ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00130

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 43 del 01/07/2013
Abbinamenti
Atto 1/00015 abbinato in data 01/07/2013
Atto 1/00019 abbinato in data 01/07/2013
Atto 1/00128 abbinato in data 01/07/2013
Atto 1/00129 abbinato in data 01/07/2013
Atto 1/00131 abbinato in data 01/07/2013
Atto 1/00132 abbinato in data 01/07/2013
Firmatari
Primo firmatario: BORDO FRANCO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 01/07/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 01/07/2013
ZAN ALESSANDRO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 01/07/2013
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 01/07/2013
ZARATTI FILIBERTO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 01/07/2013
MIGLIORE GENNARO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 01/07/2013
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 01/07/2013


Stato iter:
03/07/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 01/07/2013
Resoconto BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 01/07/2013
Resoconto BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto FOSSATI FILIPPO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto FITZGERALD NISSOLI FUCSIA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA
 
INTERVENTO GOVERNO 01/07/2013
Resoconto AMICI SESA SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 01/07/2013

DISCUSSIONE IL 01/07/2013

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 01/07/2013

RITIRATO IL 03/07/2013

CONCLUSO IL 03/07/2013

Atto Camera

Mozione 1-00130
presentato da
BORDO Franco
testo di
Lunedì 1 luglio 2013, seduta n. 43

   La Camera,
   premesso che:
    l'agroalimentare è uno dei settori dell'economia italiana che meglio resiste e reagisce alla crisi economica in atto in termini di valore aggiunto e, in particolare, di export, con un nuovo record di 32 miliardi di euro di fatturato nel 2012 (+5,4 per cento sul 2011);
    i dati Istat sui «Conti economici trimestrali» evidenziano che nel primo trimestre del 2013 l'agricoltura ha fatto registrare un aumento del valore aggiunto sia in termini congiunturali (+4,7 per cento), che tendenziali (+0,1 per cento), confermandosi come comparto in attivo anche sul piano occupazionale, con l'aumento delle assunzioni dello 0,7 per cento, in netta controtendenza con l'andamento recessivo del prodotto interno lordo e degli occupati dell'industria e dei servizi;
    i suddetti dati evidenziano per l'Italia un calo tendenziale del prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2013 del 2,4 per cento, provocato dalle flessioni dell'industria (-4,1 per cento) e dei servizi (-1,4 per cento);
    le performance economiche del comparto agricolo sono positive, nonostante gli effetti negativi sulle coltivazioni provocati dal maltempo, che ha causato in agricoltura danni stimabili in un miliardo di euro, e dai segnali depressivi sui consumi che hanno interessato anche l'agroalimentare; l'agricoltura è stato l'unico settore che nel 2013 sta dimostrando segni di «vitalità economica» e occupazionale, a conferma questo della validità e della modernità del modello di sviluppo agricolo made in Italy, che è fondato sulla valorizzazione dell'identità della qualità e delle specificità che consentono di affrontare e vincere la competizione internazionale;
    il modello di sviluppo agricolo fondato sul made in Italy è realizzabile grazie all'impegno crescente e costante dei produttori italiani che tutelano la qualità, la tracciabilità e la produzione agroalimentare nazionale, che si contrappone ad una visione che a livello internazionale tende a considerare la produzione agricola solo come una commodity indifferenziata;
    il comparto agricolo nell'ultimo lustro ha dimostrato di essere una realtà economica d'eccellenza e di peculiare differenziazione della qualità agroalimentare rispetto agli altri partner intra-europei ed extra-europei e, per questi dati incontrovertibili, esso necessita di essere posta nell'agenda politica italiana quale uno dei volani principali della ripresa economica;
    è recente la notizia che a Vivaro (Pordenone) seimila metri quadrati sono stati seminati con mais biotech, Mon810, creando un altissimo rischio di contaminazione nei confronti della biodiversità del nostro Paese;
    una vasta parte della comunità scientifica continua ad esprimere forti e rinnovate perplessità rispetto all'impiego di tecnologie transgeniche in agricoltura, richiamando l'attenzione sull'importanza delle ricadute globali ed incontrollabili su salute e ambiente che potrebbero derivare da eventuali errori di valutazione e sulla difficoltà di coesistenza fra colture transgeniche, convenzionali e biologiche;
    i recenti studi di Gilles-Eric Seralini, ricercatore dell'Istituto di biologia fondamentale e applicata presso l'Università degli Studi di Caen (Francia), condensati nel libro Tous co-bayes, conducono verso la «prova» della tossicità – tuttora molto dibattuta – degli organismi geneticamente modificati e degli erbicidi ad essi collegati; si tratta di un campo certamente da approfondire, ma, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, ciò è sufficiente per adottare tutti quei provvedimenti prudenziali per evitare futuri eventuali disastri ambientali e sanitari che potrebbero rivelarsi irreversibili;
    la direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001 costituisce il testo normativo fondamentale per quanto concerne sia l'immissione in commercio di organismi geneticamente modificati, sia l'emissione deliberata di organismi geneticamente modificati nell'ambiente e prevede, per i singoli Stati membri, la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come libero da colture biotech attraverso l'applicazione della «clausola di salvaguardia»;
    il decreto legislativo n. 224 del 2003, all'articolo 25, recepisce quanto stabilito dall'articolo 23 della direttiva n. 2001/18/CE, in relazione alla cosiddetta «clausola di salvaguardia», mediante la quale le autorità nazionali preposte (per l'Italia sono i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole, alimentari e forestali e della salute) possono bloccare l'immissione nel proprio territorio di un prodotto transgenico ritenuto pericoloso;
    successivamente, l'Unione europea ha compiutamente regolamentato le procedure concernenti l'autorizzazione e la circolazione degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati con il regolamento (CE) n.1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio;
    con il decreto-legge n. 279 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 5 del 2005, venivano previste disposizioni per assicurare la «coesistenza» tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 116 del 2006, ha dichiarato la parziale incostituzionalità del decreto-legge n. 279 del 2004, nella parte in cui si richiama l'esclusiva competenza legislativa regionale in materia di agricoltura, venendosi così a determinare un pericoloso vuoto normativo;
    fin dal 2010 il Parlamento italiano si è espresso a favore della proposta di regolamento di modifica della direttiva 2001/18/CE – attualmente in fase di stallo presso le istituzioni europee – che consentirebbe agli Stati membri di decidere in merito alle coltivazioni di organismi geneticamente modificati sulla base di più ampi criteri, oltre a quelli già previsti di tutela della salute e dell'ambiente; più in generale, e in ambito comunitario, l'Italia ha da sempre sottolineato l'importanza dell'impatto socio-economico derivante dall'uso del transgenico, che deve essere valutato a pieno titolo accanto a quelli già riconosciuti in merito all'ambiente e alla salute;
    nella seduta del 21 maggio 2013 il Senato della Repubblica ha approvato all'unanimità l'ordine del giorno sulle colture biotech con cui si impegna il Governo: «adottare la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE e/o ad adottare la misura cautelare di cui all'articolo 34 del regolamento (CE) n. 1829/2003, in base alla procedura prevista dall'articolo 54 del regolamento (CE) n. 178/2002, a tutela della salute umana, dell'ambiente e del modello economico e sociale del settore agroalimentare italiano; a rafforzare la già efficace opera di monitoraggio e controllo posta in essere con il coinvolgimento del Corpo forestale dello Stato, il quale da tempo effettua verifiche per evitare la contaminazione tra colture geneticamente modificate e non e per controllare l'eventuale presenza di sementi transgeniche non autorizzate; a potenziare la ricerca scientifica pubblica in materia agricola e biologica e, in caso di organismi geneticamente modificati, in ambiente confinato di laboratorio (...)»;
    il Ministro Nunzia De Girolamo, nell'illustrazione delle linee programmatiche del suo dicastero rese il 12 giugno 2013 in seduta congiunta alle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, ha affermato che: «(...) l'importanza di un positivo relazionarsi tra Governo e istituzioni parlamentari ha già trovato, in questa legislatura, un'ottima dimostrazione in Senato sul delicato tema degli organismi geneticamente modificati, con l'assunzione del mio personale impegno sull'ordine del giorno congiunto di tutti i gruppi rappresentati, finalizzato all'adozione di regole coerenti con la tutela della salute umana e dell'ambiente, nonché del modello socio-economico e del patrimonio agroalimentare italiano, al contempo rafforzando la ricerca scientifica e le azioni di monitoraggio e controllo(...)»;
    il sistema delle regioni e delle province autonome ha ripetutamente dichiarato in sede di Conferenza delle regioni, con l'approvazione di un ordine del giorno e con una fitta corrispondenza istituzionale con le istituzioni europee e nazionali, la loro ferma opposizione all'introduzione di colture transgeniche in Italia, sottolineando la necessità che il futuro regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, che andrà a modificare la direttiva 2001/18/CE, per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul loro territorio, sia il più possibile adeguato a salvaguardare l'agricoltura italiana, la biodiversità agroalimentare, la qualità e le specificità dei suoi prodotti;
    specificatamente, l'ordine del giorno della Conferenza delle regioni e delle province autonome recita: «(...) impegna il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, nelle more dell'approvazione della proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE in materia di possibili divieti alla coltivazione di piante geneticamente modificate, a procedere con l'esercizio della clausola di salvaguardia ai sensi dell'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento e del Consiglio europeo del 12 marzo 2001(...)»; ed ancora: «(...) tenuto conto delle competenze in materia riconosciute dalla Costituzione, impegna il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali a rappresentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e in occasione delle riunioni in sede comunitaria, la posizione unanime delle regioni e delle province autonome di assoluta contrarietà rispetto alla autorizzazione della coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale(...)»;
    in presenza di rischi concreti per il sistema agricolo nazionale di inquinamento da colture transgeniche lo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali pro tempore, il 28 gennaio 2013, ha chiesto formalmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualità di autorità nazionale in materia, di: «(...) guardare concretamente alla prospettiva di una clausola di salvaguardia per le coltivazioni di organismi geneticamente modificati in Italia(...)»;
    ad oggi, otto nazioni (Francia, Germania, Lussemburgo, Austria, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Polonia) hanno già adottato delle clausole di salvaguardia per vietare le colture di organismi geneticamente modificati autorizzate nei loro territori;
    l'ultimo rapporto del mese di febbraio 2013 del Servizio internazionale per l'acquisizione delle applicazioni biotecnologiche per l'agricoltura, Isaa, riguardante lo «Status globale della commercializzazione di colture biotech/ogm», ha evidenziato che in Europa sono rimasti solo cinque Paesi – Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania – a coltivare organismi geneticamente modificati, con 129 ettari di mais transgenico seminati nel 2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria;
    in data 29 marzo 2013 il Ministro della salute pro tempore ha inoltrato alla direzione generale salute e consumatori della Commissione europea la richiesta di sospensione d'urgenza dell'autorizzazione della messa in coltura in Italia, e nel resto d'Europa, di sementi di mais Mon810, con allegato il dossier elaborato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, a norma dell'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003;
    il rischio che corre il sistema agroalimentare nazionale è evidenziato dalla semina di mais geneticamente modificato già avvenuta nei giorni scorsi nella regione Friuli Venezia Giulia ed alla possibilità di replica di tali atti in altre parti del territorio nazionale;
    a seguito della semina di mais Mon810 avvenuta a Vivaro (Pordenone), le autorità competenti recintavano e ponevano sotto sequestro il campo seminato da mais biotech e si apriva un procedimento penale a carico dell'agricoltore, Giorgio Fidenato, autore della semina;
    la Corte di giustizia dell'Unione europea, IX sezione, con ordinanza dell'8 maggio 2013, causa C-542/12, ha deciso in via pregiudiziale che: «(...) il diritto dell'Unione europea dev'essere interpretato nel senso che la messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà del mais Mon810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l'impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell'articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, e dette varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole previsto dalla direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, come modificata dal regolamento n. 1829/2003. L'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2008/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 marzo 2008, dev'essere interpreta nel senso che non consente a uno Stato membro di opporsi alla messa in coltura sul suo territorio di detti organismi geneticamente modificati per il fatto che l'ottenimento di un'autorizzazione nazionale costituirebbe una misura di coesistenza volta a evitare la presenza involontaria di organismi geneticamente modificati in altre colture (...)»;
    la pronuncia in via pregiudiziale (articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) della Corte di giustizia europea scaturisce dal procedimento penale in corso presso il tribunale di Pordenone a carico di Giorgio Fidenato, titolare dell'azienda agricola dove sono stati messi a coltura sementi di organismi geneticamente modificati, mais Mon810, in assenza della specifica autorizzazione (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 212 del 2001);
   esiste il fondamentale «principio di precauzione», sia nella normativa comunitaria (articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) che in quella nazionale (articolo 3-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modifiche ed integrazioni), e, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, sarebbe opportuno e non più rinviabile, che il legislatore europeo introduca nel regolamento comunitario, in materia di organismi geneticamente modificati, l'inclusione di una «clausola di garanzia» in favore degli Stati membri che intendano avvalersene;
    nella risposta fornita ad un'interrogazione a risposta immediata in Commissione agricoltura presentata dall'onorevole Franco Bordo e altri, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha espresso le seguenti considerazioni: «(...) il Senato della Repubblica ha recentemente approvato un ordine del giorno unitario, accolto dal Governo, in tema di organismi geneticamente modificati che si tradurrà nell'emanazione di un decreto interministeriale (salute, ambiente e tutela del territorio e del mare e politiche agricole, alimentari e forestali), con il quale verrà disposto il divieto di coltivazione di varietà di mais Mon810 sul territorio nazionale. Tuttavia, considerato che non ci troviamo nelle condizioni per ricorrere alla clausola di salvaguardia “vera e propria” di cui all'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE (strada preclusa da una sentenza della Corte di giustizia europea dell'8 settembre 2011), interverremo con il decreto interministeriale facendo ricorso all'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003 che consente di adottare misure di emergenza qualora sia manifesto che prodotti geneticamente modificati autorizzati possano comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente. Al riguardo, preciso che le misure di emergenza sono adottate con le procedure previste dagli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) 178/2002 sulla sicurezza alimentare (la cui autorità competente in Italia è il Ministero della salute)»; ed ancora «(...) vorrei inoltre far presente che, sebbene lo scorso mese di aprile il Ministro della salute abbia richiesto alla Commissione europea di adottare misure di emergenza che proibissero la coltivazione del mais transgenico Mon810 in tutta Europa (considerando che l'autorizzazione del 1998 non è stata rinnovata), al momento, tuttavia, nessuna azione al riguardo è stata intrapresa dalla competente istituzione europea. Da qui, la possibilità di adottare il decreto di divieto di coltivazione per il solo territorio nazionale a cui stanno lavorando i servizi giuridici dei tre Ministeri. Saranno naturalmente utilizzati, allo scopo, sia il dossier predisposto dal Cra (ove è stato messo in evidenza che il Mon810 potrebbe modificare le popolazioni di lepidotteri non bersaglio e favorire lo sviluppo di parassiti potenzialmente dannosi per le altre colture), sia il parere dell'Ispra (che conferma i rischi per le popolazioni di lepidotteri non target e non esclude la possibilità di impatto negativo sugli organismi acquatici sensibili alle tossine)». Da ultimo: «(...) da parte nostra, intendiamo proseguire sulla strada di un'azione forte e determinata a sostegno di una modifica della normativa comunitaria (peraltro già predisposta dalla stessa Commissione europea nel 2010), che consenta agli Stati membri di opporsi alla coltivazione degli organismi geneticamente modificati per motivi non solo sanitari e ambientali, ma anche di politica economica agraria, come quelli esposti dagli interroganti e assolutamente condivisibili (...)»,

impegna il Governo:

   ad avvalersi della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001 o ad adottare l'equivalente misura cautelare di cui all'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003, al fine di impedire ogni forma di coltivazione in Italia del mais transgenico Mon810 e di altri organismi geneticamente modificati eventualmente autorizzati a livello europeo, a tutela della salute umana, dell'ambiente e della sicurezza del modello economico e sociale del settore agroalimentare italiano;
   ad assumere iniziative, in relazione alle semine di mais geneticamente modificato già avvenute nel Friuli Venezia Giulia, affinché vi sia l'impiego straordinario di reparti specializzati del Corpo forestale dello Stato per potenziare le attività di controllo e monitoraggio sulla purezza dei prodotti sementieri e per disporre le misure locali, e a più largo raggio, idonee ad impedire ogni forma di contaminazione delle colture;
   ad adottare le opportune iniziative in seno alle istituzioni europee, al fine di velocizzare nel più breve tempo possibile la modifica della normativa comunitaria in materia di organismi geneticamente modificati predisposta già dal 2010 dalla Commissione europea;
   a valutare la possibilità di adottare iniziative normative urgenti con cui impedire la messa a coltura di altre sementi di organismi geneticamente modificati, in considerazione del fatto che l'autorizzazione per il territorio europeo del 1998 non è stata, a tutt'oggi, rinnovata.
(1-00130) «Franco Bordo, Palazzotto, Zan, Pellegrino, Zaratti, Migliore, Di Salvo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

organismo geneticamente modificato