ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00421

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 203 del 02/04/2014
Abbinamenti
Atto 1/00339 abbinato in data 16/04/2014
Atto 1/00414 abbinato in data 16/04/2014
Atto 1/00415 abbinato in data 16/04/2014
Atto 1/00416 abbinato in data 16/04/2014
Atto 1/00417 abbinato in data 16/04/2014
Atto 1/00418 abbinato in data 16/04/2014
Atto 1/00419 abbinato in data 16/04/2014
Atto 6/00063 abbinato in data 16/04/2014
Firmatari
Primo firmatario: MATARRESE SALVATORE
Gruppo: SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Data firma: 02/04/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
D'AGOSTINO ANGELO ANTONIO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 02/04/2014
ROMANO ANDREA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 02/04/2014
CAUSIN ANDREA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 02/04/2014
CESARO ANTIMO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 02/04/2014
VECCHIO ANDREA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 02/04/2014
GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 02/04/2014


Stato iter:
16/04/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 16/04/2014
Resoconto VELO SILVIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/04/2014
Resoconto PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto GIGLI GIAN LUIGI PER L'ITALIA
Resoconto BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto MATARRESE SALVATORE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto PISO VINCENZO NUOVO CENTRODESTRA
Resoconto ZAN ALESSANDRO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto SEGONI SAMUELE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/04/2014

ACCOLTO IL 16/04/2014

PARERE GOVERNO IL 16/04/2014

DISCUSSIONE IL 16/04/2014

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 16/04/2014

APPROVATO IL 16/04/2014

CONCLUSO IL 16/04/2014

Atto Camera

Mozione 1-00421
presentato da
MATARRESE Salvatore
testo presentato
Mercoledì 2 aprile 2014
modificato
Mercoledì 16 aprile 2014, seduta n. 213

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno del dissesto idrogeologico rappresenta un problema estremamente diffuso nel nostro Paese che risulta, infatti, soggetto a rapidi e periodici processi che ne alterano il territorio e producono conseguenze spesso devastanti; molto spesso si tratta di fenomeni connessi al defluire delle acque libere in superficie e nel sottosuolo che causano l'alterazione dello stato di stabilità dei terreni e dei pendii e/o l'esondazione dei corsi d'acqua per rilevanti e repentini aumenti di portata. Questi fenomeni si manifestano sotto forma di erosioni, frane o alluvioni dovuti a cause strutturali o occasionali. Gli effetti del dissesto incidono sia sulla perdita di vite umane e provocano evidenti alterazioni ambientali e dei territori che si ripercuotono su tutte le attività dell'uomo, con rilevanti danni per le comunità colpite;
    il rischio idrogeologico nel nostro Paese è in gran parte imputabile all'azione dell'uomo nella trasformazione ed edificazione dei territori. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l'abbandono dei terreni montani, l'edificazione in aree a rischio, il disboscamento e la mancata o carente manutenzione dei corsi d'acqua e dei versanti e/o pendii a rischio di instabilità hanno sicuramente aggravato la situazione e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano, aumentandone l'esposizione ai rischi di dissesto idrogeologico;
    i pericoli per la popolazione italiana sono evidenti se si osserva l'andamento dei fenomeni di dissesto verificatisi negli ultimi cinquanta anni. L'analisi del documento di studio in materia prodotto da Ance e da Cresme evidenzia un progressivo aumento del rischio per la popolazione dovuto all'espansione urbana, che ha interessato tutta l'Italia in maniera rilevante a partire dal dopoguerra e che ha determinato l'antropizzazione anche dei territori più fragili dal punto di vista idrogeologico. Negli anni il mutato stile di vita della popolazione ha determinato un progressivo allontanamento dalle aree interne a favore dei centri urbani e l'abbandono della funzione di manutenzione e presidio territoriale, che da sempre assicurava un equilibrio del territorio. I versanti boschivi, gli alvei fluviali e i territori agricoli abbandonati hanno lasciato posto a frane e inondazioni;
    la dimensione del problema appare evidente solo se si pensa che, a partire dall'inizio del secolo, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi sono stati oltre 4.000 e hanno provocato ingenti danni a persone, case e infrastrutture, ma, soprattutto, hanno provocato circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila;
    sulla base dei dati raccolti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso il progetto Avi, tra il 1985 e il 2001 si sono verificati in Italia circa 15.000 eventi di dissesto (gravi e/o lievi), di cui 13.500 frane e 1.500 piene. Alcuni di questi hanno avuto ripercussioni sulla popolazione, provocando vittime o danneggiando i centri abitati. Dei 15.000 eventi, 120 hanno provocato vittime, 95 frane e 25 alluvioni e hanno causato circa 970 morti;
    successivamente al 2002 il progetto Avi è stato interrotto. Il Cresme e l'Ance, sulla base di un lavoro di raccolta dati, sono riusciti a ricostruire l'andamento degli eventi di dissesto nel periodo recente, dimostrando come il territorio italiano sia caratterizzato da un forte rischio naturale;
    secondo i predetti dati, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati) e interessano il 36 per cento dei comuni (2.893) e quelle ad elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10 per cento della superficie italiana (29.500 chilometri quadrati) e riguardano l'89 per cento dei comuni (6.631);
    nelle aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (36 per cento della popolazione), per un totale di 8,6 milioni di famiglie, e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali;
    la popolazione residente nelle aree ad elevato rischio idrogeologico è, invece, pari a 5,8 milioni di persone (9,6 per cento della popolazione), per un totale di 2,4 milioni di famiglie. In queste aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici. Tra questi, particolarmente esposti al rischio, sono i capannoni per le attività produttive, che, richiedendo ampi spazi costruttivi, spesso si trovano ai margini delle città, al confine con aree a rischio, e le aree urbane interessate da corsi d'acqua soggetti a rapide variazioni di regime idraulico;
    geograficamente, il rischio sismico maggiore riguarda le regioni della fascia appenninica e del sud Italia. Al primo posto c’è la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato. Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone. In queste tre regioni il patrimonio edilizio è esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni);
    la superficie italiana ad elevata criticità idrogeologica è per il 58 per cento soggetta a fenomeni di frane (17.200 chilometri quadrati) e per il 42 per cento è a rischio alluvione (12.300 chilometri quadrati). Sommando questi due elementi di criticità, l'Emilia-Romagna è la regione che presenta un maggior livello di esposizione al rischio, con 4.316 chilometri quadrati, pari al 19,5 per cento della superficie. Seguono la Campania (19,1 per cento di aree critiche), il Molise (18,8 per cento) e la Valle d'Aosta (17,1 per cento). Su scala regionale, invece, in cinque regioni – la Valle d'Aosta, l'Umbria, il Molise, la Calabria e la Basilicata – tutti i comuni hanno una quota di superficie territoriale interessata da aree di elevata criticità idrogeologica. Su scala provinciale, invece, al primo posto c’è Napoli, dove 576 mila persone risiedono nelle aree a rischio elevato (208 mila abitazioni), al secondo posto Torino (326 mila persone e 148 mila abitazioni) e al terzo Roma (216 mila persone e quasi 96 mila abitazioni);
    la pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dall'elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano. Oltre il 60 per cento degli edifici (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974). Di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione e, quindi, più esposti ai rischi idrogeologici;
    il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno. Il 75 per cento del totale, 181 miliardi di euro, riguarda i terremoti, il restante 25 per cento, 61,5 miliardi di euro, è da addebitare al dissesto idrogeologico. Solo dal 2010 a oggi si stimano costi per 20,5 miliardi (l'8 per cento del totale), considerando i 13,3 miliardi di euro quantificati per il terremoto in Emilia-Romagna;
    il Governo, nella legge di stabilità 2014, al comma 111 dell'articolo 1, ha stanziato complessivamente 1.584.000.000 di euro per il contrasto al fenomeno del dissesto idrogeologico in Italia;
    in particolare, il comma 111 così recita: «Al fine di permettere il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio, le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico, non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, comunque nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro, nonché le risorse finalizzate allo scopo dalle delibere CIPE n. 6/2012 e n. 8/2012 del 20 gennaio 2012, pari rispettivamente a 130 milioni di euro e 674,7 milioni di euro, devono essere utilizzate per i progetti immediatamente cantierabili, prioritariamente destinandole agli interventi integrati finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità e che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. A tal fine, entro il 1o marzo 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare verifica la compatibilità degli accordi di programma e dei connessi cronoprogrammi con l'esigenza di massimizzare la celerità degli interventi in relazione alle situazioni di massimo rischio per l'incolumità delle persone e, se del caso, propone alle regioni le integrazioni e gli aggiornamenti necessari. Entro il 30 aprile 2014 i soggetti titolari delle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico finalizzano le risorse disponibili agli interventi immediatamente cantierabili contenuti nell'accordo e, per il tramite del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, presentano specifica informativa al CIPE indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati. La mancata pubblicazione del bando di gara, ovvero il mancato affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014, comporta la revoca del finanziamento statale e la contestuale rifinalizzazione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, delle risorse ad altri interventi contro il dissesto idrogeologico, fermo restando il vincolo territoriale di destinazione delle risorse attraverso una rimodulazione dei singoli accordi di programma, ove esistano progetti immediatamente cantierabili compatibili con le finalità della norma. A decorrere dal 2014, ai fini della necessaria programmazione finanziaria, entro il mese di settembre, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta al CIPE una relazione in ordine agli interventi in corso di realizzazione ovvero alla prosecuzione ed evoluzione degli accordi di programma, unitamente al fabbisogno finanziario necessario per gli esercizi successivi. Gli interventi contro il dissesto idrogeologico sono monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 29 dicembre 2011. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l'anno 2014, di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 100 milioni di euro per l'anno 2016. All'articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 195 del 30 dicembre 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 26 febbraio 2010, le parole: «non oltre i tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre i sei anni»;
    secondo quanto si evince dai dati dell'Ance, circa 1,6 miliardi di euro stanziati per circa 1.100 progetti nell'ambito del programma straordinario di messa in sicurezza del territorio avviato a fine 2009 devono ancora essere utilizzati;
    secondo quanto si evince dai dati citati in premessa, appare evidente la necessità della realizzazione di un piano di previsione e prevenzione dei danni causati da fenomeni di dissesto idrogeologico nonché di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua che siano finanziati dallo Stato e cofinanziati dalle regioni e dagli enti locali, da attuarsi da parte degli enti periferici e territoriali competenti per legge;
    purtroppo, nel corso degli anni, i rigorosi e sempre più stringenti vincoli dettati dal patto di stabilità e crescita imposti dalla Commissione europea e le conseguenti norme nazionali sul patto di stabilità interno rappresentano un problema insormontabile per le amministrazioni locali che intendono investire risorse per la risoluzione dei problemi legati al dissesto idrogeologico; anche nei casi di disponibilità di risorse, gli investimenti dei comuni per la prevenzione e la manutenzione del proprio territorio sono continuamente ostacolati, dunque, dal patto di stabilità interno;
    alla fine dell'anno 2013, 5 miliardi di euro di risorse di cassa che comuni e province avrebbero potuto destinare ad investimenti contro i danni da dissesto idrogeologico risultano bloccati dai vincoli imposti dal patto di stabilità interno; si tratta, in particolare, di 990 milioni di euro in Lombardia, di 586 milioni di euro in Veneto, di 482 milioni di euro in Campania e di 261 milioni di euro in Puglia;
    il Patto di stabilità e crescita europeo prevede la sostanziale esclusione dai parametri di governance economica delle spese sostenute dai Paesi per interventi di breve periodo a seguito di eventi naturali eccezionali;
    recentemente si è tanto parlato della golden rule sulle infrastrutture, in merito all'esclusione delle spese sostenute per finanziare gli interventi di sviluppo, tra cui quelli delle reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T europei dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita; su questo tema, nell'ottobre 2013, la Commissione sviluppo regionale del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale viene evidenziata la necessità di non calcolare nel 3 per cento dei parametri di bilancio le spese per gli investimenti produttivi in infrastrutture, occupazione e formazione; si tratterebbe di una modifica importante ai vincoli di bilancio degli Stati e delle regioni che permetterebbe maggiore efficienza all'utilizzo dei fondi europei e sosterrebbe il superamento delle politiche di austerità;
    appare evidente, necessario ed improcrastinabile, dunque, un intervento a livello dell'Unione europea che tenda alla esclusione dal rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, e conseguentemente dal patto di stabilità interno, delle spese sostenute per finanziare interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico e di manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua,

impegna il Governo:

   ad assumere immediate iniziative per garantire la rapida realizzazione dei 1.100 progetti di messa in sicurezza del territorio già finanziati con circa 1,6 miliardi di euro nell'ambito del piano nazionale straordinario avviato a fine 2009;
   a destinare almeno il 10 per cento dei 117 miliardi di euro della programmazione dei fondi strutturali europei e del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 a programmi di manutenzione del territorio e di riduzione del rischio idrogeologico;
   ad allentare il Patto di stabilità interno al fine di consentire agli enti territoriali che dispongono già di risorse di cassa, di realizzare opere per la prevenzione dei dissesti, la manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua e il contrasto del dissesto idrogeologico;
   a valutare la possibilità di favorire, con accordo interministeriale, le tipologie di spese da escludere dal patto di stabilità interno;
   ad adottare, nel corso del prossimo semestre italiano di presidenza europea, ogni utile ed opportuna iniziativa affinché sia garantita l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno di tutte le spese e di tutte le risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per la realizzazione di interventi che consentano non solo la totale messa in sicurezza del territorio italiano dai rischi derivanti da fenomeni di dissesto idrogeologico ma anche e soprattutto la previsione e la prevenzione di tali pericoli nonché la mitigazione di quelli già esistenti, al fine di garantire, con estrema urgenza e celerità, la tutela della incolumità della popolazione nonché la costante manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua.
(1-00421)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Matarrese, D'Agostino, Andrea Romano, Causin, Antimo Cesaro, Vecchio, Galgano».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

protezione delle acque

inondazione

sisma

idrologia

corso d'acqua

degradazione dell'ambiente

politica regionale

rischio naturale