Legislatura: 17Seduta di annuncio: 150 del 13/01/2014
Primo firmatario: GUIDESI GUIDO
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE
Data firma: 13/01/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 ATTAGUILE ANGELO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 BOSSI UMBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 BRAGANTINI MATTEO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 BUONANNO GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 CAON ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 CAPARINI DAVIDE LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 GIORGETTI GIANCARLO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 GRIMOLDI PAOLO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 INVERNIZZI CRISTIAN LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 MARCOLIN MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 PRATAVIERA EMANUELE LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014 RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE 13/01/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione INTERVENTO PARLAMENTARE 13/01/2014 Resoconto PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' Resoconto COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CAUSI MARCO PARTITO DEMOCRATICO Resoconto TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE INTERVENTO GOVERNO 15/01/2014 Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE) DICHIARAZIONE VOTO 15/01/2014 Resoconto DI GIOIA LELLO MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO PER L'ITALIA Resoconto ZANETTI ENRICO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA Resoconto PISO VINCENZO NUOVO CENTRODESTRA Resoconto MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE Resoconto MUCCI MARA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto RIZZETTO WALTER MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CIPRINI TIZIANA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CORSARO MASSIMO ENRICO FRATELLI D'ITALIA Resoconto GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA Resoconto CAUSI MARCO PARTITO DEMOCRATICO Resoconto GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto ROSTELLATO GESSICA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CHIMIENTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CANCELLERI AZZURRA PIA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BARBANTI SEBASTIANO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto PISANO GIROLAMO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto ARTINI MASSIMO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BASILIO TATIANA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BIANCHI NICOLA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BRESCIA GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BUSINAROLO FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CECCONI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CORDA EMANUELA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CRIPPA DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto FASSINA STEFANO PARTITO DEMOCRATICO Resoconto DI BATTISTA ALESSANDRO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DE LORENZIS DIEGO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto SEGONI SAMUELE MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto GRANDE MARTA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto SARTI GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DI VITA GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DELL'ORCO MICHELE MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DELLA VALLE IVAN MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto LUPO LOREDANA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto D'UVA FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto MARZANA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto LIUZZI MIRELLA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto GALLO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto OTTOBRE MAURO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE Resoconto BIANCHI STELLA PARTITO DEMOCRATICO Resoconto PESCO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto VACCA GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE Resoconto GALLI GIAMPAOLO PARTITO DEMOCRATICO Resoconto FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE Resoconto BIANCONI MAURIZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE PARERE GOVERNO 15/01/2014 Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/01/2014
DISCUSSIONE IL 13/01/2014
RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/01/2014
DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 15/01/2014
NON ACCOLTO IL 15/01/2014
PARERE GOVERNO IL 15/01/2014
DISCUSSIONE IL 15/01/2014
RESPINTO IL 15/01/2014
CONCLUSO IL 15/01/2014
La Camera,
premesso che:
in Italia il dibattito sulla costruzione dell'Europa unita è stato condotto con grande superficialità, sia da parte della classe politica che dai mass media in generale, forse nell'errata convinzione che il tema riscuotesse poco interesse nell'opinione pubblica. Soprattutto nelle fasi di elaborazione e poi di ratifica dei trattati che progressivamente hanno dato vita all'impianto normativo ed istituzionale dell'Unione europea, è stato fatto uno sforzo del tutto insufficiente per capire fino in fondo e poi per diffondere tra i cittadini i contenuti dei Trattati e dei Consigli europei, e soprattutto per prendere coscienza della posta in gioco, limitandosi a classificazioni manichee: chi è pro o contro l'Europa, chi è pro o contro l'euro, chi ha vinto e chi ha perso nel braccio di ferro con la Merkel;
solo la Lega Nord, coerentemente in tutti i passaggi parlamentari che hanno investito il dibattito europeo, non si è mai lasciata coinvolgere nell'europeismo ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo falso e incosciente, nell'assenso a trattati di oscuro significato, nell'accettazione acritica di ogni dictat proveniente da Bruxelles. Tanti e ripetuti sono stati i tentativi della Lega Nord di «suonare una sveglia» verso la classe politica e l'opinione pubblica, per chiamarli a leggere, ad approfondire e a capire cosa si stava decidendo veramente ed irrevocabilmente per il nostro futuro;
più volte è stato chiesto, anche con puntuali proposte di legge costituzionali, di potere coinvolgere il popolo tramite referendum sulla ratifica di trattati che avrebbero inciso sulla dimensione non solo economica ma anche etica dell'Europa, dal Trattato di Nizza alla Costituzione europea. Trattati che, laddove sono stati sottoposti a giudizio popolare, sono stati sonoramente bocciati dai cittadini dell'Europa. Un diritto di espressione che è stato, invece, sempre negato ai cittadini del nostro Paese;
la ratifica del «fiscal compact» nel 2012 ha comportato la ratifica di un sistema di governance dell'area euro messo a punto per stratificazioni successive, e quasi sempre come risposta – tardiva – ad emergenze non adeguatamente previste e per le quali il «sistema euro» si è rivelato ben presto impreparato. Il «fiscal compact» incorpora i meccanismi di rientro del debito e di rigore di bilancio già previsti dal patto di stabilità e dal six pack già in vigore dal novembre 2011, il Mes mette a regime i sistemi provvisori già operativi per la crisi greca dal maggio 2010. Questo significa che la costruzione di questo impianto normativo non è avvenuta con la visione lungimirante di costruire un sistema che previene le crisi e fa funzionare al meglio il sistema monetario. Al contrario, si è proceduto per stratificazioni successive, spesso anche tra loro incongruenti, di «toppe» ad un sistema non efficace, concepite da burocrati che evidentemente non si sono dimostrati all'altezza del loro compito, che nel sommarsi rendono sempre più farraginosi ed avvitati i meccanismi di decisione, i passaggi da compiere per giungere alle decisioni, la burocrazia ed i rituali. Se poniamo tutto questo di fronte ai mercati finanziari che operano alla velocità della luce, di giorno e di notte, il confronto è evidentemente ridicolo e ovviamente perdente per l'Europa;
il grande assente di tutto questo dibattito, assente purtroppo dai dibattiti europei da molti anni, forse proprio da quando si è concepito l'euro, è proprio il progetto, il progetto di un'Europa, con il quale si era partiti più di 50 anni fa, sostenuto da pensatori, intellettuali, politici e cittadini, e che ha iniziato a morire lentamente quando si è deciso di fare una moneta senza uno Stato, come se la prima potesse essere autosufficiente e soppiantare e compensare il secondo. Questa idea assurda ha rivelato alla fine tutti i suoi limiti: l'omologazione monetaria ha esaltato, anziché sopire, gli squilibri interni dei Paesi membri, ha premiato i sistemi produttivi più dinamici, ma allo stesso tempo ha permesso ad altre economie di vivere al di sopra delle proprie possibilità protette dall'illusione della moneta forte, senza riformarsi, gonfiando i debiti pubblici, finché è saltato tutto;
la risposta eurocratica alla più grande crisi finanziaria ed economica della sua storia è stata ancora una volta una risposta tecnocratica, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo ottusa e non democratica, elaborata alle spalle del popolo sul quale esplicherà i suoi effetti;
il «fiscal compact», sottoscritto nel marzo 2012, è un trattato internazionale e non un atto comunitario. La scelta è stata resa obbligatoria dal fatto che Repubblica Ceca e Regno Unito non l'hanno sottoscritto. È, dunque, un trattato che impegna solo chi lo ha firmato. Il «fiscal compact» non solo impone di inserire in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio, già previsto nel nostro Paese con legge costituzionale n. 1 del 2012;
lo stesso trattato impone di ridurre il nostro debito pubblico al ritmo di 1/20 l'anno, per ricondurlo al parametro del 60 per cento del prodotto interno lordo in 20 anni, quindi l'Italia dovrebbe diminuire il suo debito di più di 40 miliardi di euro all'anno per i prossimi 20 anni. Questa cifra era stata calcolata con una crescita del Pil del 2 per cento. Con il perdurare della crisi ed un prodotto interno lordo inferiore o in decrescita, l'entità delle manovre correttive crescerebbe proporzionalmente, deprimendo ancora di più la situazione economica del Paese, in una spirale suicida;
con il «fiscal compact», inoltre, ben al di là della nostra modifica costituzionale «interna» l'Italia si espone al giudizio di tutti gli altri membri: infatti, ogni altro Stato membro del «fiscal compact», se dovesse a suo giudizio ritenere i conti italiani «non in regola», potrà adire la Corte di giustizia dell'Unione europea contro l'Italia, anche in assenza di un giudizio negativo da parte della Commissione europea;
contestualmente al «fiscal compact» il nostro Paese ha ratificato, con l'unica opposizione della Lega Nord, l'introduzione del meccanismo del Mes, European stability mechanism, cioè la messa a regime del sistema attraverso il quale, a fronte di un fondo di salvataggio per Paesi in difficoltà erogati dagli altri Paesi europei, come è accaduto per la Grecia, il Mes interviene nei bilanci dei Paesi «aiutati», decidendo, di fatto, che politiche di taglio e di rigore essi debbano seguire all'interno del proprio Paese. Un fondo, il Mes, al quale tutti sono tenuti a contribuire, anche Paesi come l'Italia con bilanci già sotto pressione, mentre non è chiaro poi chi decide i prestiti e, soprattutto, le condizioni da imporre ai beneficiari;
il meccanismo provvisorio (Efsm), preludio del costituendo Mes, ha finora garantito prestiti per 180 miliardi di euro alla Grecia, 62 miliardi di euro all'Irlanda, 52 miliardi di euro al Portogallo, 100 miliardi di euro alle banche spagnole. Per contro, per contribuire al fondo l'Italia ha dovuto prevedere l'emissione di quote di debito pubblico ulteriore pari a 45,9 miliardi di euro tra il 2010 ed il 2014. A regime, dovremo sottoscrivere quote per 125 miliardi di euro;
mentre è obbligatorio versare, la possibilità di ricevere aiuto dal Mes è, invece, subordinata ad un negoziato e, soprattutto, prevede l'imposizione di precisi elementi di condizionalità, come sta già avvenendo in Grecia o in Spagna, che non si limitano a disposizioni a carattere finanziario, ma entrano pesantemente nelle scelte di politica economica e sociale dello Stato beneficiario, mettendo ovviamente a dura prova la tenuta dei Governi che devono gestire l'applicazione dei memorandum;
il Mes, come è noto, non ha nessun meccanismo di controllo democratico del proprio operato. Esso è gestito da un Consiglio dei Governatori e da un vero e proprio consiglio di amministrazione;
il Consiglio dei Governatori è composto dai Ministri delle finanze degli Stati membri. L'attività operativa è però svolta dal consiglio di amministrazione, nominato tra persone di competenza economica e finanziaria. Saranno, quindi, esperti di finanza senza alcuna elezione popolare a decidere, ad esempio, le normative in materia di lavoro o di sanità, che dovranno applicare i Paesi beneficiari;
lo sforzo finanziario per la partecipazione al Mes si aggiunge al contributo importante che l'Italia dà al bilancio comunitario. Nonostante la situazione delicata delle finanze pubbliche italiane e a dispetto delle critiche impietose di esponenti della Commissione europea alla gestione economica del nostro Paese, l'Italia resta uno dei pochi contributori netti al bilancio dell'Unione europea e continuerà ad esserlo anche per il periodo pianificato dal nuovo bilancio comunitario 2014-2020; nel 2011 addirittura l'Italia è stato «il primo contribuente netto» al bilancio europeo e «negli ultimi dieci anni ha pagato più di quanto fosse giustificato». Sono dichiarazioni di un europeista convinto, Mario Monti. In quell'anno, scelto a titolo esemplificativo, mentre il nostro Paese più di altri era sofferente a causa della la crisi finanziaria internazionale, l'Italia ha versato al bilancio comunitario ben 6 miliardi di euro in più di quanto ne ha ricevuti;
la sostanza di questi trattati è, dunque, che la cessione di sovranità dagli Stati nazionali verso l'Unione europea, in nome di un alto ideale comunitario e di una solidarietà economica tra zone più e meno floride dell'Unione stessa, si sta tramutando in una delega all'eurocrazia a decidere della vita dei cittadini, del sistema di diritti, di welfare, di previdenza in nome dell'unico idolo del rigore e della stabilità dei mercati finanziari;
gli Stati nazionali, come storicamente intesi, di fatto già non esistono più. Sono involucri vuoti, senza sovranità monetaria, senza il controllo delle politiche fiscali, di bilancio, quindi senza la possibilità di fare politiche economiche e sociali autonome. Svuotare gli Stati senza creare un contropotere significa davvero consegnare il popolo alla finanza, con conseguenze davvero devastanti per la gente. È strano come ad essere tacciati di anti-europeismo siano quelli che come la Lega Nord che invece chiedono una vera «Europa politica», politica e democratica, dunque costruita con il consenso popolare, attraverso le forme intermedie che più permettono ai popoli di esprimere la propria identità: un'Europa delle regioni, che travalicano i confini tradizionali e mettono in comune mentalità, cultura, ma anche metodi di lavoro e capacità produttive ed imprenditoriali, non più ingabbiate in criteri e parametri nazionali non corrispondenti alla realtà, elementi su cui potrebbe anche fondarsi una nuova e diversa dinamica economica, che forse ci porterebbe fuori da questa crisi,
impegna il Governo:
ad avviare urgentemente in sede comunitaria, durante il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, una revisione dei meccanismi di stabilità e rigore che stanno strozzando l'economia dell'Europa, dei suoi cittadini e delle sue imprese, per orientarsi nel più breve tempo possibile verso politiche di crescita, di conservazione del patrimonio industriale e delle peculiarità produttive dei Paesi europei e del nostro in particolare;
a farsi promotore di una revisione dell'intero impianto economico ed istituzionale dell'Unione europea, che superi il principio del rigore come unico orientamento dell'azione comunitaria, che sia orientato allo sviluppo e al bene della persona, rifondando un'Europa politica e non economico burocratica, sulle fondamenta solide della democrazia e del coinvolgimento del popolo;
(1-00303) «Guidesi, Borghesi, Allasia, Attaguile, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
EUROVOC :bilancio
Costituzione europea
crescita economica
finanze internazionali
pareggio del bilancio
politica di sviluppo
zona euro