ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/00729

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 317 del 24/10/2014
Firmatari
Primo firmatario: VALLASCAS ANDREA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/10/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24/10/2014
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 03/11/2014
Stato iter:
08/09/2015
Fasi iter:

SOLLECITO IL 10/02/2015

SOLLECITO IL 22/04/2015

RITIRATO IL 08/09/2015

CONCLUSO IL 08/09/2015

Atto Camera

Interpellanza 2-00729
presentato da
VALLASCAS Andrea
testo di
Venerdì 24 ottobre 2014, seduta n. 317

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   le aziende italiane partecipate da cinesi sono cresciute da 7 a 272, di cui 187 cinesi e 85 partecipate da multinazionali con sede a Hong Kong, con un'occupazione complessiva pari a quasi 12 mila addetti. Secondo Rotschild, dal 2009 a oggi, il 10 per cento delle operazioni commerciali di imprese cinesi in Europa è avvenuto in Italia;
   è evidente che ci sono forti investimenti della Cina in Italia. Soprattutto se tra queste aziende, oltre a un bel po’ di made in Italy, ci sono colossi come Eni, Enel, Assicurazioni Generali, Telecom, Pirelli, Fiat e Finmeccanica. Ancor di più se, recentemente sono stati appena siglati venti accordi commerciali per un controvalore complessivo di circa 8 miliardi di euro;
   il Presidente del Consiglio dei ministri in una recente conferenza stampa ha dichiarato che «In questo momento è molto forte l'attenzione degli investitori cinesi verso il nostro paese e ne siamo ben felici – Sono grandi spazzini che comprano al chilo»;
   è interessante capire dove si concentri l'interesse dei cinesi, in quali ambiti, in che settori e soprattutto su quali realtà. Cosa che può permettere, al pari, di capire dove l'Italia stia trovando capitali per rilanciare la propria economia o stia perdendo sovranità economica;
   nel settore della finanza la cui la People's Bank of China detiene una quota che si aggira attorno al 2 per cento delle Assicurazioni Generali uno dei pionieri del mercato assicurativo. Altrettanto importante, l'accordo definito in questi giorni tra la China Development Bank Corporation e Cassa depositi e prestiti, forziere, stavolta pubblico, dei risparmi di milioni di famiglie italiane. I contorni dell'accordo sono ancora oggi poco chiari — si parla di investimenti congiunti in Italia e in Cina – ma già si sa, ad esempio, che il valore economico è di quasi 4 miliardi di dollari;
   nelle telecomunicazioni, la banca centrale cinese è entrata anche nel capitale di Telecom, anche in questo caso con una quota di poco superiore al 2 per cento;
   nel campo dell'industria la Xiamen King Long United Automotive Industry, maggiore casa costruttrice di autobus della Repubblica popolare ha infatti acquisito l'80 per cento di BredaMenarinibus, società del gruppo Finmeccanica, a sua volta o dei principali produttori di autobus italiani;
   l'energia è un altro settore delicato che sta finendo in mani cinesi. Lo scorso luglio la State Grid Corporation of China ha acquistato per due miliardi di euro il 35 per cento di Cdp Reti, la società di Cassa depositi e prestiti in cui sono confluiti il 30 per cento di Snam (rete gas) e il 29,8 per cento di Terna (rete elettrica). La State Grid Corporation of China è la settima società al mondo per fatturato, con oltre milione e mezzo di dipendenti, e avrà due componenti su cinque nel cda di Cassa depositi e prestiti Reti e un membro nei board di Snam e Terna. Dopo la volta di Ansaldo Energia, società in forti difficoltà che, dopo mesi di trattativa con la coreana Doosan Heavy Industries, aveva ceduto il 40 per cento del capitale a Shanghai Electric per 400 milioni di euro. Proprietario di Ansaldo Energia e il Fondo strategico italiano, che a sua volta sta cedendo quote alla China investment corporation;
   quote più modeste, il 2 per cento, ma per le maggiori società italiane, Enel e soprattutto Eni, erano già finite a marzo alla People's’ Bank of China, per rispettivamente 800 milioni e 1,3 miliardi di euro. In entrambi i casi le quote acquistate sono state poco più del 2 per cento, soglia sopra la quale la proprietà di azioni diventa palese: un modo per far capire ai partner europei e soprattutto a quello americano, che la Cina era arrivata e aveva messo piede in stanze strategiche. Il settore dell'energia è in grado di spostare gli equilibri geopolitici, oltre che fornire informazioni dettagliate sui cittadini. Per questo, come ha messo in evidenza il quotidiano il Foglio, le acquisizioni in questo campo stanno allarmando i diplomatici statunitensi, preoccupati dall'allentamento del legame diretto tra Usa ed Europa;
   il Governo italiano, d'altra parte, aveva messo la cessione di quote di Eni ed Enel al centro del piano di privatizzazioni del governo Letta, del novembre 2013, che avrebbe dovuto portare 12 miliardi di entrate nelle casse pubbliche entro il 2015. La stessa Cassa depositi e prestiti Reti fu creata proprio allo scopo di vendere a operatori stranieri;
   le operazioni commerciali suddette preoccupano perché vendere quote di società come Eni, Enel, Telecom, Finmeccanica, Generali che rappresentano il braccio economico e produttivo del nostro Paese ad investitori che non ha o delineato chiaramente un piano industriale e prospettive di lungo termine per le imprese predette rileva solo un'attività commerciale da parte dei cinesi meramente speculativa a discapito del nostro patrimonio –:
   di quali elementi disponga il Governo delle operazioni commerciali su descritte;
   se non ritenga che il rapporto commerciale con la Repubblica popolare cinese stia sempre più diventando eccessivamente squilibrato nei confronti di Pechino considerando che gli investitori sono totalmente controllati da un Governo estero;
   se intenda adottare iniziative al fine di verificare che gli investimenti e gli accordi commerciali con la Cina possono essere lesivi degli interessi dell'Italia.
(2-00729) «Vallascas».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica industriale

previsione a lunga scadenza

valore economico