ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00798

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 407 del 13/04/2015
Abbinamenti
Atto 1/00659 abbinato in data 13/04/2015
Atto 1/00791 abbinato in data 13/04/2015
Atto 1/00794 abbinato in data 13/04/2015
Atto 1/00802 abbinato in data 15/04/2015
Atto 1/00804 abbinato in data 15/04/2015
Atto 1/00806 abbinato in data 15/04/2015
Atto 1/00809 abbinato in data 15/04/2015
Atto 1/00812 abbinato in data 15/04/2015
Atto 1/00813 abbinato in data 15/04/2015
Firmatari
Primo firmatario: NICCHI MARISA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 13/04/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
MATARRELLI TONI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
PIRAS MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
QUARANTA STEFANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015
ZARATTI FILIBERTO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/04/2015


Stato iter:
16/04/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 13/04/2015
Resoconto FONTANA CINZIA MARIA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 15/04/2015
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/04/2015
Resoconto ROSTELLATO GESSICA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA
Resoconto GIGLI GIAN LUIGI PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto CESARO ANTIMO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto ROCCELLA EUGENIA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto PRESTIGIACOMO STEFANIA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto SBROLLINI DANIELA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 16/04/2015
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/04/2015

DISCUSSIONE IL 13/04/2015

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/04/2015

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 15/04/2015

DISCUSSIONE IL 15/04/2015

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 15/04/2015

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 15/04/2015

DISCUSSIONE IL 16/04/2015

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 16/04/2015

ACCOLTO IL 16/04/2015

PARERE GOVERNO IL 16/04/2015

VOTATO PER PARTI IL 16/04/2015

APPROVATO IL 16/04/2015

CONCLUSO IL 16/04/2015

Atto Camera

Mozione 1-00798
presentato da
NICCHI Marisa
testo di
Giovedì 16 aprile 2015, seduta n. 410

   La Camera,
   premesso che:
    il 12 febbraio 2015 l'Istat ha pubblicato il report sugli indicatori demografici, che evidenzia come i nuovi nati siano in costante diminuzione. Nel 2014 le nascite stimate risultano pari a 509 mila unità, circa cinquemila in meno rispetto al 2013, il livello minimo dall'Unità d'Italia. Il tasso di natalità scende dall'8,5 per mille nel 2013 all'8,4 per mille nel 2014. In media ogni donna ha 1,39 figli. La decisione di mettere al mondo dei figli viene sempre più posticipata, come documenta l'aumento dell'età media delle madri al parto, che si porta da 31 anni nel 2007 a 31,5 nel 2014;
    il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha da tempo avviato un lavoro con il supporto di un apposito gruppo di studio, per definire un ambiguo «piano nazionale sulla fertilità». Un piano accompagnato da affermazioni ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo fin troppo paternalistiche ed ideologiche. Come affermato dalla stessa Ministra Lorenzin, «i bambini devono tornare a nascere e serve educare alla maternità», dato che «il crollo demografico è un crollo non solo economico, ma anche sociale». «La decadenza» va «frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie» e «bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema»;
    è di questi giorni la pubblicazione della seconda indagine del Censis sulla fertilità, nella quale si sottolinea come alla base della scarsa propensione ad avere figli vi siano motivazioni principalmente economiche (75,3 per cento). Ma le motivazioni sono anche culturali e politiche. L'ingresso delle donne nel mercato del lavoro non è stato, infatti, accompagnato da misure adeguate per la maternità. Le coppie sempre più tendono a pensare ai figli dopo i 35 anni, vale a dire proprio nel periodo in cui la fertilità di uomini e donne si riduce drasticamente, e a incidere su questo spostamento in avanti è, soprattutto, il mercato del lavoro precario;
    come ha sottolineato Concetta Maria Vaccaro, curatrice del suddetto rapporto del Censis, «non è un caso che nei Paesi del Nord Europa le donne facciano più figli, perché sono più tutelate dal welfare rispetto alla loro presenza nel mercato del lavoro. Il tasso di natalità in Italia è così basso anche perché fare figli è diventata una questione privata»;
    se il sistema del welfare si riduce sempre di più, e con esso i servizi socio-educativi, se il ruolo di cura è delegato alle madri, se non si affronta seriamente la questione dei congedi parentali, se mancano le opportunità di lavoro, è inevitabile che diventi marginale parlare di un piano nazionale della fertilità per sostenere le nascite nel nostro Paese;
    è, infatti, del tutto evidente che i principali motivi della denatalità risiedono nell'assenza di politiche organiche e attive di sostegno al lavoro femminile e a un nuovo rapporto tra lavoro e responsabilità di cura, nella carenza di opportunità e di servizi, nella carenza di strutture per l'infanzia, nonché in un quadro avvilente in fatto di welfare, con alti costi e forti disparità nell'offerta tra le diverse aree del Paese;
    il lavoro di cura grava ancora in modo preponderante sulle donne – con margini di tempo per loro stesse estremamente ristretti e con evidenti minori possibilità di occupazione e crescita professionale – spesso costrette a lasciare il proprio lavoro dopo la nascita dei figli, e in particolare con la nascita del secondo;
    le donne vogliono poter decidere di diventare madri e lavorare, malgrado i tanti ostacoli: precarietà, insufficienza dei servizi di welfare, quali strumenti di sostegno nella gestione del lavoro di cura e della vita professionale; dimissioni in bianco; mancato riconoscimento sociale della maternità e dei congedi di paternità, carenza di strutture per l'infanzia; un welfare con alti costi e forti disparità nell'offerta tra le diverse aree del Paese; assenza di politiche organiche e attive di sostegno al lavoro femminile;
    per quanto riguarda le politiche per l'infanzia – che incidono pesantemente sulla denatalità del nostro Paese – uno dei problemi strutturali dell'Italia è l'evidente carenza di strutture per l'infanzia e l'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi. Gli asili nido comunali sembrano spesso più strutture a pagamento che statali, con costi medi che si aggirano intorno ai 300 euro mensili e tariffe in crescita rispetto agli anni passati. La distribuzione sul territorio nazionale di nidi comunali o finanziati dal comune è, peraltro, fortemente squilibrata;
    i pesanti tagli agli enti locali attuati in questi ultimi anni non hanno fatto che peggiorare la situazione dal punto di vista sia della qualità del servizio che dei costi. Il dato di fondo resta sempre l'enorme scarto esistente tra le esigenze delle famiglie e la reale possibilità di soddisfare tali esigenze;
    il dossier di «Cittadinanzattiva» 2012 ha confermato in pieno le difficoltà in questo ambito: le strutture comunali su cui possono contare le famiglie superano di poco quota 3.600 e sono in grado di soddisfare circa 147 mila richieste di iscrizione. I genitori di un bambino su quattro (23,5 per cento) restano in lista d'attesa e sono costretti a rivolgersi altrove;
    di fronte a questi dati non stupisce il fatto che molte giovani donne siano spinte a rinunciare o a rinviare sine die una maternità comunque desiderata. Fa riflettere la tendenza sempre più accentuata di richiesta delle donne di congelare gli ovociti per conservare la loro fertilità nel tempo;
    riguardo alla questione delle risorse destinate alla scuola, la stessa Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha sottolineato come debba «essere dato effettivo impulso a investimenti adeguati, da destinarsi alle strutture scolastiche, necessari per garantire condizioni di sicurezza e di vivibilità agli studenti, nonché servizi scolastici che siano in linea con gli standard dei principali Paesi europei», ricordando come «l'offerta pubblica di servizi socio-educativi per la prima infanzia si caratterizza per amplissime differenze territoriali, sia in termini di spesa che di utenti. Si conferma la carenza di strutture nelle regioni del Mezzogiorno»;
    è importante sottolineare che per la copertura dei nidi il target europeo è il 33 per cento. L'Agenda di Lisbona aveva, infatti, fissato l'obiettivo dell'Unione europea del 33 per cento della copertura territoriale per la fornitura di servizi per l'infanzia entro il 2010, mentre in Italia (al di là dell'Emilia-Romagna, che risulta la prima regione, con il 28 per cento), la media nazionale si attesta intorno al 17 per cento. L'Italia è, quindi, a circa la metà dell'obiettivo stabilito dall'Agenda di Lisbona;
    il 16 dicembre 2014 la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha approvato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile. Nel documento si legge, tra l'altro, come tra il 2011 e il 2013 siano raddoppiati i bambini poveri e «ciò si deve al fatto che nel nostro Paese non solo si investono meno risorse rispetto ad altri Paesi, ma la capacità di ridurre la povertà con le risorse destinate risulta assolutamente deficitaria». Tra le chiavi di lettura del fenomeno viene sottolineata la circostanza che i trasferimenti monetari non accompagnati da servizi adeguati sono scarsamente efficaci;
    riguardo alle politiche di sostegno al reddito e al welfare – aspetti centrali per interpretare la progressiva riduzione della natalità – è evidente come il progressivo aumento della povertà nel nostro Paese abbia inciso pesantemente sulle condizioni di vita dei cittadini. A ciò si aggiungano le scelte politiche che hanno visto in questi anni ridurre sensibilmente gli stanziamenti a favore del welfare e dei servizi destinati alle famiglie;
    la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, nel suddetto documento conclusivo, ha ricordato come, nell'ambito della spesa per le politiche sociali, gli stanziamenti statali per combattere l'impoverimento in età adolescenziale risultano sensibilmente ridotti negli ultimi anni. Se nel 2008 i fondi nazionali per il contrasto della povertà ammontavano complessivamente a 2 miliardi e mezzo di euro, nel 2013 gli stanziamenti erano scesi a 766 milioni di euro, scontando nel complesso un taglio di un miliardo e 536 milioni di euro dall'inizio della crisi;
    un intervento di sostegno al reddito e ai nuovi nati e nate è il cosiddetto «bonus bebé», introdotto dal Governo, e comunque migliorato durante l'esame parlamentare, nella legge di stabilità per il 2015, che ha previsto che per ogni figlio nato o adottato dal 1o gennaio 2015 fino al 2017 sia riconosciuto un assegno di 960 euro annui, purché la condizione del nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente sia in condizione economica corrispondente a un valore isee non superiore a 25 mila euro annui. Una misura che costerà complessivamente 3,642 miliardi di euro complessivi (fino al 2020);
    si è di fronte a un trasferimento monetario alle famiglie meno abbienti che decideranno nei prossimi tre anni di metter al mondo dei figli. Sotto questo aspetto si è scelto per un sostegno monetario (che costerà, come visto, oltre 3 miliardi e mezzo di euro nei prossimi cinque anni) diretto, piuttosto che in un rafforzamento dei servizi socio-educativi per la prima infanzia. Cosa che avrebbe consentito (al contrario del bonus) di investire nel futuro del Paese, rispondere meglio alle esigenze reali dei genitori meno abbienti e dare nuove opportunità di occupazione;
    l'esperienza di molti Paesi europei dimostra, infatti, come la politica di trasferimenti monetari diretti per favorire la natalità può avere effetti anche controproducenti rispetto alla partecipazione al lavoro, mentre effetti positivi di sostegno alla genitorialità si sono avuti grazie a un insieme di interventi coordinati – sviluppo dei servizi socio-educativi per l'infanzia (cui la legge di stabilità per il 2015 destina solo 100 milioni di euro per il 2015), sgravi fiscali, congedi genitoriali ed altro – che hanno dimostrato di far crescere sia occupazione sia fecondità;
    riguardo alle politiche del lavoro, anch'esse condizionano fortemente le scelte di genitorialità;
    nelle economie dove vi sono sistemi di welfare più sviluppati e di impianto universalistico e con buone politiche del lavoro l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro è più elevata e maggiore è la crescita demografica;
    in un suo recente articolo su la Repubblica, Chiara Saraceno ha ricordato come, riguardo all'occupazione femminile, è aumentato molto il part time involontario, ossia non quello scelto come temporanea strategia di conciliazione tra partecipazione al mercato del lavoro e responsabilità famigliari, ma il part time imposto dalle aziende, specie nel terziario. Il basso tasso di occupazione femminile è una delle cause dell'alta incidenza di povertà nelle famiglie in Italia, per contrastare la quale occorrono politiche sia imprenditoriali sia pubbliche intelligenti e non di corto respiro. Il dato della perdita di occupazione femminile è il segnale della persistenza delle difficoltà a entrare e rimanere nel mercato del lavoro;
    l'Italia si conferma uno dei Paesi europei a più bassa occupazione femminile. E qui, la crisi mostra il suo volto nell'impoverimento dei redditi e delle opportunità e, infine, nella sempre maggiore difficoltà di determinare il proprio progetto di vita;
    è necessario adottare efficaci misure per sostenere il reddito delle famiglie con figli (comprese le famiglie di origine straniera). A tal fine, è ineludibile incentivare sempre più la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nonché favorire modalità di lavoro più flessibili per i genitori;
    è, inoltre, necessario intervenire per aumentare gli sgravi fiscali, in particolare per le micro e piccole imprese, sulle quali incidono in misura proporzionalmente maggiore i costi delle misure a favore della maternità delle lavoratrici;
    per favorire le madri lavoratrici occorre intervenire con incentivi a favore della destandardizzazione degli orari, sotto forma di orari flessibili e riduzioni volontarie temporanee o durature dell'impegno lavorativo;
    in considerazione del costo che la maternità ha in termini di salute e di dedizione totale del proprio tempo a favore dei figli, andrebbe riconosciuta a tutte le donne madri la contribuzione figurativa di almeno un anno per ogni figlio, indipendentemente dallo svolgimento di attività lavorativa al momento della gestazione, e un'ulteriore integrazione contributiva per i periodi di lavoro part time legati alla maternità;
    è attualmente all'esame della Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati lo schema di decreto legislativo attuativo della legge delega sul mercato del lavoro (cosiddetto Jobs act) in materia di revisione delle misure volte a tutelare la maternità e a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, allo scopo di garantire adeguato sostegno alle cure parentali;
    nonostante alcuni passi avanti, le misure contenute nello schema di decreto sono ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo ancora troppo modeste anche perché legate alla scelta del Governo di introdurre solo misure a costo zero (o quasi), scelta che non può che penalizzare una strategia di sostegno alla genitorialità che ancora una volta nel nostro Paese non riesce a decollare e che mantiene ancora distante la costruzione di quel sistema integrato di welfare per la cura che allarghi le possibilità di scelta delle madri e dei padri nelle strategie di cura tra servizi pubblici, servizi di mercato e cura diretta, evitando loro di scegliere di rinunciare all'occupazione;
    un contributo a una genitorialità libera e consapevole deve, inoltre, essere garantito dalla piena attuazione delle tecniche di fecondazione eterologa e di procreazione medicalmente assistita, le cui norme sono state modificate da diverse sentenze della Corte costituzionale, e da ultimo dalla sentenza n. 162 del 9 aprile 2014;
    attualmente si assiste a una situazione di discriminazione delle coppie a seconda della regione di appartenenza;
    la modalità di erogazione delle prestazioni dal punto di vista economico è caratterizzato da poca trasparenza, opacità della condotta di molte regioni e spreco di denaro pubblico. Le maggiori criticità riguardano la mancata trasparenza del sistema e l'inappropriatezza nell'erogazione delle prestazioni sia sul piano nazionale che su quello regionale e, in particolare, nel sistema della mobilità sanitaria tra regioni;
    è, quindi, assolutamente indispensabile che l'ormai – si spera – imminente aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, previsto nel Patto per la salute 2014/2016, e che sarebbe dovuto avvenire entro la fine del 2014, preveda – come dovrebbe essere – l'introduzione, tra le nuove prestazioni, anche delle tecniche di fecondazione,

impegna il Governo:

   a implementare, di concerto con le regioni, le politiche a favore dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, con particolare riguardo alla riduzione delle attuali forti disomogeneità territoriali nell'offerta di detti servizi, anche attraverso il rifinanziamento del piano straordinario di interventi per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi previsto dalla legge n. 296 del 2006;
   ad assumere iniziative per incrementare le risorse assegnate al fondo per le politiche sociali e al fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza;
   nell'impiego di risorse a sostegno delle politiche volte a sostenere la natalità, con particolare riguardo ai nuclei familiari più deboli, a privilegiare il finanziamento di interventi per incrementare l'offerta di strutture e servizi socio-educativi per l'infanzia, garantendone l'attuazione e l'uniformità su tutto il territorio nazionale, rispetto a una politica di meri sussidi e trasferimenti monetari diretti;
   a valutare l'ipotesi di fattibilità di un piano straordinario per il lavoro femminile, che preveda, tra l'altro:
    a) di stabilizzare e incrementare il bonus introdotto dalla legge n. 92 del 2012 per l'acquisto di servizi di baby-sitting ovvero per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati in alternativa al congedo parentale;
    b) di sostenere politiche attive e misure efficaci di sostegno alla conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, al fine di favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con particolare riguardo a chi ha redditi bassi e discontinui;
    c) di considerare le fasi della vita dedicate alla cura, come crediti ai fini pensionistici con il riconoscimento di: contributi figurativi legati al numero dei figli o ad eventuali altri impegni di cura; integrazioni contributive per i periodi di lavoro part time per ragioni di cura; possibilità di anticipo della pensione per necessità di accudimento di persone non autosufficienti, nel quadro di una revisione del sistema pensionistico che contempli flessibilità e libertà di scelta;
    d) nell'ambito delle misure di incentivazione al ricorso da parte dei padri ai congedi parentali, opportune risorse volte ad assicurare un aumento (almeno al 60 per cento) della relativa quota indennizzata;
    e) lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie volte ad aumentare gli sgravi fiscali relativi alle misure a favore della maternità delle donne lavoratrici che sono a carico dei datori di lavoro, con particolare riguardo alle piccole e micro imprese, sulle quali i costi incidono in misura proporzionalmente maggiore;
    f) l'introduzione di incentivi per agevolare la destandardizzazione degli orari, sotto forma di orari flessibili e riduzioni volontarie temporanee o durature dell'impegno lavorativo, per favorire le madri lavoratrici;
   a prevedere più efficaci politiche tese a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono alle donne di autodeterminarsi secondo il loro desiderio e di regolare liberamente la loro fecondità, nonché politiche che mettano al centro maggiormente il benessere della persona rispetto alla famiglia;
   a prevedere studi specifici di genere, anche riguardo agli effetti sulla fertilità e sulle malattie neo-natali prodotti dall'inquinamento e dalla contaminazione delle matrici ambientali;
   a provvedere, anche in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 9 aprile 2014, all'aggiornamento delle linee guida di cui al decreto del Ministero della salute dell'11 aprile 2008 secondo le indicazioni della medesima sentenza;
   a emanare quanto prima l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, previsto nel Patto per la salute 2014/2016, con l'inclusione, tra le nuove prestazioni, anche delle tecniche di fecondazione, anche al fine di garantire dette prestazioni in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
   ad assumere iniziative per estendere l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita a tutte le donne che hanno compiuto la maggiore età e in età potenzialmente fertile.
(1-00798)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Nicchi, Pannarale, Airaudo, Scotto, Costantino, Duranti, Pellegrino, Ricciatti, Placido, Franco Bordo, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Matarrelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Piras, Quaranta, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

lavoro femminile

procreazione artificiale

trasferimento di capitali