ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00680

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 343 del 02/12/2014
Abbinamenti
Atto 1/00653 abbinato in data 23/03/2015
Atto 1/00685 abbinato in data 23/03/2015
Atto 1/00688 abbinato in data 23/03/2015
Atto 1/00689 abbinato in data 23/03/2015
Atto 1/00764 abbinato in data 14/04/2015
Atto 1/00765 abbinato in data 14/04/2015
Atto 1/00766 abbinato in data 14/04/2015
Atto 1/00770 abbinato in data 14/04/2015
Firmatari
Primo firmatario: SCOTTO ARTURO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 02/12/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
PIRAS MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
MATARRELLI TONI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 02/12/2014


Stato iter:
14/04/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 23/03/2015
Resoconto PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 23/03/2015
Resoconto DELRIO GRAZIANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
PARERE GOVERNO 14/04/2015
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 14/04/2015
Resoconto BARBANTI SEBASTIANO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA
Resoconto DI GIOIA LELLO MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto CAPELLI ROBERTO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MATARRESE SALVATORE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PAGANO ALESSANDRO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto PISANO GIROLAMO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto FAMIGLIETTI LUIGI PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto PRATAVIERA EMANUELE MISTO
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
Resoconto LABRIOLA VINCENZA MISTO
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 03/12/2014

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 23/03/2015

DISCUSSIONE IL 23/03/2015

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 23/03/2015

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 14/04/2015

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 14/04/2015

ACCOLTO IL 14/04/2015

PARERE GOVERNO IL 14/04/2015

DISCUSSIONE IL 14/04/2015

APPROVATO IL 14/04/2015

CONCLUSO IL 14/04/2015

Atto Camera

Mozione 1-00680
presentato da
SCOTTO Arturo
testo presentato
Martedì 2 dicembre 2014
modificato
Martedì 14 aprile 2015, seduta n. 408

   La Camera,
   premesso che:
    la Svimez con il suo recentissimo rapporto sull'economia del Mezzogiorno ha ricordato che questa fase del Mezzogiorno è la peggiore dal dopoguerra in poi. Le previsioni lasciano intravedere ancora altri due anni di recessione (si arriverà così ad 8 anni consecutivi). Eppure questa situazione così drammatica non viene affatto percepita come tale dal mondo politico ed imprenditoriale;
    non si può sottovalutare il fenomeno dell'impoverimento industriale e fisico del Mezzogiorno che, in assenza di contromisure, condurrà le regioni meridionali, oggi le più ricche di giovani, a un drammatico invecchiamento se i giovani laureati e competenti continueranno ad abbandonare le città del Sud al ritmo di più di centomila all'anno;
    tutti i dati – da quelli di Banca d'Italia a quelli di Unioncamere, di Svimez e Istat – concordano nell'analisi di una realtà non ferma, ma in profonda regressione dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico, dal punto di vista culturale e civile. I dati su occupazione, procedure fallimentari, liquidazione e scioglimenti di società di persone e di capitale convergono tutti nella direzione di descrivere una condizione che, negli anni, ha visto crisi sovrapporsi a crisi, fino ad incrociare la crisi perfetta che si sta vivendo in questi tempi;
    l'Esecutivo ha confermato la sua politica di totale disimpegno nei confronti di un'area del Paese, il Mezzogiorno, che con la sua produzione contribuisce ad un quarto del prodotto interno nazionale, dimostrando in tal modo di sottovalutare la dimensione nazionale e le ricadute della questione meridionale e l'impossibilità per una nazione di mantenere la propria unità, se parti di essa procedono a velocità diverse, accentuando fra loro il disequilibrio;
    sarebbe auspicabile che il Governo facesse un'inversione di rotta e ricomprendesse nella sua agenda politica le istanze e le energie delle tante forze vive presenti nel tessuto sociale ed imprenditoriale del Mezzogiorno, al fine di farle emergere ed esprimersi nei contesti internazionali e sui mercati con maggiore facilità, senza rimanere penalizzate, come troppo spesso oggi accade, da fattori di contesto;
    d'altra parte, nel corso degli anni le politiche per il Mezzogiorno hanno oscillato tra due paradigmi, quello assistenziale e quello compensativo, in funzione della diminuzione più o meno graduale del gap con il Centro-Nord, e che si sono rivelati fallimentari e non premianti;
    il Mezzogiorno ha subito più del Centro-Nord le conseguenze della crisi economica, con una caduta maggiore del prodotto interno lordo e una riduzione ancora più pesante dell'occupazione nel biennio di recessione 2008-2009, mentre la debole ripresa del successivo biennio 2010-2011 è stata nell'area troppo incerta e insufficiente;
    tra il 2007 e il 2011 il prodotto interno lordo meridionale ha subito una riduzione in termini reali del 6,1 per cento, a fronte di una riduzione del 4,1 per cento nel Centro-Nord;
    il Mezzogiorno è a rischio desertificazione umana e industriale, si continua a emigrare (116 mila abitanti nel solo 2013) e a non fare figli, infatti nel 2013 continuano a esserci più morti che nati. Nel Sud la popolazione continua a impoverirsi, con un aumento del 40 per cento di famiglie povere nell'ultimo anno. Sono alcuni dati che emergono dal rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2014 presentato il 28 ottobre a Roma;
    nel 2013 al Sud i decessi hanno superato le nascite, confermando il trend già in atto dall'anno precedente. Un fenomeno così grave si era verificato solo nel 1867 e nel 1918, cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d'indipendenza e la prima Guerra mondiale: «Nel 2013 il numero dei nati ha toccato il suo minimo storico, 177 mila, il valore più basso mai registrato dal 1861». «Il Sud – sottolinea la Svimez – sarà interessato nei prossimi anni da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27 per cento sul totale nazionale a fronte dell'attuale 34,3 per cento»;
    la Svimez sottolinea come gli investimenti produttivi nel Sud sono crollati del 53 per cento;
    la Calabria, come si evince dalla drammaticità e dalla crudezza del dato statistico, confermato da altri autorevoli centri di ricerca istituzionali, evidenzia sul piano socio-economico una drammatica specificità negativa, continuando inesorabilmente a declinare in un lento processo di separazione anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno: i dati dei centri di ricerca evidenziano, sul piano socio-economico, una forte specificità negativa, anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno;
    la Calabria si conferma, infatti, la regione più povera d'Italia con un prodotto interno lordo pro capite che nel 2013 si è fermato a 15.989 euro, meno della metà delle regioni più ricche come Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Lombardia. Nel Mezzogiorno la regione con il prodotto interno lordo pro capite più elevato è stata l'Abruzzo (21.845 euro). Seguono il Molise (19.374 euro), la Sardegna (18.620), la Basilicata (17.006 euro), la Puglia (16.512 euro), la Campania (16.291 euro), la Sicilia (16.152 euro) e la Calabria (15.989 euro). In generale, in termini di prodotto interno lordo pro capite, il Mezzogiorno nel 2013 è sceso al 56,6 per cento del valore del Centro-Nord, tornando ai livelli del 2003, con un prodotto interno lordo pro capite pari a 16.888 euro. In valori assoluti, a livello nazionale, il prodotto interno lordo è stato di 25.457 euro, risultante dalla media tra i 29.837 euro del Centro-Nord e i 16.888 euro del Mezzogiorno;
    nel Sud appena il 21,6 per cento delle donne sotto i 34 anni è occupata contro il 43,0 per cento del Centro-Nord e una media nazionale del 34,7 per cento. Il confronto con la media dell'Unione europea evidenzia il divario. Nell'Europa a 27 Stati le donne sotto i 34 anni che lavorano sono il 50,9 per cento. Le donne che rientrano, o entrano per la prima volta, nel mercato del lavoro, vanno a ricoprire posizioni poco qualificate. Dal 2008 al 2013 le professioni qualificate femminili sono scese dell'11,7 per cento, mentre sono aumentati del 15 per cento i posti di lavoro nelle professioni poco qualificate;
    il prodotto interno lordo si attesterà a -0,4 per cento nel 2014, come «risultato tra la stazionarietà del Centro-Nord (0 per cento) e la flessione del Sud (-1,5 per cento)». Per il Sud è il settimo anno di recessione. Forbice ancora divaricata nel 2015: il prodotto interno lordo nazionale, secondo le stime Svimez, è previsto a +0,8 per cento, quale risultato tra il +1,3 per cento del Centro-Nord e il -0,7 per cento del Sud;
    nel 2013 il prodotto interno lordo è crollato nel Mezzogiorno del 3,5 per cento, peggiorando la flessione dell'anno precedente (-3,2 per cento), con un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4 per cento). Il peggior andamento del prodotto interno lordo meridionale nel 2013 è dovuto soprattutto a una più sfavorevole dinamica della domanda interna con i consumi in calo del 2,4 per cento e gli investimenti crollati del 5,2 per cento. Da segnalare l'ulteriore perdita di posti di lavoro scesi sempre nel Mezzogiorno del 3,8 per cento. In un panorama fortemente negativo, le esportazioni nel 2013 hanno segnato -0,6 per cento al Sud. Tra il 2008 e il 2013 i redditi al Sud sono crollati del 15 per cento e i posti di lavoro sono diminuiti di circa 800 mila persone;
    al Sud le famiglie assolutamente povere sono cresciute oltre due volte e mezzo, da 443 mila (il 5,8 per cento del totale) a 1 milione 14 mila (il 12,5 per cento del totale), cioè il 40 per cento in più solo nell'ultimo anno. È quanto emerge dal rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2014. Secondo il rapporto, in Italia, dal 2008 al 2012, sono aumentate del 7 per cento le famiglie in stato di «deprivazione materiale severa», cioè che non riescono, ad esempio, a pagare l'affitto o il mutuo, fare una vacanza di una settimana una volta l'anno fuori casa, pagare il riscaldamento, fronteggiare spese inaspettate, e che magari non hanno l'automobile, la lavatrice, il telefono, la TV, e fanno fatica a fare un pasto di carne o pesce ogni due giorni. In Italia oltre due milioni di famiglie si trovavano nel 2013 al di sotto della soglia di povertà assoluta, equamente divise tra Centro-Nord e Sud (1 milione e 14 mila famiglie per ripartizione), con un aumento di 1 milione e 150 mila famiglie rispetto al 2007;
    tra il 2008 e il 2013 delle 985 mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 583 mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, pur essendo presente appena il 26 per cento degli occupati italiani si concentra il 60 per cento delle perdite determinate dalla crisi. Nel solo 2013 sono andati persi 478 mila posti di lavoro in Italia, di cui 282 mila al Sud. La nuova flessione riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche basi di dati. Nel primo trimestre 2014 il Sud ha perso 170 mila posti di lavoro rispetto all'anno precedente, contro –41 mila nel Centro-Nord. A fronte di una quota di occupati pari a circa un quarto dell'occupazione complessiva, tra il primo trimestre del 2013 e il primo trimestre del 2014 l'80 per cento delle perdite di posti di lavoro in Italia si è concentrata al Sud;
    l'ultimo rilevamento dell'Istat del 28 novembre 2014 certifica una volta di più che il tasso disoccupazione nel Mezzogiorno nel mese di ottobre 2014 supera il 20 per cento (rispetto ad un dato nazionale, pur preoccupante, del 13,3 per cento);
    in questo scenario, rischiano di apparire come semplice palliativo anche strumenti e programmi, che avevano rappresentato almeno una speranza per i territori del Sud, come «Garanzia giovani»: quelle risorse rischiano di essere utili più a chi fa dell'intermediazione del lavoro o dell'intermediazione finanziaria la propria attività, piuttosto che per creare lavoro e reddito in quelle aree;
    il tessuto sociale si presenta sempre più lacerato e le manifestazioni di insofferenza e di conflitto, che si allargano giorno dopo giorno, sono i sintomi di una malattia che potrebbe rendere instabile sia la coesione sociale che la forza stessa delle istituzioni;
    di fronte a questa drammatica realtà tutto il dibattito sul Sud sembra appuntarsi sui fondi comunitari, come se questi fossero da soli in grado di portare il Mezzogiorno fuori dalle sue difficoltà attuali. Molti studiosi, viceversa, concordano sul fatto che lo sviluppo del Sud non può essere delegato interamente alle politiche di coesione dell'Europa;
    basti riflettere che per il quadro strategico 2007-2013 restano da spendere da qui al 31 dicembre 2015 quasi 15 miliardi di euro tra Ministeri, regioni e privati. Per centrare l'obiettivo bisognerebbe spendere un miliardo al mese. Ma tale spesa è in larga misura inibita dal patto di stabilità interno. Secondo uno studio di Confindustria, nel 2015 per cinque regioni (Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Molise) il cofinanziamento nazionale e il fondo di coesione supereranno il 60 per cento della spesa massima consentita dal loro patto di stabilità, rendendo nei fatti impossibile il completo utilizzo delle risorse europee;
    il Governo continua ad indicare la spesa dei fondi come unica via per uscire dalla crisi, ma esso sa bene che nel patto di stabilità non ci sono le condizioni finanziarie sufficienti ad effettuare i pagamenti. Quel poco che c'era (500 milioni di euro) nella legge di stabilità per il 2015 di esclusione dal patto di stabilità interno per il cofinanziamento delle regioni è stato, in seguito ai richiami della Commissione europea, addirittura soppresso;
    inoltre, l'articolo 12 della legge di stabilità per finanziare gli sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato ha ridotto di un miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l'anno 2018 le risorse del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, già destinate agli interventi del Piano di azione per la coesione che, dal sistema di monitoraggio del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014;
    in pratica, si tratta di risorse tolte al Mezzogiorno per finanziare gli sgravi contributivi per supposte nuove assunzioni, sgravi che saranno attribuiti prevalentemente al Centro-Nord;
    infine, non è ancora entrata in funzione l'Agenzia per la coesione a cui in tanti guardavano come una possibilità di aiuto per le regioni e i Ministeri, in questa ultima e difficile fase di completamento del programma comunitario 2007/2013;
    l'incremento della dotazione infrastrutturale diventa pertanto assolutamente prioritario ed indilazionabile per rendere il Mezzogiorno area capace di creare e di attrarre investimenti e a farsi partecipe del nuovo ruolo di cerniera negli scambi commerciali tra Europa, Africa, Medio Oriente ed Asia, e che, sfruttando la sua collocazione geografica, è chiamato ad assumere nello scacchiere euromediterraneo, anche raccogliendo le nuove opportunità del contesto competitivo internazionale che torneranno a presentarsi dopo la tregua di tutti i conflitti del Nord Africa;
    la sopradetta collocazione geopolitica del Meridione, crocevia geografico naturale e storico degli interessi e degli scambi economici e culturali tra Europa e Nord Africa e punto di approdo più vicino ai rivolgimenti in atto in quella regione, lo trova però costretto a fare i conti con quella che oramai è considerata una grande emergenza umanitaria e cioè l'esplosione del fenomeno immigratorio;
    l'immigrazione non può essere arrestata, perché è parte della storia dell'umanità, ma va gestita nell'interesse dei Paesi di origine e di quelli di destinazione dei flussi migratori, anche e soprattutto per impedire il rischio di una deriva razzista, rischio che impone una rinnovata tensione ed un'azione pedagogica che si fondino su valori quali il rispetto della dignità umana, la solidarietà e la condivisione tra i popoli, tutti presupposti sui quali costruire una nuova politica dell'accoglienza di un territorio che, nonostante la sua grande vocazione solidale, è costretto a mettere a disposizione risorse logistiche, umane ed economiche necessarie per evitare il collasso del suo territorio, e che in questo sforzo ha dovuto e potuto contare solo sulle proprie forze che a volte sono risultate deboli e inadeguate per affrontare l'emergenza;
    il Mezzogiorno, più che soldi, chiede più politica e più intelligenza. Il Mezzogiorno ha bisogno di un bacino produttivo autocentrato, esteso dal napoletano alla Sicilia;
    sul versante della formazione i sistemi scolastico ed universitario del Meridione esprimono professionalità con buoni livelli di qualifica che il tessuto produttivo locale non riesce però ad assorbire e valorizzare adeguatamente, relegando molti giovani nella condizione di dover scegliere fra l'emigrazione o l'inattività. Infatti, il mancato superamento dei vincoli costituiti da un apparato produttivo debole e da un sistema sociale bloccato, nonostante i progressi raggiunti nella formazione scolastica ed universitaria, condanna il Mezzogiorno al ruolo di fornitore di risorse umane qualificate al resto del Paese, ed i suoi migliori giovani a cercare altrove le modalità per mettere a frutto le proprie competenze e realizzare i propri sogni;
    occorre affrontare il declino italiano partendo dalla debolezza dell'economia meridionale: un deficit commerciale – quasi tutto in prodotti industriali – che è quasi il 20 per cento del suo prodotto interno lordo. Le numerose aree di eccellenza di cui è costellato il Mezzogiorno confermano che, al di là della retorica, quel territorio può costituire una risorsa per l'Italia, purché riesca a valorizzare ed esprimere pienamente le sue potenzialità, a partire da quelle umane e naturali,

impegna il Governo:

   a prevedere a favore delle regioni ad obiettivo convergenza:
    a) la messa a regime di forme di credito d'imposta automatico sugli investimenti in ricerca, innovazione e formazione, a favore delle imprese disposte ad investire nel Mezzogiorno;
    b) lo sfruttamento del potenziale che ha il Sud per la produzione di energie tramite fonti rinnovabili attraverso il riconoscimento di significative tariffe incentivanti, come attualmente previsto dal V conto energia, ma limitato ai parchi solari su terreni delle pubbliche amministrazioni e sui tetti e le serre fotovoltaiche, per evitare ulteriori speculazioni sui terreni agricoli;
    c) l'avvio di un'innovativa programmazione del fondi strutturali europei, non solo per accelerare la capacità di spesa, ma anche per migliorarne la qualità e l'efficacia, attraverso la concentrazione degli stessi su alcuni obiettivi, come scuola, formazione, ferrovie, agenda digitale, occupazione, servizi di cura per bambini e anziani, anche attraverso una maggiore responsabilizzazione delle strutture politico-amministrative centrali, con un orientamento ai risultati tramite obiettivi misurabili, e con la concentrazione su alcuni obiettivi prioritari senza comunque prescindere dall'ammodernamento dell'intera rete infrastrutturale del Sud, presupposto determinante per sfruttarne le potenzialità di piattaforma logistica e di collocamento geo-strategico che ne fanno il crocevia naturale degli scambi internazionali lungo le direttrici nord-sud e est-ovest;
   a rilanciare gli investimenti in infrastrutture, la riqualificazione del territorio, la rigenerazione delle città, con uno specifico programma di risanamento urbano per le città capitali del Sud a partire dalla città di Napoli, e l'ammodernamento della rete dei trasporti e tutti gli interventi in grado di aumentare la competitività delle aree meridionali: gli assi viari, i collegamenti ferroviari tra le città del Mezzogiorno, le opere di consolidamento idrogeologico, di adeguamento statico e di efficientamento energetico degli edifici e di risanamento dell'edilizia pubblica e scolastica e il risanamento dei centri storici e delle periferie;
   a mettere in essere una politica industriale articolata per la promozione delle energie rinnovabili, dell’hi-tech e delle infrastrutture immateriali;
   a sostenere con politiche specifiche l'industria della cultura ed il turismo sostenibile e promuovere i territori e i diffusi «know how» locali;
   a realizzare la linea ferroviaria di alta capacità Napoli-Reggio Calabria, facendo sì che la nuova linea – proprio perché è alta capacità e non alta velocità – sia spina dorsale di tutto il territorio meridionale, in grado di assicurare quasi dovunque frequentazioni giornaliere, con un tracciato che attraversi i territori interni, in cui sono storicamente situati gli insediamenti più rilevanti, e non – come il Governo sembra preferire – la costa tirrenica o, peggio, la costa ionica, tenendo conto che Potenza, in particolare, appare un nodo ferroviario irrinunciabile;
   a realizzare la linea Alta velocità/Alta capacità Napoli-Bari ed a prevedere un raccordo ferroviario con Matera, città europea della cultura per il 2019;
   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, nell'ottica della creazione di tre nuove città policentriche, per un adeguato servizio ferroviario regionale che, in sinergia con l'alta capacità, leghi in relazioni urbane (60 minuti) due gruppi di comuni, uno in Basilicata e Puglia (Potenza, Tricarico, Ferrandina, Matera, Altamura, Gravina, Genzano) e l'altro in Calabria (Cosenza, Rogliano, Serrastretta, Catanzaro, più gli insediamenti limitrofi);
   ad assumere le iniziative di competenza per realizzare la terza città policentrica con baricentro nel bipolo Reggio Calabria-Messina, nonché il tracciato anulare della città policentrica apulolucana (peraltro, in parte già realizzato ma mai completato), mentre il tracciato lineare della città calabrese sarebbe a costo zero (coincidendo con quello dell'alta capacità), considerato che il nuovo assetto territoriale aprirebbe una prospettiva industriale oggi impensabile;
   a costruire, grazie alla potenza delle economie di agglomerazione messe in gioco e le filiere produttive (prime fra tutte quelle distrettuali del made in Italy) che potrebbero agevolmente superare la loro frammentazione, configurando articolate relazioni intersettoriali ed integrando vecchie e nuove attività, un bacino produttivo aperto ai Paesi rivieraschi del Mediterraneo, in grado di offrire tutto ciò che occorra ad un loro appropriato sviluppo;
   ad intraprendere le opportune iniziative per fare diventare i porti di Taranto, Gioia Tauro e Crotone – in coordinamento con Genova e Trieste – il nodo esclusivo dei flussi commerciali tra Oriente e Occidente e, quindi, sedi di nuove rilevanti attività manifatturiere, in modo che si possano trasformare, grazie al gigantismo navale e alle crescenti economie di scala con cui stanno facendo i conti le grandi compagnie di navigazione, i porti che diverrebbero luoghi appetibili non solo per le attività indotte dalla movimentazione container (assemblaggio, imballaggio ed altro), ma anche per altre attività cui sia strategico l'accesso al mare, potendosi creare nei retro-porti un polo specializzato della meccanica strumentale pesante;
   a dare rapida attuazione agli interventi a favore dei lavoratori in mobilità, dei licenziati, dei giovani e delle donne disoccupati, degli inattivi e di coloro che né lavorano, né svolgono un'inattività di studio o formazione (neet) del Mezzogiorno, nonché ad aumentare gli sforzi per creare un contesto favorevole allo sviluppo economico ed alla crescita dell'occupazione, utilizzando parte significativa delle risorse derivanti dalla terza e ultima riprogrammazione dei fondi comunitari;
   a finanziare misure di agevolazione fiscale de minimis per le micro e le piccole imprese, con particolare attenzione alle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione giovanile e femminile, operative nelle città con aree a più elevata criticità economico-sociale del Meridione;
   a promuovere, coerentemente con quanto recita l'articolo 119, quinto comma, della Carta costituzionale, «la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona», con un forte presidio nazionale degli interventi finanziati con il Piano di azione coesione, con particolare riferimento ai servizi di cura per la prima infanzia e gli anziani, verificando, in tale contesto di promozione dei diritti di cittadinanza, la possibilità di concentrare le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per gli obiettivi di servizio sugli interventi volti ad aumentare i servizi socio-assistenziali per bambini ed anziani nei comuni, nonché l'opportunità di estendere la sperimentazione della nuova social card familiare a tutti i comuni del Sud o, in alternativa, ai soli comuni capoluogo e valutando ogni altro adempimento, di competenza del Governo, necessario a migliorare l'efficienza delle strutture ospedaliere;
   a promuovere l'internazionalizzazione delle imprese meridionali, in particolare attraverso interventi mirati a sostegno della capacità di penetrazione nei mercati esteri dei settori di specializzazione e l'attivazione di forme di tutoraggio a vantaggio delle piccole e medie imprese dei settori ad elevato potenziale;
   a promuovere, attraverso un tavolo permanente Cipe-regioni del Mezzogiorno e Trenitalia o altri concessionari, un efficace monitoraggio della qualità del servizio di trasporto passeggeri di media e lunga percorrenza, anche con riferimento al contratto di servizio con Rete ferroviaria italiana, nel più ampio tema della mobilità nel Mezzogiorno e dal Sud verso il Centro-Nord e viceversa, che interessi anche la razionalizzazione e il rafforzamento del sistema portuale e aeroportuale calabrese, anche attraverso un progetto che preveda l'utilizzo in modo integrato e intermodale dell'attuale assetto del trasporto (treni, aliscafi, bus e aerei), per rendere più efficiente ed economica la gestione del sistema stesso, in sinergia con il sistema dei trasporti della Sicilia;
   a sostenere per le regioni obiettivo convergenza, nell'ambito dei negoziati per la riforma della politica agricola comune, una riforma non penalizzante dei pagamenti diretti, favorendo l'inserimento nel greening anche dell'olivicoltura e dell'agrumicoltura, nonché una riforma che preveda un aiuto specifico in favore delle coltivazioni tipiche di tali aree, anche sotto forma di maggiorazione degli aiuti diretti della politica agricola comune;
   a sollecitare la realizzazione di interventi per lo sviluppo dei principali siti archeologici ed un programma specifico per i siti Unesco del Mezzogiorno, anche per accrescere l'offerta turistica, rendendola adeguata e competitiva, attraverso, in particolare, il potenziamento dei servizi di accoglienza delle aree archeologiche, nel quadro dell'ampia riprogrammazione dell'intervento per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale delle regioni del Sud, finanziato attraverso le risorse dei fondi strutturali comunitari;
   a riprogrammare le risorse disponibili mantenendole integralmente al Mezzogiorno, ivi incluse quelle derivanti dalla riduzione del cofinanziamento nazionale;
   ad indirizzare interventi adeguati nelle agglomerazioni produttive vitali, industriali e agricole, del Mezzogiorno allo scopo di rafforzare soprattutto il contesto territoriale nelle aree capaci di esportare e di cogliere così i benefici della domanda mondiale;
   a compensare i maggiori costi unitari delle imprese del Mezzogiorno e le loro difficoltà nell'accesso al credito, sia rilanciando lo strumento del fondo di garanzia, sia sbloccando i contratti di sviluppo, sia rifinanziando gli strumenti volti al sostegno dell'imprenditoria giovanile, sia infine, ricorrendo, previa intesa con la Commissione europea, ai crediti d'imposta per l'occupazione e gli investimenti destinando una quota significativa di risorse;
   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per rafforzare i servizi per la cura dell'infanzia e degli anziani non autosufficienti, ambito nel quale gli interventi possono migliorare significativamente la condizione dei cittadini specie in una fase di forte compressione del reddito disponibile dalle famiglie del Mezzogiorno;
   ad assumere iniziative per reintegrare, nell'ambito del riparto e della programmazione 2014-2020 delle risorse comunitarie e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, le risorse che il Mezzogiorno ha perduto negli ultimi anni.
(1-00680)
(Nuova formulazione) (Testo modificato nel corso della seduta) «Scotto, Costantino, Sannicandro, Palazzotto, Duranti, Piras, Giancarlo Giordano, Ferrara, Placido, Matarrelli, Pannarale».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

soppressione di posti di lavoro

prodotto interno lordo

Mezzogiorno