ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01574

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 773 del 04/04/2017
Firmatari
Primo firmatario: GIGLI GIAN LUIGI
Gruppo: DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Data firma: 04/04/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO 04/04/2017
BARADELLO MAURIZIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO 04/04/2017
DELLAI LORENZO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO 04/04/2017


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01574
presentato da
GIGLI Gian Luigi
testo di
Martedì 4 aprile 2017, seduta n. 773

   La Camera,
   premesso che:
    il Sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è stato istituito con il decreto del Ministero della salute del 31 marzo 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 175, 28 luglio 2008);
    in seguito alla pubblicazione del suddetto decreto, molte regioni italiane hanno istituito un sistema di sorveglianza di questa infezione, unendosi ad altre regioni e province che, già da vari anni, si erano organizzate in modo autonomo e avevano iniziato a raccogliere i dati;
    il decreto citato conferisce al Centro operativo Aids (Coa) dell'Istituto superiore di sanità (Iss) il compito di raccogliere le segnalazioni, gestire e analizzare i dati e assicurare il ritorno delle informazioni al Ministero della salute;
    al sistema di sorveglianza vengono notificati i casi in cui viene posta per la prima volta la diagnosi di infezione da Hiv, a prescindere dalla presenza di sintomi Aids-correlati. I dati vengono raccolti dalle regioni che, a loro volta, li inviano al Coa;
    dal 2012, anno in cui tutte le regioni italiane hanno attivato un Sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, la copertura ha raggiunto il 100 per cento dei casi;
    dal 2010 al 2015 sono state segnalate, entro giugno 2016, rispettivamente 4.051, 3.924, 4.183, 3.845, 3.850 e 3.444 nuove diagnosi di infezione da Hiv. La diminuzione delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, nell'ultimo anno, è in parte dovuta al ritardo di notifica;
    l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv (calcolata in base ai dati inviati dalle regioni segnalanti) era alta nella seconda metà degli anni ’80, raggiungendo un picco massimo di 26,8 nuovi casi per 100.000 residenti nel 1987; successivamente, è diminuita fino al 2006 e, dal 2010, è in costante lieve diminuzione, sia negli uomini che nelle donne;
    nel 2015 l'incidenza di infezione da Hiv è risultata pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti. Rispetto all'incidenza riportata dagli altri Paesi dell'Unione europea, l'Italia si posiziona al 13o posto: l'incidenza più alta è stata osservata nel Regno Unito, quella più bassa in Francia; nel 2015, Italia, Germania e Grecia hanno registrato incidenze simili intorno al 6 per 100.000 residenti;
    per quanto riguarda le differenze regionali, l'incidenza più alta, nel 2015, è stata osservata nel Lazio e quella più bassa in Calabria. Nella maggior parte delle regioni, l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv presenta un andamento in diminuzione, mentre in poche altre (Liguria, Campania, Basilicata) sembra essere in aumento;
    dal 1985, escludendo le persone di età inferiore ai 15 anni diagnosticate con Hiv, si osserva un aumento costante dell'età mediana al momento della diagnosi di infezione da Hiv, che è passata da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine a 39 anni e 36 anni nel 2015 rispettivamente;
    negli ultimi anni l'età mediana, al momento della diagnosi di infezione da Hiv, appare relativamente costante per le principali modalità di trasmissione;
    nelle classi d'età successive ai 14 anni la distribuzione delle nuove diagnosi di infezione da Hiv aumenta progressivamente tra i maschi, arrivando, nella fascia 40-49 anni all'80,2 per cento di maschi contro il 19,8 per cento di femmine;
    nei report epidemiologici, la modalità di trasmissione è attribuita secondo un ordine gerarchico che risponde a criteri definiti a livello internazionale, in base ai quali ogni nuova diagnosi è classificata in un solo gruppo. Con coloro che presentano più di una modalità di trasmissione, classificati nel gruppo con rischio di trasmissione più elevato (in ordine decrescente di rischio: 1. utilizzatori di droghe per via iniettiva, 2. omosessuali maschi, 3. eterosessuali, 4. non riportato);
    dalla metà degli anni ’80 a oggi la distribuzione delle nuove diagnosi di infezione da Hiv per modalità di trasmissione ha subito un notevole cambiamento: la proporzione degli utilizzatori di droghe per via iniettiva è diminuita dal 76,2 per cento nel 1985 al 3,2 per cento nel 2015, mentre sono aumentati i casi attribuibili a trasmissione sessuale. In particolare, i casi attribuibili a trasmissione eterosessuale sono aumentati dall'1,7 per cento nel 1985 al 44,9 per cento nel 2015 e i casi attribuibili a trasmissione tra omosessuali maschi nello stesso periodo sono aumentati dal 6,3 per cento al 40,7 per cento;
    in numeri assoluti, i casi più numerosi negli ultimi 4 anni sono attribuibili a trasmissione tra omosessuali maschi, costituendo in alcune regioni come Puglia (54,3 per cento), Emilia-Romagna (51,6 per cento) e Lombardia (51,2 per cento), più della metà delle nuove diagnosi di infezione da Hiv;
    appare significativo che, mentre sono gli omosessuali maschi che costituiscono quasi la metà delle nuove diagnosi tra gli italiani, tra gli stranieri, la proporzione maggiore di nuove diagnosi è in eterosessuali femmine, verosimilmente in relazione al fenomeno della prostituzione;
    significativo anche che, tra gli omosessuali maschi, il motivo del test per Hiv maggiormente riportato è stato un comportamento a rischio non specificato (33,2 per cento);
    infine, appare anche di rilievo che, tra i casi con età compresa tra i 18 e i 25 anni, il 49,3 per cento delle nuove diagnosi di infezione da Hiv era rappresentato da omosessuali maschi, rispetto al 22,5 per cento di eterosessuali femmine e al 15,2 per cento di eterosessuali maschi. Per quanto riguarda lo sviluppo dell'infezione in forma clinicamente evidente, nel 2015, sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di Aids segnalati entro giugno 2016, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti, un dato che attribuisce all'Italia la più alta incidenza di Aids tra i Paesi dell'Europa occidentale dopo il Portogallo;
    la diagnosi viene, purtroppo, effettuata sovente con grande ritardo, sia per comportamenti irresponsabili, sia per la ritardata comparsa dei sintomi che soli possono mettere in allarme il paziente che non si sia sottoposto alla indagine diagnostica;
    ne risulta che ancora troppe persone scoprono di aver contratto l'infezione da Hiv solo alla comparsa dei primi sintomi di Aids;
    circa l'80 per cento dei casi di Aids diagnosticati nel 2015 risulta non aver assunto alcuna terapia antiretrovirale prima della diagnosi, mentre si stima che un quarto delle persone Hiv positive sia inconsapevole del proprio stato di sieropositività;
    la consapevolezza dell'avvenuta infezione è, invece, fondamentale non solo per intraprendere al più presto la terapia farmacologica che rallenterà la progressione dei virus, ma anche per assumere comportamenti responsabili verso la diffusione dell'infezione;
    in analogia a quanto rilevato per le nuove diagnosi di infezione da Hiv, anche per i casi di Aids la distribuzione cumulativa dei casi di adulti per modalità di trasmissione e periodo di diagnosi evidenzia come il 51,8 per cento del totale dei casi segnalati tra il 1982 e il 2015 sia attribuibile alle pratiche associate all'uso di sostanze stupefacenti per via iniettiva. Tuttavia, la distribuzione nel tempo mostra un aumento della proporzione dei casi attribuibili ai rapporti sessuali sia omo che eterosessuali; quest'ultima rappresenta la modalità di trasmissione più frequente nell'ultimo biennio;
    suddividendolo, ulteriormente, la distribuzione dei casi di Aids attribuibili a rapporti eterosessuali (16.930 casi), in base all'origine della persona o al tipo di partner e al genere, si osserva che, in un decennio è diminuita la proporzione degli eterosessuali che hanno un partner tossicodipendente, mentre è aumentata la quota degli eterosessuali con un partner pluripartner o che hanno avuto rapporti con un partner pluripartner (persone che hanno presumibilmente contratto l'infezione per via sessuale, inclusi i partner di prostituta e le prostitute, non includibili in nessuna delle altre categorie);
    se è indubbio che, nel 2015, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l'85,5 per cento di tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,9 per cento; omosessuali maschi 40,6 per cento), è altrettanto vero che l'uso o il non uso del preservativo non bastano da soli a spiegare perché, a fronte di analoghe percentuali di rapporti non protetti gli omosessuali maschi e i pluripartner (i partner di prostituta e le prostitute) presentino proporzionalmente in maniera più elevata sia l'infezione e che la malattia conclamata;
    è evidente che è la stessa tipologia di comportamento (sesso promiscuo e omosessualità maschile a rappresentare il rischio maggiore di infettarsi e di ammalarsi;
    all'inverso è la forte diminuzione dell'uso di droghe per via iniettiva ad averne ridotto il ruolo infettivo;
    appare quindi illusorio pensare di limitare la diffusione dell'infezione senza una modificazione dei comportamenti a rischio affidandosi solo all'azione di barriera costituita dal preservativo;
    del resto, ciò e quanto insegna il differente esito delle campagne contro l'infezione da Hiv in Paesi, come la Thailandia, affidatasi solo al benefico del condom, e l'Uganda, che, senza rinunciare al condom, ha basato le sue campagne di prevenzione sull'educazione ed il cambiamento dei comportamenti a rischio;
    un ulteriore motivo di allarme per il futuro è costituito dal boom delle vendite di ellaOne, la pillola dei 5 giorni dopo, il cui uso è particolarmente diffuso tra le adolescenti e le giovani che praticano sesso non protetto con partner occasionali e che ricorrono all'uso di questo farmaco che impedisce l'annidamento dell'embrione per evitare la gravidanza indesiderata, moltiplicando tuttavia le occasioni a rischio con comportamenti deresponabilizzati;
    l'Italia si è recentemente dotata di un Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids per il triennio 2017-2019 che il Ministero della salute ha da poco trasmesso alle regioni in vista dell'esame in sede di Conferenza Stato-regioni;
    tra i principali obiettivi del Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids c’è quello di ampliare e facilitare l'accesso al test per incrementare i casi di Hiv diagnosticati, fino a rendere consapevoli del proprio stato il 90 per cento delle persone con Hiv, proteggendo la salute dei singoli, consentendo un accesso tempestivo alle cure, riducendo drasticamente la latenza diagnostica, anche per raggiungere più efficacemente la soppressione della carica virale con il trattamento precoce dei pazienti;
    ad oggi non è stato individuato un finanziamento specifico per attuare il suddetto piano,

impegna il Governo:

1) a reperire già nel prossimo disegno di legge di bilancio le risorse finanziarie necessarie a rendere attuabili le azioni proposte dal Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids, con particolare riferimento a quelle volte ad ampliare e facilitare l'accesso al test dell'Hiv, a garantire l'accesso alle cure, a migliorare le condizioni di salute delle persone affette;
2) a dare al più presto attuazione al nuovo Piano nazionale contro l'Aids, favorendo nel più breve tempo possibile, il raggiungimento dell'accordo sullo stesso in sede di Conferenza Stato-regioni;
3) a promuovere iniziative per la lotta contro la stigmatizzazione sociale delle persone sieropositive e di quelle affette da Aids;
4) a promuovere iniziative a carattere divulgativo ed informativo, miranti a far conoscere le modalità d'infezione e a sollecitare l'adozione di comportamenti responsabili;
5) a diffondere nelle scuole una cultura della prevenzione, fondata sull'educazione all'affettività ed il contrasto all'uso consumistico ed irresponsabile della sessualità e sull'adozione di comportamenti non a rischio dal punto di vista sessuale e del consumo di droghe;
6) a contrastare la diffusione di modelli di comportamento sessuale indifferenziati e intercambiabili, considerati i rischi sanitari connessi alla diffusione dell'Hiv/Aids che l'omosessualità, in particolar modo maschile, ad avviso dei firmatari del presente atto indubbiamente comporta;
7) a contrastare, a fini di prevenzione delle malattie in questione, il fenomeno della prostituzione attraverso meccanismi sanzionatori a carico dei fruitori del sesso a pagamento;
8) a coinvolgere le comunità straniere residenti in Italia nelle suddette campagne informative ed educative.
(1-01574) «Gigli, Sberna, Baradello, Dellai».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

AIDS

statistica della sanita'