giorno del Governo, che si limita solo ad incassare il dividendo che deriva dalle migliorate condizioni internazionali. Sempre che le turbolenze legate al caso della Grecia non siano destinate a mutarne radicalmente il clima. La verità è che il tema di come fare sviluppo in una situazione caratterizzata dalla scarsità delle risorse pubbliche a disposizione rimane la grande incognita, rispetto alla quale il Governo si trova impotente;
    al fine di individuare i possibili meccanismi autopropulsivi dello sviluppo sarebbe necessario avviare un grande confronto con tutte le forze presenti in Parlamento. Puntare sul dialogo e l'inclusione. Il Governo segue invece una linea opposta: quello dell’«uomo solo al comando» con un continuo restringimento della sua base parlamentare ed il tentativo di stabilire un rapporto diretto e non mediato con l'elettorato, utilizzando lo strumento della spesa pubblica – il cosiddetto «tesoretto» – come semplice «carota» per convincere i perplessi;
    eppure l'esperienza storica dovrebbe illuminare. Quando si ricorre a strumenti di questo tipo, invece di mobilitare le risorse di una sana economia, i risultati non possono che essere deludenti. Lo si è visto con l'elargizione a pioggia degli 80 euro. Dovevano determinare un impatto immediato sulla crescita del Pil. Ed invece i risultati, a consuntivo, ne dimostrano tutta l'inadeguatezza. Da un lato quasi 10 miliardi di spesa in più (oltre lo 0,6 per cento del Pil), dall'altro un impatto sul Pil, che le valutazioni più ottimistiche stimano nello 0,1 dello stesso aggregato. Ripetere l'esperimento utilizzando nuove risorse, per un valore pari a 1,6 miliardi di euro, non sarebbe solo sbagliato, ma una perseverazione diabolica, nell'errore;
    le proposte governative rischiano, pertanto, di creare un buco nell'acqua e di sprecare le opportunità di una situazione internazionale che non può durare all'infinito. La caduta del prezzo del petrolio, l'erosione del cambio, il quantitative easing rappresentano quella ”finestra”, come più volte indicata dal Ministro dell'economia, destinata a chiudersi, prima o poi. Non approfittarne con politiche ambiziose, focalizzate sul mercato e sui suoi meccanismi di funzionamento, non può che comportare un tragico errore;
    la dimostrazione di quanto appena detto, lo si ritrova nelle previsioni dei principali organismi internazionali. Secondo il Fmi, nei prossimi cinque anni (traguardo 2020) l'Italia crescerà al ritmo più basso di tutti i Paesi dell'Eurozona. Le stime parlano di uno sviluppo medio dell'1 per cento, contro l'1,6 per cento dell'Eurozona. Meglio dell'Italia non farà solo la Germania, la Francia e la Spagna, ma la Grecia, il Portogallo, Cipro, la Slovenia. Paesi cioè che hanno subito una crisi finanziaria che li ha portati sull'orlo del default;
    se questo dovesse essere l'effettivo orizzonte, l'Italia, una volta risorsa dell'intera Europa, diverrà il suo principale problema. Alla crescente insostenibilità del suo debito sovrano – checché ne dica il Ministro dell'economia – si accompagnerà un'anemia produttiva, destinata a far risaltare ancor più lo squilibrio nei suoi fondamentali. Si aprirebbe, in questo caso, uno scenario insolito. Negli anni ’80, infatti, il debito, per motivi complessi in parte legati ai mutamenti intervenuti nella politica monetaria americana (la cosiddetta rivoluzione di Paul Volcker, allora presidente della Fed), cresceva in modo preoccupante. Ma il ritmo di sviluppo dell'economia italiana era tra i più alti in Europa. E l'asimmetria di questi andamenti contribuiva ad evitare effetti cumulativi che, altrimenti, avrebbero determinato – come poi avvenne nel ’92 a seguito dell'unificazione tedesca che alimentò la crisi dello Sme – effetti distruttivi;
    memori quindi dell'esperienza storica più recente, è bene guardare al futuro con meno beota incoscienza e più determinazione. Il Governo punta a far crescere il potenziale produttivo italiano attraverso le riforme ipotizzate, che, tuttavia, come ricordava Banca d'Italia non basta annunciare. La contraddizione di questa prospettiva, con il breve periodo è evidente. I loro effetti, se mai si verificheranno nella dimensione più volte enunciata e altrettanto rimaneggiata, si avranno nell'arco di quattro o cinque anni. Nel frattempo come sarà cambiata la situazione internazionale? Il rischio di un amalgama non riuscito è del tutto evidente;
    ragioni di prudenza, miste al realismo, richiederebbero pertanto una riflessione più approfondita sui dati forniti dal Governo nella sua previsione. Secondo i valori indicati, la crescita per l'anno in corso dovrebbe essere alimentata in parte dalla domanda interna, che dovrebbe contribuirvi per lo 0,4 per cento, ed in parte dall'estero per il restante 0,4. Mentre dalle scorte si dovrebbe avere un effetto negativo dello 0,1 per cento;
    lo scorso anno la forte compressione del Pil (meno 0,4 per cento) è stata determinata, in misura rilevante, dalla compressione della domanda interna (consumi delle famiglie ed investimenti). Con una caduta, in termini di contributi alla crescita del Pil dello 0,6 per cento. È realistico ipotizzare un vero e proprio ribaltamento, che dovrebbe avere la dimensione di 1 punto di Pil, per far «quadrare» la previsione. Qualche sintomo di risveglio si intravede. Ma finora i consumi delle famiglie, in leggera ripresa, si sono concentrati solo sui beni durevoli (automobili e via dicendo). Fatto fisiologico, dopo tre lunghi anni di contenimento. Ciò che ancora manca è la diffusione del fenomeno ai beni comuni, che rappresentano il pavimento indispensabile per una loro ripresa duratura;
    gli altri elementi della previsione non sfuggono alla critica. Nel Def non viene fatta alcuna differenza tra investimenti pubblici e privati. Si prevede una loro ripresa, con un contributo alla crescita del Pil dello 0,2 per cento. Ma Banca d'Italia ha dimostrato che «mentre le uscite in conto capitale resterebbero sostanzialmente stabili, le uscite primarie crescerebbero dell'1,3 per cento». Quindi la ripresa degli investimenti è affidata solo al settore privato. Dove, tuttavia, esiste una grande capacità produttiva inutilizzata. Forse le imprese che operano sui mercati internazionali si muoveranno secondo le indicazioni fornite. Ma si tratta, pur sempre, di una massa critica (circa il 30 per cento delle imprese italiane, in termini di valore aggiunto) limitata. Se non ripartirà la domanda interna è difficile che il processo possa avere la diffusione ipotizzata;
    sul fronte dell'estero, la previsione è più realistica. Lo scorso anno esso ha contribuito per lo 0,3 per cento ad arrestare la maggiore caduta del Pil. Allora le previsioni di crescita del commercio internazionale erano del 3 per cento. Per l'anno in corso è previsto un leggero miglioramento: 4 per cento. Il dato fornito dal Governo ha quindi una sua coerenza. Ma con una controindicazione. Il contributo dell'estero è dato dalla differenza tra export ed import. L'anno passato il suo contributo alla crescita del Pil scontava una forte compressione della domanda interna. Se quest'ultima dovesse crescere, secondo le ottimistiche previsioni del Governo, le importazioni seguirebbero una traiettoria diversa dal passato. E quindi quell'attivo dello 0,4 per cento, in termini di contributi alla crescita del Pil, risulterebbe ridimensionato;
    soffermarsi sul quadro macroeconomico è stato importante a causa delle conseguenze che il Governo attribuisce alla sua evoluzione. Nel 2016, come indicato nello stesso documento, occorrerà trovare le risorse indispensabili per far fronte alle «clausole di salvaguardia» previste nelle passate leggi di stabilità, per un valore pari ad 1 punto di Pil. Le risorse indispensabili per indicare questo traguardo sono state indicate per 0,4 punti di Pil, nel miglioramento del quadro economico e per il restante 0,6 per cento, grazie ad un'ipotetica Spending review di cui non si conosce la relativa specifica;
    se le cose dovessero risultare peggiori di quanto previsto, ed i margini di incertezza ai quali si è accennato non lasciano dormire sonni tranquilli, l'intervento, in termini finanziari, dovrebbe essere ancora più massiccio. Ed i dubbi che sono stati avanzati nei vari interventi, durante le audizioni parlamentari, relativi all'andamento del deficit strutturale, della regola della spesa e del contenimento del rapporto debito-pubblico – in altri termini del rispetto delle regole europee – diverrebbero certezze. Purtroppo certezze negative, sulle quali, fin da ora, pesa la spada di Damocle della Commissione europea;
    si spiegano così le critiche unanimi, che sono state rivolte, rispetto all'ipotesi di un utilizzo preventivo di un presunto «tesoretto», che al momento esiste solo nei computer di Via XX Settembre. Se mai dovesse essere accertato, in sede di analisi del bilancio di assestamento e non prima, sulla sua possibile destinazione si dovrebbe discutere, tenendo conto del quadro complessivo dell'economia italiana. Resistendo alla tentazione di un uso solo politico del medesimo. È questione di serietà: di fronte all'opinione pubblica e all'Europa. Le risorse a disposizione possono essere usate solo quando sono state definitivamente accertate, secondo procedure e metodologie rigorose. Altrimenti si contribuisce solo ad alimentare lo sconcerto e il disincanto;
    il gruppo parlamentare Forza Italia, nella sua riflessione critica del Def, ha rinunciato alla facile demagogia, facendo emergere preoccupazioni che sono reali, quali premessa che può essere foriera di ulteriori sviluppi e confronti parlamentari, dai quali non intende sottrarsi, nella consapevolezza dei rischi prospettici che gravano sulla società italiana;
    infine, nell'ambito del Piano Nazionale di Riforma manca una proposta di politica sociale relativa a nuovi interventi che il Governo dovrebbe effettuare per porre in essere una strategia di contrasto alla povertà materiale ed educativa che garantisca effettivamente servizi orientati al benessere materiale e alla crescita educativa mirati non solo alla prima infanzia,

impegna il Governo

a soprassedere da qualsiasi decisione circa l'ulteriore distribuzione a pioggia di risorse che non sono state contabilmente certificate, impostando una strategia di politica economica che non rimandi le necessarie misure da intraprendere ad un tempo indefinito e/o disallineato rispetto alle dinamiche della congiuntura internazionale. L'obiettivo è uscire dalla genericità delle enunciazioni circa la necessità di un maggiore sviluppo, indispensabile per arrestare i fenomeni di ulteriore arretramento rispetto alla realtà internazionale. Non dimenticando che, a differenza della maggior parte dei Paesi dell'Eurozona, l'Italia deve ancora recuperare circa 9 punti di Pil, per ritornare alla situazione del 2007. Ed è questo il duro fardello che deve essere rimosso, nel tempo più breve possibile.
(6-00133) «Brunetta».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

crescita economica

prodotto interno lordo

sviluppo economico