ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00065

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 214 del 17/04/2014
Abbinamenti
Atto 6/00064 abbinato in data 17/04/2014
Atto 6/00066 abbinato in data 17/04/2014
Atto 6/00067 abbinato in data 17/04/2014
Atto 6/00068 abbinato in data 17/04/2014
Atto 6/00069 abbinato in data 17/04/2014
Atto 6/00070 abbinato in data 17/04/2014
Atto 6/00071 abbinato in data 17/04/2014
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 17/04/2014


Stato iter:
17/04/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
DICHIARAZIONE GOVERNO 17/04/2014
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 17/04/2014

DISCUSSIONE IL 17/04/2014

DICHIARATO PRECLUSO IL 17/04/2014

CONCLUSO IL 17/04/2014

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00065
presentato da
BRUNETTA Renato
testo di
Giovedì 17 aprile 2014, seduta n. 214

   La Camera,
   premesso che:
    l'analisi del DEF 2014 approvato dal Governo l'8 aprile 2014 evidenzia scostamenti significativi rispetto alle valutazioni fornite dalla Commissione europea. Esse non riguardano solo la diversa crescita del PIL per gli anni considerati 2014 e 2015 (DEF +0,8 per cento nel 2014 e +1,3 per cento nel 2015; UE +0,6 per cento nel 2014 e +1,2 per cento nel 2015), quanto le grandezze più significative ai fini del Patto di stabilità, sulle quali sono stati impostati i nuovi Regolamenti UE, noti come Six Pack e Two Pack. Vale a dire le nuove regole che sovraintendono al Fiscal compact. Regole che, essendo entrate in vigore nel 2014, non hanno avuto ancora un'applicazione rigorosa, per quanto riguarda i singoli impegni di natura organizzativa;
    le diversità di valutazione riguardano nell'ordine l'andamento del deficit strutturale e del rapporto debito/PIL, la dinamica del PIL ed infine la regola della spesa per il 2014. Le diverse proiezioni di questi aggregati per il 2014 ed il 2015 lasciano intravedere una sottostante valutazione, della situazione finanziaria del Paese, addirittura opposta. Favorevole quella del Governo, che considera l'eccesso di deficit strutturale (-0,6 per cento del PIL) puramente accidentale e pertanto riconducibile ad un evento eccezionale, in grado di innescare la procedura «salvifica» di cui al Regolamento UE 1177/2011, che si è poi tradotto nell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio, ai sensi dell'articolo 81, sesto comma della Costituzione). Critica quella della Commissione, che considera invece questo squilibrio permanente e di conseguenza in aperta violazione delle regole di cui al Regolamento UE 1175/2011, a loro volta confluite nell'articolo 8 della legge precedentemente richiamata;
    la valutazione dell'andamento del deficit strutturale, nei documenti italiani, è stata piuttosto incerta. Di conseguenza, in corso d'anno, il dato è più volte variato, convergendo alla fine con le valutazioni della Commissione europea, eccezion fatta per i valori relativi al 2015, ove il Governo prevede un deficit strutturale pari a -0,1 per cento, mentre la Commissione prevede -0,8 per cento;
    dal confronto risulta evidente la diversa impostazione: per il Governo italiano il mancato rispetto della regola (riduzione del deficit strutturale di 0,5 punti) è avvenuto nel 2014, ma non avverrà nel 2015, visto che per quell'anno si prevede una riduzione, appunto, dello 0,5 per cento: da 0,6 a 0,1. Per la Commissione, invece lo squilibrio resta di natura strutturale, in violazione quindi dei Regolamenti, poiché per il 2015 il deficit strutturale non solo non è previsto in riduzione, ma fa registrare un leggero aumento di 0,2 punti di PIL, rispetto all'anno precedente;
    la conseguenza di questa diversa impostazione si traduce in una linea di politica economica diametralmente opposta. Mentre il Governo è deciso a far valere la clausola degli «eventi eccezionali», per la Commissione europea, invece, si è di fronte ad un vero e proprio squilibrio che richiede una vera e propria manovra correttiva nel 2015, che può essere stimata in una forchetta compresa tra 0,3 e 0,7 punti (al fine di ricondurre il deficit strutturale previsto da -0,8 per cento a -0,5 per cento o a -0,1 per cento nel 2015). Il risultato finale dipenderà da una trattativa in sede UE. In ogni caso la manovra correttiva dovrebbe oscillare tra i 5 e gli 11 miliardi circa;
    anche per quanto riguarda l'andamento del debito pubblico, le valutazioni divergono tra Governo e Commissione europea. Anche se il confronto gioca a favore dell'Italia, nel senso che le previsioni UE sono meno pessimistiche. Al di la delle differenze, tuttavia, in entrambe le previsioni risulta evidente che il debito nel 2014 continua a crescere (2,3 punti nel caso delle previsioni del Governo, di 1 punto nel caso dell'Unione europea), il che rende più stringente la regola del contenimento del deficit strutturale di 0,5 punti all'anno, finché non si entra nella zona di sicurezza, vale a dire un valore compreso tra 0 per cento e -0,5 per cento;
    nell'ottobre del 2013, il Governo aveva trasmesso alla Commissione europea il Documento programmatico di bilancio 2014. In esso il deficit strutturale, per il 2013 e il 2014, era valutato con maggiore ottimismo: -0,5 per cento (invece di -0,8 per cento) nel 2013 e -0,3 per cento (invece di -0,6 per cento) nel 2014. Anche per il debito, le valutazioni erano più basse: 132,9 per cento nel 2013 (contro 132,6 per cento del DEF) e 132,7 per cento nel 2014 (contro il 134,9 per cento del DEF). La direzione era addirittura nel senso di un seppur leggero contenimento. Tendenza che nel DEF si è tradotta nel suo opposto;
    la Commissione europea ha risposto a queste previsioni con il documento COM(2014) 150 final: Results of in-depth under Regulation (UE) n. 1176/2011 on the prevention and correction of macroeconomic imbalances. Il Regolamento richiamato (articolo 2) distingue tra «squilibri» e «squilibri gravi». Questi ultimi sono quelli che mettono a repentaglio non solo la vita di un singolo Stato, ma «il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria». La Commissione, pertanto, in data 5 marzo 2014, ha raccomandato al Consiglio che l'Italia, la Croazia e la Slovenia «intraprendano le necessarie azioni correttive secondo le procedure previste dal MIP (Macroeconomic Imbalance Procedure)». Per l'Italia, infatti, è scritto in un'altra parte del documento: «there is a risk that the adjustment of the structural balance in 2014 is insufficient given the need to reduce the very large public debt ratio at an adequate pace»;
    per effetto dei Trattati, così come sono stati trasfusi nella legge n. 243 del 2012, esiste ormai un vincolo alla crescita della spesa. Se essa deborda rispetto ai parametri fissati deve essere immediatamente coperta da maggiori imposte. Lo stesso DEF approvato dal Governo riconosce che i parametri relativi alla cosiddetta «regola della spesa» non sono stati rispettati, con la giustificazione della caduta del PIL nel 2013. A pag. 39 del documento si legge, infatti, «per il 2014, il disavanzo strutturale si attesterebbe allo 0,6 per cento del PIL, riducendosi di 0,2 punti di PIL rispetto al 2013, in luogo di 0,5 punti percentuali richiesti dal Patto di stabilità, mentre l'aggregato di spesa farebbe registrare una contrazione dello 0,6 per cento in termini reali, non in linea con i parametri della Commissione che richiederebbero una riduzione di almeno 1,07 per cento». Il rispetto di questa regola richiederebbe pertanto una manovra correttiva – Spending review o aumento delle imposte – di circa 7,5 miliardi di euro nel 2014;
    esiste una profonda divergenza di vedute tra la Commissione europea ed il Governo italiano, circa lo stato della finanza pubblica e l'evoluzione del ciclo. Queste divergenze devono essere appianate in un confronto serrato prima di assumere decisioni che rischiano di aggravare la situazione finanziaria italiana, esponendo il Paese ad un rischio di infrazione;
    pur limitandoci a considerare le diverse previsioni sul disavanzo strutturale e sulla regola della spesa (quest'ultima non contestata nei numeri dal Governo) la manovra correttiva dovrebbe essere nell'ordine di circa 7 miliardi, in grado, cioè, di assorbire completamente gli ipotetici vantaggi della Spending review per il 2014;
    il carteggio intercorso nella giornata del 16 aprile 2014 tra il Governo italiano e la Commissione europea risulta inconsistente e imbarazzato, tanto con riferimento alle ragioni addotte dal Governo per giustificare io scostamento dell'Italia dall'obiettivo di medio termine, quanto con riferimento al piano di rientro, tutto affidato agli effetti benefici in termini di crescita di riforme ancora neanche abbozzate dall'esecutivo;
    la legge n. 243 del 2012, che contiene le «Disposizioni per l'attuazione del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione», prevede, all'articolo 6, che qualora il Governo intenda «discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico [...] la deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano è adottata a maggioranza assoluta dei relativi componenti»;
    il valore di queste norme è evidente. Sono state costruite per evitare che una semplice maggioranza parlamentare possa utilizzare lo strumento della finanza pubblica per fini impropri, specie se di natura elettoralistica, che andrebbero a danno dell'intero Paese,

impegna il Governo

a mantenere il più stretto raccordo con la Commissione europea, al fine di evitare che dalla valutazione, da parte di quest'ultima, del DEF e del PNR, prevista per il 2 giugno 2014, possa scaturire la proposta al Consiglio europeo di aprire una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, a causa delle divergenti politiche economiche prospettate dal Governo italiano rispetto alle preoccupazioni manifestate in diverse occasioni, da ultimo lo scorso 5 marzo, dalla Commissione europea.
(6-00065) «Brunetta».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

procedura CE d'infrazione

pareggio del bilancio

sviluppo economico

debito

politica economica