ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01567

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 771 del 31/03/2017
Abbinamenti
Atto 1/00293 abbinato in data 03/04/2017
Atto 1/01437 abbinato in data 03/04/2017
Atto 1/01494 abbinato in data 03/04/2017
Atto 1/01511 abbinato in data 03/04/2017
Atto 1/01568 abbinato in data 03/04/2017
Atto 1/01570 abbinato in data 03/04/2017
Firmatari
Primo firmatario: RONDINI MARCO
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Data firma: 31/03/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
ATTAGUILE ANGELO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
BOSSI UMBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
CAPARINI DAVIDE LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
CASTIELLO GIUSEPPINA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
GIORGETTI GIANCARLO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
GRIMOLDI PAOLO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
INVERNIZZI CRISTIAN LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
PAGANO ALESSANDRO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
PICCHI GUGLIELMO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
SALTAMARTINI BARBARA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017
SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 31/03/2017


Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 03/04/2017
Resoconto POLVERINI RENATA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto CARNEVALI ELENA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 03/04/2017

DISCUSSIONE IL 03/04/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 03/04/2017

Atto Camera

Mozione 1-01567
presentato da
RONDINI Marco
testo presentato
Venerdì 31 marzo 2017
modificato
Lunedì 3 aprile 2017, seduta n. 772

   La Camera,
   premesso che:
    l'Aids rimane una delle cause principali di morte fra gli adolescenti: nel 2015 ha causato 41.000 vittime fra i ragazzi tra i 10 e i 19 anni, secondo il settimo rapporto sui bambini e l'Aids « For Every Child: End AIDS». Il mondo «ha fatto enormi progressi per porre fine all'AIDS, ma la battaglia è ancora lontana dall'essere conclusa, soprattutto per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti», ha dichiarato il direttore generale Unicef Anthony Lake;
    nel rapporto viene sottolineato che sono stati fatti considerevoli progressi nella prevenzione della trasmissione materno infantile dell'Hiv. Nel mondo, fra il 2000 e il 2015, sono stati evitati 1,6 milioni di nuovi contagi fra i bambini. Nel 2015 sono state colpite 1,1 milioni di persone fra bambini, adolescenti e donne;
    secondo l'Unicef i bambini fra 0 e 4 anni che convivono con l'Hiv rispetto a tutti gli altri gruppi di età, vanno incontro ai maggiori rischi di morte causata dall'Aids, e questi casi sono spesso diagnosticati e curati troppo tardi. Solo alla metà dei bambini nati da madri sieropositive viene effettuato un test per l'Hiv, nei primi due mesi di vita, e in Africa Subsahariana l'età media dei bambini, che cominciano a ricevere cure e ai quali le madri hanno trasmesso il virus dell'Hiv, è di circa 4 anni;
    nel 2015 nel mondo erano circa 2 milioni gli adolescenti fra i 10 e i 19 anni che convivevano con l'Hiv. Nell'Africa Subsahariana, la regione maggiormente colpita, 3 nuovi casi su 4 registrati fra gli adolescenti dai 15 ai 19 anni hanno colpito le ragazze;
    il 2015 è stato un anno record per la diffusione del virus nel continente europeo: 153.407 casi rispetto ai 142.000 dell'anno precedente. Circa l'80 per cento delle persone con Hiv si trova nei Paesi dell'Europa dell'Est, il 3 per cento nel Centro Europa e il 18 per cento negli Stati dell'Ovest. In Italia le nuove diagnosi di infezione Hiv nel 2015 sono state più di 3.000;
    si osserva un aumento dell'età mediana al momento della diagnosi di infezione da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2015 (sono escluse le persone di età inferiore ai 15 anni);
    i casi di Aids, secondo gli ultimi dati disponibili, registrati in Italia nel 2015 sono stati circa 789, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti, e i casi di prevalenza ammontano a 23.385 nel 2013. Inoltre, il 28,8 per cento delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera;
    la popolazione immigrata straniera è andata fortemente crescendo negli ultimi anni in Italia e spesso è di provenienza da Paesi ad alta endemia (cioè dove è alta la diffusione del virus). La proporzione di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da Hiv è aumentata dall'11 per cento nel 1992 a un massimo di 32,9 per cento nel 2006, nel 2015 è stata del 28,8 per cento, con un numero assoluto di casi pari a 99. Negli stranieri non vi sono forti differenze di genere (nel 2015 il 58,6 per cento erano uomini e 41,4 per cento donne), l'età mediana è più bassa rispetto a quella degli italiani e la modalità di trasmissione più importante è quella per via eterosessuale. Tra gli stranieri, l'incidenza dell'Hiv è più elevata in Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9 per cento), mentre tra gli italiani da Msm (48,1 per cento);
    analizzando l'andamento temporale delle notifiche di Aids si è passati da un caso del 1982 (il primo noto in Italia) ai 5.653 del 1995, con una crescita che è stata costante fino alla metà degli anni novanta. Dal 1996 si è assistito ad una riduzione dei nuovi casi, dapprima molto rapida e dal 2001 meno marcata. Rapportando i nuovi casi sulla popolazione residente (tassi di incidenza), le regioni più colpite nel 2010 sono state nell'ordine: Toscana, Lazio, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna, con un gradiente Nord-Sud nella diffusione della malattia essendo meno colpite le regioni meridionali e insulari;
    nel biennio 2012-2013 si stima che, in Italia, i decessi annuali con Aids sono circa 645 (ultimi dati disponibili); complessivamente, nel periodo 1983-2013, i decessi sono stati oltre 43 mila, con un andamento temporale simile a quello dei nuovi casi, ma il decremento dalla seconda metà degli anni novanta è stato molto più marcato per merito dell'introduzione della terapia antiretrovirale. Si è così passati dai primissimi decessi del 1983 ai 4.582 del 1995 con una crescita costante, dopo di che si è avuta una forte diminuzione fino ai valori attuali;
   il calo dei nuovi casi e dei decessi non è l'unico fenomeno che si è registrato nell'ultimo decennio. Vi sono stati numerosi altri cambiamenti che si sono potuti osservare grazie all'esistenza di sistemi di sorveglianza nazionali, regionali e provinciali dell'infezione da Hiv (cioè dello stato di sieropositività) che si affiancano a quelli della malattia conclamata (Aids). Tramite questi sistemi di monitoraggio epidemiologico, che operano con procedure rispettose della priyacy, è stato possibile riconoscere con tempestività i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni nelle caratteristiche di diffusione dell'Hiv e la maggior durata dello stato di infezione pre-Aids in seguito all'introduzione di nuove terapie, farmacologiche. A questo proposito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con decreto del 31 marzo 2008, ha promosso l'attivazione del sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, provvedendo ad aggiungere l'infezione da Hiv all'elenco della classe III delle malattie infettive sottoposte a notifica obbligatoria. Sulla scorta di tale decreto, varie regioni stanno organizzando l'attivazione del sistema regionale di sorveglianza;
    l'Aids è attualmente una malattia prevalentemente a trasmissione sessuale (MST). In passato, sia in Italia che in Europa, l'Hiv si trasmetteva prevalentemente mediante lo scambio di siringhe infette tra chi faceva uso di droghe iniettabili (come ancora sta avvenendo in molte parti del mondo, ad esempio in Europa Orientale od in Asia). Attualmente però la modalità principale di trasmissione è quella sessuale, in particolare quella eterosessuale. Le notifiche di infezione di Hiv associate a trasmissione sessuale sono aumentati dall'8,0 per cento del 1985 all'85,5 per cento del 2015. Questi cambiamenti impongono il superamento del concetto di categoria a rischio (omosessuali, tossicodipendenti, e altro); è necessario pertanto ragionare in termini di comportamenti a rischio, cioè rapporti sessuali non protetti, elevato numero di partner, non conoscenza dello stato di eventuale sieropositività del partner, scambio di siringhe. Si assiste, inoltre, ad un cambiamento delle modalità di trasmissione. Lo stesso fenomeno si registra anche dall'analisi dei casi conclamati di Aids: prima del 2000 il 61,4 per cento era dovuto a scambio di siringhe, mentre la trasmissione sessuale (etero, omo e bisessuale) interessava il 35,8 per cento, nel biennio 2014-2015 questi valori sono rispettivamente dell'11,3 per cento e del 79,8 per cento;
    ciò si verifica sia in seguito ai cambiamenti nei comportamenti individuali, sia per effetto della terapia farmacologia che ritarda, anche di molto, la progressione dell'Hiv. Si è così passati da un'età di mediana della diagnosi di Aids di 34 anni negli uomini e di 32 anni nelle donne nel 1995 a, rispettivamente, 45 e 43 anni nel 2015. Si preferisce utilizzare l'età mediana a quella media quando vi sono intervalli di valori piuttosto ampi;
    ciò è l'effetto della terapia antiretrovirale ad alta efficacia che ritarda sensibilmente la comparsa di sintomi, allunga anche di molto la sopravvivenza e soprattutto migliora la qualità di vita dei pazienti con Aids conclamato. Un altro dato interessante è che oltre il 79,9 per cento dei casi di Aids diagnosticati nel 2015 non ha fatto terapia antiretrovirale prima della diagnosi;
    ancora troppe persone in Italia scoprono di aver contratto l'Hiv quando compaiono i primi sintomi dell'Aids: nel 2015 il 74,5 per cento delle persone a cui è stata fatta diagnosi di Aids ha fatto il primo test di Hiv prima di 6 mesi. È quello che i tecnici chiamano ritardo di diagnosi. Questo fenomeno è segnale di una bassa percezione del rischio, soprattutto fra chi si infetta per via sessuale e fra gli stranieri. Si stima, infatti, che un quarto delle persone Hiv positive, in Italia, non conosca il proprio stato di sieropositività. È importante, invece, riconoscere precocemente l'avvenuta infezione da Hiv, da un lato per intraprendere la terapia farmacologica antiretrovirale che rallenterà fortemente la progressione del virus e dall'altro per assumere comportamenti consapevoli verso il prossimo. Questi vanno sempre attuati indipendentemente dal conoscere o meno il proprio stato di sieropositività. Il ritardo di diagnosi è più frequente in chi ha contratto l'infezione per via sessuale (in particolare quella eterosessuale). La diagnosi precoce permette, inoltre, non solo di avviare prima la terapia farmacologica, ma anche e soprattutto di modularla sulla singola persona riducendone gli effetti collaterali;
    dal 1994 non si registrano nuovi casi sia tra gli emofilici, che tra i trasfusi e sono in netto calo i nuovi casi di Hiv pediatrico (negli ultimi anni poche unità all'anno). Ciò è il frutto, da un lato, del controllo costante della provenienza del sangue: selezione ed educazione dei donatori ad una maggior consapevolezza e controllo di laboratorio di ogni singola sacca; dall'altro, è l'effetto dell'applicazione delle linee guida che prevedono l'effettuazione del test Hiv in gravidanza ed il trattamento antiretrovirale nelle donne gravide risultate positive. Sebbene questa pratica dovrebbe essere assicurata a tutte le donne gravide, a livello mondiale, purtroppo, solo una bassa percentuale delle donne incinta può effettuare questo test. Senza varcare i confini del nostro Paese, molti obiettivi rimangono ancora da perseguire, soprattutto in ambito educativo: non è ancora soddisfacente la conoscenza dell'Hiv di come si trasmette e di come si prevenga il contagio. Troppe persone, soprattutto giovani, non conoscono l'uso corretto dei sistemi di protezione durante i rapporti sessuali (ad esempio preservativo) o non ne accettano a priòri l'uso pur avendo comportamenti fortemente a rischio;
    gli ultimi dati disponibili riportano che 200.507 sono le pillole dei cinque giorni dopo vendute in farmacia da gennaio a ottobre 2016, nel 2014 erano 13.401. Nel giro di due anni, sempre nello stesso periodo, l'aumento è di 15 volte. Tra il 2014 e il 2015 la crescita è del 664,2 per cento tra il 2015 e il 2016 del 95,8 per cento. La loro funzione è mettere al riparo da una possibile gravidanza dopo un rapporto non protetto (o in cui il metodo contraccettivo ha fallito). Tale incremento di vendite è da considerarsi un ulteriore campanello di allarme riguardo comportamenti sessuali a rischio, che non coinvolge solo la possibilità di gravidanze, ma di un serio rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale tra cui l'Hiv,

impegna il Governo:

1) a dare piena attuazione al muovo piano nazionale contro l'Aids, permettendo di adeguare la lotta alla malattia al nuovo contesto storico e sociale in cui si inserisce, prevedendo la messa a punto e la realizzazione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni; per facilitare l'accesso al test facendo emergere il «sommerso», garantire a tutti l'accesso alle cure, favorire il mantenimento cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento, migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone che vivono con Hiv e Aids, coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale, tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone che vivono con Hiv e Aids, promuovere la lotta allo stigma e promuovere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni a rischio;
2) a promuovere, all'interno delle scuole, a partire dall'ultimo anno delle medie, la cultura e la conoscenza delle patologie parenterali, portando all'interno delle strutture figure professionali quali infermieri e medici infettivologi per educare alle buone pratiche e alla prevenzione;
3) a promuovere la pubblicità progresso a scopo divulgativo e informativo, prevedere la distribuzione di opuscoli e cartoline esplicative sull'Aids in ambienti frequentati da giovani e non solo, come in locali da ballo e di divertimento in genere, nonché negli ambulatori dei medici di base e specialisti;
4) ad assumere iniziative di competenza affinché i medici di base, nel prendere contatti con i propri pazienti di giovane età, si adoperino per dare loro tutte le informazioni necessarie sul tema.
(1-01567) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

AIDS

prevenzione delle malattie