ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/04595/038

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 844 del 28/07/2017
Firmatari
Primo firmatario: DI VITA GIULIA
Gruppo: MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO
Data firma: 28/07/2017


Stato iter:
28/07/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 28/07/2017
LORENZIN BEATRICE MINISTRO - (SALUTE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 28/07/2017
Resoconto DI VITA GIULIA MISTO
Fasi iter:

NON ACCOLTO IL 28/07/2017

PARERE GOVERNO IL 28/07/2017

DISCUSSIONE IL 28/07/2017

RESPINTO IL 28/07/2017

CONCLUSO IL 28/07/2017

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/04595/038
presentato da
DI VITA Giulia
testo di
Venerdì 28 luglio 2017, seduta n. 844

   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 25 febbraio 1992, n. 210, il Parlamento, ammettendo una responsabilità pubblica, ha riconosciuto un sostegno economico ai cittadini resi fisicamente o psichicamente menomati a seguito di tali complicanze;
    numerose testimonianze di famiglie con ragazzi danneggiati da vaccinazioni pediatriche dimostrano, tuttavia, che questa volontà del legislatore è stata parzialmente compromessa col passare del tempo e che la procedura di cui alla legge 210 presenta oggi delle macroscopiche criticità;
    negli anni trascorsi dal 1992 ad oggi le commissioni medico-legali hanno applicato pedissequamente la tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978, concentrando il giudizio medico esclusivamente sulla menomazione fisica;
    le commissioni hanno interpretato restrittivamente l'articolo 1, comma 4, della legge n. 210 del 1992, che recita: «I benefìci di cui alla presente legge spettano alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, i danni di cui al comma 1», e hanno espresso il giudizio che «non esiste nesso causale tra la vaccinazione e l'infermità psicologica riscontrata» poiché l'espressione «contatto con persona vaccinata» deve essere inteso esclusivamente come contagio dal medesimo fattore virale che ha determinato la menomazione fisica al familiare vaccinato. Conseguentemente, il Ministero della salute ha confermato questa interpretazione e ha escluso dal riconoscimento dell'indennizzo tutti i genitori che avevano presentato domanda per ottenerlo;
    in tal modo è stato ingiustamente limitato lo spirito della legge n. 210 del 1992 che, invero, è diretta a una platea di cittadini ben più ampia dei soli danneggiati dalla somministrazione di vaccinazioni o dal contatto con fattori virali, poiché tende alla tutela della salute dei cittadini in ogni sua più ampia accezione, in attuazione dei princìpi di solidarietà sociale dettati dagli articoli 32 e 38 della Costituzione;
    appare dunque opportuno un intervento a favore dell'integrità psicologica dei congiunti del danneggiato, ponendo rimedio alla situazione di ingiusta umiliazione dei familiari dei cittadini resi invalidi dalle vaccinazioni (sia obbligatorie che consigliate) che, pur riconosciuti dalle commissioni medico-ospedaliere affetti da una severa patologia psicologica irreversibile derivata dal trauma subito con la menomazione del congiunto, si sono visti negare il nesso di causalità per una patologia che sembrerebbe quasi priva di ogni connessione con l'unica origine individuata (cioè la lesione provocata al familiare);
    preso atto che l'effetto avverso della vaccinazione non può limitarsi all'esito di un contagio, come riduttivamente asserito dalle commissioni medico-ospedaliere e dal Ministero della salute, si vuole pertanto riaffermare che la lesione della salute provocata da una vaccinazione costituisce lesione plurioffensiva anche sotto un profilo soggettivo e familiare poiché altera l'integrità psicologica dell'intero contesto familiare;
    un altro passo enorme di civiltà per il nostro Paese sarebbe quello dell'abolizione dei termini per presentare le domande per i cittadini danneggiati da vaccini o da emotrasfusioni e per gli operatori sanitari che non hanno potuto presentare la domanda nei ristretti termini triennali previsti dalla legge n. 210 del 1992;
    a ciò deve ulteriormente aggiungersi la considerazione che l'articolo 3 della stessa legge n. 210 contiene, di per sé, un'evidente disparità di trattamento tra le diverse categorie di soggetti tutelati (termine triennale per le epatiti C (HCV) post-trasfusionali e termine decennale per le infezioni da HIV). Infatti, il lungo intervallo di tempo che spesso intercorre tra l'evento trasfusionale e il manifestarsi delle alterazioni bioumorali di entrambe le citate patologie è compatibile e sovrapponibile sia con quello delle infezioni da HIV che con quello dell'infezione da HCV (anche oltre due decenni, secondo la consolidata letteratura, per l'infezione da HCV e fra i 15-20 anni per l'infezione da HIV), anche in considerazione delle caratteristiche delle malattie indotte dai due diversi agenti virali, i cui decorsi sul piano clinico possono non essere accompagnati da sintomi specifici tali da indurre il soggetto affetto a sottoporsi a esami approfonditi, oltre a quelli di routine, mirati, appunto alla dimostrazione della causa;
    la fissazione del termine triennale per la presentazione della domanda di indennizzo stabilito dalla legge n. 210 del 1992, oltre a costituire un grave ostacolo all'ottenimento del diritto stesso, si pone in contrasto con la Costituzione laddove, nello stabilire che la domanda debba essere presentata nel termine perentorio di tre anni, prevede un'ipotesi attenuata di tutela del diritto primario alla salute;
    è inoltre necessario correggere un particolare aspetto del procedimento che in questi anni ha determinato incongruenze e difficoltà applicative. Ciò attiene la previsione di un termine più ampio degli attuali trenta giorni per poter ricorrere avverso il giudizio negativo espresso dalle commissioni medico-ospedaliere, tenuto conto che il Ministero della salute impiega più di due anni per decidere sul ricorso amministrativo. Tale termine infatti, soprattutto nel periodo estivo o festivo, non è spesso sufficiente affinché i cittadini possano reperire associazioni, avvocati e medici legali per approntare un valido ricorso;
    v’è da soffermarsi, ancora, sulla prassi pregiudizievole per il danneggiato invalsa negli anni passati presso il Ministero della salute, consistita nel pronunciarsi sui ricorsi procedendo nel merito del provvedimento emanato dalla commissione medico-ospedaliera anche su parti non oggetto di specifica impugnativa da parte del ricorrente;
    a tale fine è doveroso intervenire sulla procedura di cui all'articolo 5 della legge n. 210 del 1992, tenuto conto in particolare del parere del Consiglio di Stato n. 5/2012 del 9 gennaio 2012, il quale ha riconosciuto che «il Ministero ha solo il potere di valutare la fondatezza o meno delle censure rivolte dal ricorrente, limitando la propria cognizione ai punti e ai capi che sono coinvolti» e che «tenuto conto che il Ministero è privo del potere di sindacare la discrezionalità tecnica della Commissione in sede di erogazione dell'indennizzo, non si capisce come tale potere possa essergli concesso in sede di decisione del ricorso dell'interessato al di fuori dell'ambito da esso devoluto». Secondo il citato parere del Consiglio di Stato, infatti, il principio generale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato non può in alcun modo essere posto in discussione. In definitiva, con la modifica che si propone si stabilisce che il Ministro della salute si pronunci sul ricorso con una valutazione strettamente riferita ai soli motivi proposti dal ricorrente;
    allo stesso tempo, per riequilibrare gli effetti pregiudizievoli causati da tale prassi ministeriale, è opportuno stabilire che per i soggetti che hanno diritto all'indennizzo di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, con accertata esistenza del nesso causale tra morbo e vaccinazione e che, in sede di ricorso ministeriale, hanno subito, in contrasto a quanto enunciato nel citato parere del Consiglio di Stato n. 5/2012, la modifica di voci del provvedimento di riconoscimento della patologia o del nesso causale non oggetto di esplicita impugnazione, il Ministro della salute disponga in tempi congrui la liquidazione dell'indennizzo;
    è infine più che mai opportuno provvedere affinché sia garantita d'ora in poi la corretta valutazione del trattamento indennitario nei confronti dei cittadini colpiti da una pluralità di esiti collaterali invalidanti conseguiti alla somministrazione di un unico farmaco. Questi, colpiti più volte nell'integrità psico-fisica con menomazioni a carico del sistema nervoso centrale dell'apparato motorio, hanno ricevuto finora un indennizzo identico a quello riconosciuto a coloro che hanno subito una sola menomazione, ad esempio a carico di un arto inferiore;
    la legge n. 210 del 1992 ha infatti riconosciuto il medesimo indennizzo di prima categoria sia a coloro che hanno riportato un'offesa agli arti, superiori o inferiori, sia a coloro che hanno subito una lesione del sistema nervoso centrale e sono divenuti incapaci di intendere e di volere;
    si ritiene quindi indispensabile modificare il disposto della legge n. 210 che non consente alle commissioni medico-ospedaliere di attribuire ai cittadini colpiti in modo più grave il beneficio previsto in caso di una pluralità di esiti invalidanti, se non quando tali esiti invalidanti siano derivati da una serie di patologie che hanno colpito l'organismo in tempi diversi, non immediatamente e contemporaneamente;
    non appare infatti conforme ai princìpi costituzionali l'attribuzione del medesimo indennizzo a coloro che hanno subito lesioni di diversa gravità e non appare altresì giustificabile che la contemporaneità delle lesioni conseguite alla somministrazione di una sola dose di farmaco escluda la possibilità di riconoscere il diritto a un indennizzo aggiuntivo basato sull'effettiva gravità solo perché l'effetto devastante del farmaco è stato immediato e totale e non conseguenza di una serie di malattie manifestatesi in una sequenza temporale frammentata;
    numerose sentenze hanno già riconosciuto in giudizio il diritto all'indennizzo aggiuntivo per una pluralità di patologie manifestatesi immediatamente dopo la somministrazione di una sola dose di farmaco, argomentando che il mancato riconoscimento avrebbe comportato la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la censura della legge;
    si avanza dunque la proposta che ai soggetti danneggiati che a causa di vaccinazioni, trasfusioni o somministrazione di un unico farmaco riportano più esiti invalidanti quali effetti collaterali del trattamento sanitario, accertati dalla commissione medico-ospedaliera, sia riconosciuto, in aggiunta ai benefìci previsti, un equo indennizzo aggiuntivo,

impegna il Governo

ad intervenire sulla materia di indennizzi di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, introducendo gli specifici correttivi citati in premessa, in particolare al fine di apportare modifiche indispensabili affinché lo strumento legislativo si mantenga all'altezza sia delle mutate esigenze assistenziali che di quelle giuridiche più volte ridisegnate dalla giurisprudenza, ovviando altresì alle macroscopiche criticità generate dall'applicazione della legge n. 210 stessa.
9/4595/38Di Vita.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

indennizzo

prodotto farmaceutico