ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01710

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 859 del 27/09/2017
Abbinamenti
Atto 1/01687 abbinato in data 28/09/2017
Atto 1/01705 abbinato in data 28/09/2017
Atto 1/01708 abbinato in data 28/09/2017
Atto 1/01709 abbinato in data 28/09/2017
Atto 1/01711 abbinato in data 28/09/2017
Atto 1/01712 abbinato in data 28/09/2017
Atto 1/01713 abbinato in data 28/09/2017
Firmatari
Primo firmatario: D'INCA' FEDERICO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 27/09/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE 27/09/2017
CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 27/09/2017
SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 27/09/2017
BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 27/09/2017
CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 27/09/2017
SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE 27/09/2017


Stato iter:
28/09/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 28/09/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 28/09/2017
Resoconto VARGIU PIERPAOLO MISTO-DIREZIONE ITALIA
Resoconto MENORELLO DOMENICO MISTO-CIVICI E INNOVATORI PER L'ITALIA
Resoconto MURGIA BRUNO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Resoconto SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto TANCREDI PAOLO ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD
Resoconto ALBINI TEA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto D'INCA' FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CAUSI MARCO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 28/09/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 28/09/2017

DISCUSSIONE IL 28/09/2017

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 28/09/2017

NON ACCOLTO IL 28/09/2017

PARERE GOVERNO IL 28/09/2017

VOTATO PER PARTI IL 28/09/2017

RESPINTO IL 28/09/2017

CONCLUSO IL 28/09/2017

Atto Camera

Mozione 1-01710
presentato da
D'INCÀ Federico
testo presentato
Mercoledì 27 settembre 2017
modificato
Giovedì 28 settembre 2017, seduta n. 860

   La Camera,
   premesso che:
    la riforma federalista prevista con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001, di cui alla legge delega 5 maggio 2009, n. 42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale non è stata ad oggi completata, ma sospesa ed il suo percorso deviato con l'avvento del Governo Monti nel novembre 2011;
    con l'adozione del decreto-legge n. 201 del 2011 «cosiddetto Salva Italia», è stato limitato il percorso che avrebbe portato alla piena autonomia impositiva e finanziaria degli enti locali. In particolare è stata alterata la previsione normativa relativa all'imposizione immobiliare da destinare ai comuni;
    l'anticipazione dell'introduzione dell'Imu da parte del Governo Monti e le successive modifiche alla disciplina, hanno comportato che una quota rilevante del gettito dei fabbricati e immobili appartenenti alla categoria catastale D rimanga acquisita e destinata all'erario (circa 3, 6 miliardi di euro annui);
    la deviazione del percorso di realizzazione dell'assetto federalista ha inciso sugli effetti della prevista sostituzione dei trasferimenti erariali ai comuni con risorse proprie, da attuare anche con l'ausilio del fondo di solidarietà comunale;
    infatti, nonostante una delle finalità della legge n. 42 del 2009 fosse il controllo, la razionalizzazione e riqualificazione della spesa dei predetti enti, mediante l'introduzione dei parametri «fabbisogni standard» e «capacità fiscale» per ridurre gli sprechi storici e tenere sotto controllo la spesa dei comuni, nel contempo la legge ha previsto espressamente di «assicurare a regime il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni,» anche mediante il sistema perequativo;
    l'introduzione dei predetti parametri, funzionale al superamento graduale e definitivo della «spesa storica» è dunque collegata all'obiettivo di consentire ai comuni di svolgere le funzioni assegnate e non solo delineata come strumento di taglio di spese;
    a tal proposito si richiama l'espresso dettato delle finalità, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, ossia «che... ai fini del finanziamento integrale, il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi», dunque è previsto un limite di spesa ma non una riduzione;
    le risorse dei comuni sono notevolmente diminuite rispetto ai trasferimenti erariali ante legge 42 del 2009 per i seguenti motivi:
     a) la crisi, che ha ridotto gli introiti della leva fiscale ed i sostanziosi contributi richiesti ai comuni per contribuire al risanamento dei conti pubblici (- 6 per cento di spesa corrente) ha notevolmente ridotto le disponibilità finanziarie degli enti locali, nonostante essi debbano comunque per legge svolgere le funzioni essenziali attribuite loro dalla riforma federale;
     b) la sottrazione della quota Imu degli immobili appartenenti alla categoria catastale D;
     c) la mancata partecipazione delle quote dello Stato al fondo di solidarietà comunale, alimentato ormai dal 2015 esclusivamente dalla quota di gettito Imu versata dai comuni;
     d) il blocco della leva fiscale a carico degli enti locali, prorogata dal Governo anche per l'anno in corso;
    molti comuni hanno visto quindi ridursi la dotazione rispetto ai precedenti trasferimenti erariali e non riescono ad essere compensati dalla quota integrativa del Fondo di solidarietà comunale, in quanto il meccanismo presenta degli effetti distorsivi dovuti al calcolo dei fabbisogni standard, la cui base di calcolo è la spesa del 2013, già alterata in ribasso dai tagli imposti;
    se poi si considerano i comuni che hanno preferito non attivare la leva fiscale massima ovvero spendevano meno, rispetto alla media, per determinati servizi, l'effetto distorsivo della scelta dell'anno base per il sistema perequativo è ampliato nella redistribuzione delle risorse;
    si ricorda che nel 2021 scatterà a regime la redistribuzione del fondo di solidarietà integralmente in base ai fabbisogni standard e alle capacità fiscali standard; ora la quota è pari al 40 per cento, al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 ed infine 100 per cento nel 2021;
    da un'analisi approfondita dell'Ifel sui meccanismi e sugli effetti del funzionamento del sistema perequativo e da proiezioni ipotetiche degli effetti a regime del superamento totale della spesa storica emerge che, in mancanza di misure correttive, si potrebbero alterare gli equilibri già delicati di un numero cospicuo di enti locali;
    il sistema, entrato in funzione nel 2015, ad oggi è stato corretto sia nel 2016 che nel 2017 nei suoi effetti distorsivi;
    oggi si registra questa situazione: nell'anno in corso il Fondo riferito ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ammonta a 1.884 miliardi. I comuni lo alimentano per 2.533 miliardi. La differenza per 650 milioni è in parte destinata ai comuni di Sicilia e Sardegna, per un importo pari a 230 milioni, cifra superiore alla loro quota di contribuzione, ed in parte destinata al bilancio dello Stato a compensazione dei tagli applicati negli anni precedenti, di cui una parte destinata a compensare i comuni che, in fase di abolizione della Tasi per abitazione principale, presentano un gettito inferiore a quello standard;
    i comuni beneficiari della quota di solidarietà sono 4.324, mentre 2.309 comuni presentano assegnazioni negative;
    l'analisi degli effetti distributivi del fondo 2017 è stata effettuata con diverse angolazioni: se si considerano i parametri «fascia demografica» e «macro area territoriale», si evince dai dati rilevati che c’è stata una riduzione di risorse pro-capite di – 18,4 euro per i comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti nell'area meridionale, a + 16,4 euro pro-capite per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti nel centro del Paese;
    a livello di macro-aree geografiche per i comuni delle RSO, si nota che le risorse si spostano dall'area Nord con –3,2 pro-capite all'area Centro, con +6,3 euro pro-capite, dato su cui incide il miglioramento della posizione relativa al comune di Roma rispetto al riparto storico;
    è interessante notare come l'analisi per dimensioni e fasce demografiche rileva che il 50 per cento dei comuni peggiora la propria posizione rispetto ai trasferimenti storici e trattasi dei comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti per una quota del 25 per cento, per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti la quota dei comuni svantaggiati è pari a circa il 10 per cento, mentre i comuni che si avvantaggiano dal riparto perequativo 2017 sono quelli con popolazione compresa tra 5000 e 20.000 abitanti;
    dall'analisi emerge, altresì, che i comuni con maggiori diminuzione di trasferimenti sono distribuiti pressoché omogeneamente tra le differenti aree geografiche, con una leggera maggiore incidenza nel Nord-ovest e nel Sud del Paese, ma bisogna tener conto dell'influenza nel Centro-sud dell'incidenza del miglioramento pro-capite delle grandi città delle suddette aree, al fine di valutare in modo equilibrato la redistribuzione del Fondo fra i comuni del Centro-Sud;
    nel percorso di graduale abbandono dei trasferimenti storici nel sistema perequativo, stante l'effetto distorsivo dei tagli di spesa del 2013, che potrebbero influire sul calcolo dei fabbisogni attuali e futuri, si rileva la necessità di valutare preventivamente gli impatti redistributivi fra i vari enti locali del sistema perequativo puro al 100 per cento, al fine di valutare eventuali misure correttive;
    peraltro, all'attuazione del sistema perequativo graduale non è corrisposta l'applicazione legislativa della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli enti locali, come previsto dall'impianto della legge n. 42 del 2009;
    un effetto distorsivo a cui dare la massima attenzione e sensibilizzazione è l'erogazione del servizio asili-nido da parte dei comuni a ridotte dimensioni e situati nelle aree svantaggiate del Paese. Infatti, è qui che la mancanza di una spesa storica del servizio accompagnata da un rilievo di fabbisogno standard minimale, non favorirà nei prossimi anni l'attribuzione di una quota integrativa per assicurare i livelli essenziali da parte dei piccoli comuni svantaggiati, in presenza di una maggiore futura richiesta;
    si ritiene, inoltre, che, a prescindere dalle dinamiche della bassa domanda degli anni passati, sarebbe auspicabile che i comuni stessi siano messi nelle condizioni di poter comunque aumentare l'offerta di servizio di asili-nido per sostenere ed incentivare l'accesso delle donne nel mercato del lavoro. È un tema di particolare interesse considerato che la bassa partecipazione al lavoro delle donne appare direttamente correlata al minimo accesso delle famiglie italiane ai cosiddetti «aiuti formali», quali asili e servizi di assistenza, a fronte di una prevalenza degli «aiuti informali», a conferma del fatto che le esperienze lavorative delle donne sono caratterizzate dalla difficoltà di conciliare l'attività lavorativa con l'impegno familiare. In Italia, fino al 2016, è stato destinato solo l'1,4 per cento del Pil a contributi, servizi e detrazioni fiscali per le famiglie, dato ben più basso rispetto alla misura dell'1,8 per cento destinato in ambito OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nei Paesi a bassa fertilità. Una delle conseguenze dell'assenza di servizi di supporto nelle attività di cura in Italia è – secondo l'ISTAT – l'interruzione del lavoro per motivi familiari da parte del 30 per cento delle madri a fronte del 3 per cento dei padri. Bisogna affrontare in modo sempre più incisivo il tema centrale della fornitura di servizi di asilo nido per la conciliazione. Oggi i nidi sono offerti in misura limitata e a costi molto elevati;
    lo sviluppo del Paese, soprattutto delle aree svantaggiate, deve necessariamente essere conseguito mediante strumenti di rafforzamento di servizi importanti, quali asili nido, trasporti, servizi sociali, ricorrendo a politiche nazionali di settore, laddove lo strumento della perequazione non può essere l'unico mezzo per assicurare l'erogazione di determinati servizi a livello locale;
    senza entrare nel dettaglio delle approfondite analisi e proiezioni effettuate, è evidente che l'autonomia e la perequazione del sistema degli enti locali non sono attualmente sostenibili, in quanto si innestano in un sistema tributario comunale differente da quanto era previsto dalla disattesa riforma federalista;
    a fronte della razionalizzazione e della riduzione della spesa dei comuni mediante l'introduzione dei costi e fabbisogni standard, non si è provveduto ad aumentarne la capacità fiscale;
    è necessario quindi rivedere il sistema al fine di eliminare gli ostacoli alla realizzazione della piena autonomia finanziaria dei comuni, compromessa dai tagli cospicui, dagli alti interessi sul debito dei comuni e dal blocco della leva fiscale, ora che il Paese, uscito dalla recessione, ha intrapreso il percorso di crescita dell'economia, anche perché, nelle more del superamento definitivo della spesa storica, qualora fosse sbloccata la leva fiscale successivamente, enti di piccole dimensioni non sarebbero più in grado di assorbire lo stress da perequazione ricorrendo allo sforzo fiscale;
    diversamente è difficile per i comuni assicurare livelli essenziali delle prestazioni dei servizi alla collettività locali, in modo uniforme ed omogeneo su tutto il territorio nazionale, per superare gli squilibri regionali e migliorare la qualità della vita dei cittadini, utilizzando gli indicatori di benessere collettivo, in coerenza con quanto previsto dalla legge n. 163 del 2016, che ha inserito nel Documento di economia e finanza l'obbligo di monitorare la crescita dell'economia del Paese non solo in termini di crescita del Pil, ma anche valutando la qualità della vita tramite l'adozione dei suddetti indicatori,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione;
2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per definire misure correttive dell'attuale sistema di fiscalità locale e relativa perequazione destinando, anche gradualmente e compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, maggiori risorse per:
   a) contribuire al fondo di solidarietà comunale con risorse proprie integrative, come previsto dalla legge n. 42 del 2009, al fine di consentire a tutti i comuni nel prossimo triennio 2018-2020 di erogare i servizi essenziali nei limiti dei livelli essenziali previsti e definiti;
   b) attribuire ai comuni la spettanza del gettito dei fabbricati e degli immobili della categoria catastale D, al fine di destinare l'imposizione immobiliare interamente ai comuni, come era previsto nell'impianto federale della legge n. 42 del 2009;
   c) sbloccare la leva fiscale dei comuni, compensandola con la riduzione della pressione fiscale erariale;
   d) consentire il conseguimento di maggiore liquidità a disposizione dei comuni, autorizzando la rinegoziazione del debito dei medesimi enti, con i connessi oneri di riduzione dei tassi di interesse ovvero penali di anticipata estinzione a carico del bilancio dello Stato;
   e) prevedere appositi fondi aggiuntivi, facendoli eventualmente confluire nel fondo di solidarietà comunale, destinati all'implementazione del servizio degli asili-nido dei comuni delle zone svantaggiate.
(1-01710) «D'Incà, Caso, Castelli, Spessotto, Brugnerotto, Cariello, Sibilia».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

comune

prestazione di servizi

societa' di servizi