ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00086

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 309 del 14/10/2014
Abbinamenti
Atto 6/00082 abbinato in data 14/10/2014
Atto 6/00083 abbinato in data 14/10/2014
Atto 6/00084 abbinato in data 14/10/2014
Atto 6/00085 abbinato in data 14/10/2014
Atto 6/00087 abbinato in data 14/10/2014
Firmatari
Primo firmatario: D'INCA' FEDERICO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 14/10/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014
CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014
BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014
CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014
CURRO' TOMMASO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014
COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014
CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2014


Stato iter:
14/10/2014
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 14/10/2014

DICHIARATO PRECLUSO IL 14/10/2014

CONCLUSO IL 14/10/2014

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00086
presentato da
D'INCÀ Federico
testo di
Martedì 14 ottobre 2014, seduta n. 309

   La Camera,
   premesso che:
    l'aggiornamento del quadro macroeconomico contenuto nella Nota al DEF 2014 sconfessa le precedenti previsioni macroeconomiche del DEF 2014, prendendo finalmente atto degli andamenti negativi della crescita del PIL rilevati nei primi due semestri dell'anno, e rivede al ribasso le previsioni sulla crescita del PIL, contenute nel DEF 2014 nella misura dello 0,8 per cento, ora trasformatasi in una decrescita pari a -0,3 per cento;
    nella medesima Nota emerge la consapevolezza che gli effetti delle politiche di rigore e rigidità hanno aggravato la crisi economica fino a deprimere in misura rilevante la domanda di beni e servizi, creando disoccupazione e deflazione;
    per il rilancio dell'economia il Governo intende abbandonare momentaneamente il percorso di risanamento, ottenuto esclusivamente con la correzione dei saldi di finanza pubblica e propone il rinvio del pareggio di bilancio al 2017, già rinviato dal 2015 al 2016 in sede di approvazione del DEF 2014;
    ma il Governo tende a restare ancorato all'impegno del rispetto del 3 per cento del rapporto indebitamento netto/PIL, e all'obbligo del pareggio di bilancio nel 2017, in un triennio in cui l'uscita dalla crisi richiede ingenti risorse, mentre il peggioramento del saldo nel 2015 e il risparmio sul pagamento degli interessi liberano solo 11,5 miliardi di euro, che non appaiono sufficienti a far ripartire un Paese e a realizzare compiutamente gli interventi che si propone il Governo, ossia investimenti nel settore istruzione e ricerca, sostegno degli investimenti degli enti locali, riduzione dell'IRAP, incremento degli ammortizzatori;
    il Governo continua, come i Governi passati di Berlusconi, Letta e Monti, a essere schiavo di parametri, in particolare il PIL, che non è idoneo a misurare il benessere di una economia. Infatti sin dal 2011, l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ha in diversi studi fatto presente come il prodotto interno lordo non sia un indicatore esaustivo per parametrare il benessere di un Paese e dei suoi cittadini, ma piuttosto bisogna tener conto anche di altri indicatori, come la qualità e il costo delle abitazioni, salari, sicurezza dell'impiego e disoccupazione, l'educazione, la coesione sociale, la qualità dell'ambiente, la salute, la sicurezza e altri, posizione ripetuta di recente anche dal noto economista e premio Nobel, prof. Joseph Stiglitz, nel suo recente intervento al Parlamento;
    come emerge dalla letteratura economica: la convenienza a trovarsi in una unione monetaria è tanto maggiore quanto maggiore è il grado di integrazione esistente tra i Paesi facenti parte dell'Unione;
    a fronte dei potenziali benefici di trovarsi all'interno di una unione monetaria, vi sono dei «costi di adesione» quali ad esempio la perdita dell'utilizzo del tasso di cambio quale strumento di politica economica utile a stabilizzare l'occupazione e la produzione a seguito di shock economici esterni e asimmetrici;
    i possibili meccanismi di aggiustamento automatico delle economie dei Paesi membri dell'Unione vittime di shock economici asimmetrici sono la flessibilità del salario e la mobilità del lavoro;
    nei meccanismi sopra citati, salario flessibile e mobilità del lavoro, si sono nella pratica tradotte in mero «precariato» e «disoccupazione», soprattutto giovanile, considerato il fatto che, come sosteneva Robert Mundell, anch'egli premio Nobel per l'economia, le caratteristiche dell'Europa erano inadatte per la costruzione di un'area valutaria ottimale;
    tali politiche di austerità hanno prodotto come risultato una riduzione della domanda aggregata e, direttamente e indirettamente, hanno indebolito il potere d'acquisto dei lavoratori (ad esempio, riducendo la spesa per servizi pubblici, sanità e istruzione);
    quando la recessione, la deflazione e la disoccupazione insistono contestualmente e non riparte l'economia è necessario che intervengano i Governi con politiche economiche di sostegno alla domanda di beni e servizi, mediante maggiori investimenti pubblici e misure di sostegno alle imprese, anche se ciò comporta un maggiore indebitamento, soluzioni ovvie, necessarie e anche supportate da analisi di economisti eccellenti, quali, Stiglitz, ma non permesse dagli organi dell'Unione europea, attenti solo ad uno sterile conseguimento del miglioramento dei saldi di finanza pubblica, che ad oggi è costato sia all'Italia che alla maggior parte dei Paesi dell'area euro una regressione nella crescita ed un aumento allarmante della disoccupazione;
    nella Nota il rinvio del pareggio di bilancio al 2014 è motivato sulla base delle previsioni dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, che consente lo scostamento dal raggiungimento dell'obiettivo programmatico strutturale di medio termine (MTO) in caso di eventi eccezionali, prevedendo che il Parlamento voti a maggioranza assoluta la richiesta dello slittamento del pareggio di bilancio al 2017. Le motivazioni addotte sono l'ulteriore inasprimento delle condizioni economiche, che si è estesa anche per tutto l'anno in corso, e permane grave in tutta l'area-Euro e le politiche di rigidità adottate;
    a tal proposito si fa presente che la relazione di minoranza del MoVimento 5 Stelle al DEF 2014, la quale appunto, riprendeva quanto emerso dal documento Macroeconomic Imbalances - Italy 2014 redatto dalla Commissione europea, faceva già presente gli errori di previsione del Governo sottolineando che: «ci troviamo di fronte a una recessione a doppia v (double-dip recession), ovvero una situazione in cui a un lungo periodo di recessione, segue una ripresa illusoria che prelude una seconda recessione»;
    inoltre si ricorda che la Commissione europea il 2 giugno 2014, nel documento «Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2014 dell'Italia» - SWO(2014) 413 final» affermava in modo chiaro che «la deroga richiesta dall'Italia per discostarsi dal percorso necessario verso l'obiettivo di medio termine non può essere concessa a causa del rischio di non conformità con il parametro di riferimento di riduzione del debito»;
    si fa presente che il Consiglio dell'UPB ha validato solo le previsioni tendenziali per gli anni 2014 e 2015, non validando quelle per gli anni 2016-2018;
    inoltre, come sottolinea l'UPB nella recente audizione, le riforme dell'attuale Governo sono in buona parte «ancora in corso di definizione» e che in ogni caso, anche se attuate «resta comunque ampia l'incertezza nella stima dell'intensità dei loro effetti sulla crescita e dei tempi in cui tali effetti potranno realizzarsi»;
    come anche indicato nella nota di aggiornamento al DEF, già anticipato in precedenza dalla relazione di minoranza del M5S al DEF 2014, l'Italia si trova sotto monitoraggio rafforzato in quanto i suoi squilibri macroeconomici sono stati considerati eccessivi dal Consiglio europeo;
    peraltro come emerso dall'audizione del Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) sulla Nota di Aggiornamento al DEF 2014 tenutasi presso la Camera dei deputati il 13 ottobre 2014, se per il 2015 si adottassero le condizioni soglia della Commissione europea per potersi discostare dall'obiettivo di medio termine: «nessuna [...] sarebbe soddisfatta: il prodotto [interno lordo] segnerebbe una crescita positiva seppur contenuta (+0,6 per cento) e l’output gap sarebbe inferiore al 4 per cento (per la precisione il 3,5 per cento)»;
    si ritiene, quindi, che le riforme perseguite dal Governo altro non siano che volontà estranee e legate a voleri della Commissione europea, piuttosto che necessarie al nostro Paese, attuate al solo fine di sopperire allo sforamento delle soglie per tentare di ottenere la possibilità dello sforamento dell'obiettivo di medio termine;
    come ricordato dal premio Nobel Stiglitz: da un'analisi accurata degli effetti di misure adottate per fronteggiare le crisi economiche caratterizzate da una debole domanda, si è giunti alla conclusione che la flessibilità sul lavoro non dà impulso alla domanda di beni e servizi, né aumenta la fiducia dei consumatori, proprio a causa della «instabilità» percepita dai lavoratori sul futuro. Anzi, un clima di incertezza sulle prospettive di occupazione, danneggia il «capitale umano», con gravi danni per l'economia del Paese anche a lungo termine;
    in merito alla riduzione del debito pubblico, oltre l'obiettivo di ridurre il rapporto debito/PIL nell'ipotesi di un trend positivo di crescita del denominatore, il Governo conferma il programma di privatizzazioni, da cui si attendono risorse per ciascun anno pari a circa lo 0,7 per cento del PIL. Ma l'obiettivo di riduzione non può essere considerato senza tener conto degli effetti riduttivi sulle entrate del bilancio dello Stato. A tal proposito è importante riflettere sui dati forniti dalla Corte dei conti, la quale rileva che nel 2015 le privatizzazioni produrranno un ridimensionamento pari allo 0,28 per cento degli introiti previsti per l'anno in corso. Pertanto, nel contesto di perdita di aziende industriali e disoccupazione, la vendita di assets dello Stato deve essere valutata attentamente, in quanto il mantenimento delle partecipazioni statali redditizie deve essere considerato dal Governo un investimento per il sostegno dell'occupazione;
    in questo contesto di grande incertezza e disoccupazione, la vendita di assets dello Stato deve essere valutata attentamente al fine di evitare una perdita di introiti da partecipazioni;
    inoltre, le risorse complessive disponibili saranno inferiori, in quanto il Governo ha rinunciato ai sostanziosi tagli di spending review del piano Cottarelli. Infatti, la Nota prevede che la legge di stabilità conterrà tagli di spesa pubblica per amministrazioni centrali nella misura non superiore al 3 per cento dei rispettivi budget;
    tale decisione va nella direzione opposta di una concreta ed attesa razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica per individuare e tagliare definitivamente sprechi e poltrone inutili e liberare a regime cospicue risorse da restituire ai contribuenti, alle imprese e al miglioramento dell'efficienza e qualità dei servizi pubblici. Preoccupa quindi il mancato riferimento ad una immediata revisione della gestione delle partecipate pubbliche, che assorbono ingenti risorse e rappresentano un fenomeno di «poltronificio» per incarichi e consulenze;
    in merito all'abbandono del «piano Cottarelli» si ravvisa la necessità di riattivare in modo sostanziale il percorso di riduzione della spesa pubblica, strumento indispensabile per recuperare risorse da destinate alla riduzione della tassazione, per ridare fiducia alle imprese e sbloccare i consumi. Il lavoro eseguito dal Commissario non può giacere inutilizzato, considerato anche i costi sostenuti dalla finanza pubblica per realizzare gli studi ed il progetto. Pertanto, si ritiene opportuno che sia sottoposto e valutato nelle Commissioni parlamentari di merito, come strumento a disposizione del Parlamento per la valutazione del percorso di riduzione della spesa pubblica;
    in merito all'estensione del «bonus IRPEF pari a 80 euro» nel 2015, che avrà un costo superiore ai 10 miliardi, tale misura, da maggio ad oggi, non risulta che abbia prodotto gli attesi benefici in termini di incremento della domanda, essendo stato il bonus destinato ad una platea di soggetti, senza alcuna valutazione dell'effettivo stato di bisogno, mentre sono stati esclusi dai beneficiari categorie ad alta propensione al consumo, quali pensionati con redditi minimi e famiglie monoreddito numerose. Infatti, l'ISTAT ha prodotto, in occasione dell'esame della presente Nota, un'analisi dell'impatto del «bonus IRPEF», da cui emerge che il suddetto bonus nel 2015 ridurrebbe in modo lieve la diseguaglianza economica ed il numero dei poveri. In pratica farebbe uscire dalla soglia di povertà solo 97.000 mila famiglie nel 2015. Interessante è l'affermazione che il bonus andrebbe a beneficiare per circa due terzi famiglie con redditi medio-alti, dunque, appare evidente che la misura adottata dal Governo Renzi, senza alcuna analisi preventiva dei benefici sulla popolazione veramente povera, sia stata adottata solo per scopi elettorali;
    le misure che il Governo intende adottare a sostegno della domanda di beni e servizi sono sottoposte a rischio «annullamento», a causa dell'inserimento della «clausola di salvaguardia», che si attiverebbe in caso di mancato raggiungimento del forzato pareggio di bilancio nel 2017. Appare, dunque, chiaro che il Governo affronterebbe eventuali scostamenti dagli obiettivi europei con un ulteriore impoverimento delle tasche degli italiani, che vedrebbero aumentare l'aliquota IVA del 4 e del 10 per cento sui prodotti collegati alle necessità umane primarie; è palese che la suddetta clausola sia la condizione per ottenere dall'Unione europea il consenso al rinvio del pareggio al 2017. Il rischio dell'attivazione della clausola è reale e si deduce anche dalle conclusioni sul documento in esame elaborate dalla Banca d'Italia, che ritiene che «le previsioni macroeconomiche incluse nella Nota, pur se nel complesso condivisibili, presentano rilevanti rischi a ribasso. Esse infatti presuppongono un punto di svolta imminente nell'attività di investimento, il cui verificarsi non appare scontato alla luce della persistente debolezza degli indicatori di fiducia delle imprese»;
    inoltre, preoccupa che il Governo attribuisce un fondamentale contributo alla crescita del PIL alla realizzazione delle riforme strutturali, che intende concludere ovvero presentare in Parlamento. A tal proposito si evidenzia che il ricorso continuo alle deleghe rallenta la possibilità di conseguire benefici immediati, a causa della necessità di intervenire con provvedimenti amministrativi successivi per la realizzazione delle norme. Ciò è in contraddizione con quanto dichiara il Ministro Padoan nell'introduzione alla Nota in esame, ossia la necessità di far ripartire l'economia del Paese con interventi tempestivi ed efficaci;
    invece, nella Nota al DEF 2014, fra i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio, risulta un'altra delega, peraltro, in una materia delicata quale la revisione dell'ordinamento degli enti locali;
    si rileva la criticità dell'attività legislativa italiana, che, come evidenziato in apposito Focus, rallenta l'efficacia delle leggi, per la cui attuazione solitamente sono necessari regolamenti o decreti attuativi, che non consentono una rapida esplicazione degli effetti positivi. La Nota evidenzia che il Governo Renzi è ancora impegnato ad emanare norme attuative di interventi legislativi dei due Esecutivi precedenti, e rispettivamente 255 del Governo Monti e 261 del Governo Letta;
    per quanto concerne l'utilizzo delle esigue risorse, attestato che il Governo è impegnato programmaticamente a risolvere la penosa situazione dello stato degli edifici scolastici pubblici, con temuto pericolo per l'incolumità degli studenti, si rileva l'opportunità di dare attuazione all'impiego delle risorse destinate dai cittadini in occasione della scelta di destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF, come previsto dalla legge di stabilità 2014, le cui risorse sono state però drasticamente ridotte per esigenze di copertura di altri provvedimenti legislativi;
    spesso ci siamo trovati di fronte all'impossibilità di avere dati certi in merito alle movimentazioni dei fondi appartenenti alla Presidenza del Consiglio o ai vari Ministeri, sovente è risultato difficile reperire dati dalle altre pubbliche amministrazioni, la qual cosa ci mette in netto contrasto con le raccomandazioni europee, per non dire di buon senso, che ci imporrebbero una maggiore trasparenza che favorirebbe la lotta alla corruzione;
    a partire da settembre 2014 viene adottato dall'Italia e dagli Stati membri dell'Unione europea il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali – Sec 2010 – in sostituzione del Sec 95;
    a tal proposito si fa presente che esiste una sostanziale differenza tra le attività illegali che uno Stato ha il compito di far «emergere dal nero» e le attività illegali che uno Stato ha il compito di debellare;
    nel caso di attività illegali che si vorrebbero far emergere (ad esempio la vendita di un bene altresì venduto evadendo il fisco), lo Stato ha tutto l'interesse a incrementare l'attività di vigilanza e controllo ed una eventuale «emersione del nero» aumenterebbe il PIL di un ammontare pari se non superiore a quello perso che era stato considerato da Sec 2010 per l'attività illegale in questione;
    nel caso di attività illegali che invece si vorrebbero debellare (ad esempio il traffico di droga o lo sfruttamento della prostituzione), lo Stato perderebbe l'interesse a controllare e vigilare in quanto una eventuale eliminazione di tale attività illegale provocherebbe automaticamente una diminuzione del PIL;

  in materia di riforme ed affari costituzionali:
   in forza dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 sono state prorogate al 31 dicembre 2014, con apposito regolamento, le disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni;
   l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 ha riconosciuto a Specificità del Comparto sicurezza e difesa, compreso il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, in relazione alle peculiarità delle funzioni svolte dai relativi operatori;
   le disposizioni di cui al sopra citato articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 e dell'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 sono state disapplicate nei confronti del personale del Comparto in parola (Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato, Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, Arma dei Carabinieri, Guardia di finanza, Esercito italiano, Aeronautica militare, Marina militare);
   in specie, il decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 ha disposto che si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica;
   tale disposizione produce un danno al Comparto Sicurezza e Difesa di gran lunga maggiore rispetto al restante pubblico impiego, in quanto la retribuzione di questa categoria è modulata su ben 18 parametri, con la previsione di meccanismi di adeguamento retributivo «agganciati» a progressioni automatiche di carriera;

  in materia di amministrazione della giustizia:
   rilevato che:
    nella Nota di aggiornamento viene richiamato il processo civile telematico come strumento di accelerazione del processo civile senza far riferimento all'esigenza di incrementare sensibilmente le risorse umane e finanziarie degli uffici giudiziari nonostante il fatto in molti casi non abbiano i mezzi per svolgere la loro ordinaria attività;
    il processo telematico deve essere supportato da idonee strutture e risorse, altrimenti vi sarà un aggravio nelle modalità di lavoro del magistrato, costringendolo ad accollarsi oneri che esulano dal lavoro intellettuale di conduzione dell'udienza, di studio e di redazione degli atti;
    la diminuzione della pendenza dell'arretrato civile dipende non tanto dall'azione del Governo, quanto piuttosto dalla grave situazione economica nella quale versa il Paese, a causa della quale, spesso, mancano ai cittadini le risorse economiche necessarie per affrontare un processo civile, reso, negli ultimi anni, sempre più costoso;
    la gravità della scelta del Governo di intervenire in materia penale e civile, sia sostanziale che processuale, attraverso la decretazione d'urgenza espropriando il Parlamento dal legiferare in tali materie, che di per sé esulano dai presupposti di necessità ed urgenza che legittimano i decreti-legge;
    la reiterata introduzione di continue riforme procedurali attraverso la decretazione d'urgenza palesa forti dubbi di costituzionalità e non soddisfa affatto dal punto di vista sistematico in quanto le riforme del processo richiedono necessari approfondimenti e coordinamenti a livello di sistema attraverso il controllo parlamentare;
    con riguardo al sovraffollamento carcerario, al quale fa riferimento la Nota, si rileva come sinora si sia intervenuti attraverso interventi parziali, che si ispirano all'idea dello svuotamento delle carceri attraverso sconti di pena, che hanno finito nel mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini, quando invece sarebbero stati necessari interventi razionali espressioni di un disegno unitario, nel quale l'adeguamento delle strutture carcerarie ed il rafforzamento numerico del personale che vi lavora dovrebbe esserne il cardine;
    il Governo nella Nota si compiace del fatto che la riduzione dell'arretrato civile sia dovuta all'incremento del contributo unificato, cioè all'aggravio per il cittadino delle spese di giustizia, che diventano un ostacolo, in alcuni casi insormontabile, per ottenere giustizia;
    il decreto-legge sulla giustizia civile all'esame del Senato, non avrà alcun concreto effetto acceleratorio, come d'altronde specificato altresì dalla VI Commissione del Consiglio superiore di magistratura;

  in materia di ambiente si rileva che:
   la tutela ambientale sembra essere stata completamente cancellata dall'agenda politica del Governo Renzi e non è un caso che, mentre si annunciano i provvedimenti collegati alla prossima manovra di bilancio, il collegato ambientale 2014 è ancora fermo in Commissione ambiente, proprio per far passare un provvedimento di segno opposto – lo sblocca Italia – il cui sorpasso simboleggia con chiarezza la reale politica ambientale dell'attuale Esecutivo;
   nella Nota vengono citate le specifiche raccomandazioni che, a chiusura del semestre europeo 2014, il Consiglio ha rivolto all'Italia (Country Specific Reccomendations – CSR), sulla base delle valutazioni della Commissione europea sulla situazione macroeconomica e di bilancio del Paese, delineata nel Programma di Stabilità e nel Programma Nazionale di Riforma (PNR) e le azioni conseguenti; su questo tema si evidenzia quanto segue:
    per quanto concerne la raccomandazione n. 2 (sistema fiscale) il Consiglio invitava il nostro Paese a «garantire una più efficace imposizione ambientale, anche nel settore delle accise, ed eliminare le sovvenzioni dannose per l'ambiente», ma tra le risposte formulate nella Nota non sembra vi siano indicazioni che vadano nella direzione richiesta, anche se il disegno di legge di delega fiscale – i cui tempi di attuazione sono decisamente lunghi – dovrebbe contenere forme di fiscalità ecologica;
    per quanto concerne la raccomandazione n. 7, in materia di semplificazione e concorrenza, la Nota afferma che «un'attenzione particolare è stata riservata dal Governo alla materia ambientale con disposizioni urgenti per la tutela dell'ambiente, anche attraverso la semplificazione di alcuni provvedimenti», con riferimento al decreto-legge n. 91 del 2014, cosiddetto decreto «competitività», il quale ha sì operato alcune semplificazioni, ma con il risultato esattamente opposto: ridurre la tutela ambientale;
    per quanto concerne la raccomandazione n. 8, in materia di infrastrutture, la Nota attribuisce al decreto-legge n. 133 del 2014, meglio noto come «sblocca Italia», proprietà salvifiche in materia di tutela ambientale, anche grazie alle misure finalizzate a realizzare una rete di impianti per la termovalorizzazione dei rifiuti, alle semplificazioni per la realizzazione di infrastrutture energetiche ed alle misure per «valorizzare le risorse energetiche nazionali», rendendo in sostanza più facili le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi;
    per quanto concerne l'allegato infrastrutture, si evidenzia, ancora una volta la straordinaria aspettativa nei confronti del decreto sblocca Italia, il quale, in pochi articoli, sembra cancellare ogni residua velleità di programmazione e pianificazione del sistema infrastrutturale, attraverso l'individuazione diretta di opere e interventi da finanziare e realizzare;
   nell'allegato infrastrutture si trovano anche riferimenti all'esigenza di una politica infrastrutturale razionale ed efficiente, che si basi sul libro bianco dei trasporti dell'Unione europea, salvo discostarsene nella scelta delle infrastrutture da realizzare, completamente avulse da una logica programmatoria e decisamente lontane dalla strategia europea basata su «crescita intelligente – sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione, crescita sostenibile – promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva, crescita inclusiva – promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione, che favorisca la coesione economica, sociale e territoriale» nonché dall'esigenza di giocare un ruolo determinante ai fini del conseguimento degli obiettivi di crescita sostenibile che, in particolare, sono finalizzate a «ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20 per cento rispetto ai livelli del 1990 [...] portare al 20 per cento la quota delle fonti di energia rinnovabile nel nostro consumo finale di energia e migliorare del 20 per cento l'efficienza energetica»;

  in materia di attività produttive:
   è prioritario ai fini del rilancio dell'economia italiana che il Governo faccia di tutto per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, perché oramai l'economia italiana si trova in una preoccupante situazione di recessione economica, che rischia di peggiorare ulteriormente e di avvitarsi in una spirale negativa tale da determinare gravi rischi per la stabilità della finanza pubblica. Dall'inizio della crisi economica alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15 mila imprese; si segnala l'esigenza di concentrare interamente nel 2014 tutte le risorse finanziarie disponibili a tal fine;
   si rileva che nel sistema impresa, in Italia, si contano 2.655 startup innovative e 31 incubatori certificati; il tasso di crescita di questa realtà è tra i pochi a risultare positivo ed è circa pari a 30 unità per settimana per quanto concerne le startup innovative. A riguardo bisogna sostenere attraverso forti incentivi fiscali tale indotto che potrebbe rappresentare volano per l'economia;
   com’è noto il gruppo M5S è per l'abrogazione della norma Monti che ha introdotto la liberalizzazione degli orari per le attività commerciali, non ha tenuto in alcun conto le conseguenze per le piccole e medie imprese del commercio. Nei due anni di applicazione della norma (2012-2014), infatti, il bilancio tra aperture e chiusure nel commercio al dettaglio in sede fissa è negativo per oltre 56 mila unità, di cui 6.600 nel solo comparto alimentare. E le nuove imprese del commercio hanno vita sempre più breve: a giugno 2014 oltre il 40 per cento delle attività aperte nel 2010 – circa 27mila imprese – è già sparito, bruciando un capitale di investimenti di circa 2,7 miliardi di euro. Un'impresa su quattro dura addirittura meno di tre anni;

  in materia di lavoro:
   il Governo intende finanziare un ambizioso programma di sostegno all'economia; fiscalizzazioni dei contributi sociali sul costo del lavoro per 2-3 miliardi, conferma del bonus di 80 euro sull'Irpef per 7 miliardi, 1,5 miliardi per nuovi ammortizzatori sociali che dovrebbero accompagnare il Jobs Act, 1,5 miliardi per assumere una parte dei precari nella scuola, 1 miliardo per alleggerire il patto di stabilità dei comuni, eccetera;
   non si capisce bene dove sia possibile reperire le risorse per finanziare altre misure annunciate, tra cui eventuali ulteriori interventi sull'Irap, incentivi per la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, 3 miliardi da finanziare lasciati in eredità dal Governo Letta;
   pur di contenere la manovra, si eccede una volta di più nell'ottimismo ritenendo che la crescita nel 2015 sarà dello 0,5 per cento (contro lo 0,1 per cento previsto dall'Ocse) e che salirà allo 0,6 per cento grazie agli interventi del Governo (che verranno il doppio nel 2016);
   nella Nota in esame si evidenzia che, negli ultimi mesi, il Governo è intervenuto sulle regole del mercato del lavoro, in particolare con due iniziative: da un lato la presentazione al Senato di un disegno di legge recante deleghe al Governo, in materia di ammortizzatori sociali, servizi per l'impiego e politiche attive per il lavoro, semplificazione e razionalizzazione delle procedure relative alla gestione dei rapporti di lavoro, riordino delle tipologie dei contratti di lavoro, revisione e aggiornamento delle misure a tutela della maternità e delle forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; d'altro lato l'adozione del decreto-legge n. 34 del 2014, recante, tra l'altro, modifiche alla disciplina dei contratti a tempo determinato e dei contratti di apprendistato;
   con riferimento al principio di parità di genere nel mondo del lavoro, si osserva che la perdurante carenza di effettive politiche di conciliazione tra vita familiare e lavoro ha concorso all'aumento della disoccupazione femminile con effetti negativi per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese;
   recenti dati Istat, riferiti al primo trimestre del 2014, confermano il progressivo aumento della disoccupazione delle donne, che si attesta a -0,3 su base congiunturale e a -1,0 su base annua. Ad aprile 2014 le donne occupate erano 9.311.000, a maggio 9.263.000. Il tasso di occupazione femminile scende al 46,3 per cento: il tasso di disoccupazione femminile dal 13,3 per cento sale al 13,8 per cento;
   le cause della disoccupazione femminile risiedono, nell'inadeguatezza dell'attuale modello di welfare, connotato dalla carenza di servizi pubblici per l'infanzia oltreché di reti informali di supporto, e con un'organizzazione del lavoro poco conciliante e caratterizzata dalla rigidità dei tempi e degli orari, specie in relazione al periodo successivo al parto;
   le interruzioni del lavoro poste in essere in concomitanza della nascita di un figlio, che erano il 2 per cento nel 2003, sono quadruplicate nel 2009 diventando in seguito l'8,7 per cento del totale delle interruzioni di lavoro;
   l'incremento dell'età pensionabile prevista dalla cosiddetta «Legge Fornero», costringe le donne a conciliare lavoro e famiglia per un numero maggiore di anni;
   la Nota d'aggiornamento rileva che il rapporto fra spesa pensionistica e PIL tenderà a ridursi nel periodo 2015-2030, in virtù del processo di elevamento dei requisiti per la pensione e del progressivo passaggio al metodo di calcolo contributivo. Il valore percentuale dovrebbe attestarsi, verso la fine di tale periodo, intorno al 15,0 per cento. Successivamente, la misura del rapporto percentuale tornerebbe a crescere, a causa dell'ampliamento delle tendenze negative delle dinamiche demografiche ed in ragione degli effetti derivanti dal precedente posticipo del collocamento in quiescenza sull'importo delle pensioni. Il rapporto dovrebbe raggiungere un valore massimo pari a circa il 15,7 per cento, intorno al 2044, per poi decrescere nel successivo periodo;
   la Nota d'aggiornamento, anche in considerazione della Raccomandazione della Commissione europea, sottolinea che la riforma del mercato del lavoro debba tendere a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro, a riordinate i contratti di lavoro vigenti, a garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro, a definire un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, a ridurre l'elevato divario con i tassi di attività femminili «prevalenti» in Europa, mediante l'elevamento dell'offerta e della fruibilità dei «servizi di conciliazione» dei tempi di vita e di lavoro;
   in relazione alle misure in favore dell'occupazione giovanile ed al programma comunitario «Garanzia per i Giovani» (Youth Guarantee), la Nota d'aggiornamento illustra le linee di intervento individuate dal Governo;
   un valore del tasso di disoccupazione pari al 12,8 per cento per l'anno in corso, con un andamento decrescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari all'11,0 per cento); un tasso di occupazione pari al 55,5 per cento per l'anno in corso, con un andamento crescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari al 57,4 per cento);
   ai sensi delle disposizioni di cui al decreto-legge n. 66 del 2014 la riduzione del cuneo fiscale, ovvero un credito pari a 640 euro per il 2014, da corrispondere ai soggetti che abbiano un reddito compreso tra 8.160 e 24.000 euro. Tale detrazione decresce fino ad azzerarsi in maniera lineare al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. La riduzione del cuneo fiscale è finanziato con una riduzione e riqualificazione strutturale e selettiva della spesa pubblica e si avvale delle risorse dell'apposito Fondo. Non viene descritta la misura strutturale da attuare con la Legge di stabilità 2015;
   a partire dal secondo bimestre 2014, attraverso la cosiddetta social card, «sono stati effettuati i primi pagamenti nelle 12 maggiori città italiane connessi al programma sperimentale di sostegno per l'inclusione attiva (SIA), che, secondo il Governo avrebbe dovuto costituire un primo passo verso la definizione di misure universali per il sostegno delle persone in stato di povertà». Tuttavia su quasi 18.000 domando presentate, oltre il 60 per cento non è stata ammessa per il mancato possesso dei requisiti auto-dichiarati. Il programma sarà esteso anche al Mezzogiorno, con criteri simili a quelli delle 12 città in sperimentazione, sulla base delle risorse già stanziate nell'ambito del PAC (167 milioni);
    la Nota di aggiornamento evidenzia che gli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali in deroga, ammontano nel 2014, a 1,7 miliardi (oltre 300 milioni in più rispetto all'ammontare previsto nella Legge di stabilità 2014), includendo anche gli oneri per la contribuzione figurativa. I nuovi criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga stabiliscono: a) l'impossibilità di utilizzare la CIG in deroga in caso di cessazione dell'attività aziendale; b) l'incremento ad almeno 12 mesi dell'anzianità aziendale (almeno 8 mesi per il 2014) necessaria per accedere alla CIG in deroga e la limitazione ad 11 mesi per il 2014 e a 5 mesi per il 2015 per la fruizione. Nel 2013, la spesa per la prestazione di ASpI è stata pari a 2.725 milioni con una media annua di beneficiari pari a 365.554 soggetti. Per quanto riguarda la Mini ASpI, nel 2013, la spesa per la prestazione è stata di 1.447 milioni con una media annuale di 92.340 beneficiari. L'andamento crescente che si riscontra per l'intero anno è dovuto all'applicazione della legge di riforma del lavoro da parte delle imprese e dalla corrispondente diminuzione delle richieste d'indennità di disoccupazione;
    sono stati istituiti i nuovi fondi bilaterali di solidarietà e l'adeguamento alla normativa vigente dei fondi già esistenti;
    per i lavoratori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, appartenenti ad imprese con oltre 15 addetti, è stato creato a giugno 2014 il Fondo di solidarietà residuale e sono state dettate le istruzioni applicative da parte dell'INPS;
    a seguito del negoziato con la Commissione europea è stato già finalizzato l'Accordo di Partenariato per l'impiego dei Fondi strutturali e d'investimento europei (SIE) per il periodo di programmazione 2014-2020. L'accordo orienta in maniera più stringente la definizione dei programmi operativi e migliorandone la verificabilità;
    come riferito, in un'informativa urgente, dal sottosegretario Delrio, il residuo di spesa fino al 31 dicembre 2015 è complessivamente pari a 20,2 miliardi di euro, di cui 15,3 miliardi nelle sole regioni della convergenza;
    la Legge di stabilità 2014 assicura un importo pari a poco meno di 24 miliardi a copertura del cofinanziamento statale, cui si aggiungono altri 4,4 miliardi di cofinanziamento regionale, posto nella misura del 30 per cento per il cofinanziamento dei POR;
    le disponibilità del Fondo sviluppo e coesione è di circa 28,8 miliardi, cui si aggiungono 20 miliardi della fine della programmazione 2007-2013. La Commissione europea ha invitato il Governo a ridurre al minimo il cofinanziamento statale, viste le grandi difficoltà di spesa dei fondi concessi per il periodo 2007-2013. La raccomandazione europea ha indotto il Governo a ridurre detta quota di finanziamento nazionale per i progetti PON e POR dal 50 al 25, stornando di fatto 12 miliardi;
    al riguardo si sottolinea che l'Italia dovrà utilizzare entro il 2015, per investimenti pubblici in conto capitale nel Mezzogiorno ancora 15 miliardi di fondi strutturali, pena la perdita dei fondi medesimi. Si tratta di risorse che andranno a sommarsi a quelle dell'Accordo 2014-2020. In effetti, la quota per investimenti raggiungeva i 60 miliardi;
    il valore del tasso di disoccupazione è pari al 12,8 per cento per l'anno in corso, con un andamento decrescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari all'11,0 per cento); un tasso di occupazione pari al 55,5 per cento per l'anno in corso, con un andamento crescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari al 57,4 per cento),

impegna il Governo

   in materia economico-finanziaria:
    a non considerare in nessun caso come vincolante l'obiettivo di medio termine;
    a promuovere in ogni sede e con ogni mezzo la rivisitazione dei trattati internazionali, in particolare il «Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governante nella Unione europea», al fine di svincolarsi dalle deleterie morse dell'austerity;
    a uniformarsi a quanto suggerito dall'UPB, ovvero evitare di includere sin da subito i potenziali effetti delle riforme nelle previsioni macroeconomiche;
    a introdurre l'uso obbligatorio dell'utilizzo di «Open Data», per qualsiasi documento ed in particolare per i bilanci di qualsiasi istituzione, ivi comprese quelle del Governo e quelle locali, nonché promuoverne l'utilizzo da parte degli altri organi costituzionali;
    ad assumere iniziative, anche in sede di Unione europea, per non inserire elementi distorsivi nel calcolo del prodotto interno lordo che rendano antieconomico il debellarli, nonché a non considerare come attività svolte «consensualmente» attività realizzate in uno, stato di sostanziale incapacità di volere, quali la prostituzione e l'assunzione di sostanze stupefacenti;
    a destinare le risorse previste per la proroga del «bonus fiscale» nel 2015 principalmente al sostegno dei cittadini nella soglia di povertà, ovvero senza reddito e occupazione, introducendo lo strumento del «reddito di cittadinanza»;
    a non inserire la clausola di salvaguardia relativa all'aumento delle aliquote IVA nella Legge di stabilità 2015, e sostituirla con una seria politica di riqualificazione della spesa pubblica, diretta alla eliminazione a regime degli sprechi, delle rendite di posizione, come le pensioni d'oro e multipli incarichi, delle duplicazioni di funzioni, della burocratizzazione eccessiva e costosa delle istituzioni per liberare risorse da destinare agli interventi di sostegno dell'economia;
    a trasferire al Parlamento la funzione di «revisione della spesa pubblica», come attività coordinata, permanente e continuativa di tutte le forze politiche, ripartendo dal «progetto Cottarelli», al fine di dotare di un maggior strumento di controllo sull'impiego delle risorse pubbliche da parte del Governo e avviare un'azione capillare per un monitoraggio costante delle poste in bilancio non utilizzate, per poter riallocare le correlate risorse a finalità di alleggerimento della pressione fiscale;
    in materia di finanza locale, a non gravare ulteriormente sui bilanci delle autonomie locali e territoriali, rispetto a quanto già disposto con il decreto-legge n. 66 del 2014, ma richiedere un contributo alla manovra per il triennio 2015 – 2017 nei limiti di una maggiore razionalizzazione nell'acquisto di beni e servizi, al fine di non compromettere l'offerta di servizi sociali ed assistenziali ai cittadini e per evitare il ricorso ad un maggiore prelievo fiscale locale;
    a ripristinare integralmente per il periodo di imposta 2014 i fondi destinati alla quota di pertinenza statale dell'8 per mille, al fine di destinare le risorse disponibili alle finalità previste dalla legge rispettando in tal modo la volontà espressa dai contribuenti, tra cui, da quest'anno, vi sono gli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici, che costituisce un problema molto sentito dagli enti locali e dai cittadini;
    in materia di privatizzazioni, ad attivare tutti gli strumenti macroeconomici per valutare la convenienza economica nel medio e lungo periodo della vendita degli assets delle partecipazioni, sia in termini di occupazione, sia in termini di rinuncia alle entrate per dividendi;

   in materia di affari costituzionali e riforme:
    a riferire a brevissimo termine alle Camere in ordine all'attuazione della riorganizzazione territoriale della Repubblica in attuazione della cosiddetta Legge «Delrio» e, in particolare, sui rapporti finanziari tra lo Stato e le nuove province, sull'entità dei debiti di queste ultime e sui crediti da esse vantati nei confronti dello Stato e delle regioni;
    ad assicurare il pieno rispetto della specificità del personale dei comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
    a non prorogare ulteriormente gli effetti delle richiamate disposizioni di blocco degli incrementi stipendiali per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
    a porre in essere tutte le iniziative dirette a consentire il rapido avvio di una sessione negoziale al fine di procedere al rinnovo per la parte normativa ed economica del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale del Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, per il triennio 2014-2016;

   in materia di giustizia:
    ad aumentare i fondi destinati alla giustizia e prevedere nuovi concorsi per l'assunzione di personale amministrativo e togato attualmente di consistenza inferiore al cosiddetto turn over da pensionamento e definire una riallocazione delle risorse destinate alle sedi dei tribunali che tenga conto non solo delle specificità geografiche e demografiche del territorio, ma anche della maggiore o minore presenza di criminalità organizzata nella zona di riferimento, reintervenendo rispetto alle storture create dalla cosiddetta riforma della geografia giudiziaria;
    ad intervenire sulla struttura del procedimento civile e penale in modo da accelerarne la celebrazione e risolvere i problemi legati alla ragionevole durata del processo mediante:
     una maggiore professionalizzazione manageriale dei presidenti dei tribunali, anche attraverso l'implementazione delle best practices già realizzate presso alcune Corti d'appello;
     lo snellimento dei codici di procedura per contrastare l'inefficienza della giustizia che rappresenta uno dei fattori per cui le imprese estere non sono propense ad investire nel nostro Paese;
     intensificare la lotta alla corruzione che infesta la Pubblica amministrazione attraverso:
    un inasprimento delle pene per i reati propedeutici di falso in bilancio e frode fiscale e con l'introduzione del reato di autoriciclaggio;
    ripensare l'attuale normativa sulla prescrizione, troppo breve soprattutto nelle fattispecie di reato dei cosiddetti «colletti bianchi»;
    a risolvere le criticità della riforma della professione forense (Legge 247 del 2012) che di fatto ha favorito i grandi studi legali collegati alle lobbies ed alle grandi aziende a tutto svantaggio dei liberi professionisti che tutelano le istanze dei cittadini e dei consumatori e rivedere i parametri relativi alle competenze degli avvocati, attualmente ritoccati al ribasso con l'effetto di favorire i grandi studi legali con maggiore potere contrattuale;
    a porre un freno all'indiscriminato aumento del contributo unificato – in particolare nei procedimenti amministrativi – che si è dimostrato uno strumento per negare ai cittadini l'accesso alla giustizia e alla tutela dei propri diritti solennemente garantiti dalla Costituzione;
    ad adottare strumenti di controllo preventivo più stringenti ed una maggiore integrazione delle banche dati oggi esistenti per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici e ricomprendere, tra le cause di risoluzione del contratto d'appalto, anche le sentenze di condanna definitiva per gravi reati che riguardino i soggetti subappaltanti, oltre ai soggetti appaltatori;
    ad introdurre il divieto, per le pubbliche amministrazioni ovvero per le società a maggioranza pubblica, di aderire ad arbitrati per la risoluzione delle controversie;
    a ridurre, coerentemente a quanto già approvato da un ramo del Parlamento, i tempi per poter richiedere lo scioglimento del matrimonio dai tre anni vigenti a sei mesi in presenza di una separazione consensuale e ad un anno in tutti gli altri casi, armonizzando tale previsione con una rimodulazione degli interventi previsti dal «decreto-legge Giustizia» nel senso di garantire un celere ma equo, e quindi sottoposto alla verifica giudiziale, percorso di separazione e divorzio nell'interesse delle parti più deboli;
    in tema di carico civile pendente, a privilegiare misure per lo snellimento dei riti, stimolando l'accesso a procedimenti sommari di cui all'articolo 702 codice di procedura penale, al fine di relegare ai singoli casi eccezionali le pratiche di degiurisdizionalizzazione riferite al contenzioso, laddove il ricorso ad arbitri terzi, a carico delle parti, per la risoluzione delle cause arretrate rappresenterebbe non solo un'inaccettabile resa del sistema Giustizia dinanzi alle proprie inefficienze ma, soprattutto, una grave lesione, sotto il profilo del precedente procedurale, del diritto al giusto processo ed alla difesa di cui agli articoli 111 e 24 della Costituzione di cui il cittadino deve poter continuare liberamente a godere, anche in ragione delle imposte da quest'ultimo pagate e volte a garantire altresì il buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia;

   in materia di affari esteri:
    a sostenere il piano di riallineamento della Cooperazione Pubblica allo Sviluppo (CPS) dell'Italia, anche nel contesto multilaterale, che preveda un livello minimo di stanziamenti con incrementi graduali almeno del 20 per cento e la destinazione di almeno il 30 per cento del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie alla cooperazione internazionale;

   in materia di difesa:
    a ridurre le spese militari a cominciare dal taglio del progetto di acquisizione dei caccia F35, dal ritiro definitivo delle truppe italiane dall'Afghanistan e dalla chiusura della base militare italiana nella Repubblica di Gibuti;
    a coinvolgere il Parlamento nella fase di stesura del Libro Bianco per la Sicurezza Internazionale e la Difesa come espresso nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma approvato il 7 maggio 2014 dalla Commissione Difesa della Camera dei deputati;

   in materia di cultura:
    ad inserire la valutazione in un sistema più democratico, condiviso e orizzontale, di reti di scuole, in cui solo le scuole possano valutare le altre scuole, al fine di garantire un più alto grado di oggettività nei risultati e di evitare un pericoloso accentramento di potere nelle mani di pochi; a non far dipendere, inoltre, lo stanziamento delle risorse dalle valutazioni fatte «da fuori» o «dall'alto» (INVALSI e ispettori) in quanto la valutazione fa parte del processo insegnamento – apprendimento e quindi deve avere l'unico obiettivo di migliorare quel processo;
    in riferimento alla qualità scolastica, al fine di migliorare la qualità degli interventi educativi e rispondere alla dispersione, a costituire una rete nazionale di ricerca e supporto alla didattica che affianchi il lavoro dei docenti e che finanzi in maniera strutturale interventi di innovazione didattica;
    a prevedere un sistema di reclutamento dei docenti che risolva da un lato la piaga del precariato, attraverso un piano di assunzione quinquennale di tutti gli abilitati e, dall'altro, a garantire per il futuro, un sistema di abilitazione in linea con il reale fabbisogno del comparto, al fine di assicurare prospettive certe di lavoro e dunque stabilità e merito;
    in riferimento alla cosiddetta chiamata diretta, a garantire le assunzioni e le chiamate negli istituti, in modo da non prescindere da uno scorrimento di una graduatoria che utilizzi gli stessi principi dell'organico di diritto, in quanto non è accettabile la discrezionalità dei dirigenti nella scelta dei docenti;
    ad avviare una discussione seria sul tema della progressione di carriera dei docenti, in quanto rispetto ai crediti formativi, si vuole introdurre un sistema coercitivo e di mercificazione della formazione che incide sulla retribuzione dei docenti, allungando gli orari di lavoro e costringendoli a pagarsi la formazione; inoltre, non è chiarito chi attribuirà i crediti e soprattutto non si comprende perché ad esserne destinatario sarà il 66 per cento dei docenti;
    a prevedere una programmazione economica per il rinnovo stipendiale del personale della PA, e dunque anche per il personale della scuola, in modo tale che il riconoscimento del merito dei docenti non sia sostitutivo dell'adeguamento dello stipendio, ma aggiuntivo;
    a potenziare l'alternanza scuola-lavoro proporzionalmente ai tassi di inoccupazione regionali così come la distribuzione delle risorse. L'obiettivo prioritario della scuola è la formazione di cittadini attivi che possano diventare padroni del proprio destino nella democrazia e in tutti gli aspetti della vita, di cui il lavoro è uno di questi; inoltre, apprendistato, alternanza scuola-lavoro, programmi di formazione professionalizzante devono essere valutati attraverso gli ispettori, gli studenti e i docenti che hanno partecipato ai percorsi;
    a prevedere incentivi fiscali alle aziende che prevedano spazi e strutture adeguate per la formazione agli studenti, nonché tutor certificati e formati adeguatamente, promuovere reti di imprese che garantiscano le esperienze di incontro con il mondo del lavoro;
    a favorire l'ampliamento dell'offerta formativa, a cominciare dall'insegnamento dell'inglese sin dalla scuola dell'infanzia, al potenziamento delle ore di storia dell'arte, latino e geografia alle scuole secondarie e un'organizzazione alla scuola primaria che comprenda compresenza e tempo pieno al fine di realizzare attività di potenziamento e di recupero, uscite didattiche ed altre esperienze educative;
    riguardo ai finanziamenti pubblici nel mondo dell'università, a rivedere, innanzitutto, il meccanismo che prevede la quota premiale come componente del Fondo di Finanziamento ordinario, mentre sarebbe auspicabile che essa costituisse, invece, una risorsa aggiuntiva al finanziamento ordinario degli atenei;
    ad escludere dal Patto di stabilità interno delle regioni anche le risorse del Fondo integrativo statale per le borse di studio, infatti appare di una gravità assoluta la previsione di cui all'articolo 42 comma 1 del decreto-legge n. 133 del 2014, che modificando l'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 con l'introduzione del comma 7-bis di fatto le reinserisce nel vincolo del Patto di stabilità;
    in riferimento al regime fiscale agevolato di natura temporanea, sotto forma di credito d'imposta nella misura del 65 per cento nel 2014 e nel 2015 e del 50 per cento per il 2016, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo (cosiddetto Art-bonus) ad intervenire affinché il beneficio diventi strutturale e non triennale, ad aumentare i fondi stanziati per coprire il credito d'imposta, a predisporre una piattaforma informatica di crowdfunding e fundraising per raccogliere le donazioni in maniera semplice e trasparente, garantendo al donatore la tracciabilità della cifra donata;
    ad aumentare i fondi stanziati per «Mille giovani per la cultura» al fine di permettere ai giovani di avere un'opportunità lavorativa in ambito culturale;
    ad attuare la riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, da mesi annunciata, ma di cui non c’è ancora traccia, che, secondo le dichiarazioni del Ministro, renderebbe la struttura ministeriale più snella e funzionale ai suoi compiti, comportando nei tempo corposi risparmi di spesa, che potrebbero essere investiti proprio in politiche culturali;
    in relazione all'edilizia scolastica, a prevedere delle misure strutturali per un fenomeno che, come appreso dall'indagine conoscitiva svoltasi presso la Commissione Cultura, presenta un carattere di ben altro respiro e certamente non arginabile con provvedimenti estemporanei e con un approccio emergenziale; a ripristinare quello che il legislatore aveva previsto al momento dell'introduzione dell'edilizia scolastica tra le destinazioni dell'8xmille, eliminando il F.E.C., arbitrariamente inserito; ad attuare un congruo rifinanziamento della legge Masini n. 23 del 1996 che prevede un insieme di norme che affrontano in maniera organica il fenomeno in questione, inoltre tale legge introduce «l'anagrafe dell'edilizia scolastica» di cui, ad oggi, non si ha una versione aggiornata e completa;
    ad internalizzare i servizi di pulizia e manutenzione delle scuole, infatti è appurato che le esternalizzazioni si sono rivelate un fallimento, mentre internalizzare questo servizio permetterebbe di assicurare un lavoro stabile ai dipendenti e al contempo garantirebbe la pulizia degli ambienti scolastici, oltre che un consistente risparmio per le casse dello Stato;
    ad escludere il MIUR da interventi di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica (cosiddetta spending review), il paventato taglio del 3 per cento delle spese del MIUR per la spending review, significherebbe tagliare più di un miliardo di euro, di cui almeno 500 milioni alla scuola, pertanto, su un bilancio che per più del 90 per cento è rappresentato da spese obbligatorie per il personale, tale taglio dimezzerebbe i fondi per quei settori in cui la riforma vuole investire (scuole aperte, rapporto scuola-lavoro, lotta alla dispersione); tale taglio vanificherebbe l'importanza dell'investimento annunciato nella nuova finanziaria di 900 milioni;
    a promuovere l'investimento nell'istruzione e nella formazione, così come indicato nella strategia di Lisbona, e nei beni culturali, in quanto in un'epoca di flessione economica non solo europea ma mondiale è essenziale che ci si avvalga delle potenzialità di ciascun individuo e che si continui a promuovere un investimento più importante, più efficace e mirato all'istruzione e alla formazione di qualità («Istruzione e formazione 2020»), nonché alla valorizzazione del patrimonio culturale nel nostro Paese;
    a ripristinare le risorse economiche tagliate in questi anni al mondo della scuola italiana, dell'università, della ricerca e della cultura e avviare una programmazione economica che preveda ingenti investimenti pluriennali e una valorizzazione complessiva del sistema;
    ad adottare iniziative concrete per modernizzare le università italiane e il compatto della ricerca nella consapevolezza che l'università debba essere un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita, a creare una nuova leva di giovani ricercatori e di investire su di essi come risorsa per modernizzare tanto il funzionamento delle istituzioni di ricerca quanto l'università;
    ad effettuare investimenti nell'intero settore culturale, con strategie di lungo periodo, invertendo completamente la pratica, consueta negli ultimi tempi, di considerare le risorse destinate alla cultura come spese non prioritarie stante la situazione di crisi economica e dei conti pubblici;
    ad investire in diritto allo studio, banda larga e fondo d'istituto per abbattere il digital divide entro il 2020, come impone il programma Horizon 2020 ai paesi dell'Unione europea;

   in materia di ambiente:
    ad avviare, modificando sin da ora l'elenco delle opere strategiche prioritarie, un chiaro cambio di rotta sulle politiche infrastrutturali, che porti, finalmente, alla cancellazione di opere che non siano sostenibili — sia sotto il profilo finanziario che ambientale — ad un riequilibrio modale, a privilegiare gli interventi di maggiore interesse sociale, come la riqualificazione e messa in sicurezza della rete viaria, il potenziamento della rete ferroviaria locale e del trasporto pubblico locale, la messa in sicurezza del territorio, il riequilibrio modale tra ferro e gomma, anche alla luce degli impegni assunti — come ribadito nella Nota — in sede europea in materia di riduzione delle emissioni e di lotta ai cambiamenti climatici;
    a correggere la quasi totale assenza di indirizzi concreti finalizzati alla prevenzione del dissesto idrogeologico, alla predisposizione efficace di interventi in situazioni di emergenza, alla tutela del territorio, alla necessità di contenimento del consumo del suolo, con l'assunzione di un chiaro impegno per accelerare l'approvazione delle proposte di legge per il contenimento del consumo di suolo e per garantirne la rapida attuazione;
    a garantire il pieno rispetto e la reale attuazione dell'esito referendario del 2011 con l'approdo ad una vera gestione pubblica e partecipativa dell'acqua, dando uno spazio reale ai cittadini nella gestione dei beni comuni ed eliminando definitivamente la quota di remunerazione del capitale investito dalla tariffa e garantendo l'esclusione di ogni possibilità di lucro nella gestione del Servizio idrico integrato, che deve essere affidato ad enti di diritto pubblico;
    a rilanciare, in coerenza con il dettato costituzionale e l'orientamento comunitario, una politica convinta ed efficace per la tutela delle aree protette, del paesaggio e dei beni culturali;

   in materia di trasporti:
    a rivedere e ridurre, compatibilmente con le risorse finanziarie esistenti, il numero complessivo degli interventi strategici contenuti nel Programma Infrastrutture Strategiche dando la priorità e quindi garantendo adeguate risorse agli interventi miranti all'ammodernamento e messa in sicurezza dell'attuale rete ferroviaria italiana e delle infrastrutture di trasporto esistenti;
    ad implementare e migliorare l'offerta di trasporto pubblico locale in modo da renderlo adeguato alle reali esigenze di mobilità della popolazione, anche attraverso un intervento normativa capace di garantire stabilità al settore e dettare, al contempo, regole certe sulla natura delle società di trasporto pubblico locale evitando fenomeni di privatizzazione delle imprese e degli asset, in linea con l'esito dei referendum abrogativi del 2011;
    a destinare maggiori risorse al fine di rafforzare gli interventi finalizzati a promuovere una mobilità più sostenibile, con particolare riferimento alla mobilità ciclistica attraverso interventi di messa in sicurezza, progettazione e implementazione delle piste ciclabili, con particolare riguardo alle aree urbane maggiormente congestionate;
    a trovare le risorse necessarie per il fondo nazionale sul trasporto pubblico locale per evitare aumenti tariffari da parte delle società partecipate dagli enti locali;
    a trovare le risorse per rinnovare il parco veicoli del trasporto pubblico locale;
    a finanziare il fondo della legge n. 366 del 1998 sulla mobilità ciclabile con interventi ordinari e strutturali;
    a promuovere misure volte a disincentivare l'uso dell'acqua in bottiglia, incentivando prodotti sfusi così come stabilito nella direttiva europea sui rifiuti con lo scopo di decongestionare inutile anzi dannoso traffico merci su gomma;
    ad incentivare le aziende, specialmente oltre 50 addetti e la pubblica amministrazione, a favorire forme di telelavoro;
    a favorire gradualmente ma inesorabilmente lo spostamento del traffico merci dalla gomma alla rotaia;
    a trovare le risorse per ridurre l'iva sui libri elettronici;
    a favorire interventi infrastrutturali volti a ridurre il traffico motorizzato di auto private che assicurino l'intermodalità delle persone come bretelle ferroviarie per il collegamento portuale e aeroportuale;
    ad abbandonare la realizzazione di tutte le grandi opere inserite nella legge obiettivo non corredate da un'analisi costi/benefici esposta e dibattuta pubblicamente con i cittadini e gli enti locali;
    a destinare risorse specifiche per lo sviluppo della banda larga e ultralarga nel Paese, coordinando gli interventi tra i vari livelli istituzionali coinvolti, disponendo, senza deroghe, la proprietà pubblica delle infrastrutture realizzate con l'intervento pubblico;
    a rivedere gli interventi di digitalizzazione dell'amministrazione pubblica a tutti i livelli destinando risorse specifiche a tale scopo anche derivanti dai fondi strutturali 2014-2020;

   in materia di attività produttive:
    a reperire ulteriori risorse finanziarie, oltre quelle già previste dal decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35 e dal decreto-legge n. 66 del 2014, per completare il piano di pagamento di tutti i debiti pregressi della pubblica amministrazione;
    ad individuare le risorse economiche necessarie per esentare le startup innovative dal pagamento dell'IRAP e aumentare gli incentivi disposti dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
    ad adottare ogni iniziativa utile volta a modificare la norma sulla liberalizzazione degli orari per le attività commerciali al fine di tutelare le piccole e medie imprese del commercio;

   in materia di lavoro:
    in relazione agli strumenti di tutela della disoccupazione, a prevedere, nell'ambito del progetto di riforma degli ammortizzatori sociali, la creazione di un sistema universale di ammortizzatori sociali, con la contribuzione dei datori di lavoro e dei lavoratori, in modo tale da includere nella cosiddetta «tutela di sostegno al reddito» anche i precari, senza gravare sulla fiscalità generale;
    a prevedere delle salvaguardie a favore dei 2,6 milioni di lavoratori dipendenti del settore artigiano, che attualmente risulterebbero privi di tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro, attraverso la previsione di un decreto attuativo che consenta l'istituzione di ulteriori fondi bilaterali;
    in relazione alla delega delle forme contrattuali, finalizzata a rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze dei contesto occupazionale, a tenere conto dei seguenti principi:
     a) il valore del contratto a tempo indeterminato;
     b) l'eccezionalità del contratto a tempo determinato e della somministrazione, quale strumento flessibile ed esclusivamente atto a rispondere alla necessità produttiva transitoria di un'azienda, e quindi del rapporto di lavoro;
     c) il valore del contratto a forte vocazione formativa (l'apprendistato);
    in relazione alla SIA come già più volte ribadito, alla luce del mancato accoglimento delle domande per assenza di requisiti, a considerare l'importanza di assicurare l'autonomia delle persone, attraverso l'introduzione dei reddito di cittadinanza, sulla scorta di quanto avviene nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea e in molti Paesi non comunitari;
    a porre in essere misure concrete contro la diseguaglianza salariale, in particolare attraverso l'istituzione di un salario minimo per tutti i contratti nonché la predisposizione di una specifica normativa che stabilisca un rapporto massimo di 1 a 12 tra il trattamento economico degli amministratori delle società quotate e quello della retribuzione dei dipendenti delle stesse;
    a superare il principio della cosiddetta «staffetta generazionale» e perseguire invece un reale patto intergenerazionale, in linea con quanto previsto dal progetto Youth guarantee, favorendo l'introduzione della figura del tirocinante a tempo pieno da affiancare al lavoratore anziano qualificato, al fine di garantire la formazione del primo e la continuità lavorativa e salariale del secondo;
    a prevedere un'eventuale revisione delle competenze tra Stato ed enti locali in materia di istruzione e formazione professionale al fine di superare la diffusione di interventi settoriali e non coordinati nell'ambito della formazione professionale attraverso la creazione di efficaci sistemi di valutazione ed una reale effettività dei controlli sui programmi in atto al fine di scongiurare l'abuso degli stessi o l'istituzione di corsi non finalizzati a concrete prospettive di inserimento nel mondo del lavoro;
    a favorire una maggiore trasparenza circa la gestione delle risorse destinate alle politiche per l'occupazione e la formazione e ad implementare, anche a livello nazionale, apposite misure di responsabilizzazione degli enti locali, anzitutto le regioni, per l'impiego efficace di tali risorse attraverso misure premiali e/o sanzionatorie, con un meccanismo che preveda l'istituzione di un registro della trasparenza, sul quale vengano annotati non solo le iniziative realizzate con i fondi strutturali, peraltro raccolte, aggiornate periodicamente e pubblicizzate sul sito OpenCoesione, ma anche i dati relativi alla quantificazione e alla qualità in termini occupazionali a livello territoriale;
    a favorire lo sviluppo della democrazia all'interno dei luoghi di lavoro, in particolare attraverso il ripristino delle garanzie dello Statuto dei lavoratori, vigenti prima della legge n. 92 del 2012, l'abolizione dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e l'adozione di una normativa volta ad assicurare una vera e piena rappresentanza e rappresentatività sindacale;
    nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle imprese e degli enti pubblici, a prevedere misure per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, per sostenere l'occupazione, per incrementare, in particolare, quella femminile, e per sgravare le donne dai compiti di cura e di assistenza, incentivando particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali il part-time, il telelavoro, lo smart working e il co-working, consentendo l'uso flessibile e personalizzato dei congedi obbligatori e facoltativi, nonché sgravi contributivi ed agevolazioni fiscali;
    a consentire ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti, impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress psico-fisico, di maturare il diritto al trattamento pensionistico con un anticipo di 3 anni;
    a prevedere un regime di contribuzione previdenziale di tipo figurativo, a salvaguardia delle lavoratrici che siano state costrette a interrompere il rapporto di lavoro per dedicarsi alla cura dei figli o per grave malattia di un familiare o convivente;
    ad attuare una modifica delle attuali politiche in materia pensionistica e previdenziale a partire dalla abolizione della cosiddetta «riforma Fornero» di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    a valutare altresì l'opportunità di attuare una modifica della normativa in materia di destinazione del trattamento di fine rapporto a forme di previdenza complementare al fine di privilegiare i fondi pubblici, accantonando definitivamente la ventilata idea di anticipare in busta paga il predetto TFR;

   in materia di affari sociali e sanità:
    a procedere in tempi brevi all'aggiornamento e modifica del nomenclatore tariffario delle protesi e delle ortesi, trattandosi di una importante questione di spesa;
    a prevedere che sulle ricette sia indicato il solo principio attivo e contestualmente l'avvio della produzione e distribuzione di farmaci in forma monodose al fine di produrre significativi risparmi da parte della spesa pubblica;
    a prevedere risorse aggiuntive e adeguate per dare impulso al sistema sanitario nazionale, in particolare, sviluppando la rete territoriale finalizzata alla prevenzione e alla deospedalizzazione contestuale; la demedicalizzazione dei servizi di prevenzione primaria è fondamentale per la tutela della salute (ad esempio principio di autocura, programmazione, informazione, eccetera);
    ad adottare politiche finalizzate nella sanità ad una diversa ripartizione sanitaria passando strutturalmente da una prevenzione secondaria al potenziamento della prevenzione primaria e terziaria, orientando gli interventi sulla presa in carico a livello locale e domiciliare da parte di équipe multidisciplinari;
    ad attuare misure nel campo del sostegno alle persone disabili, anche per i famigliari che prestano la loro assistenza spesso lasciati soli in un deserto di servizi e con impatto sulla stessa salute dei familiari;
    ad escludere, ai fini del computo del pareggio di bilancio, le quote di spese riferite agli investimenti legati alla ricerca scientifica;
    atteso che il DEF 2014 propone una riduzione del 10 per cento dei corrispettivi per l'acquisto di beni e servizi questi non dovrà avere una ricaduta o conseguenze sul servizi sanitari offerti ai cittadini;
    sospendere il blocco del turn-over nella sanità che fino ad oggi ha significato un sostanziale ed inaccettabile taglio del personale a scapito della quantità e qualità dei servizi sanitari erogati;
    tenuto conto che il DEF prevede un Fondo per la copertura delle cure transfrontaliere per i cittadini italiani che si curano negli altri Paesi UE, al fine di limitare tale spesa, a prevedere una politica di promozione del nostro Sistema Sanitario e delle nostre eccellenze in Europa;
    tenuto contro che né il decreto 52/2014, né il DEF 2014, prevede una politica efficace riguardo per il superamento degli OPG, a prevedere una formazione specifica per il personale da impiegare nelle nuove strutture, sostitutive agli Ospedali Psichiatrici Giudiziari;

   in materia di agricoltura:
    con riferimento al comparto primario, considerato il trend decrescente di stanziamenti assegnati al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e quindi la difficoltà di realizzare i programmi ed i compiti istituzionali, a concentrare le risorse sulla missione 9 che comprende le attività di mission del Ministero quali il sostegno alla competitività del settore agricolo e rurale attraverso gli incentivi al miglioramento genetico del bestiame, agli strumenti di gestione delle crisi, alla realizzazione e ammodernamento delle infrastrutture irrigue e di bonifica, al supporto e coordinamento delle regioni in materia di regolazione dell'utilizzo dei mezzi tecnici compresi gli OGM; in particolare poi ad intraprendere ogni utile misura, in aggiunta a quelle decise a livello unionale, volta a sostenere, anche attraverso iniziative promozionali su mercati esteri alternativi a quello russo, gli agricoltori italiani più colpiti dall'embargo imposto dalla Federazione Russa in seguito alla crisi russo-ucraina, posto che l'export agricolo è voce di rilievo nell'andamento complessivo dell'export nazionale.
(6-00086) «D'Incà, Castelli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, Currò, Colonnese».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

pareggio del bilancio

prodotto interno lordo

protezione dell'ambiente