ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/01859

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 821 del 27/06/2017
Firmatari
Primo firmatario: VALENTE SIMONE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 27/06/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI BENEDETTO CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 27/06/2017
MARZANA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE 27/06/2017
BRESCIA GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 27/06/2017
D'UVA FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 27/06/2017
GALLO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE 27/06/2017
VACCA GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE 27/06/2017


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO PER LO SPORT
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER LO SPORT delegato in data 27/06/2017
Stato iter:
30/06/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 30/06/2017
Resoconto VALENTE SIMONE MOVIMENTO 5 STELLE
 
RISPOSTA GOVERNO 30/06/2017
Resoconto TOCCAFONDI GABRIELE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
 
REPLICA 30/06/2017
Resoconto VALENTE SIMONE MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 30/06/2017

SVOLTO IL 30/06/2017

CONCLUSO IL 30/06/2017

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01859
presentato da
VALENTE Simone
testo presentato
Martedì 27 giugno 2017
modificato
Venerdì 30 giugno 2017, seduta n. 824

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per lo sport, per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 della Costituzione italiana garantisce e tutela il principio di uguaglianza, prevedendo, in primo luogo, che lo Stato e le sue Istituzioni si facciano carico di assicurare l'effettiva rimozione di ogni forma di discriminazione, anche in ambito sportivo, attraverso un'equiparazione di trattamento nelle discipline sportive professionistiche;
   l'ordinamento italiano, tuttavia, non prevede una disciplina organica adeguatamente strutturata per le attività sportive professionistiche praticate dagli atleti di entrambi i sessi, dal momento che oggi si definisce, di fatto, professionistica esclusivamente l'attività agonistica svolta dagli atleti di sesso maschile, generando in tal modo un evidente squilibrio nella parità di genere;
   le federazioni sportive nazionali hanno riconosciuto, infatti, come professionistiche solo sei discipline sportive su sessanta, le quali, a oggi, si sono ridotte solamente a quattro, il calcio, il golf, il basket e il ciclismo, e tutte esclusivamente afferenti al solo settore maschile;
   la legge 23 marzo 1981, n.  91, concernente «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti» è l'unico provvedimento che regola attualmente il professionismo sportivo; con tale normativa si interviene per garantire e tutelare i lavoratori in ambito sportivo, la quale, tuttavia, non assicurando direttamente le tutele per tutti gli atleti, ha generato una serie di inevitabili criticità e disparità di trattamento tra uomini e donne anche sul piano retributivo;
   in particolare, l'articolo 2 della legge ha demandato al Coni e alle federazioni sportive la definizione di professionismo sportivo, distinguendola dall'attività dilettantistica, determinando tuttavia un profondo elemento discriminatorio che nel corso degli anni ha penalizzato le donne che praticano sport in maniera professionistica;
   le discriminazioni di genere sono causate, secondo gli interpellanti, non dalla diretta attuazione dall'articolo richiamato, ma dal conseguente inadempimento del Coni e delle federazioni in relazione alla necessità di definire il settore professionistico per gli atleti di entrambi i sessi;
   lo stesso orientamento si ritrova anche il decreto legislativo 23 luglio 1999, n.  242, concernente il «Riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI», che ha ridimensionato il potere delle federazioni devolvendo al Coni il compito di fissare i criteri della distinzione tra sportivo professionista e sportivo dilettante;
   il quadro attuale che ne deriva è quello per cui le atlete italiane che fanno dello sport il loro lavoro sono penalizzate e costrette a gareggiare da sportive dilettanti, dal momento che, in assenza di un quadro giuridico definito, nessuna federazione permette loro di accedere all'attività professionistica, anche nei casi in cui le stesse federazioni abbiano riconosciuto per i colleghi di sesso maschile la qualifica di atleta professionista;
   negli ultimi anni sono state promosse petizioni e avviate campagne di sensibilizzazione, ma i titolari della potestà normativa non hanno comunque inteso provvedere ad eliminare tale difformità;
   la principale conseguenza della mancata applicazione della qualifica di atleta professionista determina per le donne pesanti ricadute in termini di assenza di tutele fondamentali, tra le quali quelle previdenziali, e la mancanza di trattamenti salariali adeguati all'effettiva attività svolta;
   nello specifico, le atlete donne non percepiscono né il trattamento di fine rapporto, né gli indennizzi o altre tutele per i casi di maternità e sono escluse dalla maggior parte delle forme di tutela presenti nel mondo del lavoro; inoltre, in alcuni casi, al verificarsi di infortuni, le spese di cura e di riabilitazione sono a carico delle stesse;
   per ovviare a queste evidenti discriminazioni e per ricevere delle tutele, molte atlete entrano a far parte delle Forze armate o di un corpo di polizia; alle Olimpiadi di Londra 2012, ad esempio, su 290 atleti, 194 erano anche dipendenti statali: 29 arrivavano dall'Aeronautica militare, 9 dalla Marina, 25 dall'Esercito, 31 dalla Polizia, 22 dai Carabinieri, 18 dalla Polizia penitenziaria, 18 dalla Guardia forestale, 41 dalla Guardia di Finanza, 1 dai Vigili del fuoco;
   l'attuale assetto dello sport professionistico in Italia, pertanto, costituisce un'inaccettabile e preoccupante situazione che necessita un'urgente regolamentazione, anche in riferimento alle citate tutele costituzionali che imporrebbero l'urgente rimozione delle condizioni discriminatorie tra i lavoratori di sesso diverso;
   risulta indispensabile, a distanza di 34 anni dall'entrata in vigore della legge del 23 marzo 1981, n.  91, che il Coni e le federazioni individuino la definizione stessa di professionista sportivo per gli atleti di entrambi i sessi, condizione necessaria ai fini dell'applicabilità delle garanzie previste dalla stessa legge –:
   se non ritenga opportuno, nei limiti delle sue competenze, assumere iniziative volte al superamento del quadro normativo che attualmente registra la non piena attuazione della disciplina in materia di attività sportive professionistiche, fornendo ogni utile chiarimento sulle motivazioni che hanno determinato la mancata estensione della disciplina professionistica anche al mondo sportivo femminile da parte delle federazioni che hanno inteso regolamentare la stessa limitatamente agli atleti di sesso maschile.
(2-01859) «Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Brescia, D'Uva, Luigi Gallo, Vacca».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

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