ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/00818

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 227 del 13/05/2014
Firmatari
Primo firmatario: AIRAUDO GIORGIO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 13/05/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LACQUANITI LUIGI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
LAVAGNO FABIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
MIGLIORE GENNARO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014
NICCHI MARISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/05/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 13/05/2014
Stato iter:
14/05/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 14/05/2014
Resoconto AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
RISPOSTA GOVERNO 14/05/2014
Resoconto GUIDI FEDERICA MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 14/05/2014
Resoconto AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 14/05/2014

SVOLTO IL 14/05/2014

CONCLUSO IL 14/05/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00818
presentato da
AIRAUDO Giorgio
testo presentato
Martedì 13 maggio 2014
modificato
Mercoledì 14 maggio 2014, seduta n. 228

   AIRAUDO, LACQUANITI, MARCON, DURANTI, FRATOIANNI, DI SALVO, MELILLA, FRANCO BORDO, PANNARALE, PAGLIA, LAVAGNO, FERRARA, PALAZZOTTO, MIGLIORE e NICCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   in data 7 maggio 2014, davanti ad una folta platea di investitori e addetti ai lavori, l'amministratore delegato di Fiat Chrysler group automobiles, Sergio Marchionne, ha presentato l'ennesimo piano industriale per i prossimi cinque anni, promettendo di investire circa 55 miliardi di euro entro il 2018, con una media annua di 9,5 miliardi di euro ed un picco di 11 miliardi di euro nel 2016;
   detto piano ha, come al solito, sorpreso numerosi operatori economici. Sergio Marchionne ha, infatti, rassicurato i dipendenti italiani del Gruppo, sottolineando che «non verrà mandato a casa nessuno», che «sarà utilizzata tutta la manodopera» e, soprattutto, che «quando arriverà l'industrializzazione dei prodotti finirà tutto il periodo di cassa integrazione». Dalla componentistica, in particolare, il gruppo intende registrare ricavi al 2018 di circa 12 miliardi di euro, in aumento dagli 8 miliardi di euro del 2013, con un tasso di crescita annuale di circa il 9 per cento;
   la reazione dei mercati a tali esternazioni è stata, tuttavia, decisamente negativa. Il titolo Fiat-Chrysler ha, infatti, proseguito, in forte ribasso per tutta la giornata, con volumi elevati, perché l'annuncio del nuovo piano industriale da parte di Marchionne è stato giudicato generalmente troppo ambizioso da parte degli analisti, sia in termini di volumi, sia in termini di riduzione del debito. In particolare, secondo uno studio di Exane Bnp Paribas, i target al 2018 diffusi nella giornata del 7 maggio 2014 sono sembrati «eccessivamente ottimisti su volumi, margini e soprattutto sulla riduzione del debito, perché i risultati dell'ultimo trimestre sono stati del 24 per cento inferiori alle stime e rappresentano un segnale dei rischi al ribasso associati al piano»;
   in effetti, dall'ultima relazione finanziaria annuale di Fiat, datata 31 dicembre 2013, emerge chiaramente che il complesso dei debiti finanziari di Fiat corrisponde a 29.902 milioni di euro, in crescita, peraltro, rispetto al 2012, a fronte di una liquidità complessiva disponibile pari a 22.729 milioni di euro;
   il problema è che su tale liquidità la citata relazione finanziaria annuale di Fiat dice poco o nulla: in particolare, detta liquidità, oltre a non essere destinata ai fini dell'abbattimento del debito del gruppo, non si comprende ove risulti collocata, dove sia, in buona sostanza, in quale Paese, a quanto ammonti e in quali strumenti sia considerata;
   si deve pure segnalare che tale liquidità nel tempo è costantemente cresciuta e ad oggi risulterebbe altissima. Ciò, tuttavia, corrisponde al risultato di continui accumuli di liquidità, in parallelo ad una continua espansione del debito finanziario, ed è proprio tale dinamica di accumulo che, sotto il profilo dell'analisi finanziaria, preoccupa in particolar modo;
   nel corso dell'ultimo decennio, l'amministratore delegato di Fiat Chrysler group automobiles, Sergio Marchionne, ha presentato ben otto piani industriali per il rilancio della Fiat e del gruppo che, di fatto, non si sono mai conclusi, sono sempre stati sempre rinviati nei tempi e negli effetti, con contestuale riduzione degli investimenti, allungando in tutti i casi i tempi per il rientro operativo dei lavoratori (per Mirafiori era stato previsto un termine entro il 2014, che ora sembrerebbe slittare al 2018), facendo leva sul sistema della cassa integrazione: sistema che lo stesso amministratore delegato ha sempre criticato, eppure non abbandona;
   sotto tale ultimo profilo si segnala come in un articolo apparso il 15 giugno 2013 su Il Sole 24 Ore, a firma Andrea Malan, dal titolo «Fiat, dalla Cig risparmi per 1,7 miliardi. I minori oneri salariali hanno raggiunto con la crisi i 200 milioni annui per l'auto», si evidenzi chiaramente che uno dei fattori più importanti che rendono economicamente razionale la decisione di non chiudere gli stabilimenti in Italia è la presenza, nel nostro Paese, di un meccanismo come la cassa integrazione. In tale articolo si legge, in particolare: «Nei giorni di cassa integrazione (quella ordinaria, cig, e la straordinaria, cigs) l'azienda non paga stipendi e oneri sociali, ma anticipa ai dipendenti un'indennità che le viene poi rimborsata dall'Inps; in quei periodi, dunque, il costo del lavoro scende (quasi) a zero. Per una fabbrica come quella di Melfi o Mirafiori (oltre 5.000 dipendenti) il risparmio per ogni giorno di CIG si può stimare in 600-700.000 euro) Automotive news Europe ha stimato l'anno scorso che un giorno di CIG ai cosiddetti enti centrali di Mirafiori (circa 5000 impiegati) fa risparmiare a Fiat “circa 1 milione di euro”»;
   in realtà, ad avviso degli interroganti, quello che si sta compiendo corrisponde ad un disegno che la dirigenza Fiat persegue da tempo e che nessun altro Paese europeo avrebbe mai consentito, anche alla luce dei generosissimi finanziamenti pubblici di cui il gruppo ha sempre goduto sia in termini di ammortizzatori sociali, ma anche in termini di sostegno alla produttività: finanziamenti a fronte a dei quali lo Stato italiano, come contropartita, non ha ottenuto nulla, se non addirittura un danno per l'erario, il progressivo annichilimento dello sviluppo industriale del comparto automobilistico e di tutto l'indotto e della componentistica ad esso collegati, per finire con il dramma economico ed esistenziale di migliaia e migliaia di famiglie. Prima via le produzioni, poi il know-how tecnologico, poi gli investimenti, poi il cambio di sede, poi il mercato azionario, poi la tassazione più favorevole ed altro. Il 29 gennaio 2014 il consiglio di amministrazione di Fiat spa ha deliberato il definitivo abbandono dell'Italia da parte del gruppo attraverso la fusione con Chrysler group nella società Fiat Chrysler automobiles N.V. (FCA), stabilendone, contestualmente, la sede legale in Olanda e la residenza fiscale in Gran Bretagna, ma di questa cosa non ne parla più nessuno e a poco valgono le rassicurazioni fornite al riguardo dal Governo italiano e dall'Agenzia delle entrate per vigilare sul pieno rispetto, da parte della nuova società, della normativa fiscale italiana: l'obiettivo finale di questa operazione appare chiaro e sembra proprio essere quello di non pagare più un euro di tasse allo Stato italiano;
   del resto, anche l'attivismo frenetico che Sergio Marchionne dimostra nel presentare, anche a pochissimi mesi di distanza nell'arco di un anno, un nuovo piano industriale, sempre diverso dal precedente, sembra essere congegnato per distogliere l'attenzione da ciò che, realmente, ha fatto e continua a fare mentre si cancella inesorabilmente il tessuto industriale del nostro Paese;
   nel primo piano industriale (agosto 2004), dal titolo «The new Fiat group: A commitment to execution», l'amministratore delegato di Fiat aveva promesso il lancio di dieci modelli in tre anni. Dopo neanche un anno, Sergio Marchionne presenta il secondo piano industriale ove si prevede il lancio di 17 modelli nei successivi quattro anni, ma alla presentazione del terzo piano industriale (novembre del 2006) i modelli prima annunciati scendono a 15, a fronte, stranamente, di una mole di investimenti superiore a quella degli anni precedenti. Il quarto piano industriale (2009) riguarda, soprattutto, le attività americane della Chrysler; Sergio Marchionne presenta il «Piano per l'Italia», ove si prevedono addirittura trenta nuovi modelli in due anni e 8 miliardi di euro di investimenti nel settore auto. Passano quattro mesi e si arriva al quinto piano industriale, ovverosia «Fabbrica Italia»: un piano al limite dell'inverosimile, che prevede 20 miliardi di euro di investimenti per triplicare la produzione italiana di auto, per poi vendere, insieme a Chrysler, 6 milioni di vetture in tutto il mondo con 47 novità da lanciare sul mercato. Passa poco più di un anno ma il piano «Fabbrica Italia» viene ritirato, la dirigenza di Fiat ripiega sul suo settimo piano industriale, molto più modesto di quello precedente, e si arriva così all'ottavo piano (ottobre 2012), quando si scende da 6 milioni di auto stimate in termini di target di vendita a 4,6 milioni di autovetture; i modelli promossi sul mercato caleranno a trenta e sugli investimenti non si dirà praticamente nulla;
   al netto dell'energica attività di Marchionne volta a presentare i suoi piani, ivi compreso l'ultimo (il nono) del 7 maggio 2014, non si può non osservare come la recente deliberazione del consiglio di amministrazione di Fiat del 29 gennaio 2014, che comporta, come si è detto, il definitivo abbandono dell'Italia da parte del gruppo attraverso la fusione con Chrysler group nella società Fiat Chrysler automobiles N.V. (FCA), altro non rappresenti che l'epilogo finale di un disegno di conclusivo allontanamento del baricentro produttivo dall'Italia, già iniziato con la formalizzazione da parte di Fiat dell'accordo con il Governo americano e con quello canadese per la scalata in Chrysler (si confronti «Amended and restated limited liability company operating agreement of Chrysler group llc» del 10 giugno 2009);
   il contenuto di tale documento è stato portato all'attenzione del pubblico grazie ad un articolo apparso su Il Corriere della Sera del 7 gennaio 2011, a firma Massimo Mucchetti, «Ecco gli accordi di Torino per scalare Chrysler. Le clausole per salire al 6 per cento e raggiungere il controllo, le condizioni e il rimborso del prestito». Tuttavia, l'importanza del testo di tale documento, nonostante esso fosse stato pubblicato sul sito del Governo americano (http://www.treasury.gov), è stata, purtroppo, generalmente ignorata, nonostante vi fossero stabilite le regole della scalata alla allora moribonda società americana Chrysler per mezzo del concambio del travaso del know how tecnologico di Fiat in Chrysler (motore a basso consumo ed altro) e dello sviluppo produttivo di Chrysler e dei posti di lavoro americani;
   attraverso la lettura di quell'accordo è, infatti, possibile decifrare la strategia seguita da Fiat in questi anni e le conseguenze che si sono prodotte e che, ad avviso degli interroganti, potrebbero continuare a prodursi sugli stabilimenti, sull'indotto e sul lavoro in Italia, visto che il disegno esterofilo che ne discende poneva già, da tempo e di fatto, le condizioni di base per la disintermediazione dei siti produttivi italiani ed il conseguente trasferimento della ricerca e dei risultati della ricerca italiana a favore dei siti esteri;
   non appare più accettabile continuare a rimanere inermi di fronte alla strategia che la dirigenza di del gruppo Fiat Chrysler group automobiles ha adottato sino ad oggi, fatta solo di annunci di investimenti, progetti ed iniziative da intraprendere in Italia e per l'Italia, ma mai realizzati in concreto;
   il timore è che si tratti di una mera strategia di imbonimento, riempimento fumoso di notizie e di rimando, realizzata all'unico scopo di concretizzare il vero affare perseguito dalla dirigenza, ovverosia la scalata che la quotazione di Chrysler –:
   se il Ministro interrogato non intenda porre in essere ogni atto di competenza teso a convocare urgentemente la dirigenza di Fiat Chrysler group automobiles per verificare il nuovo piano industriale annunciato in data 7 maggio 2014, al fine di confermarne la credibilità, la sostenibilità finanziaria e la certezza dell'impegno, a fronte di talune opacità che emergono dagli ultimi dati di bilancio del gruppo Fiat in relazione all'ammontare complessivo dell'esposizione debitoria e, in particolare, della liquidità di cassa di cui non si comprende la precisa finalizzazione, il motivo per cui non sia stata destinata all'abbattimento del debito del gruppo, dove risulti collocata e in quali strumenti sia considerata, così da scongiurare il rischio del possibile trasferimento all'estero di ulteriori risorse «buone» di Fiat, ovvero la trasformazione di Fiat storica in una sorta di bad company, nonché verificare che dall'accordo con il Governo americano e con il Governo canadese per la «scalata» in Chrysler non discenda anche una strategia che porti ad un fortissimo ridimensionamento – sino ad un possibile definitivo smantellamento – degli stabilimenti Fiat in Italia a danno dell'erario, della dignità dei cittadini lavoratori e dello sviluppo industriale del Paese. (3-00818)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

cassa integrazione

industria automobilistica

alleggerimento del debito

fiscalita'

investimento

cessazione d'attivita'

commercializzazione