ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00037

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 270 del 21/01/2010
Abbinamenti
Atto 6/00036 abbinato in data 21/01/2010
Atto 6/00038 abbinato in data 21/01/2010
Atto 6/00039 abbinato in data 21/01/2010
Atto 6/00040 abbinato in data 21/01/2010
Firmatari
Primo firmatario: DI PIETRO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 21/01/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 21/01/2010
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 21/01/2010
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 21/01/2010
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 21/01/2010


Stato iter:
21/01/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 21/01/2010
Resoconto ALFANO ANGELINO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 21/01/2010
Resoconto LA MALFA GIORGIO MISTO - REPUBBLICANI REGIONALISTI POPOLARI
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA
Resoconto PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI
Resoconto RAO ROBERTO UNIONE DI CENTRO
Resoconto BRIGANDI' MATTEO LEGA NORD PADANIA
Resoconto ORLANDO ANDREA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto COSTA ENRICO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 21/01/2010

NON ACCOLTO IL 21/01/2010

PARERE GOVERNO IL 21/01/2010

DISCUSSIONE IL 21/01/2010

IN PARTE RESPINTO E IN PARTE PRECLUSO IL 21/01/2010

CONCLUSO IL 21/01/2010

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00037
presentata da
ANTONIO DI PIETRO
testo di
giovedì 21 gennaio 2010, seduta n.270

La Camera,
premesso che:
le comunicazioni che il ministro della giustizia presenta alla Camera dei deputati, ai sensi dell'articolo 2, comma 29, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, costituiscono un documento impegnativo, di bilancio, dell'amministrazione della giustizia e di definizione programmatica per il futuro, cosicché richiedono un esame particolarmente rigoroso da parte del Parlamento, consono alla vitale importanza del servizio giustizia per i cittadini e le istituzioni;
sono pendenti oltre cinque milioni di cause civili e tre milioni e mezzo di processi penali, cosicché uno dei problemi più impellenti che affliggono la giustizia italiana concerne la ragionevole durata del processo, in applicazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo concernente il diritto ad un processo equo;
a fronte di tale straordinaria emergenza, il Governo, a dispetto di spot ed annunci strabilianti, non ha posto in essere alcun organico intervento normativo, ordinamentale e strutturale idoneo a consentire all'apparato giudiziario di risolvere entro tempi accettabili questo così grave problema. Anzi, con le ultime Leggi finanziarie, compresa quella per il 2010, con costanti ed irragionevoli tagli lineari, ha drasticamente ridotto le disponibilità economiche del Ministero della giustizia, oltre che di quello degli interni, così da rendere ancora più difficile assicurare una maggiore sicurezza e un sistema giudiziario più efficiente;
al contrario, l'unica preoccupazione della maggioranza appare quella di evitare al Presidente del Consiglio la partecipazione alle udienze penali, di modo che il Parlamento è occupato nella definizione di questo problema con l'esame di molteplici e concorrenti provvedimenti legislativi mentre dovrebbe occuparsi della grave crisi economica del Paese e, semmai, della riforma della giustizia per farla funzionare meglio;
e così, il disegno di legge sul cosiddetto processo breve, intriso di molteplici profili di incostituzionalità, non è volto ad accelerare l'iter processuale affinché ogni sentenza possa essere resa in tempo accettabile, bensì è volto - essendo retroattivamente applicabile ai processi in corso - a far morire precocemente decine di migliaia di processi, realizzandosi in tal modo un'amnistia anomala per reati anche di considerevole gravità, vanificandosi i principi di certezza del giudizio e della pena eventualmente irrogata. Decretare la morte formale di un processo depotenzia lo strumento processuale e irragionevolmente sacrifica i diritti delle parti offese, dato che col processo lo Stato esercita la «pretesa punitiva». E tra i vari reati che rimarrebbero impuniti, vi è la corruzione, delitto che rischia di condizionare pesantemente l'appetibilità di investimenti stranieri, ponendosi così il disegno di legge anche in netto contrasto con i princìpi sanciti dalla Convenzione dell'ONU contro la corruzione recepita nel nostro ordinamento;
l'altro intervento sul quale la maggioranza punta per evitare la presenza al processo del Capo del Governo è quello sul cosiddetto legittimo impedimento, incostituzionale per molteplici aspetti in quanto istituisce una prerogativa personale con norma ordinaria mentre è necessaria una legge di modifica della Costituzione, come costantemente ha affermato la Corte costituzionale;
le carceri italiane si trovano in una gravissima situazione emergenziale con circa 66 mila presenze, in surplus di 23 mila detenuti rispetto ai 43 mila possibili, con una deficienza organica del Corpo di polizia penitenziaria di circa 5.500 unità, con la gran parte delle strutture penitenziarie fatiscenti, obsolete e non adatte, con strutture pressoché pronte ma non aperte, con gravi carenze del personale del trattamento e della rieducazione. In tale situazioni il personale di polizia penitenziaria è costretto a lavorare in condizioni sempre peggiori, così come educatori, psicologi, medici. Sono in costante aumento i comportamenti autodistruttivi (suicidi) e quelli eteroaggressivi, quali gli attacchi al personale di polizia penitenziaria, ormai demotivato, stanco e malpagato, che sempre più spesso ricorre a giustificate manifestazioni di protesta: un agente deve sorvegliare 100 detenuti di giorno, circa 250 nei turni notturni; per garantire le traduzioni il personale è costretto a viaggiare anche per 20 ore consecutive spesso su mezzi non idonei; gli standard internazionali stabiliti dal comitato per la prevenzione della tortura stabiliscono in 7 metri quadri a persona lo spazio minimo sostenibile per una cella, mentre in Italia i detenuti che vivono in condizioni di gravissimo sovraffollamento sono la quasi totalità, cosicché lo Stato rischia di dover pagare 64 milioni di euro di indennizzi;
solo dopo due anni, con colpevole negligenza, il Governo ha annunciato un cosiddetto «piano carceri» di cui non si conosce la consistenza e l'efficacia, ma che certamente non potrà avere effetti in tempi ragionevoli. Né esso si accompagna ad interventi di deflazione carceraria basati sull'alternatività delle sanzioni;
il Governo è anche in grave ritardo nella definizione delle problematiche, soprattutto ordinamentali, di una categoria assolutamente benemerita quale quella dei giudici di pace, composta da magistrati che amministrano il 60 per cento del contenzioso civile e il 30 per cento del processo penale in tempi brevi e con la durata media di un anno per processo, pur ricevendo retribuzioni totalmente inadeguate e non dignitose in rapporto all'alta funzione pubblica del rendere giustizia che svolgono al servizio dello Stato e del cittadino;
peraltro, la soluzione ipotizzata dal Governo appare partire dal presupposto della scarsa considerazione di questa categoria di indispensabili e benemeriti operatori del diritto, introducendo arbitrarie differenziazioni, non prevedendo alcuna forma di scudo previdenziale, prevedendo, a regime, la messa in disparte di un personale qualificato ed esperto che ha svolto con dignità un prezioso lavoro in funzione e dell'introduzione di personale della necessaria esperienza. Bisogna superare il periodico ricorso alle proroghe, che hanno il solo effetto di far permanere personale sostanzialmente retribuito «a cottimo» se non «in nero», per arrivare ad una definitiva e dignitosa soluzione del problema che preveda forme di continuità, di specializzazione, di giusta retribuzione e di forme compatibili di previdenza;
la giustizia minorile sta vivendo il periodo più buio della sua esistenza perché si stanno facendo mancare ad essa le risorse necessarie (persino per il trattamento dei minori) e, sotto il pretesto di una riorganizzazione, si sta consentendo il depotenziamento delle professionalità attraverso lo svuotamento delle competenze con il loro trasferimento alle strutture generali organizzative del Ministero della giustizia che si occupano di tutto, così vanificandosene la specificità. Ciò costituisce la premessa per lo svilimento di un settore e di una cultura dei diritti dei minori che vede l'Italia all'avanguardia in un panorama internazionale, in contrasto anche con l'affermata opinione del ministro della giustizia per cui la giustizia minorile rappresenta un «fiore all'occhiello» che va salvaguardato e difeso;
da quando il Governo in carica si è insediato si è registrato un costante e pesante crescendo nella conflittualità dell'esecutivo nei confronti dei magistrati, soprattutto del pubblico ministero, con dichiarazioni offensive, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, ed aggressive del Capo del Governo, che rischiano di alimentare un clima di odio e di isolamento nei confronti dei magistrati che è già stato il terreno fertile per una stagione di stragi, di cui può essere segno l'attentato nei confronti degli uffici degli procura della Repubblica di Reggio Calabria. Questa situazione dovrebbe registrare il sostegno del ministro della giustizia alla magistratura fatta oggetto di così pesanti attacchi, incompatibili con il dovere di intrattenere rapporti corretti tra poteri dello Stato;
il giudizio globalmente negativo sulla politica della giustizia emerge anche dalle numerose manifestazioni di protesta organizzate tanto dagli avvocati quanto dai magistrati;
NON APPROVA
le dichiarazioni rese dal ministro della giustizia;
impegna, invece, il Governo, e in particolare il ministro della giustizia:
ad indicare chiaramente le riforme possibili per accrescere la funzionalità della giustizia, le priorità ed i tempi di realizzazione;
a provvedere urgentemente al reperimento delle risorse adeguate per assicurare un'efficiente e celere amministrazione della giustizia ed anche una riforma organica del processo sia civile che penale, in modo da consentire agli uffici giudiziari di gestire il carico degli adempimenti e di superare i ritardi nella trattazione dei processi determinati spesso da soli meri problemi procedurali e meramente formali;
ad adottare provvedimenti che attuino una drastica depenalizzazione, accompagnata da istituti quali la più estesa oblazione nel processo penale per i reati bagatellari e, nei casi meno gravi, l'archiviazione per irrilevanza sociale del fatto, la messa alla prova, la mediazione, le sanzioni sostitutive (pecuniarie e di attività sociale), e soprattutto, nella doverosa ottica di tutela delle vittime, l'estinzione del reato in seguito a condotte riparatorie. È assolutamente indispensabile, poi, una profonda revisione del modello sanzionatorio, che riduca l'utilizzazione della pena detentiva (troppo spesso tanto apparentemente pesante quanto nei fatti meramente virtuale con esclusione dei reati di maggior allarme sociale e che violano l'etica pubblica) e la sostituisca, con pene alternative alla detenzione (interdittive, prescrittive o ablative), di cui assicurare l'effettività. Anche la pena detentiva, ove irrogata, deve essere, magari più lieve ma effettivamente scontata per restituire certezza alla pena, detentiva o meno, affidandosi al giudice che l'ha irrogata anche la decisione circa le concrete modalità di esecuzione della stessa;
a prevedere, nel comparto giustizia, un forte incremento di personale sia giudicante che amministrativo, con particolare riferimento ai servizi di cancelleria, assicurando inoltre un intervento urgente per garantire la verbalizzazione e la trascrizione degli atti presso tutti i singoli uffici giudiziari, e maggiori e sicure risorse per le intercettazioni, quale passaggio fondamentale per lo svolgimento delle indagini e la celebrazione dei processi penali;
a reperire le necessarie risorse finanziarie per salvaguardare i livelli retribuitivi degli operatori della giustizia e del settore carcerario, nonché per l'edilizia penitenziaria prevedendo nuove strutture o l'ampliamento, e l'ammodernamento di quelle esistenti, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti da precedenti Leggi finanziarie;
a trasferire le risorse finanziarie giacenti nei depositi giudiziari, a favore del Ministero della giustizia, sfruttando così le risorse «dormienti» giacenti presso i depositi giudiziari, utilizzandole in favore del Ministero della giustizia, consentendo così il tendenziale autofinanziamento del sistema giudiziario, recependo tra l'altro le proposte avanzate dalla Commissione «per lo studio e la proposta di riforme e di interventi per la razionalizzazione, armonizzazione e semplificazione delle procedure processuali ed amministrative relative alle sanzioni pecuniarie da reato applicate a norma del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, alle spese processuali ed alla gestione dei beni confiscati ed in giudiziale sequestro;
a definire un'equa normativa sui giudici di pace che, partendo dal riconoscimento della insostituibile funzione svolta dai giudici stessi, definisca un'equa normativa ordinamentale che tenga conto della professionalità, della continuità e dell'esigenza di una dignitosa retribuzione e di forme adeguate di scudo previdenziale;
a bloccare ogni ipotesi di riorganizzazione della giustizia minorile che depotenzi il settore e disperda le professionalità e a garantire le risorse necessarie per la rieducazione dei minorenni in trattamento penale.
(6-00037) «Di Pietro, Palomba, Donadi, Evangelisti, Borghesi».