ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00278

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 134 del 09/12/2013
Abbinamenti
Atto 1/00227 abbinato in data 09/12/2013
Atto 1/00274 abbinato in data 09/12/2013
Atto 1/00276 abbinato in data 09/12/2013
Atto 1/00277 abbinato in data 09/12/2013
Atto 1/00279 abbinato in data 09/12/2013
Atto 1/00280 abbinato in data 09/12/2013
Atto 1/00311 abbinato in data 14/01/2014
Firmatari
Primo firmatario: ZACCAGNINI ADRIANO
Gruppo: MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO
Data firma: 06/12/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PISICCHIO PINO MISTO-CENTRO DEMOCRATICO 06/12/2013


Stato iter:
14/01/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 09/12/2013
Resoconto BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 09/12/2013
Resoconto CASTIGLIONE GIUSEPPE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 09/12/2013

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 09/12/2013

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 09/12/2013

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 14/01/2014

RITIRATO IL 14/01/2014

CONCLUSO IL 14/01/2014

Atto Camera

Mozione 1-00278
presentato da
ZACCAGNINI Adriano
testo di
Martedì 14 gennaio 2014, seduta n. 151

   La Camera,
   premesso che:
    in seguito alla proposta inglese di «etichettatura semaforica», con il presente atto di indirizzo, oltre che stigmatizzare l'infondatezza scientifica di tale sistema d'informazione al consumatore e di come possa provocare effetti distorsivi sul mercato per prodotti italiani di sicura genuinità e salubrità se assunti in combinazioni dietetiche idonee e tradizionali, si vuole sottolineare la necessità di predisporre un quadro organico nell'ambito del quale definire una puntuale articolazione e un maggiore dettaglio del sistema di etichettatura, da adottare ai sensi dell'articolo 39 del regolamento (UE) n. 1169/2011, «Informazioni alimentari ai consumatori». Esso consente, infatti, agli Stati membri di adottare disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per determinate motivazioni;
    l'intenzione è di ribaltare l'approccio inglese meramente quantitativo ed evidenziare, invece, un approccio italiano o semplicemente di «buon senso» (da portare in sede europea e all'Expo 2015 «Nutrire il pianeta»), mostrando come l'informazione al consumatore si debba caratterizzare per esplicitazione di dati scientifici del prodotto e di caratteristiche che possano descriverne i processi produttivi e le qualità finali in modo accertato;
    il sistema agroalimentare italiano è una delle più importanti risorse da salvaguardare e potenziare; rappresenta l'eccellenza dei territori italiani, nella misura in cui non è solo il settore destinato alla produzione di alimenti, ma rappresenta un patrimonio unico di valori e tradizioni di cultura e qualità e di grandi potenzialità;
    a fronte di una globalizzazione alimentare che impone standard di competitività molto alta, il nostro Paese deve far leva sulle peculiarità originali delle sue produzioni agroalimentari, esaltando i tratti della tipicità, della genuinità, del legame inscindibile col territorio. Il valore della produzione può essere tutelato solo attraverso la promozione della qualità, la tracciabilità degli alimenti e l'ampliamento delle informazioni ai consumatori, anche al fine di contrastare il dilagare delle pratiche commerciali sleali nella presentazione degli alimenti, la contraffazione dei prodotti e le varietà transgeniche provenienti da Usa e Cina (in particolare, di queste ultime si ha scarsa conoscenza);
    analizzando il comparto dell'agroalimentare italiano, sia a livello nazionale sia internazionale, emerge il dato che ad essere maggiormente premiato è il prodotto genuino. In cifre, il comparto agroalimentare italiano vale più del 15 per cento di prodotto interno lordo ed ogni anno arriva a muovere 245 miliardi di euro fra consumi, export, distribuzione ed indotto, la quota del made in Italy destinata all'esportazione, secondo i dati forniti dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia), nel 2012 ha raggiunto una percentuale record del 20 per cento; ad essere maggiormente presenti sul mercato sono i prodotti tipici. L'Italia può vantare il primato, fra i Paesi dell'Unione europea, come numero di prodotti riconosciuti con la qualifica di denominazione d'origine protetta (dop), indicazione geografica protetta (igp) e specialità tradizionale garantita (stg). La valorizzazione del patrimonio agroalimentare italiano costituisce, al pari di quello artistico-culturale ed ambientale, una grande potenzialità di sviluppo economico dell'intero Paese. Attraverso la tutela delle denominazioni di origine è possibile incoraggiare le produzioni agricole ed i prodotti, proteggendo i nomi dei prodotti, contro imitazioni ed abusi, aiutando contemporaneamente il consumatore a riconoscere e a scegliere consapevolmente le qualità anche in campo agroalimentare;
    in tema di indicazioni del prodotto agroalimentare l'Unione europea ha apportato, di recente, modifiche al regime di etichettatura dei prodotti agroalimentari. In particolare, il regolamento (UE) n. 1169 del 2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, ha modificato la precedente normativa, al fine di semplificarla e migliorare il livello di informazione e di protezione dei consumatori europei. Le nuove disposizioni che entreranno in vigore dal 13 dicembre 2014 – ad eccezione delle disposizioni relative all'etichettatura nutrizionale che entreranno in vigore a partire dal 13 dicembre 2016 – rispondono alla necessità di aumentare la chiarezza e la leggibilità delle etichette;
    il regolamento si applica a tutti gli operatori del settore alimentare in tutte le fasi della catena e a tutti gli alimenti destinati al consumo finale, compresi quelli forniti dalle collettività (ristoranti, mense, catering);
    esso introduce alcune novità di rilievo, quali l'obbligo di indicare la provenienza e l'origine dei prodotti e la leggibilità dell'etichetta, e consente agli Stati membri di adottare disposizioni ulteriori (articolo 39) per specifici motivi: la protezione della salute pubblica e dei consumatori, la prevenzione delle frodi e la repressione della concorrenza sleale, la protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, la tutela delle indicazioni di provenienza e denominazioni di origine controllata;
    lo Stato membro che voglia introdurre un provvedimento nazionale dovrà notificare il progetto alla Commissione europea e attendere tre mesi per approvarlo, salvo parere negativo della stessa;
    l'Italia, Paese ricco di biodiversità, può in questa fase storica, alla luce anche delle indicazioni date dal mercato che premia il prodotto tipico e ecocompatibile, dare compiuta attuazione al richiamato regolamento sull'etichettatura, avvalendosi della facoltà di cui all'articolo 39, alla luce della necessità di valorizzazione i prodotti made in Italy e i processi ecocompatibili di produzione agroalimentare, al fine di renderli ancora più concorrenziali e appetibili;
    peraltro, atteso che numerose associazioni, fondazioni e realtà legate al mondo agricolo hanno già introdotto delle proposte utili a facilitare la lettura in etichetta da parte del consumatore e rendere il prodotto immediatamente visibile, sarà fondamentale addivenire ad un'armonizzazione a livello europeo;
    inoltre, accanto alle indicazioni previste dalla legge, è da considerare la possibilità di avvalersi della cosiddetta etichetta narrante, che fornisce informazioni precise sui produttori, sulle loro aziende, sulle varietà vegetali o sulle razze animali impiegate, sulle tecniche di coltivazione, allevamento e lavorazione, sul benessere animale, sui territori di provenienza e sul dato di non utilizzare pesticidi in dosi massicce, con limiti e regolamentazioni conformi (anche se non certificate) ai disciplinari dell'agricoltura biologica o biodinamica. Le aziende che non si certificano biologiche, ma adottano tale etichetta, sono sottoposte a controlli da parte delle autorità competenti per dimostrare la veridicità delle informazioni riportate;
    l'etichettatura concernente la presenza di organismi geneticamente modificati negli alimenti a livello europeo è disciplinata da due regolamenti: regolamento (CE) 1829/2003, su alimenti e mangimi, e regolamento (CE) n. 1830/2003 sulla tracciabilità e l'etichettatura degli organismi geneticamente modificati. L'etichetta deve chiaramente riportare la dicitura «geneticamente modificato» o «prodotto da (nome dell'ingrediente) geneticamente modificato». Ciò assume particolare rilevanza per i Paesi che, come l'Italia, tradizionalmente sono ogm free;
    per gli alimenti che contengono organismi geneticamente modificati in una proporzione non superiore allo 0,9 per cento per ciascun ingrediente non è obbligatoria l'etichettatura come organismo geneticamente modificato (nonostante tale percentuale corrisponda a circa 1 grammo di prodotto geneticamente modificato ogni chilo, una quantità molto elevata e non riconducibile ad esclusiva causa accidentale, necessitando, dunque, una chiara informazione al consumatore), purché la presenza di organismi geneticamente modificati sia accidentale o tecnicamente inevitabile;
    la normativa sull'etichettatura di alimenti e mangimi provenienti da organismi geneticamente modificati fa perno, quindi, su una soglia per la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati. Tracce minime di organismi geneticamente modificati nei prodotti alimentari sono tollerate se la loro presenza è accidentale o se è da una contaminazione tecnicamente inevitabile nel corso della coltivazione, del raccolto, del trasporto o della lavorazione;
    gli operatori devono essere in grado di dimostrare alle autorità la natura accidentale o tecnicamente inevitabile della presenza di organismi geneticamente modificati in un prodotto alimentare;
    l'apporre un determinato marchio, arricchendo in tal modo le indicazioni in etichetta, significa consentire, pertanto, di valorizzare a pieno quei prodotti che nascono da aziende che hanno scelto di non utilizzare organismi geneticamente modificati in tutte le fasi della filiera agroalimentare, compresa la mangimistica per l'allevamento. Inoltre, significa fornire al consumatore un'informazione più completa, rassicurandolo dell'origine della mangimistica per la produzione di carne, uova, latte e derivati (l'approvvigionamento della mangimistica geneticamente modificata proviene totalmente dall'estero, essendo l'Italia ogm free, di fatto, fino al limitato caso friulano dell'estate 2013);
    nella legislazione europea vi è, pertanto, un vuoto normativo rispetto ai criteri uniformi cui ispirarsi per predisporre un'etichetta che indichi la presenza o meno di organismi geneticamente modificati anche al di sopra o al di sotto della soglia minima ed accidentale attualmente prevista;
    è da sottolineare, altresì, come tale meccanismo possa incentivare la produzione e la vendita del mangime nazionale e/o europeo da sementi tradizionali;
    inoltre, i prodotti con il marchio volontario «ogm zero» potranno favorire sul mercato tutte quelle piccole e medie aziende agricole, che per filosofia di vita non hanno usato organismi geneticamente modificati e che, per ragioni economiche o di altra natura, non possono permettersi il costo della certificazione biologica, la quale, peraltro, non esclude che possano essere etichettati come biologici prodotti contenenti la soglia minima di tracce di organismi geneticamente modificati prevista dalla normativa dell'Unione europea;
    occorre, altresì, considerare l'opportunità, in assenza di una specifica disposizione nel regolamento (CE) n. 1829 del 2003, di prevedere un'etichettatura per i prodotti derivanti dall'allevamento animale per le aziende che utilizzano mangimistica geneticamente modificata come nutrimento per gli animali stessi;
    in questo modo, informando il consumatore sull'intera filiera di produzione del prodotto agroalimentare, lo si avverte di come alcuni prodotti (come il latte o le uova) provengano da allevamenti cui sono somministrati mangimi geneticamente modificati (e implicitamente importati da Paesi che coltivano organismi geneticamente modificati massicciamente e che non rientrano in criteri ecocompatibili e con indirizzi agronomici rivolti alla tutela della biodiversità);
    si viene anche a creare un effetto incentivante per la promozione dei prodotti locali senza organismi geneticamente modificati e si rilancia la coltivazione di soia e altre leguminose in Italia (filiera prioritaria da promuovere in Italia anche attraverso la corretta allocazione dei fondi della politica agricola comune dal 2014 al 2020);
    tutte le aziende, che intendono avvalersi dell'etichetta «ogm zero» e non vogliono sottostare al regime obbligatorio d'etichettatura quali allevamenti con «presenza di organismi geneticamente modificati nel mangime animale», innescherebbero un processo di domanda del prodotto per la mangimistica privo da organismi geneticamente modificati e, conseguentemente, la promozione della filiera della coltivazione di leguminose da foraggio in Italia (filiera presente adeguatamente per il fabbisogno nazionale fino agli anni ’90);
    è prevista anche la possibilità di informare il consumatore della distanza limitata del prodotto, etichetta che permette il riconoscimento di un prodotto locale e del territorio d'appartenenza del consumatore, garantendo così il sostegno e la promozione dell'economia agricola locale e nazionale; tale etichetta «filiera corta» si può applicare volontariamente se il luogo in cui viene effettuata la vendita finale del prodotto e l'azienda di produzione (ricompresa l'attività di imballaggio iniziale, intermedio e finale) siano a una distanza ricompresa in un raggio di massimo 70 chilometri;
    se la distanza è di massimo 10 chilometri può, invece, essere apposta un'etichetta volontaria che recita «chilometro zero». Quest'ultima etichetta renderebbe il consumatore consapevole che ha la possibilità di acquistare un prodotto agroalimentare di un'azienda agricola in prossimità del suo comune d'appartenenza e con il più basso dispendio possibile di anidride carbonica;

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per predisporre un'etichetta volontaria detta «etichetta narrante» esclusivamente per aziende che rispettino i disciplinari del biologico (anche se non certificate) e utilizzino quantitativi di pesticidi conformi all'agricoltura biologica, facendo sì che i controlli del rispetto dei criteri biologici per chi utilizza tale etichetta siano a carico delle autorità competenti in materia di frodi e contraffazione e che questa etichetta integri l'informazione al consumatore mediante l'applicazione sulle confezioni di ulteriori informazioni e approfondimenti sulle varietà e sulle razze protagoniste dei progetti, sulle tecniche di coltivazione, sulla lavorazione dei trasformati e sui territori di provenienza, sul benessere animale e sulle modalità di conservazione e consumo;
   ad assumere iniziative per prevedere un'indicazione in etichetta, ex articolo 39 del regolamento (UE) n. 1169/2011, che faciliti la comprensione della distanza del luogo di produzione e imballaggio da quello di vendita finale e, in particolare, a predisporre l'etichetta volontaria «filiera corta» se l'azienda di produzione (e anche quella che opera tutte le fasi di imballaggio) si trovi entro un raggio di 70 chilometri, così come ad assumere iniziative per normare l'etichetta volontaria «chilometro zero» se la distanza fra azienda produttrice (fasi d'imballaggio comprese) e luogo di vendita finale è riconducibile a un raggio di 10 chilometri;
   a predisporre e attuare e l'utilizzo di un regime più dettagliato di indicazioni in etichetta per informare i consumatori ai sensi dell'articolo 39 del regolamento (UE) n. 1169/2011, «Informazioni alimentari ai consumatori», tale da consentire di verificare, anche attraverso puntuali controlli, l'applicazione del regolamento (CE) n. 1829/2003 che indica un'etichetta obbligatoria per la soglia di presenza accidentale di organismi geneticamente modificati con un'indicazione chiara e di facile lettura, che contraddistingua gli alimenti che «contengono organismi geneticamente modificati in misura superiore allo 0,9 per cento», o diciture descriventi i casi specifici di cui al sopra citato regolamento dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per predisporre un'etichetta volontaria «ogm zero» per gli alimenti che non hanno utilizzato organismi geneticamente modificati in nessuna delle fasi della filiera (nemmeno per il mangime animale) e per le aziende che possano dimostrare (se richiesto per controllo con analisi PCR) alle autorità competenti di non avere nessuna presenza accidentale di organismi geneticamente modificati (0,0 per cento);
   ad assumere iniziative per predisporre un'etichetta obbligatoria «presenza di organismi geneticamente modificati nei valori della soglia di tolleranza» o «presenza di organismi geneticamente modificati <0,9 per cento» per gli alimenti e prodotti che contengono organismi geneticamente modificati in misura minore dello 0,9 per cento (semplice criterio di analisi quantitativa PCR test presenza/assenza), ovvero con percentuali ricomprese nella soglia di tolleranza, per dare piena informazione ai consumatori e possibilità di acquisto consapevole e informato;
   ad assumere iniziative per predisporre un'etichetta obbligatoria, estendendo il contenuto del regolamento (CE) n. 1829/2003, con la dicitura «prodotto con presenza di organismi geneticamente modificati nel mangime animale» (o diciture similari) per i prodotti da allevamento animale quali carne, uova, latte e derivati nei quali è utilizzata mangimistica geneticamente modificata, allo scopo di informare chiaramente i consumatori della presenza nella catena alimentare dell'allevamento di mangimistica geneticamente modificata.
(1-00278) «Zaccagnini, Pisicchio».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

organismo geneticamente modificato