ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/01043

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 466 del 21/07/2015
Firmatari
Primo firmatario: ZACCAGNINI ADRIANO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 21/07/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 21/07/2015
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 21/07/2015
SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 21/07/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 21/07/2015
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 21/07/2015
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 23/07/2015
Stato iter:
18/09/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 18/09/2015
Resoconto ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
RISPOSTA GOVERNO 18/09/2015
Resoconto CALENDA CARLO VICE MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 18/09/2015
Resoconto ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 18/09/2015

SVOLTO IL 18/09/2015

CONCLUSO IL 18/09/2015

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01043
presentato da
ZACCAGNINI Adriano
testo presentato
Martedì 21 luglio 2015
modificato
Venerdì 18 settembre 2015, seduta n. 485

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l’«Investor-State Dispute Settlement» – Isds è un meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore privato; questo strumento consente alle aziende di accedere ad un processo arbitrale se ritengono di aver ricevuto un trattamento ingiusto dalle pubbliche autorità, se pensano di essere state discriminate a favore di imprese nazionali oppure se considerano una legislazione, adottata dallo Stato nel quale operano discriminatoria e, quindi, d'ostacolo per le loro attività. Le disposizioni che prevedono l'istituto dell'ISDS sono contenute in un gran numero di trattati bilaterali per gli investimenti, in alcuni accordi commerciali internazionali (ad esempio nell'Accordo nordamericano per il libero scambio – Nafta) e in accordi internazionali di investimento come il «Trattato sulla Carta dell'energia». Tali clausole sono basate su quelle analoghe presenti nell'accordo economico e commerciale globale (CETA) in negoziazione tra Unione europea e Canada. A livello globale, il ricorso allo strumento dell'Isds è in continuo aumento: nel 2012 erano aperti 154 contenziosi di questo tipo, di cui 58 aperti nel solo 2012, con una crescita del 250 per cento rispetto al 2000. La clausola Isds, è contenuta anche nel trattato commerciale Usa-Unione europea, noto con sigla TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, in via di negoziazione;
   nonostante la Commissione europea si sia affannata nel presentare nel modo più positivo possibile queste clausole, pubblicando una serie di risposte alle critiche più pressanti, l'idea dell'opinione pubblica è decisamente negativa, per il timore che un arbitrato possa stravolgere decisioni politiche democraticamente prese. I sindacalisti europei sono contro il TTIP e gli Isds, come molte organizzazioni per la salute, gruppi di rappresentanza della società civile e membri del Parlamento europeo. Lo stesso Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha espresso vivaci preoccupazioni concernenti le clausole Isds, sottolineando come la competenza dei giudici degli Stati membri dell'Unione europea possa essere limitata dalle controversie investitore-Stato. Infine, anche il Governo tedesco ha denunciato forti dubbi sulla necessità di introdurre le clausole Isds, in considerazione del fatto che gli investitori americani sono sufficientemente tutelati dai tribunali europei;
   le clausole Isds consentono il cosiddetto «forum shopping»: un'azienda può citare uno Stato dinanzi ad un arbitro anche se non esistono accordi specifici tra lo Stato dell'azienda e lo Stato citato. Infatti, è sufficiente che esistano accordi con lo Stato nel quale l'azienda ha una sede secondaria. Un esempio è l'azione proposta dalla società americana Philip Morris (Usa) contro l'Australia sulla base degli accordi tra Australia e Hong Kong, dove la Philip Morris ha una sede secondaria, anche se non esistono specifici accordi tra Usa e Australia. La proposta della Commissione europea è di escludere i casi di aziende «mailbox», pretendendo che l'azienda straniera debba stabilire un'effettiva sede con attività economiche sostanziali prima di poter portare in giudizio lo Stato. Ovviamente le multinazionali, che sono quelle che possono creare maggiori problemi ad uno Stato, non hanno nessuna difficoltà a superare questo ostacolo;
   trattamento giusto ed equo: il principio del trattamento «fair and equitable» (FET) è previsto dalle clausole Isds, in modo da assicurare un trattamento giusto ed equo agli investitori esteri. Il principio in questione, come del resto tutti i principi generici, può portare facilmente ad abusi. Le applicazioni dei tribunali arbitrali variano notevolmente. La proposta della Commissione europea è di prevedere una lista di specifici diritti in relazione ai quali si applica la clausola del trattamento «fair and equitable». Purtroppo tale lista non è «chiusa» e, quindi, può teoricamente portare comunque ad applicazioni estensive;
   le procedure Isds sono molto dispendiose, le cause costano cifre enormi, gli onorari degli arbitri, pagati fino a 3.000 dollari al giorno, sono elevatissimi e a carico delle parti. Sono gli arbitri a decidere chi paga ed è accaduto che anche se uno Stato ha vinto la causa ha dovuto comunque provvedere per le spese del giudizio. Anche solo questo aspetto può far sì che uno Stato sia restio a introdurre normative che potrebbero provocare azioni legali da parte degli investitori esteri;
   la Commissione europea intende introdurre un «right to regulate» al fine di promuovere l'interesse pubblico rispetto ad altri interessi. In realtà in questo modo il «diritto alla regolamentazione» del Governo diventa un'eccezione rispetto alla protezione degli investimenti aziendali, che assumono il ruolo primario; inoltre, tale diritto è tutelato solo in relazione ad «obiettivi legittimi», che però non sono specificati. Alla fine saranno gli arbitri a decidere quali sono. I tribunali nazionali sono disegnati per essere indipendenti, imparziali e rispettosi del principio della separazione dei poteri. Non accade lo stesso con i tribunali arbitrali: ognuna delle parti in causa sceglie uno dei tre arbitri, mentre il terzo è scelto di comune accordo oppure dal segretario generale del Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti (Icsid), il quale è scelto a sua volta dal presidente della Banca mondiale. In caso di appello tutti e tre gli arbitri sono nominati dal presidente della Banca mondiale. Il presidente della Banca mondiale è nominato dagli Usa. È evidente lo squilibrio a favore degli Stati Uniti. Un collegio arbitrale non ha il potere di abrogare una norma legislativa nazionale, però può statuire che quella norma compromette i profitti presenti e futuri dell'investitore estero, per cui lo Stato verrà condannato a risarcire tali mancati guadagni. Ad esempio, la canadese Gabriel Resources Ltd cita la Romania perché il legislatore, per motivi di sicurezza dei cittadini, ha impedito la realizzazione di una miniera a cielo aperto, per la quale erano stati spesi dall'azienda 1,4 miliardi di euro. Alla fine la norma rimarrà in vigore, ma lo Stato potrebbe essere costretto a pagare fino a 4 miliardi alla GBU, cioè circa il 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Un disincentivo così forte influisce sicuramente sulle procedure di formazione delle nuove leggi. Secondo uno studio Unctad (Conferenza dell'ONU sul commercio e lo sviluppo) il 70 per cento delle richieste degli investitori viene accolta almeno in parte;
   come ipotizzato alcuni mesi fa dalla campagna «Stop TTIP Italia», l'Italia deve rispondere per la prima volta nella sua storia ad una denuncia causata da un Isds. A confermarlo è il Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti (Icsid) (legato alla Banca mondiale) dove chiarisce come tre investitori di energie rinnovabili, il belga Blusun S.A., il francese Jean-Pierre Lecorcier e il tedesco Michael Stein, abbiano denunciato la Repubblica italiana per la revisione del sistema incentivante sull'energia fotovoltaica. La possibilità di adire all'arbitrato privato del Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative agli investimenti la offre l'Energy Charter Treaty, il trattato di liberalizzazione dell'energia che prevede l'istituzione di un organismo per la risoluzione delle controversie tra investitori privati e Stati. Il caso che riguarda l'Italia è stato anche inserito in un dossier della commissione giuridica (Juri) del Parlamento europeo del 2014 (pagina 13). Il tribunale si è costituito il 12 giugno 2014 con la francese Dentons Europe come consulente di parte per gli investitori. Per l'8 maggio 2015 era attesa la memoria difensiva dell'Avvocatura dello Stato, ma il silenzio imposto sull'Isds, per evitare problemi sul negoziato TTIP non permette di capire come stia procedendo la causa –:
   se il Governo intenda accettare che nella conclusione di atti pattizi, commerciali o di altra natura, bilaterali o multilaterali, venga inclusa la previsione per la composizione delle controversie internazionali investitore-Stato (Isds) col modello «Isds light» contenuto nella risoluzione Lange approvata l'8 luglio 2015 al Parlamento europeo sul trattato di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti e le modalità secondo le quali, nello specifico, verranno formati i tribunali degli arbitrati già indicati nella risoluzione stessa;
   quali adeguamenti normativi l'Italia dovrà adottare per uniformarsi alle prescrizioni contenute nella risoluzione Lange inerenti all’«Isds light» e se sia in grado di descrivere nel suo insieme il meccanismo di funzionamento dello stesso;
   se il Governo non reputi opportuno approfondire le conseguenze dell'adesione al trattato TTIP, anche alla luce del fatto che il nostro Paese sia impegnato a rispondere per la prima volta nella sua storia ad una denuncia per la quale si dovrebbe attivare un Isds;
   se il Governo non reputi di agire, nelle opportune sedi a livello nazionale, sovranazionale e internazionale, per promuovere ogni possibile iniziativa volta ad eliminare dalla versione finale dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) e dalla versione finale del trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti le previsioni per la composizione delle controversie Isds;
   se il Governo non reputi opportuno ostacolare la matrice ideologica delle clausole Isds che consentiranno di contestare possibili riforme e leggi innovative a tutela dei cittadini, non solo politiche ambientali, ma anche riforme in materia di diritto d'autore o di tutela dei dati personali, considerato che l'introduzione della riforma della privacy dell'Unione europea, limitando il trattamento dei dati personali dei cittadini europei da parte delle aziende americane, potrebbe avviare una miriade di cause Isds, perché, appunto, riduce i guadagni attesi da queste aziende;
   se il Governo non reputi opportuno impegnarsi affinché vi sia pieno rispetto del Trattato di Lisbona, sul quale la politica commerciale dell'Unione europea ha assunto una caratura fortemente sociale (principio di precauzione, articolo n. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), in quanto deve essere condotta nel rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo, mentre al contrario, le clausole Isds prevedono un pericoloso ribaltamento mettendo le aziende prima degli Stati e i profitti prima dei cittadini.
(2-01043) «Zaccagnini, Kronbichler, Fratoianni, Scotto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

UNCTAD

risoluzione

accordo commerciale