ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00054

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 182 del 04/03/2014
Abbinamenti
Atto 6/00049 abbinato in data 04/03/2014
Atto 6/00050 abbinato in data 04/03/2014
Atto 6/00051 abbinato in data 04/03/2014
Atto 6/00052 abbinato in data 04/03/2014
Atto 6/00053 abbinato in data 04/03/2014
Atto 6/00055 abbinato in data 04/03/2014
Firmatari
Primo firmatario: COLLETTI ANDREA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 04/03/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BUSINAROLO FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014
BONAFEDE ALFONSO MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014
AGOSTINELLI DONATELLA MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014
FERRARESI VITTORIO MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014
SARTI GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014
TURCO TANCREDI MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014


Stato iter:
04/03/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 04/03/2014
Resoconto COSTA ENRICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 04/03/2014
Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto GITTI GREGORIO PER L'ITALIA
Resoconto MAZZIOTTI DI CELSO ANDREA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto LEONE ANTONIO NUOVO CENTRODESTRA
Resoconto FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto CHIARELLI GIANFRANCO GIOVANNI FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BONAFEDE ALFONSO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto VERINI WALTER PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 04/03/2014

NON ACCOLTO IL 04/03/2014

PARERE GOVERNO IL 04/03/2014

DISCUSSIONE IL 04/03/2014

DICHIARATO PRECLUSO IL 04/03/2014

CONCLUSO IL 04/03/2014

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00054
presentato da
COLLETTI Andrea
testo di
Martedì 4 marzo 2014, seduta n. 182

   La Camera,
   premesso che,
    in data 28 novembre 2013 la Commissione Giustizia, votando la sola relazione del relatore, ha approvato a maggioranza l'atto in titolo diretto ad approfondire le tematiche oggetto del messaggio sulla questione carceraria, inviato alle Camere il 7 ottobre 2013 dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87, secondo comma, della Costituzione;
    i dati sui sovraffollamento carcerario ricevuti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia – aggiornati al 30 settembre 2013 – evidenziano che il numero dei detenuti ammonta a 64.758, mentre la «capienza regolamentare» è di 47.615, con un esubero di 17.143 detenuti. Risulta evidente l'alto livello di congestione del sistema carcerario italiano;
    secondo i dati statistici relativi alla percentuale dei detenuti rispetto alla popolazione dei diversi Paesi, pubblicati dal Consiglio d'Europa, nell'anno 2011 in Italia vi erano 110,7 detenuti ogni 100.000 abitanti. Proporzioni paragonabili a quelle di Grecia e Francia (rispettivamente, 110,3 e 111,3), superate da Inghilterra e Spagna (entrambe oltre quota 150);
    a distanza di sette anni dall'ultimo indulto, il riproporsi del medesimo problema, oltretutto aggravato nei numeri, sancisce l'incapacità della politica degli ultimi venti anni di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, in quanto l'indulto ponendo apparentemente fine allo stato di emergenza ha arrestato ogni spinta riformatrice per la soluzione del problema alla radice;
    con decisione dell'8 gennaio 2013, la Corte Europea per i diritti dell'uomo ha ritenuto che, riguardo alle condizioni di detenzioni nelle carceri italiane, si configuri una violazione dell'articolo 3 della Convenzione (che proibisce la tortura ed ogni trattamento degradante) in quanto «i detenuti, anche per via della lunghezza della condanna – sono assoggettati ad una durezza ed ad un'intensità di pena eccedente l'inevitabile livello di sofferenza della detenzione»;
    tali degradanti condizioni di carcerazione, negli ultimi anni, hanno fatto registrare un aumento dei tasso di suicidi in correlazione all'aumento del tasso di sovraffollamento degli istituti di detenzione, laddove nell'arco di tempo tra il primo gennaio 2009 e il 17 ottobre 2013 i detenuti suicidi sono stati 306, dei quali, 103 erano stranieri e 203 italiani, sette donne, di cui quattro straniere;
    a partire dal 2010, durante l'amministrazione del Commissario delegato per l'emergenza carceri, Franco Ionta, anche a capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP), sono andati persi, per mancato utilizzo, 228 milioni di euro di fondi Fas provenienti dal Cipe;
    il Commissario delegato per l'emergenza carceri ha inoltre omesso di impiegare le 15 unità lavorative in dotazione provenienti dal DAP, ricorrendo a consulenze esterne assai onerose, spesso fiduciarie o affidate a mezzo di bandi non adeguatamente pubblicizzati;
    il prefetto Angelo Sinesio, succeduto a Ionta come commissario delegato, successivamente nominato commissario straordinario mediante il decreto del Presidente della Repubblica del 3 dicembre 2012, nella sua audizione del 2012 alla Camera, ha affermato che ad ottobre 2012 sarebbe iniziata la cantierizzazione di 17 nuovi padiglioni, dei quali, alla scadenza, ad eccezion fatta per il pre-cantiere di Siracusa, non ne era stato ancora avviare nessuno;
    nel piano carceri del commissario straordinario, come ricordato anche nel messaggio del Presidente della Repubblica, vi era in progetto la riapertura di spazi detentivi nell'isola di Pianosa, nonostante la loro chiusura sia stata disposta, così come nel caso dell'Asinara, dall'articolo 6 della Legge 23 dicembre 1996 n. 652 (con effetto decorrenza 31/12/1997);
   considerato che:
    per fronteggiare la necessità di aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari si ritiene indispensabile rimodulare il piano carceri originario attraverso un recupero funzionale delle carceri male utilizzate e delle sezioni chiuse, nonché la costruzione di nuovi padiglioni e la riallocazione di cubature, evitando pertanto di edificare nuove carceri, con la sola eccezione di un istituto da 800 posti nell'area del napoletano/casertano, il cui costo stimato è di 40 milioni di euro;
    a titolo esemplificativo del suddetto programma alternativo possono citarsi i seguenti esempi laddove in provincia di Catania si stima di poter conseguire una capienza regolamentare di 1.850 posti (contro i 744 attuali) in presenza di 1.081 detenuti; mentre a Roma è realistico programmare una capienza regolamentare di 2.800 posti (contro 1.979 attuali) in presenza di 2.834 detenuti; ed infine a Milano raggiungere la capienza regolamentare di 4.000 posti (contro i 2.478 attuali) in presenza di 3.866 detenuti;
    nell'ambito del medesimo alternativo programma, l'intero progetto di ristrutturazioni, apertura e riallocazioni di sezioni detentive e soprattutto di modifica dell'edilizia carceraria è da prevedersi, inoltre, l'unificazione di celle per conseguirne triple/quadruple con un allargamento delle stesse tale da rientrare nelle prescrizioni contenute nella sentenza Torreggiani;
    ritenuta come prioritaria l'implementazione di tale alternativo programma, che nel complesso delle sue iniziative sarebbe in grado di portare le carceri italiane a raggiungere i 69.120 posti disponibili rispetto alla capienza attuale di circa 47.040 posti, aumentando pertanto la capacità di ben 22.000 posti entro la fine del 2015, non solo superando definitivamente l'emergenza carceraria ma generando anche un surplus di posti disponibili;
   valutato che:
    riguardo la grave carenza di organico della polizia penitenziaria, si ritiene opportuno prevedere la modifica del sistema di vigilanza rendendola dinamica, come già sperimentato positivamente in alcuni penitenziari, così da recuperare risorse umane;
    secondo le più recenti stime fornite dall'ANM, relativamente alla pianta organica per la funzione del magistrato di sorveglianza, questa prevede 202 magistrati i cui effettivi sono tuttavia circa 170 a fronte di un fabbisogno di almeno 270 giudici; mentre, circa il relativo personale amministrativo di supporto, risultano 400 posti vacanti sui 1376 funzionari pedagogico giuridici e 589 posti vacanti sui 1380 assistenti sociali;
   considerato oltre a ciò che:
    attualmente gli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia per l'esecuzione della pena all'estero non hanno funzionato;
    le carceri italiane ospitano attualmente circa 23.000 detenuti stranieri su un totale di 63.000 persone; la percentuale media nazionale degli stranieri detenuti in Italia è del 36-37 per cento, ma a livello locale, soprattutto nel Nord Italia, la percentuale arriva anche al 60-70 per cento, come, ad esempio, accade presso il carcere di Padova dove la percentuale di detenuti stranieri arriva addirittura all'80 per cento dei totali;
   l'Italia ha aderito alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti assieme ad altri 60 Paesi, stringendo accordi bilaterali con altri sette che erano rimasti fuori dalla convenzione, ma non con quelli che più pesano sul conto delle carceri, mancando infatti all'appello proprio i Paesi che affollano maggiormente le nostre carceri: il Marocco con 4,249 detenuti (18,7 per cento del totale), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2774 unità (12,2 per cento);
    per quanto riguarda invece l'Albania (2.787 detenuti, 12 per cento), un accordo specifico è stato siglato nel 2002, laddove tuttavia, il numero di detenuti albanesi effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio risulta inconoscibile, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non viene neppure monitorato a fini statistici;
    gli stranieri detenuti in Italia che stanno scontando attualmente una condanna definitiva, e che potrebbero quindi essere trasferiti, sono circa 12.500;
   valutato pertanto che:
    solo se si facessero funzionare o si sottoscrivessero nuovi accordi, prevedendo una migliore definizione ed automaticità delle sentenze penali di condanna emesse in Italia, solo attraverso accordi con Albania, Marocco e Tunisia si potrebbero rimpatriare ben 10.100 detenuti, includendo in tale numero anche i detenuti in attesa di giudizio;
    tale dato risulta assi rilevante in termini di possibili risparmi sull'edilizia penitenziaria, allorquando accordi stipulati per 3.000 detenuti sarebbero sufficienti ad ottenere un risparmio sull'edilizia penitenziaria per almeno 150 milioni di euro (50,000 euro a posto detenuto) e, nella gestione dei detenuti, di almeno 360.000 euro al giorno (120 euro per detenuto);
    tali auspicabili accordi potrebbero prevedere altresì una speciale contribuzione a carico dell'Italia per la permanenza ed il sostentamento del detenuto nelle carceri estere, così da migliorare indirettamente anche le condizioni delle carceri negli altri Paesi, in quanto, anche prevedendo una contribuzione di 70 euro giornaliere per detenuto, si conseguirebbe un risparmio del 40 per cento giornaliero rispetto al costo sostenuto in Italia;
   considerato altresì che:
    attualmente nelle carceri sono detenuti ben 23.094 persone per produzione e spaccio di stupefacenti (14.378 definitivi e 8.657 in custodia cautelare);
    il numero dei detenuti condannati ai sensi del solo articolo 73 del T.U. (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) son ben 19.119 mentre, stando alla relazione dell'allora Ministro Cancellieri, limitatamente al comma 5 (lieve entità) dei medesimo articolo sono almeno 3.000;
    recentemente si è pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza 32/2014 dello scorso 12 febbraio, dichiarando l'illegittimità della legge cosiddetta «Fini-Giovanardi» che non distingueva le tipologie di stupefacenti «leggeri» e «pesanti». È tornata in vigore la precedente legge sulle droghe, ossia la cosiddetta «Iervolino-Vassalli», così come modificata dal referendum del ’93 che abolì il carcere per l'uso personale;
    la citata sentenza incide sul piano penale riducendo le sanzioni per le droghe leggere, le quali, dai 6 ai 20 anni di reclusione, sono riportate ad una pena che va da un minino di 2 ad un massimo di 6 anni di carcere, ed analogamente, in virtù del favor rei, diminuendo le sanzioni per le droghe pesanti, passando da un minimo di 6 a un massimo di 20 anni di reclusione, anziché dagli 8 ai 20 anni;
    l'applicazione della suddetta sentenza, rendendo possibile la formulazione della richiesta di una rimodulazione della pena per le sentenze successive al 2006, getta le basi per una significativa opera di deflazionamento dell'affollamento degli istituti penitenziari, la quale, secondo alcune prime stime, potrebbe attestarsi su di un numero di scarcerazioni compreso tra seimila e diecimila, costituendo essa stessa, a tutti gli effetti, il principale veicolo per risolvere l'emergenza carceraria ad oggetto della relazione in titolo;
   ritenuto pertanto che:
    come già previsto da provvedimenti legislativi all'esame della Commissione Giustizia sia necessario introdurre la completa depenalizzazione del consumo e coltivazione per uso personale di cannabis e derivati;
    al fine di aggiornare e rendere omogeneo il quadro legislativo in cui si inserisce la decisione assunta dalla Corte costituzionale sulla materia, sia indispensabile, sulla base della proposta di legge A.C. 1900, indirizzata ad una distinzione tra droghe pesanti e leggere, secondo la quale viene inserita la cannabis indica e i suoi derivati nella Tabella II (articolo 14 T.U.), prevedere coerenti abbassamenti delle pene edittali per le ipotesi di lieve entità in adeguamento a quanto previsto per le sostanze di cui alla Tabella II, così da non rientrare nei casi richiedenti la custodia cautelare in carcere;
    in una ottica di lungo periodo sia opportuno prevedere la legalizzazione e la regolamentazione del consumo delle cosiddette droghe leggere tale da comportare un abbassamento della convenienza criminale-economica delle organizzazioni dedite al traffico illecito di sostanze stupefacenti, con effetti positivi sia in termini di maggiori entrate per lo Stato, da destinare a programmi di recupero dei detenuti, sia in termini di contrasto al sovraffollamento carcerario;
    valutato inoltre che relativamente all'esecuzione della pena, il sistema della recidiva, e più precisamente la modifica dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, introdotto dalla recente legge n. 94 del 2013, debba essere considerata, per la sua efficacia, a fronte di un opportuno calcolo nella sua incidenza sulla diminuzione del numero dei detenuti;
    osservato che, al fine di conseguire effetti deflattivi sulla base di un'opportuna rimodulazione dei benefici connessi all'esecuzione della pena si ritiene idoneo: prevedere di espungere dal divieto di concessione del benefici previsto dall'articolo 4-bis comma 1 della legge O.P. i reati previsti nel T.U. droghe ed in materia doganale; prevedere la soppressione dell'articolo 30-quater e dell'articolo 58, comma 7-bis, della legge sull'Ordinamento Penitenziario in materia di permessi premio ai recidivi e concessione dei benefìci; infine sopprimere il comma 5 dell'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 concernente il divieto di affidamento in prova dei tossicodipendenti in casi particolari per più di due volte;
    preso atto che l'uso talvolta eccessivo della custodia cautelare in carcere, soprattutto per coloro che non sono stati condannati in primo grado, sia un effetto della eccessiva lunghezza dei processi;
    valutato che, solo a fronte di interventi e di un reperimento di fondi per rendere più spediti i processi penali ed al fine di poter incidere positivamente sulla questione del diffuso utilizzo della custodia cautelare in carcere, sia possibile prevedere di estendere la custodia cautelare al proprio domicilio;
    atteso che l'obiettivo principale, di una riforma del processo penale e dei suoi antecedenti processuali che sia utile alla deflazione del sovraffollamento carcerario, debba essere quello di istruire e dibattere il minor numero di procedimenti penali, in tutti e tre i gradi di giudizio;
   considerato a tal fine che:
    una delle soluzioni che si ritengono maggiormente valide sia quella di prevedere un patteggiamento più conveniente per coloro che si accordano con il Pubblico Ministero ancora prima del rinvio a giudizio, così da evitare una considerevole mole di processi per fatti di lieve entità;
    sia necessario puntare sull'applicazione delle norme ancora poco utilizzate, di cui agli articoli 34 e 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 relative alle definizioni alternative del procedimento davanti al giudice di pace penale;
    per i giudizi in cui sono presenti avvocati d'ufficio sia opportuno prevedere l'obbligo per la parte di rinunciare a tali articoli, spesso non utilizzati dai difensori più che dalle parti, obbligo che dovrebbe essere previsto almeno per tutti i procedimenti perseguibili a querela di parte, in modo da favorire una composizione della lite di tipo mediativo;
    così come previsto dalla proposta di legge A.C. 1174 riguardante la prescrizione dei processi penali, sia opportuno introdurre una sospensione della prescrizione dal momento del rinvio a giudizio in modo da rendere meno appetibile il ricorso a tecniche dilatorie dei procedimenti e favorire il patteggiamento ovvero il ricorso al cosiddetto giudizio abbreviato;
    considerato infine che, relativamente alla materia di amnistia ed indulto, tali mezzi deflattivi al sovraffollamento carcerario siano da rigettare per quattro ordini di ragioni;
    in primis, amnistia e indulto non rappresentano una manovra strutturale e sono tesi ad affrontare il problema solo in una ottica di breve periodo, come già accaduto nel caso dell'indulto del 2006 che non ha affatto risolto il problema ad oggi addirittura aggravandolo;
    la concessione di provvedimenti indulgenziali asseconda, peraltro, il radicarsi, nelle forze parlamentari di un approccio che porta inevitabilmente e ciclicamente ad evitare di trovare soluzioni durature preferendo alimentare emergenze che portino a derogare l'ordinaria amministrazione, con il rischio concreto, quindi, che con tali provvedimenti si stoppino tutte le iniziative tese a risolvere il problema delle carceri in una ottica di medio-lungo periodo;
    la seconda motivazione è di natura psicologica, sia presso i cittadini ed alle loro considerazioni su di uno Stato che intendesse concedere continue sanatorie a persone che hanno commesso reati, sia in capo a coloro che delinquono, i quali potrebbero vedere come meno grave, nelle sue conseguenze, il compimento dei delitti, sminuendo così il valore deterrente e la credibilità del sistema penale. Analisi questa, mancante nel messaggio del Presidente della Repubblica, e risultato di uno studio sugli effetti dell'indulto del 2006 in cui si specifica che «I nostri risultati mostrano che una politica che commuta pene effettive in condanne attese riduce in modo significativo la recidiva dei detenuti. Inoltre, i risultati forniscono la prova credibile che un aumento di 1 mese in punizione attesa riduce la probabilità di commettere un crimine. Questo corrobora la teoria della deterrenza generale. I risultati indicano un grande effetto deterrente della pena prevista». (The Deterrent Effects of Prison: Evidence from a Natural Experiment, Journal of Political Economy, Vol. 117, No. 2, April 2009);
    la terza motivazione consiste nell'aumento dei reati nella fase successiva alla concessione dell'indulto, così come confermato dal messaggio del Presidente della Repubblica, nonché dalle statistiche relative ai reati più commi, come furti, scippi e rapine a mano armata;
    la quarta motivazione risiede nel fatto che, con risorse finite o insufficienti, il reinserimento dei detenuti sarebbe solo sulla carta perché nessun ufficio, men che meno i collaboratori e i consulenti penitenziari, né gli uffici dell'U.E.P.E., potrebbero mai dedicarsi compiutamente alla riabilitazione ed alla condivisione delle esperienze di circa 20.000 persone;
   ricordato infine che:
    successivamente al messaggio del Presidente della Repubblica sul sovraffollamento carcerario il Governo è già di fatto intervenuto, impropriamente, in materia di indulto ed amnistia mediante il decreto-legge 146 del 2013 «Svuota Carceri», che ha recato al suo interno un vero e proprio «indulto mascherato» sostanzialmente in contraddizione con l'articolo 79 della Costituzione;
    il menzionato decreto ha introdotto l'istituto della «liberazione anticipata speciale», caratterizzato da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, anziché di 45 giorni, come nella liberazione anticipata ordinaria di cui all'articolo 54 dell'Ordinamento Penitenziario, caratterizzandosi altresì per il suo carattere temporaneo e retroattivo, in quanto destinato ad operare solo per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto ed applicandosi a partire dai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1o gennaio 2010;
    valutato che gli effetti deflattivi per l'affollamento carcerario – che, in base ai primi dati forniti dal DAP, possono quantificarsi in circa 200 scarcerazioni per settimana su base nazionale – e le conseguenti ripercussioni sulla pubblica sicurezza derivanti dall'applicazione della citata normativa, dovranno essere ponderati prima di addivenire ad ulteriori atti di clemenza generalizzata per via legislativa e che pertanto la relazione in titolo non sia condivisibile laddove questa non esclude espressamente la percorribilità di ricorrere alla concessione di un'amnistia o di un indulto;
    ritenuto infine che nel citato messaggio alle Camere, laddove si auspica inoltre l'adozione di provvedimenti indulgenziali da parte del Parlamento, l'insistito rimando alle gravose ripercussioni economiche derivanti per lo Stato dall'applicazione della «sentenza Torreggiani» – quantificabili in almeno 15.000 euro in favore di ciascuno dei già tremila detenuti che dal 28 maggio potranno nuovamente essere ammessi e adire alla Corte europea dei diritti dell'uomo per farsi risarcire dallo Stato le inumane condizioni detentive cui sono sottoposti –, rappresenti una premessa irricevibile e non adeguatamente stigmatizzata dalla relazione in titolo sul piano del metodo, in quanto il solo fine della piena affermazione del principio della funzione rieducativa della pena dovrebbe sottendersi ed ispirare ulteriori interventi normativi riferiti al sistema penitenziario;
   tutto ciò premesso e considerato,
    non approva la relazione all'Assemblea sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013.
(6-00054) «Colletti, Businarolo, Bonafede, Agostinelli, Ferraresi, Sarti, Turco».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

detenuto

esecuzione della pena

stabilimento penitenziario

accordo bilaterale

carcerazione

reato

diritti umani

regime penitenziario