ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/07364

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 353 del 19/12/2014
Firmatari
Primo firmatario: PESCO DANIELE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/12/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 19/12/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 19/12/2014
Stato iter:
22/02/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/02/2017
GENTILE ANTONIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/02/2017

CONCLUSO IL 22/02/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-07364
presentato da
PESCO Daniele
testo di
Venerdì 19 dicembre 2014, seduta n. 353

   PESCO e ALBERTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
   l'ultimo crack del 27 ottobre 2014, che ha travolto la cooperativa operaia di Trieste, Istria e Friuli, con un buco di 130 milioni di euro che mette a repentaglio i risparmi di 17.000 soci ed il futuro lavorativo di 600 dipendenti, ripropone allarme sul finanziamento delle coop attraverso i prestiti sociali, la gestione del risparmio in deroga al Testo Unico Bancario, il ruolo della vigilanza di Bankitalia;
   come raccontano molti quotidiani, a fine ottobre 2014, una storica cooperativa operaia si avvia verso il fallimento su richiesta della procura, con 103 milioni di «buco», 600 dipendenti in bilico e 17 mila soci rimasti con il cerino in mano. Mille dei quali sono già pronti a chiedere un risarcimento alla regione Friuli Venezia Giulia, mentre altri studiano una class action nei confronti delle coop a cui potrebbe partecipare anche il comune di Trieste. È in questo quadro che lunedì 27 ottobre, in un'aula del tribunale civile del capoluogo giuliano sotto il quale nel frattempo protestavano centinaia di risparmiatori, si è svolta l'udienza sulla richiesta di fallimento presentata dai pubblici ministeri Federico Frezza e Matteo Tripani per le coop operaie di Trieste, Istria e Friuli. L'inchiesta deflagrata una settimana fa vede indagato per falso in bilancio l’ex presidente Livio Marchetti in sella da dieci anni prima di essere esautorato dai pubblici ministeri. Nel mirino dei magistrati sono finite delle operazioni immobiliari infragruppo portate a termine per «gonfiare il patrimonio netto e rientrare solo fittiziamente nei parametri per il prestito sociale», come si legge nell'atto della procura triestina reso noto dal quotidiano Il Piccolo. In base all'attuale disciplina la raccolta di risparmio tra i soci delle coop denominata appunto prestito sociale, deve essere limitata a una cifra non superiore a cinque volte il patrimonio stesso della cooperativa;
   quindi secondo l'accusa la coop operaie ha compensato le pesanti perdite degli ultimi anni (37 milioni tra il 2007 e i primi mesi del 2014) con i proventi di cessioni avvenute solo sulla carta in quanto gli immobili venivano venduti «in casa» a società dello stesso gruppo. Un vecchio trucco praticato anche in Borsa, che sembra quindi funzionare ancora. E così a bilancio sono finiti guadagni netti (plusvalenze) «per 15 milioni su vendite di immobili ceduti internamente a società controllate al 100 per cento». Il trucchetto che ha permesso alla coop di stare in piedi nonostante quello che il consulente tecnico incaricato dalla procura definisce «uno scenario di precaria condizione finanziaria». Che si regge, appunto «sostanzialmente sul mantenimento del prestito sociale, il quale rappresenta la maggior parte delle passività finanziarie di breve periodo». Di qui la richiesta di fallimento. Anche se l'amministratore giudiziario Maurizio Consoli ha nel frattempo messo a punto un piano di salvataggio che vedrebbe coop Nordest intervenire in soccorso della cugina friulana acquistando per 70-80 milioni il centro commerciale Torri d'Europa, sul quale vantano già un diritto di prelazione in seguito a un finanziamento concesso a coop operaie che dovrebbe essere restituito entro fine anno. Peccato che anche i 103 milioni dei risparmiatori, ormai, esistano solo sulla carta: Consoli ha disposto la sospensione dei rimborsi «per salvare la società e conservarne il patrimonio». Vale a dire che i 17 mila soci prestatori non possono ritirarli. E il prestito sociale non è garantito fino a 104 mila euro, come invece i depositi bancari, bensì solo per una somma pari al 30 per cento di quanto versato. In questo caso a garanzia c’è una fidejussione concessa da Banca Generali. Per completare il quadro occorre aggiungere che la regione guidata dalla vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani in base a una legge del 2007, è tenuta a vigilare sull'attività delle cooperative. Di conseguenza il fatto che le irregolarità di gestione non siano emerse durante le revisioni svolte dal 2007 al 2013 «su incarico di Confcooperative o della Lega delle Cooperative», come riferito dal vicepresidente della giunta regionale Sergio Bolzonello, non fa venire meno le responsabilità politiche. Forse anche perché sa bene che la vicenda triestina è destinata a sollevare un nuovo polverone sul fenomeno dei prestiti sociali, che per l'universo delle coop italiane vale quasi 11 miliardi ma non è tutelato da adeguati fondi di garanzia né soggetto alla regolamentazione della Banca d'Italia, visto che le cooperative non sono istituti di credito e non dovrebbero agire come soggetti finanziari;
   in data 28 settembre 2013, a seguito di un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano intitolato: «Coop, gli oligarchi rossi che giocano in Borsa con i soldi dei soci», firmato da Giorgio Meletti, che accusava le cooperative di essere diventate banche d'affari che raccolgono risparmio – pur non essendo sottoposte ad alcuna vigilanza lanciandosi in rischiose operazioni finanziarie chiudendo i bilanci in perdita, con le «nove sorelle» inguaiate dopo aver investito chi su Unipol, chi su Monte dei Paschi, e partecipato al tentativo di salvare la Fonsai di Ligresti, Adusbef inviò una denuncia alla Banca d'Italia, chiedendo una maggiore vigilanza per impedire di mettere a rischio il risparmio degli investitori;
   scriveva infatti Meletti: «Potremmo parlare di banca clandestina, se non fosse tutto alla luce del sole. Basta entrare in un supermercato coop e diventare socio (che è come fare la tessera sconto in qualsiasi catena) per depositare i propri risparmi. Le nove grandi cooperative del consumo raccolgono ben 10,4 miliardi di euro. Sarebbe vietato;
   la coop infatti lo chiama «prestito soci», senza però spiegare al popolo che il prestito soci è un capitale messo a rischio nell'impresa che, sia essa una coop o una società di capitali, lo usa per la sua attività, come aprire un supermercato. Infatti accadono sotto gli occhi di tutti, comprese le autorità di vigilanza, due cose strane. La prima è che le coop utilizzano i risparmi dei loro soci non per mettere scaffali nuovi, ma per dedicarsi alla speculazione finanziaria. Esempio: l'Unicoop Firenze, la maggiore per fatturato (ben 3 miliardi di euro), ha in bilancio immobilizzazioni tecniche (ciò che serve per funzionare) per 2 miliardi e debiti verso i soci per 2,3 miliardi. Ma il debito complessivo è di 3 miliardi. Che ci fa la coop con tutti quei soldi ? Unicoop Firenze ha in bilancio 644 milioni di immobilizzazioni finanziarie: una vera merchant bank. I conti in rosso degli uomini al potere da decenni. La seconda stranezza è che queste banche d'affari a marchio coop non sono sottoposte ad alcuna vigilanza. La Banca d'Italia controlla le banche propriamente dette, ma le coop non se le fila nessuno, punto e basta. Negli ultimi anni, complice la crisi e nella disattenzione generale, si sono messe nei guai. L'anno scorso le «nove sorelle» (oltre 12 miliardi di fatturato, con 50 mila dipendenti e sette milioni di soci in tutto) hanno chiuso i loro bilanci in rosso per complessivi 135 milioni di euro, e proprio per colpa della finanza...»;
   la Banca d'Italia in data 22 gennaio 2014, riscontrando la nota Adusbef del 28 ottobre 2013, rispondeva che il quadro ordinamentale non avrebbe assegnato alla vigilanza alcun potere sull'operatività delle cooperative soggette ai controlli del Ministero dello sviluppo economico e delle associazioni nazionali di rappresentanza, ma che ciò posto – nell'evidenziare, con specifico riferimento alle caratteristiche dei cosiddetti «prestiti sociali», che la normativa vigente vieta alle società cooperative non bancarie la raccolta del risparmio presso i soci con possibilità di rimborso «a vista» – si rende noto che questo Istituto ha assunto le iniziative reputate doverose;
   in un articolo de Il fatto quotidiano, pubblicato il 10 dicembre 2014, dal titolo: «Il miracolo delle coop: la grande banca all'insaputa della vigilanza», Giorgio Meletti, prendendo spunto dal caso delle due cooperative di Trieste e Friuli, che avrebbero bruciato 130 miliardi di euro, torna a stigmatizzare i comportamenti della Banca d'Italia che avrebbe il dovere di vigilare sulla mole di investimenti personali con oltre 1 milione di libretti distribuiti alla clientela con la garanzia di «depositi a vista», ritirabili anche con il Bancomat, vietato dalla legge a chi non ha apposita autorizzazione con Palazzo Koch che se ne lava le mani –:
   la Banca d'Italia e la Consob, secondo l'interrogante hanno il dovere di una maggiore vigilanza per impedire che questa sorta di «banca clandestina», possa mettere a rischio il risparmio degli investitori, dato che il «prestito soci», è un capitale messo a rischio nell'impresa che, sia essa una coop o una società di capitali, lo usa per la sua attività, utilizzando i risparmi dei loro soci non per mettere scaffali nuovi, ma per dedicarsi alla speculazione finanziaria;
   negli ultimi anni, complice la crisi e nella disattenzione generale, le «nove sorelle» (oltre 12 miliardi di fatturato, con 50 mila dipendenti e sette milioni di soci in tutto) a chiudere i loro bilanci in rosso per complessivi 135 milioni di euro, proprio per colpa della finanza e degli investimenti speculativi;
   se il Ministero dello sviluppo economico abbia nel corso delle precedenti verifiche ed ispezioni, rilevato l'anomalia di iniziative imprenditoriali quali quelle descritte in premessa e quali rilievi abbiano mosso gli ispettori ministeriali;
   se sia vero che non sia prevista una specifica forma di vigilanza sulla tipologia di attività descritta in premessa considerato che non appare accettabile che società cooperative giochino in borsa con i soldi dei soci, trasformandosi, di fatto, in banche d'affari;
   se non ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa diretta a disciplinare puntualmente i contenuti, le forme e le responsabilità di tale vigilanza, circoscrivendo, a tutela dei risparmiatori, i casi nei quali le attività descritte in premessa possano essere consentite, nonché stabilendo le sanzioni in caso di violazione della medesima normativa;
   quali misure urgenti il Governo intende attivare per tutelare i soci investitori delle coop, che come nell'ultimo crack, hanno visto andare in fumo 130 milioni di euro del sudato risparmio dei soci coop. (4-07364)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 22 febbraio 2017
nell'allegato B della seduta n. 746
4-07364
presentata da
PESCO Daniele

  Risposta. — Si risponde all'atto in esame, per quanto di competenza, rappresentando ciò che segue.
  Si vuole ricordare preliminarmente che la società cooperativa alla quale gli interroganti fanno riferimento ha sede in una regione a statuto speciale e che in tali casi, per ciò che concerne le funzioni di vigilanza, la competenza è attribuita alle regioni medesime che abbiano previsto nei loro statuti una competenza esclusiva o concorrente con lo Stato in materia di cooperazione, come nel caso in esame della regione Friuli Venezia Giulia.
  Le altre cooperative citate nell'atto, come evidenziato dagli stessi interroganti, appartengono al gruppo Coop Italia e risultano essere aderenti all'associazione Lega Nazionale Cooperative e mutue alla quale è affidato l'espletamento dell'attività di vigilanza ordinaria volta ad accertare i requisiti mutualistici delle cooperative stesse, con il fine sia di migliorarne la gestione, il livello di democrazia interna, di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale e sia di verificare la legittimità degli enti di beneficiare delle agevolazioni fiscali.
  La vigilanza nei confronti di tali cooperative, pertanto è stata assolta nell'ambito della normale attività di revisione esercitata dall'associazione di riferimento non essendo stata attivata l'attività straordinaria di ispezione che la normativa attribuisce invece in via esclusiva al Ministero dello sviluppo economico.
  Per ciò che attiene alla problematica concernente l'utilizzo del «prestito sociale» si fa presente come il tema sia emerso nell'esercizio della vigilanza, in particolare, nei confronti di grandi realtà cooperative, quali quelle appartenenti alla categoria di «consumo».
  In tali casi per una maggiore trasparenza nella gestione societaria e con il decreto ministeriale del 18 settembre 2014 sono state varate misure atte a rafforzare il coinvolgimento dei soci nei processi decisionali della cooperativa e garantire una maggiore trasparenza nelle gestioni mutualistiche, tra le quali, appunto, la raccolta dei prestito sociale, attraverso una maggiore informazione agli stessi riguardo alle attività sociali.
  È da sottolineare, infatti, che la raccolta del prestito sociale, attraverso i conferimenti dei soci, costituisce un sistema di finanziamento endosocietario che non può e non deve essere equiparato all'esercizio dell'attività bancaria ed in cui è auspicabile che il socio acquisisca la consapevolezza che, con l'adesione al prestito sociale, sta finanziando l'attività di impresa della società di cui fa parte, assumendosi appunto l'alea del rischio di impresa.
  Il sistema della vigilanza amministrativa compie controlli sulle modalità, sul rispetto dei limiti della raccolta del prestito dai soci, sulla salvaguardia della funzione sociale dell'istituto a tutela del risparmio dei soci.
  I revisori, nello specifico, hanno il compito di controllare e relazionare nel verbale circa il rispetto di alcuni imprescindibili obblighi quali: la previsione statutaria, la raccolta del prestito solo con i soci e che tale raccolta sia finalizzata esclusivamente per il conseguimento dell'oggetto sociale, l'adozione di un regolamento interno che regoli la raccolta del prestito approvato dall'assemblea dei soci, la sottoscrizione di un contratto in forma scritta, il rispetto dei limiti massimi del deposito complessivo da parte di ciascun socio e il limite massimo del tasso di interesse da corrispondere.
  Si vuole, infine, precisare che non costituiscono prestiti sociali i versamenti effettuati per usufruire di specifici servizi resi dalla cooperativa, i versamenti collegati alla realizzazione di specifici programmi societari (esempio nelle cooperative edilizie) e i versamenti vincolati quali i depositi cauzionali.
  Qualora si riscontrino criticità, i revisori diffidano l'ente a regolarizzare la posizione e provvedono, eventualmente, ad inviare una segnalazione ad altre amministrazioni, per quanto di loro competenza, anche in considerazione dei risvolti di natura tributaria.
  Sempre sul tema ed in seguito all'emergere delle suddette criticità, è stata svolta da parte della Banca d'Italia, un'attività volta alla revisione della regolamentazione in essere, che di recente ha portato all'emanazione del provvedimento «Disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche» dell'8 novembre 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 271 del 19 novembre 2016.
  Scopo della rivista regolamentazione risulta quello di «rafforzare i presidi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche, specie con riferimento a forme di raccolta che coinvolgono un pubblico numeroso e prevalentemente composto da consumatori».
  In particolare in tale ambito, con riferimento alla raccolta del risparmio presso i soci effettuata da società cooperative, l'Istituto, accogliendo anche alcune proposte provenienti dai soggetti che hanno partecipato alla consultazione pubblica sullo schema di provvedimento, ha dettato disposizioni in materia di schemi di garanzia dei prestiti sociali (che devono essere promossi dalle associazioni di categoria o direttamente dalle cooperative) allo scopo di aumentarne la credibilità, l'efficacia, la completezza della copertura e la tempestiva attivazione nel caso di bisogno.
  Banca d'Italia ha segnalato, inoltre che, sempre in sede di consultazione sono emerse ulteriori proposte di riforma che richiederebbero un intervento di rango legislativo, riferendosi in particolare alle richieste concernenti: regole di trasparenza che impongano alle società cooperative un obbligo di pubblicazione sul proprio sito internet delle informazioni relative alle modalità di raccolta di risparmio presso i soci e all'eventuale adesione a schemi di garanzia dei prestiti sociali; una complessiva revisione della normativa del «prestito sociale» volta, fra l'altro, a ricondurre la disciplina delle grandi cooperative e quelle delle altre società, finalizzare la raccolta tra soci all'attività mutualistica, imporre vincoli di durata minima per tale forma di raccolta, separare l'attività finanziaria dall'attività non finanziaria svolte da una cooperativa.
  Di recente, inoltre, la Camera dei deputati ha approvato il dispositivo riformulato dalla mozione Ciprini e altri n. 1-01309 con il parere favorevole del Governo, finalizzato tra l'altro ad adottare «iniziative normative nelle cooperative che fanno ricorso al “prestito sociale”», prevedendo controlli adeguati e la fissazione di stringenti parametri di liquidità, di solidità finanziaria, di trasparenza, d'informazione e di pubblicità dei bilanci e degli investimenti da parte delle cooperative a favore del socio aderente.
  Sull'argomento, pertanto, il Ministero dello sviluppo economico conferma la disponibilità e l'interesse istituzionale ad affrontare la tematica evidenziata nelle sedi politiche e istituzionali a ciò deputate, anche in coordinamento con le altre istituzioni competenti sulla materia.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonio Gentile.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

risparmio

cooperativa

sicurezza e sorveglianza