ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01444

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 711 del 06/12/2016
Abbinamenti
Atto 1/00744 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01296 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01440 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01441 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01442 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01443 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01445 abbinato in data 06/12/2016
Atto 1/01446 abbinato in data 06/12/2016
Firmatari
Primo firmatario: BINETTI PAOLA
Gruppo: AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Data firma: 05/12/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CALABRO' RAFFAELE AREA POPOLARE (NCD-UDC) 05/12/2016
BOSCO ANTONINO AREA POPOLARE (NCD-UDC) 05/12/2016


Stato iter:
06/12/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 06/12/2016
Resoconto BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 06/12/2016
Resoconto BURTONE GIOVANNI MARIO SALVINO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 06/12/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 06/12/2016
Resoconto VARGIU PIERPAOLO CIVICI E INNOVATORI
Resoconto GIGLI GIAN LUIGI DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto NICCHI MARISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto D'INCECCO VITTORIA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 06/12/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 06/12/2016

DISCUSSIONE IL 06/12/2016

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 06/12/2016

ACCOLTO IL 06/12/2016

PARERE GOVERNO IL 06/12/2016

APPROVATO IL 06/12/2016

CONCLUSO IL 06/12/2016

Atto Camera

Mozione 1-01444
presentato da
BINETTI Paola
testo di
Martedì 6 dicembre 2016, seduta n. 711

   La Camera,
   premesso che:
    l'obesità infantile (OI) può essere considerata a buon diritto come una piaga del 21o secolo, che si è manifestata in un solo cambio generazionale. Stando alle cifre, l'obesità infantile rappresenta il paradosso dei nostri tempi: 60 miliardi di euro per ipernutrirci, 30 miliardi di euro in messaggi dei mass media per convincerci a mangiare cibo ipercalorico e 45 miliardi di euro in attività fisiche o diete per ridurne i guasti. Il cambio di abitudini alimentari rappresenta la più radicale trasformazione ambientale degli ultimi 50 anni;
    in Italia, l'elevato incremento del fenomeno dell'obesità nei fanciulli attorno ai 6 anni impone l'adozione di programmi di prevenzione precoce. Urge un'attività di sensibilizzazione dei genitori attraverso semplici azioni preventive per ridurre la prevalenza di eccesso ponderale, azioni basate ovviamente su evidenze scientifiche. La Società Italiana di Pediatria (SIP), la Società di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) insieme al Ministero della Salute con il Progetto «MiVoglioBene» hanno da tempo individuato dieci azioni di prevenzione primaria, da attuare in sinergia tra genitori e pediatri sin dai primi giorni di vita del bambino: 6 azioni riguardano la nutrizione (allattamento al seno esclusivo per almeno 6 mesi, svezzamento a partire dai 6 mesi, apporto proteico controllato nei primi 2 anni, esclusione di bevande contenenti calorie, eliminazione del biberon dai 24 mesi, uso di un atlante fotografico delle porzioni alimentari corrette), 3 riguardano lo stile di vita (mezzi di trasporto, giochi di movimento, controllo della sedentarietà), solo 1 riguarda l'identificazione preventiva dell'insorgenza di un «precoce aumento dell'adiposità (early adiposity rebound)» tramite il controllo della curva della crescita e dell'indice della massa corporea (curva del BMI: body mass index);
    dal punto di vista epidemiologico l'obesità è il disturbo nutrizionale più frequente nei Paesi occidentali. 41 milioni di bambini sotto i 5 anni in sovrappeso e obesi. In Asia quasi la metà, il 25 per cento in Africa. Ma anche i paesi ad alto reddito non se la passano meglio. Il rapporto della commissione ECHO (Ending Childhood Obesity) dell'Organizzazione mondiale della sanità, frutto di due anni di lavoro e presentato in gennaio 2016, disegna uno scenario inquietante, soprattutto nei paesi in via di sviluppo: dal 1990 al 2014, infatti, il numero di bambini in sovrappeso è raddoppiato da 7,5 a 15,5 milioni;
    in una recente indagine statistica condotta in Italia dall'istituto nazionale della nutrizione e dall'ISTAT, si rileva che circa il 25 per cento della popolazione infantile italiana è in sovrappeso. La prevalenza del sovrappeso infantile ha mostrato un lento e progressivo incremento negli anni. Si è passati dal 6 per cento degli anni ’60 al 15 per cento degli anni ’80, al 20 per cento degli anni ’90, al 25 per cento degli anni dopo il 2000. Si rileva un continuo incremento di questa percentuale: il dato più allarmante è che l'obesità comparsa nell'età evolutiva persista nell'età adulta in una percentuale variabile dal 40 per cento al 60 per cento. La persistenza di obesità nell'età adulta dipende da diversi fattori che includono età d'insorgenza, grado di obesità e presenza di obesità in almeno uno dei genitori;
    quanto ai fattori di rischio, attualmente, la prevalenza di sovrappeso e obesità infantile a 6 anni in Italia è paragonabile a quella delle età successive (circa il 25 per cento); non ci sono differenze significative tra i sessi, mentre invece ci sono variazioni significative tra le diverse aree geografiche. La prevenzione, per essere efficace, è bene che cominci nei primissimi anni di vita, se non già dalla nascita;
    i principali fattori di rischio per l'obesità infantile sono stati identificati dagli studi scientifici e sono classificabili in fattori familiari e individuali. Tra i fattori familiari, i più importanti sono la presenza di obesità nei genitori e lo stile di vita familiare. Tra quelli individuali, c’è una scorretta alimentazione nei primissimi anni (ipercalorica, eccesso di proteine, grassi e zuccheri semplici) e un eccesso di attività sedentaria associato a una riduzione dell'attività motoria;
    quanto alla prevenzione primaria i programmi preventivi adottati hanno avuto scarso successo in quanto, indirizzati prevalentemente o unicamente alla classe medica, sono riusciti a coinvolgere minimamente le altre componenti sociali (famiglia, scuola, media, istituzioni, aziende commerciali). Solo azioni coordinate, nell'ambito di campagne a largo raggio, possono avere chance di successo. Senza però dimenticare che i giovani oggi sono circondati da un ambiente che è stato definito: «tossico ed obesigenico», per cui non è sufficiente un intervento sul singolo bambino, ma occorre innestare un processo positivo di ecologia alimentare, che generi comportamenti corretti ad ampio raggio e favorisca stili di vita più sani, in cui i bambini recuperino il gusto del gioco di movimento, quasi completamente soppiantato dai giochi elettronici;
    nella realtà italiana, il pediatra di libera scelta (PLS) può essere una figura cruciale della prevenzione dell'obesità, poiché il suo ruolo è fondamentale nell'acquisizione precoce di corrette abitudini alimentari e stili di vita. Pertanto, rappresenta la figura professionale che possiede i migliori requisiti in questo contesto: in genere conosce bene la famiglia, segue il bambino dalla nascita fino almeno ai 6 anni di vita (età di esclusiva) utilizzando al riguardo i bilanci di salute (8 visite di controllo a tempi codificati nei primi 6 anni di vita), vale a dire momenti istituzionalmente dedicati alla prevenzione. Inoltre, ha ulteriori frequenti occasioni di contatto con il bambino e la sua famiglia per rafforzare il suo ruolo educativo e per interpretare il pattern di crescita del bambino, comunicandone ai genitori eventuali deviazioni dalla norma. Il pediatra di libera scelta può diventare con la sua insostituibile presenza l'attore principale nella prevenzione della patologia cronica. Perché ciò si realizzi serve il completamento della «rivoluzione del ruolo», peraltro già in atto negli ultimi anni, che vada oltre la pur indispensabile gestione e cura della patologia acuta e il mero regime dei controlli di routine;
    sebbene siano noti alla comunità scientifica internazionale i pilastri della prevenzione precoce dell'obesità, ad oggi nessun progetto è stato applicato su vasta scala ai giovani italiani. Ciò può dipendere anche da lacune organizzative, e la pediatria di libera scelta nel nostro Paese può rappresentare una risorsa non comune. È indubitabile che alcuni pediatri di libera scelta, e forse molti, siano già sensibilizzati al problema e si adoperino attivamente nella pratica quotidiana, in base alle loro conoscenze e abilità individuali. La novità del progetto sussiste nel definire una «finestra» di presunta maggiore efficacia per le singole azioni, differente per ognuna di esse;
    dal punto di vista dell'eziopatogenesi, considerando l'alta percentuale di insuccesso a lungo termine nel trattamento dell'obesità in età adulta, è necessario intervenire sui fattori di rischio eziopatogenetici dell'obesità, già nella prima infanzia. Fisiologicamente il bambino mostra una grande stabilità di accrescimento ponderale, staturale e della massa adiposa. Il rapporto dinamico evolutivo tra massa magra e massa grassa è finemente regolato da un sistema integrato di relazioni psico-neuro-endocrino-immunitarie (PNEI), influenzate da: familiarità, scelte alimentari, dispendio energetico e relazioni psico-affettive;
    sul piano della familiarità, solo nell'1 per cento dei bambini l'obesità è dipendente da sindrome genetica in senso stretto. Nel 99 per cento dei casi l'obesità infantile è primitiva o essenziale. Per familiarità, si deve intendere l'insieme dei fattori interagenti nell'ambiente familiare, spesso dipendenti dalla presenza di obesità parentale. I dati riportati in letteratura forniscono prove consistenti sul ruolo delle abitudini nutrizionali della famiglia obesa, in relazione all'influenza esercitata dai genitori sull'entità dell'apporto alimentare e sulle scelte alimentari dei figli. L'evenienza di uno o più genitori con eccesso ponderale rappresenta un rischio maggiore di obesità nei figli. La percentuale è del 34 per cento se entrambi i genitori sono obesi; è del 25 per cento se solo uno dei genitori è obeso; scende al 18 per cento se nessuno dei due genitori presenta eccesso ponderale;
    l'analisi delle preferenze alimentari del bambino obeso mostra la tendenza ad assumere una quota eccessiva di lipidi, proporzionale al proprio livello di adiposità ed al grado di adiposità riscontrato nella madre. Lo stretto legame che unisce metabolicamente il bambino alla madre inizia già nella vita fetale. La formazione dei centri ipotalamici responsabili della regolazione della fame e sazietà inizia, nel feto, nel 1o-2o trimestre di gravidanza. Nel 3o trimestre il numero degli adipociti aumenta. L'evoluzione embrionale è, quindi, significativamente influenzata dalla situazione nutrizionale ed endocrino-metabolica della madre, che costituisce un fattore associato alla comparsa di obesità nel bambino. La correzione degli errori alimentari materni durante la gravidanza è il primo «step» preventivo dell'obesità infantile;
    dal punto di vista dell'alimentazione in gravidanza numerose evidenze scientifiche hanno ripetutamente evidenziato come il diabete non insulino-dipendente e l'obesità durante la gravidanza rappresentino fattori favorenti la comparsa di obesità infantile. Nella donna normopeso in gravidanza, un aumento medio di 9-11 chilogrammi rispetto al peso iniziale (qualunque esso sia), ha sicuramente un ruolo protettivo nei confronti del successivo sviluppo di obesità. Viceversa, l'incremento di peso oltre questo valore e l'ipernutrizione nel 3o trimestre di gravidanza, sono adipo-genetici. È opportuno, quindi, programmare una dieta ipocalorica bilanciata durante l'intera gravidanza delle donne obese e prescrivere una dieta normo-calorica nel 3o trimestre di gestazione delle donne normopeso; ulteriori fattori di rischio in gravidanza sono, a parere dei presentatori del presente atto di indirizzo, i tossici assunti con gli alimenti. Tuttavia, pochi sono gli studi sulla correlazione tra tossici alimentari, nutrizione in gravidanza e possibili effetti sul sistema nervoso immunitario ed endocrino fetale;
    l'ipotesi è che il feto subisca effetti disregolativi da carico tossico alimentare e da carenze qualitative presenti nella dieta materna, soprattutto se contiene cibo manipolato industrialmente. Ulteriori fattori materni di rischio sono rappresentati dai disturbi flogistici cronici intestinali, in particolare da disbiosi putrefattiva, stipsi ed intolleranze alimentari. Le recenti ricerche in ambito psico-neuro-endocrino-immunitario evidenziano come le citochine pro infiammatorie, la leptina ed altri neuro-ormoni possano svolgere un ruolo centrale nella modulazione del metabolismo della cellula adiposa; è la qualità del rapporto madre-figlio ad operare questa diversificazione. La lentezza di sviluppo e la prolungata dipendenza materna, programmata naturalmente, è giustificata dal vantaggio che ne deriva nell'apprendimento e nella maturazione psico-comportamentale. Il bambino allattato su sua richiesta, prende ogni volta piccole quantità di latte. Non ha, quindi, bisogno di riserve;
    le esigenze nutrizionali del bambino nella seconda infanzia sono differenti da quelle del lattante. In natura, nessun mammifero consuma in nessuna epoca della vita il latte di un'altra specie. Nel caso dell'uomo, il consumo di latte di altra specie (mucca in particolare) sin dai primissimi anni di vita è considerato fisiologico e raccomandato dall'industria alimentare nonostante il latte vaccino sia previsto in natura per la crescita del vitello e sia molto diverso per composizione da quello umano;
    sul piano dell'allattamento artificiale il latte vaccino contiene una quantità eccessiva di proteine. L'allattamento al seno appartiene a questo progetto naturale e fornisce al bambino un alimento adeguato alle proprie esigenze nutrizionali, immunitarie e di sviluppo. Il latte umano è molto ricco di acqua e povero di grassi e proteine. Contiene in prevalenza caseina, piuttosto che lattoglobuline. La caseina, in presenza dei succhi gastrici, può formare nello stomaco grossi coaguli (latte cagliato) che inducono sazietà per circa 4 ore dopo la poppata. Contiene lipidi in quantità lievemente superiore al latte umano rappresentati prevalentemente da grassi saturi; un ulteriore fattore di rischio per il lattante nutrito con latte vaccino deriva dalla carenza del mix vitaminico essenziale, tipica del latte vaccino, che contiene dal 50 all'80 per cento in meno rispetto al fabbisogno. Il maggior apporto calorico, l'eccesso di proteine e grassi saturi, le difficoltà digestive indotte e lo stress immunitario da intolleranza squilibrano l'asse neuro-immuno-endocrino di regolazione dell'adipogenesi normalmente presente fino ai 2 anni di vita. L'indispensabile ricorso al biberon, caratteristico dell'allattamento artificiale, provoca una riduzione del dispendio energetico neonatale rappresentando un'ulteriore fattore di rischio adipogenetico;
    per quanto concerne l'allattamento al seno il neonato sfrutta al 100 per cento il minor contenuto di proteine del latte materno, caratterizzato dalla prevalenza di lattoglobuline rispetto alla caseina. La maggior presenza in glicidi (in particolare lattosio) facilmente digeribili, migliora l'utilizzazione proteica e l'assorbimento del calcio. Il ridotto contenuto in lipidi modula, invece, la durata della poppata. Il minor valore calorico viene compensato dal lattante, che succhia più a lungo il seno materno, soprattutto nella parte finale della poppata, più ricca in lipidi, per ottenere il desiderato apporto calorico. Mentre il latte vaccino è caratterizzato da una composizione fissa di nutrienti, la composizione del latte materno cambia in progressione con la crescita del neonato, adattandosi alle sue esigenze. È evidente che solo con un allattamento a richiesta e non ad orari fissi il bambino può autoregolarsi, imparando a modulare il meccanismo fame/sazietà. Impegnerà, inoltre, uno sforzo importante nell'atto di suzione regolando il dispendio energetico;
    l'allattamento a richiesta e lo sforzo della suzione vengono indicati come protettivi nei confronti dell'insorgenza di obesità infantile. L'esperienza suggerisce che il prezioso contributo in simbionti di specie e in IgA secretorie fornite al lattante con il colostro e successivamente con il latte materno, svolga un ruolo fondamentale nella maturazione del sistema immunitario intestinale (GALT). Si ritiene che durante lo svezzamento la mucosa intestinale del neonato, mantenutasi integra grazie a queste preziose componenti, consenta la graduale introduzione di antigeni alimentari;
    vi sono quattro errori più frequenti nella dieta dei bambini obesi; è stato posto l'accento su alcuni indicatori specifici degli stili alimentari dei bambini obesi per comprendere il legame tra stile di alimentazione e salute. In particolare sono stati esaminati i dati su:
     colazione non adeguata; nel 2012 la quota di bambini e ragazzi di 3-17 anni che fa una colazione non adeguata era pari al 9,9 per cento sono soprattutto i ragazzi di 11-17 anni a caratterizzarsi per questo comportamento alimentare (16,7 per cento), mentre tra i più piccoli di 3-10 anni tale quota scende al 3,9 per cento;
     consumo di snack almeno una volta al giorno; riguarda il 14,2 per cento dei 3-17enni, con quote più elevate registrate anche in questo caso tra i più grandi (11,4 per cento 3-10 anni contro 17,4 per cento 11-17 anni). Anche per il consumo giornaliero di snack si ripropone la stessa associazione inversa, con il titolo di studio delle madri: la percentuale di consumo di snack aumenta man mano che si abbassa il livello di istruzione;
     consumo giornaliero di verdura, ortaggi e frutta: la quota di bambini e ragazzi che consuma 4 o più porzioni di frutta e verdura al giorno è pari al 12 per cento mentre il 63,2 per cento si caratterizza per un consumo più basso, cioè fino a 3 porzioni;
     consumo di più di mezzo litro di bevande gassate al giorno: i dati del 2012 rilevano la relazione con il titolo di studio delle madri; la quota di consumatori quotidiani di più di mezzo litro di bevande gassate tra i ragazzi di 11-17 anni è pari al 4,7 per cento se le madri sono laureate, al 10,4 per cento se hanno il diploma di scuola superiore all'8,6 per cento se completato solo la scuola dell'obbligo;
    va poi tenuto conto del ruolo degli zuccheri nella dieta del bambino obeso; lo zucchero per molti secoli non ha fatto parte dell'alimentazione abituale dell'uomo, al suo posto si usava soprattutto il miele. Rientrava tra le spezie importate dall'oriente e rivendute a caro prezzo. Tentativi di coltivare la canna da zucchero anche in Europa, in particolare in Sicilia non dettero buoni risultati, solo grazie alla coltivazione della barbabietola da zucchero si svilupparono gli zuccherifici in Europa, con l'ovvia diminuzione dei prezzi dello zucchero e l'aumento del suo consumo, divenuto più accessibile;
    dopo l'avvento delle bibite zuccherate e gassate (e dei distributori automatici), si è passati al consumo quotidiano e di massa; oggigiorno è acclarato come il consumo incontrollato delle «bevande di fantasia zuccherate» sia una delle cause principali dell'obesità infantile e dell'età adulta, mentre fino a pochi decenni fa il mondo scientifico ancora dibatteva per la mancanza di prove scientifiche decisive. Grazie ad uno studio pubblicato nel 2001, è stato dimostrato che la prima causa di obesità dei bambini americani è il consumo abituale di bevande gassate e zuccherate, mentre altri studi confermano le osservazioni anche negli adulti ed evidenziano che causa importante di obesità è la frequentazione dei fast-food;
    l'organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha diffuso la raccomandazione di contenere il consumo di zucchero entro il 10 per cento delle calorie totali (circa 50 grammi di zucchero al giorno per un uomo che consumi 2.000-2.500 chilocalorie), mentre i nuovi livelli di assunzione di riferimento dei nutrienti ed energia – LARN – (le raccomandazioni italiane) raccomandano di contenere il consumo di zuccheri semplici, siano essi naturalmente presenti negli alimenti, come in frutta, latte, siano essi aggiunti, nell'ambito del 15 per cento del fabbisogno, specificando però che un consumo «potenzialmente legato a eventi avversi» riguarda valori superiori al 25 per cento del fabbisogno. Nell'aprile 2014, l'obesità infantile rivisto al ribasso la percentuale di consumo di zucchero dal 10 per cento al 5 per cento del totale delle calorie assunte quotidianamente;
    le raccomandazioni dell'Oms sono state osteggiate dalle grandi corporation alimentari, che le ritengono prive di prove scientifiche;
    vanno anche considerate le conseguenze dell'obesità infantile sul piano della salute fisica; l'obesità infantile preoccupa in quanto i bambini obesi hanno maggiori possibilità di divenire adulti obesi e di conseguenza di avere un maggior rischio di sviluppare una serie di condizioni patologiche, quali i tumori (in particolare al seno, al corpo dell'utero e al colon-retto), diverse patologie croniche come le malattie cardiovascolari (ischemie, ictus), l'ipertensione arteriosa, il diabete tipo 2, problemi muscolo-scheletrici e respiratori;
    è necessario tenere conto del fatto che circa il 50 per cento degli adolescenti obesi (con indici di massa corporea pari o superiore al 95o percentile) tende a diventare un adulto obeso. Inoltre, i fattori di rischio per le malattie degli adulti che sono associati con l'obesità nei bambini e negli adolescenti persistono in età adulta o aumentano in termini di prevalenza all'aumentare del peso. Non vanno dimenticate le conseguenze sul piano emotivo e sociale dell'obesità, tra cui bassa autostima e ridotte relazioni sociali. I bambini obesi sono a rischio di stigmatizzazione ed esclusione sociale, con conseguente maggiore rischio di abbandono scolastico, più basso rendimento scolastico, ridotta stabilità occupazionale e più basso livello di retribuzione salariale. Peraltro, i bambini obesi sperimentano peggiori condizioni di salute mentale e fisica, infatti sono comuni tra loro i problemi respiratori, l'ipertensione, la resistenza all'insulina e problemi osteo-articolari;
    si rilevano inoltre complicanze immediate: sul piano psicologico, si notano disturbi del comportamento correlati al peso corporeo. Le immagini fisiche che i mass inedia trasmettono come modelli estetici da emulare non hanno nulla che faccia pensare ad una forma fisica che una volta sarebbe stata identificata come quella di un bambino sano, magari appena un po’ «rotondetto». Oggi l'immagine prevalente della perfetta forma fisica ha tratti quasi anoressici, per cui è facile immaginare il disagio del ragazzo rispetto ai modelli di successo vincente. Il bambino obeso diventa così un caso emblematico di esposizione alla emarginazione, per incapacità di rispondere ai canoni estetici del momento. Si espone alle ironie dei compagni, a forme di bullismo da non sottovalutare, a complessi di inferiorità che appaiono come vere e proprie forme di depressione infantile, che paradossalmente inducono i bambini a cercare ancor più nel cibo la loro soddisfazione;
    vanno considerati altresì i problemi ortopedici: le alterazioni scheletriche sono dovute all'eccessivo sovraccarico sulle cartilagini di crescita non ancora saldate degli arti inferiori. Esse riguardano con maggior frequenza il ginocchio valgo e il piede piatto funzionale o piede piatto valgo essenziale. Sotto il peso eccessivo, la volta plantare appare appiattita e slargata; la testa dell'astragalo e lo scafoide sporgono medialmente ed il tallone è in valgo. Il cedimento dell'arco plantare, a volte più accentuato in un piede, può determinare lievi asimmetrie delle anche (triangoli della taglia) e risultare in atteggiamenti scoliotici. Altre alterazioni scheletriche possono essere rappresentate dalla malattia di Blount e dalla epifisiolisi dell'anca;
    si rilevano anche i problemi respiratori: la maggior parte dei bambini obesi non presenta disturbi respiratori clinicamente evidenti. La dispnea dopo esercizio fisico è causata da un aumentato lavoro cardiaco dovuto al sovraccarico e ad una limitazione funzionale respiratoria dovuta al maggior lavoro dei muscoli respiratori. Infatti, la parete toracica offre più resistenza ed il diaframma deve muoversi contro una aumentata pressione addominale. D'altra parte, l'ipossia e l'ipercapnia dopo sforzo riducono la contrattilità muscolare ed accelerano l'insorgenza di fatica muscolare;
    va inoltre tenuto conto dei problemi gastroenterologici: in età evolutiva l'obesità avrebbe un ruolo determinante nella formazione di calcoli biliari nell'8-33 per cento dei casi. Si stima che adolescenti obesi abbiano un rischio quadruplicato di sviluppare calcolosi rispetto ad adolescenti normopeso. L'aumentata attività lipolitica nei soggetti obesi conduce ad alterazioni epatiche. Circa il 20-25 per cento dei bambini obesi presenta iper-transaminasemia e sono riscontrabili segni ecografici di steatosi epatica. Il peggioramento dello stato di obesità, la sua durata, ed il sesso maschile favoriscono la progressione della steatosi verso una fibrosi. Sia l'ipertransaminasemia che la steatosi sono condizioni reversibili con il calo ponderale;
    si rilevano altresì i problemi neurologici: lo pseudotumor cerebri è caratterizzato da cefalea, vomito e disturbi della visione. L'aumentata pressione intra-addominale causa aumento della pressione polmonare che si ripercuote sulla emodinamica cerebrale per una aumentata resistenza al ritorno venoso. L'obesità è presente nel 30-80 per cento dei bambini con pseudotumor cerebri. Si evidenziano anche alterazioni dell'accrescimento. L'obesità semplice in età pediatrica comporta quasi sempre un aumento staturale per l'età cronologica ed una avanzata maturazione ossea. Tant’è che, in presenza di un bambino con obesità di grado elevato e ritardo staturale, una volta esclusa una bassa statura familiare, devono essere sempre ricercati altri segni e caratteristiche tali da porre correttamente una diagnosi differenziale tra obesità primaria e secondaria a patologia endocrina o sindromica. Spesso, soprattutto nelle femmine, è presente uno sviluppo sessuale anticipato. Le carte di crescita del bambino obeso mostrano che durante la prepubertà, i soggetti obesi, sia maschi che femmine, presentano una statura superiore a quella della popolazione normopeso. A partire dall'età di 13 e 12.5 anni, rispettivamente per i maschi e per le femmine, il vantaggio staturale viene gradatamente perduto fino all'età adulta in cui i soggetti obesi vedono pareggiare la loro statura definitiva con quella della popolazione normale;
    vanno anche considerate le conseguenze a medio e lungo termine: le complicanze metaboliche sono strettamente collegate alla insulino-resistenza (IR) ed alla topografia del grasso. Questa associazione predispone precocemente alla intolleranza ai carboidrati ed al diabete tipo II (DB2). L'obesità nel periodo adolescenziale presenta un maggior rischio metabolico in quanto, in questo periodo della vita, come è noto, esiste una resistenza all'insulina «fisiologica»;
    si evidenziano altresì i fattori di rischio per la patologia cardiovascolare. Alle luce di nuove acquisizioni, oggi l'obesità può essere intesa come una vera e propria patologia flogogena innescante processi aterosclerotici precoci sganciati dai tradizionali fattori di rischio aterogeno che nel tempo conducono alla patologia cardio e cerebrovascolare. È oramai dimostrato che il tessuto adiposo produce TNF-alfa, IL-6 ed IL-1beta. Il TNF-alfa è un potente stimolatore della espressione di adesine endoteliali. La IL-6 induce la riduzione di NO, il recruitment dei leucociti, agisce come un co-stimolatore della produzione sia di fibrinogeno che di PAI-1. L'endotelio, così attivato, risponde con l'espressione di molecole specifiche, definite adesine o molecole di adesione endoteliale che permettono il contenimento e la successiva eliminazione dello stimolo stesso;
    sul piano della spesa pubblica, l'obesità comporta elevati costi per la società: costi diretti, costituiti dalle risorse spese per la diagnosi ed il trattamento dell'obesità in se stessa e delle patologie ad esso correlate, e costi indiretti, dovuti alla perdita di produttività causata dalle maggiori assenze dal lavoro delle persone obese e dalla loro morte prematura. Secondo le ultime stime, l'Oms, circa il 7 per cento del budget sanitario dei Paesi europei viene speso per malattie legate all'obesità;
    un paziente obeso ha un impatto sulle casse del sistema sanitario nazionale fino al 51 per cento in più rispetto a uno normopeso. E in Italia, dove la percentuale di obesi supera il 20 per cento della popolazione, i chili in eccesso hanno un costo sanitario di 2,5 miliardi di euro all'anno. In assenza di una chiara azione dei policy maker, il fenomeno è destinato a crescere, rischiando di mettere a dura prova non solo la salute degli italiani, ma anche la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario;
    le questioni sottese al sovrappeso e all'obesità sono, quindi, un problema di massima importanza per i sistemi sanitari, specialmente in un Paese come l'Italia che, insieme a Grecia e Stati Uniti, vince il primato dell'eccesso ponderale tra le generazioni più giovani, dove un bambino su tre è sovrappeso o obeso. L'obesità è fortemente legata alle condizioni socio-economiche, specialmente nelle donne. Problema ancor più grande se si considera l'importanza del ruolo femminile sulle generazioni future, nell’imprinting metabolico e nella formazione delle abitudini alimentari;
    la recente crisi economica ha ulteriormente pesato sulle abitudini alimentari, aumentando il consumo di cibo spazzatura e il ricorso ai prodotti discount, spesso pre-cotti, fortemente processati, abbondanti in grassi saturi, zuccheri aggiusti e sale. Numerosi studi evidenziano che durante le crisi economiche il prezzo per chilocaloria scende in relazione all'aumento della densità calorica dei cibi consumati e contemporaneamente diminuisce il consumo di frutta e verdura, secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), dal 2008 in Italia e in altri Paesi colpiti dalla crisi questo fenomeno è stato molto marcato. Questo ha comportato una totale inversione rispetto alla situazione del passato: mentre nei secoli precedenti i poveri erano magri a causa della scarsità di cibo assunto e i ricchi frequentemente erano obesi a causa dell'eccesso di cibo assunto, oggi i poveri sono obesi a causa del cibo spazzatura, mentre i ricchi sono magri perché controllano la propria alimentazione, che è comunque di qualità più elevata e meglio bilanciata;
    per quanto concerne la cura, vanno evidenziati:
     a) l'approccio educazionale, in quanto secondo molti esperti, questo è fondamentale per ottenere risultati concreti e duraturi perché solo la consapevolezza può spingere i consumatori a fare scelte razionali ogni giorno respingendo l'assalto del marketing della malnutrizione. Gli alimenti altamente processati dell'industria alimentare sono progettati per ingannare i meccanismi biologici che stanno alla base della nostra fame/sazietà e sono quindi parte integrante dell'ambiente «obesogeno» che ha causato l'esplosione dell'obesità nel mondo. Molti alimenti indirizzati dal mercato alla colazione o merenda dei ragazzi sono spesso accompagnati da «regalini», «sorpresine» e più in generale da una serie di gadget che non hanno nulla a che vedere con la qualità dell'alimento ma che di fatto finiscono per condizionare molto le scelte dei ragazzi e delle famiglie, mentre non è altrettanto facile accostare la frutta ed alimenti affini a gadgetistica, sfavorendo l'alimento di qualità rispetto a quello meno indicato per una sana alimentazione;
     b) la terapia dietetica poiché il metodo classico di trattamento dell'obesità infantile prevede, come nell'adulto, l'impostazione di un regime dietetico con apporto calorico ridotto rispetto al fabbisogno energetico per età sesso ed attività fisica. È raccomandata una dieta bilanciata, moderatamente ipocalorica, costruita sulla base delle tavole relative al dispendio energetico a riposo (REE) stabilita dalla Fao/Oms. Il ridotto apporto calorico si basa fondamentalmente sulla diminuzione della percentuale lipidica. Nel lattante e nel bambino in rapida crescita, fino a 2 anni, tuttavia, non è consigliabile abbassare la quota lipidica sotto il 30 per cento delle calorie totali;
     c) è dimostrato che il ricorso al «cibo spazzatura» da parte dei bambini dipende anche dalla quantità di ore passate davanti alla televisione ed alla scarsa cultura alimentare della famiglia. Il maggior carico tossico alimentare ed il progressivo instaurarsi di carenze in micronutrienti provoca e sostiene l'obesità infantile. Si può definire il bambino obeso come ipernutrito in macronutrienti ed iponutrito in micronutrienti. Per questa ragione l'intervento dietetico deve estendersi all'ambiente familiare attraverso una corretta informazione ed educazione alimentare dell'intero gruppo parentale e degli insegnanti. È auspicabile che siano i genitori in primis ad introdurre gradualmente le modificazioni dello stile alimentare consigliate dal pediatra e/o dal dietologo. È ovviamente necessario che i cibi sconsigliati al bambino non siano facilmente accessibili e che tutta la famiglia si adegui alle indicazioni dietetiche previste;
     d) la terapia farmacologica in quanto l'approccio farmacologico con anoressizzanti centrali è sconsigliato in età evolutiva,

impegna il Governo:

1) ad aggiornare e a prevedere un'applicazione estesa, obbligatoria e permanente in ambito scolastico del progetto «MiVoglioBene» predisposto dal Ministero della salute assieme alla Società italiana di pediatria (SIP) e la Società di pediatria preventiva e sociale (SIPPS) con il quale sono state individuate dieci azioni di prevenzione primaria, attuate in sinergia da genitori e pediatra sin dai primi giorni di vita del bambino;
2) ad assumere iniziative per riconsiderare la composizione dei menù delle scuole per garantire qualità dei prodotti tenendo conto delle esigenze dei bambini, alla luce delle più recenti evidenze scientifiche sull'argomento;
3) ad assumere iniziative per accrescere il ruolo e i compiti del pediatra di libera scelta (PLS) quale attore principale nella prevenzione della patologia dell'obesità infantile in ambito familiare, introducendo l'obbligatorietà del controllo della curva della crescita e dell'indice della massa corporea;
4) a rilanciare l'attività fisica nelle scuole, quale obbligo necessario allo sviluppo equilibrato dei minori e a favorirla anche in ambito extrascolastico, eventualmente valutando l'ampliamento delle agevolazioni fiscali ed economiche volte a favorire la pratica sportiva;
5) a promuovere una campagna di sensibilizzazione, per mezzo di specifici spot sui principali organi di stampa e/o con pubblicità progresso in tv, per indicare i valori di una sana alimentazione, con l'obiettivo di evitare che la piaga dell'obesità si estenda in modo irreversibile;
6) a collaborare con le industrie alimentari per un miglioramento della qualità nutrizionale dei prodotti confezionati, anche assumendo iniziative affinché da parte dei produttori ci sia una significativa riduzione della quota di zucchero saccarosio contenuto negli alimenti messi in commercio e ridimensionando l'utilizzo di farine e cereali raffinati, oltre che di grassi saturi, nonché di lieviti non naturali, con particolare riferimento agli alimenti per la colazione e la merenda dei minori;
7) ad assumere iniziative normative affinché nelle confezioni dei prodotti destinati ai più giovani e nelle bevande gassate zuccherate siano riportate etichette o scritte che indichino il rischio di obesità associato al consumo squilibrato dello zucchero (saccarosio, fruttosio e sciroppo di glucosio e fruttosio) in esso contenuto;
8) ad assumere iniziative normative per limitare l'associazione di gadget agli alimenti per colazione e merende chiaramente riservate ai più piccoli;
9) a dare piena ed esaustiva applicazione al regolamento (UE) n. 1169/2011 al fine di garantire che i consumatori siano adeguatamente informati sugli alimenti che consumano.
(1-01444) «Binetti, Calabrò, Bosco».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

prevenzione delle malattie

risparmio energetico