ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00058

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 420 del 19/01/2011
Abbinamenti
Atto 6/00055 abbinato in data 19/01/2011
Atto 6/00056 abbinato in data 19/01/2011
Atto 6/00057 abbinato in data 19/01/2011
Atto 6/00059 abbinato in data 19/01/2011
Firmatari
Primo firmatario: FRANCESCHINI DARIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 19/01/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VENTURA MICHELE PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
MARAN ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
VILLECCO CALIPARI ROSA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
FERRANTI DONATELLA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
ORLANDO ANDREA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
AMICI SESA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
BOCCIA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
LENZI DONATA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
QUARTIANI ERMINIO ANGELO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
GIACHETTI ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
ROSATO ETTORE PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
CAPANO CINZIA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
CAVALLARO MARIO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
CIRIELLO PASQUALE PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
CONCIA ANNA PAOLA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
CUPERLO GIOVANNI PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
MELIS GUIDO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
PICIERNO PINA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
ROSSOMANDO ANNA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
SAMPERI MARILENA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
TENAGLIA LANFRANCO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
TIDEI PIETRO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
TOUADI JEAN LEONARD PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011


Stato iter:
19/01/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 19/01/2011
Resoconto ALFANO ANGELINO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 19/01/2011
Resoconto DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto NAPOLI ANGELA FUTURO E LIBERTA' PER L'ITALIA
Resoconto RAO ROBERTO UNIONE DI CENTRO
Resoconto MOLTENI NICOLA LEGA NORD PADANIA
Resoconto COSTA ENRICO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BARANI LUCIO POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/01/2011

NON ACCOLTO IL 19/01/2011

PARERE GOVERNO IL 19/01/2011

DISCUSSIONE IL 19/01/2011

RESPINTO IL 19/01/2011

CONCLUSO IL 19/01/2011

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00058
presentata da
DARIO FRANCESCHINI
testo di
mercoledì 19 gennaio 2011, seduta n.420

La Camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
premesso che:
le suddette comunicazioni rappresentano un atto importante, un'assunzione di responsabilità in termini di definizione programmatica della futura politica in tema di amministrazione della giustizia, e che vanno esaminate attentamente da parte del Parlamento;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle Forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficace, per la cui realizzazione è necessario stanziare in via prioritaria risorse adeguate e idonee per garantire un concreto miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia e l'effettività dei diritti;
a) per quanto riguarda la giustizia civile:
va affrontata quella vera e propria ipoteca sulla competitività economico-internazionale rappresentata dal cattivo funzionamento della giustizia civile, causa dell'inadeguata tutela del credito, della difficoltà ad investire nel nostro Paese, dell'incertezza dei rapporti tra privati, del protrarsi di conflitti familiari, talvolta drammatici;
a fronte della crescente domanda di giustizia civile la risposta non può essere quella data dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 che ha introdotto un ulteriore rito processuale - quello di cognizione sommaria - in aggiunta ai venti già esistenti e che, in quanto tale, non è stato in grado di incidere significativamente sull'efficacia del sistema. Né può essere una soluzione quella di affidare a una categoria di nuovo conio, i cosiddetti «ausiliari del giudice» (appartenenti a categorie professionali in pensione o onorarie), funzioni sostanzialmente decisorie, così come si è tentato di fare con un emendamento alla manovra finanziaria del luglio scorso, poi ritirato il 9 luglio 2010, solo a seguito delle pesanti critiche delle forze di opposizione e di tutti gli operatori della giustizia. Non risolvono i problemi anche gli interventi normativi improvvisati, privi di un adeguato grado di coordinamento, basati sulla logica dell'emergenza e tesi, in buona sostanza, a scardinare i caratteri costitutivi e sistematici della giurisdizione civile;
è necessario, invece, attraverso il confronto con i gruppi di opposizione, portare avanti un effettivo percorso di razionalizzazione e semplificazione dell'attività processuale civile, capace di far fronte tanto allo smaltimento dell'arretrato quanto ai nuovi flussi di contenzioso, rifuggendo però da logiche emergenziali e di rottamazione e affrontando una riforma di sistema capace di assicurare la ragionevole durata dei processi, con la garanzia però della speditezza, concentrazione e accuratezza nella trattazione di tutte le cause;
il gruppo del Partito Democratico auspica che il Governo, in colpevole ritardo, come emerge anche dallo odierne comunicazioni del ministro, porti presto alla discussione delle Camere i decreti legislativi di attuazione della delega contenuta nella legge n. 69 del 2009 tenendo conto dei princìpi fondamentali di qualità ed efficienza del processo civile;
d'altro canto, solo un processo forte e funzionante avrebbe potuto valorizzare e garantire risultati all'istituto della mediazione e conciliazione che entrerà a breve in vigore, in attuazione della delega esercitata dal Governo conferita dall'articolo 60 della legge n. 69 del 2009 e che presenta aspetti e contenuti in parte contrastanti con lo scopo steso della delega. Infatti, così come è stato configurato, l'istituto della media conciliazione tende a puntare su figure ed organismi che impongono soluzioni anziché aiutare le parti a pervenire ad una composizione del conflitto che aiuti a ricostituire la qualità del legame sociale;
proprio a causa delle numerose criticità, che il gruppo del Partito Democratico aveva già evidenziato nel parere alternativo allo schema di decreto legislativo di cui sopra e a cui il Governo è rimasto sostanzialmente sordo, la mediazione finalizzata alla conciliazione non avrà quegli effetti deflattivi tanto propagandati dal ministro e creerà, anzi, un'ulteriore allungamento dei tempi o dei costi del contenzioso ordinario per il cittadino che chiede, invece, risposte effettive di giustizia;
sarebbe ragionevole, pertanto, un invio della entrata in vigore del decreto legislativo sulla media conciliazione, richiesto, peraltro, da tutta l'Avvocatura in considerazione del mancato reperimento delle risorse organizzative, delle aule presso i tribunali e dell'esiguo numero dei conciliatori;
b) per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche e informatiche:
lo stato della digitalizzazione della giustizia ad un anno dalle dichiarazioni rese dal ministro al Parlamento è, senza dubbio, negativo. Esattamente un anno fa, infatti, il ministro annunciava l'entrata in vigore del processo telematico, a completamento della digitalizzazione dalla giustizia, con l'applicazione dell'informatica a tutti gli atti del processo, civile e penale. In particolare, annunciava come immediatamente applicabili - e dunque già applicate - le comunicazioni e le notificazioni telematiche tra gli uffici giudiziari e gli avvocati e, salvo che per le notifiche agli imputati, la possibilità di usare la posta elettronica certificata. Ad oggi, invece, la situazione è a dir poco preoccupante: il panorama nazionale è quello della dotazione di strumenti obsoleti, di assenza di programmazione di scelte di spesa oculate e a lungo termine dell'utilizzo di programmi e sistemi che spesso non colloquiano tra di loro, mentre è carente una politica di potenziamento, formazione e valorizzazione della professionalità del personale degli uffici giudiziari. L'anno si è quindi aperto con un'emergenza, proprio in quel settore che doveva essere l'avanguardia tecnologica per un miglioramento dell'efficienza del settore giustizia. In particolare, l'assenza di adeguate risorse finanziarie sull'esercizio 2011, frutto anche della politica del tagli lineari di questo Governo, ha causato il blocco dell'assistenza ai servizi informatici nei primi giorni del 2011. Tale blocco avrebbe potuto causare la paralisi degli uffici giudiziari e del sistema con conseguente chiusura dei tribunali e, dunque, innanzitutto, il blocco dell'attività processuale. Alla sospensione dell'assistenza informatica è stata data solo una soluzione temporanea attraverso una variazione di bilancio che ha spostato risorse per 5,1 milioni di euro da destinare al finanziamento, delle spese di gestione, funzionamento e sviluppo del sistema informativo di assistenza tecnica, stornate in misura pari ad 1.140.620 euro dal capitolo n. 1515, relativo ai consumi intermedi del Ministero della giustizia e i restanti 3.359,380 euro reperiti, invece, dal capitolo di bilancio n. 1451, avente più ampia portata rispetto al precedente capitolo in quanto comprensivo di voci distinte, tra cui i trasferimenti d'ufficio del personale, le spese per la formazione del personale, le spese per l'acquisto di cancelleria, oltre ai rimborsi a pubbliche amministrazioni per il personale comandato. Il Governo ha proceduto con una variazione di bilancio a danno di altri capitoli che avevano già subito dei tagli dalle precedenti manovre, trovando ancora una volta una soluzione provvisoria e improvvisata. È infatti noto che negli uffici giudiziari spesso le più elementari necessità di cancelleria vengono sopperite anche e soprattutto dalla buona volontà degli operatori e del personale giudiziario. Fino ad ora, il ministro della giustizia ha portato avanti solo una politica fatta di annunci e le comunicazioni odierne rivelano l'assenza di informazioni chiare e una scarsa consapevolezza della situazione esistente;
la realtà è che il Governo non ha stanziato e non stanzia risorse sufficienti per portare avanti la digitalizzazione ed il processo civile telematico in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, anzi proprio il processo telematico pare sfumare nei più modesti obiettivi, peraltro ancora ipotetici, della posta certificata e della mera digitalizzazione degli atti;
la scarsità delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale. Compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, il Governo avrebbe dovuto adottare iniziative normative e programmatiche volte a garantire adeguati finanziamenti al Ministero della giustizia nell'informatica giudiziaria, nella formazione e incentivazione economica e professionale del personale dell'amministrazione della giustizia;
c) per quanto riguarda il Fondo unico giustizia:
è da due anni che il Fondo unico giustizia viene continuamente richiamato in tutti gli interventi del ministro della Giustizia e del ministro dell'interno come la fonte e la riserva sostanziosa di impegno per risolvere i problemi delle risorse riguardanti sia le forze di polizia, sia l'organizzazione giudiziaria. Si è parlato, negli annunci stampa, di cifre che vanno da uno a due milioni di euro. In realtà, nella recente risposta data dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sen. Carlo Giovanardi all'interpellanza urgente n. 2-00878 a prima firma dell'onorevole Ferranti, si legge «(...) le risorse del Fondo unico giustizia, provenienti dai sequestri, prese in considerazione per l'utilizzo ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, sono quelle ammontanti, a fine 2009, a 631,4 milioni di euro, così come affermato dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2010 aveva stabilito le percentuali di riparto delle risorse nella misura del 50 per cento al Ministero dell'interno e del 50 per cento al Ministero della giustizia. Il predetto decreto è stato restituito alla Corte dei conti con osservazioni e, in data 28 settembre 2010, il Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato alla Corte dei conti i necessari chiarimenti. Da notizie riferite il 1o dicembre, ieri, dal ministro dell'economia si rileva che è pervenuto al suddetto dicastero il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione a seguito delle osservazioni della Corte dei conti, in cui si stabiliscono le percentuali delle quote delle risorse intestate al Fondo unico giustizia al 31 dicembre 2010. Tali percentuali, rispetto a quelle previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile, sono state modificate nei seguenti termini per accogliere le osservazioni della Corte dei conti del 28 settembre 2010: il 49 per cento al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, il 49 per cento al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari ed altri servizi istituzionali, nonché per assicurare la copertura degli oneri connessi all'applicazione del decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 sulla mediazione civile; in particolare l'articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, attuativo della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di risorse, regime tributario e indennità, ha previsto un onere, a valere sulla quota spettante al Ministero della giustizia, del riparto del Fondo unico giustizia di 5,9 milioni di euro per l'anno 2010 e 7,018 milioni di euro per l'anno 2011, conseguenti alle esenzioni dall'imposta di bollo e di registro dei verbali di conciliazione. Per ciò che attiene, invece, alla copertura delle agevolazioni fiscali previste, consistenti nel riconoscimento di un credito di imposta regolato dall'articolo 20 del citato decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è stato misurato un onere massimo di 62,4 milioni di euro. Le somme valutate sono da ritenersi indicative e prudenzialmente stimate in eccesso in quanto, ai sensi del comma 2 dell'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, l'ammontare delle risorse del Fondo unico giustizia di spettanza del Ministero della giustizia, da destinare alle agevolazioni fiscali, verrà stabilito a decorrere dall'anno 2011 con decreto del ministro della giustizia da emanarsi entro il 30 aprile di ciascun anno (...)»;
di fatto, ad oggi, non risulta assegnato al Ministero della giustizia alcunché nonostante il ministro Alfano, già nelle Comunicazioni alle Camere del gennaio 2010, sostenesse come fossero confluiti nel FUG oltre 1.59 miliardi di euro, nell'ambito del quale evidenziava come disponibili per la riassegnazione pro quota al Ministero della giustizia 631,4 milioni di euro;
d) per quanto riguarda il sistema carcerario:
l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento del recupero del reo delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esso la politica, la società civile, la magistratura, ma - soprattutto - i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n. 121 della Presidenza del Consiglio). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal ministro lo scorso gennaio 2010 tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella Legge finanziaria 2010 e 100 milioni del bilancio della Giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, introducendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2000 nuovi agenti di Polizia penitenziaria;
per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione Giustizia, né il ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, hanno mai fornito risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del Piano di interventi;
dell'assunzione dei 2000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia;
dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della Legge 26 novembre 2010, n. 199 «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
diversi e sicuramente più incisivi sono gli obiettivi programmatici che si pone il gruppo del Partito Democratico. In particolare, occorre: un intervento complessivo sistematico volto ad ampliare la tipologia delle misure alternative alla pena detentiva, specificatamente supportate da progetti professionalmente strutturati volti al reinserimento sociale, con una particolare attenzione alle sorti delle vittime dei reati;
è necessario: adeguare le piante organiche riferite al personale di polizia penitenziaria e alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano di assunzioni (almeno 1000 unità per queste ultime figure professionali), che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie; ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana. La fruizione di spazi comuni, magari con il supporto di braccialetti elettronici effettivamente funzionanti, l'inserimento in un'organizzazione modulare che preveda interventi mirati, condurrebbero finalmente a superare la dimensione del carcere come luogo insalubre, patogeno, dove l'ozio e la promiscuità prevalgono sui trattamenti di concreto recupero e rieducativi; un intervento complessivo volto a organizzare e prevedere una diversa strategia di ingresso per gli autori di reati di medio-bassa gravità; rivedere le preclusioni imposte dalla Legge cosiddetta «ex Cirielli» e dai recenti «Pacchetti sicurezza»; prevedere l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena per i recidivi reiterati, ripristinando la competenza a valutare la effettiva pericolosità sociale dei condannati in capo alla magistratura di sorveglianza, le cui piante organiche dovranno, ovviamente, essere rafforzate dal punto di vista numerico al fine di consentire, anche attraverso la messa a punto di nuovi strumenti normativi, di svolgere a pieno il proprio ruolo e di gestire attraverso adeguati percorsi di conoscenza il flusso di ingressi in carcere;
e) per quanto riguarda le misure organizzative essenziali:
l'introduzione del giudice unico di primo grado, prevedendo la fusione di tribunali e preture, ha comportato un modesto ma comunque primo recupero di efficienza, giacché i tribunali sotto-dimensionati sono divenuti circa il 72 per cento del totale. Attualmente, le principali funzioni giudiziarie sono svolte da sette tipologie di uffici giudiziari e cioè da 848 uffici del giudice di pace, da 165 tribunali e relative procure, da 220 sezioni distaccate di tribunale, da 29 tribunali per i minorenni, da 29 corti d'appello (di cui 3 sezioni distaccate) e relative procure generali, dalla Corte di Cassazione e relativa Procura Generale e dal Tribunale superiore delle acque pubbliche. Attraverso degli studi si è accertato che quando le dimensioni degli uffici giudiziari divengono troppe elevate (impiegando un numero di magistrati superiore a 80), si riscontra una perdita di efficienza legata al sovradimensionamento. Tale perdita, tuttavia, appare di gran lunga inferiore a quella che si registra nel caso inverso di eccessivo sottodimensionamento (la prima riforma decisiva per recuperare efficienza e razionalità al sistema giustizia è la riorganizzazione della geografia giudiziaria intesa non come occasione di risparmio in termini economici e di un più razionale impiego delle risorse umane, professionali e finanziarie disponibili, ma anche quale occasione per una valorizzazione degli uffici giudiziari di dimensioni ottimali sotto il profilo delle effettive possibilità di scambio e di confronto continuo, abbreviazione dei tempi, maggiore tempestività nella risposte ai cittadini). Attraverso una nuova e più funzionale distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari saranno incisivi anche tutti quegli interventi inerenti l'organizzazione e il supporto all'attività giudiziaria, affinché nelle aule di giustizia i processi si possano svolgere in modo ordinato, con l'assistenza dovuta, in forme dignitose per tutti i protagonisti, con sistemi di documentazione degli atti che non siano ripetutamente messi in forse dai tagli alle risorse economiche. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato nella seduta straordinaria dell'11 gennaio 2010 una risoluzione proposta dalla sesta Commissione concernente la revisione delle circoscrizioni giudiziarie che sottopone al ministro della giustizia le seguenti conclusioni, «il Consiglio Superiore della Magistratura, nell'ottica di una leale collaborazione istituzionale, ritiene doveroso segnalare al ministro della giustizia l'assoluta ed imprescindibile necessità di attivare una proposta legislativa diretta a rivedere le circoscrizioni giudiziarie. La riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie costituisce, infatti, a parare del CSM, lo strumento indefettibile per realizzare un sistema moderno ed efficiente di amministrazione della giurisdizione, che sia in grado di fornire la dovuta risposta di merito alle istanze di giustizia, nel rispetto di tempi ragionevoli di durata del processo, nella consapevolezza che il ritardo nel giungere alla decisione si risolve in un diniego di giustizia»;
è, quindi, assolutamente urgente che il Governo: assuma un'iniziativa normativa volta a prevedere una riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie al fine di predisporre una disciplina che consenta di garantire le esigenze di efficienza, qualità ed eguale trattamento dei diritti dei cittadini nelle diverse aree geografiche del Paese e una redistribuzione razionale del carico del lavoro e delle risorse umane ed economiche; realizzi il conseguente adeguamento della pianta organica del personale giudiziario, prevedendo procedure urgenti di copertura dei posti vacanti, di attuazione al cosiddetto ufficio del processo, condiviso da tutte le categorie di operatori della giustizia (avvocati, magistrati, personale della giustizia), che rappresenta una misura organizzativa essenziale per garantire lo svolgimento efficiente, efficace e qualitativamente adeguato, delle attività correlate e di supporto all'esercizio della giurisdizione; contribuisca all'approvazione della modifica legislativa in corso di discussione in Commissione giustizia, A.C. 2984 «Modifica all'articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di attribuzione delle funzioni ai magistrati ordinari al termine del tirocinio», in quota opposizione, tesa a eliminare il divieto per i magistrati ordinari di prima nomina ad essere destinati alle funzioni di PM e giudice monocratico, e quindi a risolvere il problema della copertura delle sedi disagiate presso gli uffici di procura;
f) per quanto riguarda la magistratura onoraria:
il ministro della giustizia, nelle comunicazioni del gennaio 2010, aveva annunciato un disegno di legge di riforma della magistratura onoraria che, ad oggi, non è mai stato presentato;
si profila, anzi, la ormai consueta prorogatio del mandato dei giudici di pace, la terza succedutasi dall'esordio del magistrato di prossimità e, così come avvenuto in precedenza (decreto-legge n. 115 del 2005), la dilazione dell'incarico sarà operata con decretazione di urgenza;
la situazione appare ancor più paradossale con riferimento alle figure del m.o.t. (g.o.t. e v.p.o.) il cui mandato (solo originariamente triennale) ha «costretto» il legislatore a reiterate proroghe, quasi tutte adottate con decreti di fine d'anno;
la riorganizzazione del sistema della giustizia onoraria deve necessariamente passare attraverso l'attribuzione di compiti e ruoli ben definiti alla magistratura onoraria, anche in considerazione della circostanza che l'incremento della domanda di giustizia si accompagna ad una progressiva differenziazione delle esigenze alle quali deve essere preordinata la risposta giudiziaria. Si tratta, quindi, di identificare compiutamente un numero congruo di controversie che possono essere adeguatamente soddisfatte attraverso procedure semplificate, nelle quali l'apprezzamento delle circostanze di fatto deve essere preminente rispetto ai problemi tecnico-giuridici ed il giudice deve svolgere un ruolo prevalentemente di mediazione e conciliazione. La scelta, sul piano costituzionale, rinviene una solida base nell'articolo 106, secondo comma, della Costituzione, il quale stabilendo che «la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli», esprime una chiara e precisa opzione della Costituzione in favore del ricorso alla figura del giudice onorario, che va rettamente intesa ed adeguatamente realizzata. La sua realizzazione determinerebbe inoltre la possibilità di eliminare le figure di giudici onorari presso gli uffici del giudice professionale (diverse, ovviamente, da quelle riconducibili all'articolo 102, secondo comma, della Costituzione), che hanno giustamente sollevato reiterate proteste da parte del ceto forense e non contribuiscono all'immagine dell'imparzialità. La magistratura onoraria non deve essere appiattita su quella professionale; non va considerata un minus rispetto a quest'ultima, occorrendo invece valorizzarne la specificità per modellare una peculiare figura del giudice onorario, delle procedure che egli è chiamato ad applicare, della tipologia delle decisioni che è chiamato a rendere, che occorre siano improntate dal criterio della semplificazione e da una particolare attenzione alle differenti esigenze presenti nelle diverse parti del territorio nazionale;
occorre rimodulare le figure di giudici onorati attuali; ridisegnare la competenza del giudici di pace nella materia civile; modificare i requisiti di nomina del giudice di pace, conformandoli rispetto alle esigenze poste dalla sua definizione quale, essenzialmente, giudice di equità; «staccare» più nettamente la figura dei giudici di pace rispetto alla magistratura professionale, provvedendo alla definizione della sua figura in termini di autonomia e specificità rispetto a quella del giudice professionale che consenta di superare l'attuale precarietà;
f) per quanto riguarda la corruzione e il principio di legalità:
di fronte alla rilevanza e alla diffusione del fenomeno corruttivo, più volte denunciato dal procuratore generale della Corte dei conti come una delle cause del dissesto economico del Paese ed evidenziato, nel rapporto sull'Italia, dal gruppo contro la corruzione del Consiglio d'Europa (Greco) pubblicato nell'ottobre 2009, come «fenomeno corrente e generalizzato che tocca numerosi settori di attività in particolare l'edilizia, l'immobiliare il trattamento dei rifiuti, gli appalti pubblici ed il settore della sanità «, il Governo non ha assunto alcuna iniziativa concreta, a parte quella contenuta nella Legge delega per il Codice antimafia sulla tracciabilità dei finanziamenti pubblici, per la cui approvazione il gruppo PD si è fortemente battuto. Il Parlamento è stato infatti occupato, per gran parte dei primi tre anni di legislatura, ad approvare leggi ad personam: il primo «lodo Alfano», la legge sul legittimo impedimento, il processo breve, le intercettazioni telefoniche, il «lodo Alfano» costituzionale. L'unico provvedimento che è riuscito ad approvare in questa materia è stato la ratifica delle Convenzione civile sulla corruzione fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, mentre ancora sono in corso di esame nelle Commissioni II e III del Senato, le proposte di ratifica della Convenzione penale sulla corruzione;
g) per quanto riguarda le professioni:
occorre valorizzare le nuove professioni e regolare in forma innovativa, adeguata ai sistemi europei, quelle ordinistiche, garantendo una competizione leale tra professionisti ed una tutela a favore dei consumatori e dei cittadini della qualità delle prestazioni professionali;
è necessario garantire ai professionisti sistemi previdenziali ed assistenziali adeguati;
va consentito ai giovani un accesso alla professione basato sul merito e alle donne va garantita la piena parità nell'esercizio dell'attività professionale;
occorre consentire ai professionisti di accedere ai benefici ed alle misure di sostegno previsti per le attività economiche commerciali, industriali e del terziario;
è necessario offrire misure concrete di sostegno all'innovazione, alla ricerca ed alla crescita dell'occupazione anche in questo settore;
bisogna incoraggiare l'approvazione di un moderno assetto della professione forense, basato sull'accesso fondato sul merito, sulla formazione permanente, sulle specializzazioni e su regole deontologiche rigorosamente garantita da un sistema disciplinare imparziale;
sempre a proposito di quella forense occorre favorire l'autodeterminazione della categoria e la sua partecipazione attiva all'amministrazione della giustizia come soggetto di rilevanza costituzionale;
infine è importante sostenere e promuovere la crescita delle associazioni professionali;
non le approva.
(6-00058) «Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Ferranti, Andrea Orlando, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi».