ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00079

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 469 del 28/04/2011
Abbinamenti
Atto 6/00077 abbinato in data 28/04/2011
Atto 6/00078 abbinato in data 28/04/2011
Atto 6/00080 abbinato in data 28/04/2011
Atto 6/00081 abbinato in data 28/04/2011
Firmatari
Primo firmatario: GALLETTI GIAN LUCA
Gruppo: UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Data firma: 28/04/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DELLA VEDOVA BENEDETTO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO 28/04/2011
TABACCI BRUNO MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA 28/04/2011
LO MONTE CARMELO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD 28/04/2011
LA MALFA GIORGIO MISTO-LIBERAL DEMOCRATICI-MAIE 28/04/2011


Stato iter:
28/04/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 28/04/2011
Resoconto CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 28/04/2011
Resoconto LA MALFA GIORGIO MISTO-LIBERAL DEMOCRATICI-MAIE
Resoconto COMMERCIO ROBERTO MARIO SERGIO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Resoconto LANZILLOTTA LINDA MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA
Resoconto CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI
Resoconto DELLA VEDOVA BENEDETTO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Resoconto CESARIO BRUNO INIZIATIVA RESPONSABILE (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, LA DISCUSSIONE)
Resoconto GALLETTI GIAN LUCA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Resoconto MONTAGNOLI ALESSANDRO LEGA NORD PADANIA
Resoconto DUILIO LINO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MILANESE MARCO MARIO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 28/04/2011

DISCUSSIONE IL 28/04/2011

DICHIARATO PRECLUSO IL 28/04/2011

CONCLUSO IL 28/04/2011

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00079
presentata da
GIAN LUCA GALLETTI
testo di
giovedì 28 aprile 2011, seduta n.469

La Camera,
esaminato il Documento di economia e finanza pubblica 2011,
considerato che:
il Consiglio dei ministri del 13 aprile 2011, in ottemperanza agli impegni definiti nel Consiglio europeo del 24-25 marzo scorsi, ha approvato il Programma di stabilità, che delinea gli andamenti pluriennali della finanza pubblica italiana fino al 2014 e il Piano Nazionale di Riforma, nel quale sono indicate le politiche che il Governo intende adottare per sostenere la crescita economica del Paese;
il Piano di stabilità indica il raggiungimento nel 2014 del pareggio sostanziale del bilancio ed una prima consistente riduzione del rapporto debito/PIL. È del tutto evidente che tali traguardi richiederanno, tra il 2013 e il 2014, una manovra aggiuntiva di riduzione del fabbisogno del 2,5 per cento del PIL circa;
con tale scelta il Governo rinvia di fatto nel tempo la correzione richiesta dagli accordi in sede europea, scaricando sulla prossima legislatura gran parte dell'onere del risanamento;
l'Italia si presenta all'appuntamento con la nuova disciplina europea in condizioni particolarmente difficili per tre essenziali ragioni:
1) uno stock di debito in rapporto al PIL pari al doppio di quanto previsto in sede europea e con l'obbligo di procedere alla riduzione di tale differenza nella misura di un ventesimo per ciascun anno; il che implica una riduzione di ben 3 punti l'anno che si aggiungono al vincolo relativo al rapporto fra deficit pubblico e PIL che deve ridiscendere a un livello inferiore al 3 per cento;
2) una crescita reale di medio periodo che si colloca attorno all'1 per cento;
3) un divario fra il Nord e il Sud che è tornato ad accentuarsi in misura rilevante;
nel Piano di Riforma, non sono previsti interventi destinati a dare luogo a una crescita più vigorosa dell'economia. Si propone una congerie di misure, circa ottanta, delle quali è evidente la disorganicità. Si proclama il rafforzamento della concorrenza e della competitività, ma non si indicano strade concrete ed incisive. C'è solo una generica enumerazione di misure senza strategie e senza priorità;
particolarmente carente è la trattazione della questione del Mezzogiorno;
le liberalizzazioni non vengono neanche citate: grave paradosso di un Governo che aveva legato la sua missione alla rivoluzione liberale e che invece oggi ha abbracciato una pericolosa e regressiva linea statalista e neo protezionista;
lo stesso esecutivo si mostra consapevole della fragilità del Piano: prova ne sia la valutazione che esso stesso fa dell'effetto di stimolo determinato dalle misure indicate, calcolato in un aumento della crescita dello 0,4 per cento del PIL;
queste misure non sono in grado di realizzare la «scossa» all'economia promessa dal Governo mentre per le necessità del Paese ci sarebbe bisogno di mettere in campo uno sforzo simile a quello prodotto al tempo dell'adesione al Trattato di Maastricht, come segnalato dalla Confindustria;
appare pertanto ancora più grave il mancato coinvolgimento del Parlamento e dell'insieme del mondo produttivo nell'elaborazione del Piano da parte del Governo;
ciò che più colpisce è la mancanza di un'analisi della relazione fra l'andamento del fabbisogno pubblico e il trend del reddito nazionale che invece rappresenta il punto più importante. Nell'economia italiana, infatti, si sta creando un circolo vizioso: le misure finanziarie di risanamento, per le loro ripercussioni sulla domanda, determinano un rallentamento della crescita; la quale, a sua volta, a causa dei suoi effetti depressivi, rende più difficile il raggiungimento dei traguardi di finanza pubblica e impone ulteriori manovre deflattive;
questa contraddizione non verrà probabilmente rilevata dalle autorità europee. Ma ciò non costituisce una buona notizia per il futuro dell'Italia. Gli impegni chiesti dall'Europa attengono al rapporto deficit/PIL e debito/PIL. La crescita, cioè, non è considerata un vincolo. Il vincolo sono le grandezze di finanza pubblica senza ulteriori condizioni;
questo è il limite che continua a permanere nel nuovo Patto europeo: esso non assume come priorità la questione della crescita né attribuisce carattere strategico e vincolante all'attuazione dell'Agenda 2009 che della crescita europea ha dettato le linee. Peraltro non risulta che l'Italia si sia battuta per un esito del negoziato europeo che rafforzasse questo aspetto;
al contrario, il Governo ha sostanzialmente rinunciato a avviare una politica per la crescita, affidandosi probabilmente alla speranza che la ripresa dell'economia italiana possa essere trainata dall'andamento di quella europea e mondiale. Ma questa scelta rischia di rendere proibitivo, il conseguimento degli ambiziosi traguardi di finanza richiesti dall'Europa, renderà indispensabili come previsto da Bankitalia, e come ammesso a denti stretti da Tremonti in questi giorni, ulteriori manovre di restrizione del bilancio, destinate a loro volta a influire negativamente sul nostro tasso di crescita, condannando il Paese all'immobilismo;
una crescita dell'1,5 per cento è palesemente insufficiente a consentire un riassorbimento della elevata disoccupazione italiana e una attenuazione del grave divario fra il Nord ed il Sud, é dunque urgente predisporre ed attuare una politica economica del tutto diversa che si proponga l'obiettivo di una crescita annuale fra il 2 e il 3 per cento;
è necessario pertanto, invece di favoleggiare di una riforma fiscale che ormai è solo un'araba fenice, prevedere precise misure a sostegno della crescita quale condizione indispensabile per la stessa stabilità dei conti pubblici e dunque per il rispetto dei vincoli dell'appartenenza all'euro che non possono essere rinviate oltre;
a differenza di quanto avviene oggi, occorre che la manovra di rigore finanziario e di rilancio della crescita sia caratterizzata, da precise scelte politiche, qualitativamente impegnative e quantitativamente sostenute. In particolare a difesa della famiglia, del lavoro, delle imprese e in direzione di un rilancio degli investimenti e dei consumi;
per reperire le risorse necessarie occorre una totale e radicale revisione della spesa pubblica, una vera e propria spending review, orientata alla trasformazione dello Stato da erogatore a regolatore, anche nel settore del Welfare. Per ottenere ciò è indispensabile puntare sulla sussidiarietà. Tagli verticali specifici devono sostituire quelli orizzontali e generici. Nell'immediato si può intanto procedere al severo contenimento di alcune voci specifiche di spesa corrente aumentate in modo anomalo negli ultimi anni e che contengono chiari indizi di sprechi, malversazioni ed aree grigie tra economia e politica: acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni ammontanti ad oltre 140 miliardi di euro all'anno; fondi perduti elargiti a pioggia in conto corrente e conto capitale per 44 miliardi di euro all'anno; eliminazione-aggregazione di enti e società pubbliche; radicale riduzione del numero delle province. In questo quadro occorre promuovere immediati provvedimenti anti-corruzione;
l'Italia ha davanti a sé due traguardi: correggere il deficit pubblico e finanziare una grande riforma fiscale (fattore famiglia, dimezzamento dell'IRAP per le imprese, infrastrutture, ricerca);
è necessario predisporre in tempi brevi:
a) una legge sulla fiscalità di vantaggio degli investimenti produttivi, con un'articolazione diversa tra Nord e Sud in relazione ai diversi livelli di disoccupazione nelle aree del Paese;
b) un intervento di sostegno della patrimonializzazione delle imprese attraverso la detassazione degli utili reinvestiti;
c) il rilancio delle liberalizzazioni, ormai bloccate da anni nei servizi, pubblici e privati, nelle professioni, nelle attività commerciali per ridurre i costi della pubblica amministrazione, delle imprese e delle famiglie, creare nuove opportunità di lavoro;
d) immediate misure di riduzione fiscale per le famiglie (introducendo il fattore famiglia) e per le imprese attraverso la riduzione dell'IRAP che con il federalismo fiscale rischia, al contrario, di aumentare;
e) una forte iniziativa mirata al contrasto della povertà che sta investendo ceti che precedentemente ne erano al riparo;
f) investimenti straordinari in favore della ricerca pubblica e privata;
g) un piano straordinario per i giovani (istruzione, merito, lavoro, casa, nuove opportunità);
h) rimettere in moto le infrastrutture con particolare riguardo al Mezzogiorno dove è indispensabile aumentare capacità di spesa e qualità dei servizi pubblici;
i cambiamenti storici in atto nel Mediterraneo, liberando energie per troppo tempo represse e mettendo in moto nuovi processi di sviluppo economico, possono rappresentare un'occasione straordinaria di sviluppo per l'Italia, sia come Paese esportatore, sia come piattaforma logistica dell'intero Mediterraneo, sia infine come fornitore di servizi (ad esempio l'istruzione universitaria);
intorno a queste nuove possibilità il Paese deve esser pronto a costruire una nuova stagione di sviluppo con particolare riferimento al Mezzogiorno. È un'occasione che non deve essere perduta, ma che finora è stata affrontata dal Governo solo in termini di ordine pubblico;
le crisi finanziarie di alcuni Paesi membri dell'euro e la necessità di procedere con misure di sostegno a loro favore hanno alimentato un clima di diffidenza nelle relazioni inter-europee. Da parte tedesca, soprattutto, si vorrebbe puntare all'introduzione di vincoli ai comportamenti dei singoli Stati;
occorre impegnarsi ad evitare che l'Europa dei giusti vincoli divenga l'Europa degli ingiustificati egoismi, in altri termini, si deve operare al fine di riuscire a superare l'impasse che ha fermato il cammino dell'integrazione politica europea;
come Paese fondatore, l'Italia può esercitare un ruolo rilevante nella ripresa del cammino unitario, ma ciò presuppone due condizioni che l'attuale maggioranza non soddisfa:
a) mantenere saldo un atteggiamento favorevole all'ulteriore integrazione politica, senza oscillare fra perentorie richieste di aiuto e minacce di secessione;
b) dimostrare di saper perseguire una crescita economica più rilevante e, insieme, il risanamento dei conti pubblici. Affinché tutto ciò si realizzi è necessaria una diversa maggioranza e un Governo capace di ispirarsi ad una nuova condivisa stagione di responsabilità nazionale,
impegna il Governo
pur condividendo gli obiettivi di risanamento e di contenimento della spesa pubblica in linea con gli impegni europei, ad avviare concretamente una politica industriale, misure e programmi in grado di stimolare la crescita secondo quanto segnalato nelle premesse.
(6-00079) «Galletti, Della Vedova, Tabacci, Lo Monte, La Malfa».