ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00003

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 30 del 08/07/2008
Abbinamenti
Atto 6/00001 abbinato in data 08/07/2008
Atto 6/00002 abbinato in data 08/07/2008
Atto 6/00004 abbinato in data 08/07/2008
Atto 6/00005 abbinato in data 08/07/2008
Firmatari
Primo firmatario: LO MONTE CARMELO
Gruppo: MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA
Data firma: 08/07/2008
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELCASTRO ELIO VITTORIO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008
COMMERCIO ROBERTO MARIO SERGIO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008
IANNACCONE ARTURO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008
LATTERI FERDINANDO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008
LOMBARDO ANGELO SALVATORE MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008
MILO ANTONIO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008
SARDELLI LUCIANO MARIO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA 08/07/2008


Stato iter:
08/07/2008
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/07/2008

RITIRATO IL 08/07/2008

CONCLUSO IL 08/07/2008


Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00003
presentata da
CARMELO LO MONTE
martedì 8 luglio 2008 nella seduta n.030

La Camera,
esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013 e preso atto, in particolare che:
vi è un rallentamento dell'economia mondiale registrato nei primi mesi del 2008, a partire dalla crisi finanziaria manifestatasi prima negli Stati Uniti e, in seguito, nell'area dell'euro che ha prodotto il progressivo rallentamento dei consumi privati. A ciò si contrappone la crescita a ritmi sostenuti dell'economia cinese. I principali fattori di rischio per l'economia mondiale sono rappresentati dalla crisi dei mercati finanziari, dai forti rialzi del prezzo del petrolio, delle materie prime e dei prodotti alimentari;
per l'economia italiana nel 2008 rimane il divario di crescita con l'area euro pari ad un punto percentuale all'anno, sintomo di una bassa produttività, della scarsa competitività delle imprese e di rilevanti problemi strutturali. La spesa delle famiglie segna una forte decelerazione rispetto al 2007 crescendo solo dello 0,3 per cento, le esportazioni sono stimate in rallentamento, il tasso di disoccupazione si attesterebbe nel 2008 al 5,9 per cento facendo registrare una riduzione dello 0,2 per cento rispetto al 2007;
il DPEF precisa che le previsioni economiche per il 2008 sono state riviste al ribasso in misura consistente rispetto a quelle formulate nel DPEF dello scorso anno in conseguenza dell'evoluzione dello scenario internazionale;
permane il divario di sviluppo territoriale tra le aree del Paese (nel 2007 crescita PIL pari all'1,6 per cento nel centro-nord ed allo 0,9 per cento nel Mezzogiorno), penalizzando fortemente il Mezzogiorno, a testimonianza della necessità di dotare il sud dell'Italia di un sistema di infrastrutture e di servizi che consenta allo stesso di «competere» ad armi pari con il resto del Paese, al fine di non rendere vani gli sforzi prodotti in tal senso dalle popolazioni locali, dagli imprenditori, dai giovani e dagli enti locali tesi a rendere autonoma e competitiva l'economia locale;
per l'economia italiana nel 2009 e anni successivi viene prevista una crescita del PIL nel 2009 pari allo 0,9 per cento, nel quadriennio successivo si attesterebbe leggermente al di sotto dell'1,5 per cento, i consumi delle famiglie crescerebbero dello 0,9 per cento, le esportazioni crescerebbero del 3,5 per cento (meno del commercio mondiale ma con una tendenza al recupero) e le importazioni del 3 per cento, l'occupazione crescerebbe dello 0,5 per cento e negli anni seguenti ad una media dello 0,6-0,7 per cento, il tasso di disoccupazione continuerebbe a ridursi dal 5,8 per cento del 2009 al 5,4 per cento del 2013;
l'inflazione ha registrato una crescita significativa a partire dal secondo semestre del 2007, spingendosi all'1,8 per cento (2,1 per cento nel 2006). L'inflazione acquisita per il 2008 è pari al 3 per cento per le tensioni nel settore petrolifero ed alimentare, con la novità che gli aumenti cominciano ad essere diffusi a tutte le componenti. L'inflazione nel 2008 viene stimata al 3,4 per cento;
il DPEF sottolinea come l'aumento dell'inflazione sia elemento comune a tutti i Paesi dell'area euro e conferma i tassi di inflazione programmata contenuti nel precedente DPEF (1,7 per cento nel 2008 e 1,5 per cento annuo dal 2010 al 2013). Al riguardo si ricorda come gli accordi tra Governo e parti sociali in materia di inflazione programmata contemplino il mancato recupero dell'inflazione dovuta all'aumento degli input importati che determina un impoverimento netto per l'intero paese (in modo particolare tale fenomeno investe le famiglie numerose e le popolazioni del Mezzogiorno da sempre afflitte da maggiori tassi di disoccupazione e lavoro precario, soprattutto femminile) e i richiami della Banca centrale europea a non generare second-round effects alimentando la dinamica salariale;
il quadro presentato differisce da quello delineato nella Relazione unificata per l'economia e la finanza (RUEF - marzo 2008) per tenere conto delle mutate prospettive di crescita economica e gli effetti determinati dal decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93;
per il 2008 l'indebitamento netto atteso è pari al 2,5 per cento del PIL, per il quinquennio successivo le previsioni tendenziali indicano un andamento decrescente con valore che passa dal 2,6 per cento del 2009 all'1,8 per cento del 2013. Il peggioramento delle previsioni relative al periodo 2009-2013 è legato all'aggiornamento del quadro macroeconomico, derivando da una revisione delle entrate che si riducono rispetto al dato della RUEF di 4.900 milioni nel 2009 e di 5.000 nel 2010 (per gli anni successivi non sono attualmente calcolabili i costi previsti dal decreto-legge n. 93 del 2008);
la previsione di spesa relativa alle prestazioni previdenziali e assistenziali è stata progressivamente rivista al rialzo, in particolare si prevede una maggiore spesa annua pari a 1,7 miliardi a decorrere dal 2009 (tale revisione dovrebbe essere riconducibile al differenziale del tasso di inflazione atteso, tenuto conto dei criteri di perequazione che riguardano tutti i trattamenti pensionistici ma non per l'intero importo);
il DPEF 2009-2013 rivede l'obiettivo di indebitamento netto per il 2008, fissandolo al 2,5 per cento del PIL, rispetto al 2,4 per cento indicato dal precedente Governo nella Relazione unificata per l'economia e la finanza pubblica (RUEF), presentata a marzo 2008. A consuntivo 2007, l'indebitamento netto era risultato pari all'1,9 per cento del PIL. Il valore dell'indebitamento netto stimato per il 2008 risulta da un saldo primario pari, in rapporto al PIL, al 2,5 per cento e da una spesa per interessi pari al 5 per cento. Rispetto alla RUEF, di marzo scorso, la stima dell'avanzo primario viene quindi ridotta dello 0,1 per cento;
tutte le nuove stime contenute nel DPEF 2009-2013 incorporano gli effetti delle misure adottate dal Governo nei primi giorni della legislatura, finalizzate al sostegno della domanda e all'incremento della produttività, contenute nel decreto-legge n. 93 del 2008;
per quanto concerne le stime degli organismi internazionali, le previsioni dell'OCSE e del FMI indicano un valore di indebitamento netto in linea con quello del presente DPEF, mentre le previsioni della Commissione europea, contenute nelle Spring forecasts di aprile, indicano un valore di indebitamento del 2,3 per cento del PIL, di 0,2 punti percentuali più basso di quello previsto dal Governo;
per quanto attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2008 è fissata al 103,9 per cento, più alta di 0,9 punti percentuali, rispetto a quanto stimato dal precedente Governo nella RUEF del marzo scorso. In sostanza, il valore del debito pubblico/PIL nel 2008 si mantiene sostanzialmente allo stesso livello del 2007, segnando una riduzione di un solo punto percentuale;
considerato, inoltre, che:
quanto alle politiche del Governo per ridurre il divario territoriale, secondo il rapporto Svimez, presentato di recente, nel 2004 il PIL del Mezzogiorno è cresciuto dello 0,8 per cento, a fronte di una crescita media dell'Italia dell'1,2 per cento; se si esclude il 2007, erano sette anni che la dinamica di crescita del Mezzogiorno non era inferiore a quella del resto del Paese; il divario di prodotto per abitante si mantiene superiore ai quaranta punti percentuali, cui corrisponde in termini monetari una differenza di oltre 10.000 euro: l'incremento del divario nord-sud verificatosi nel 2007, sebbene di soli due decimi di punto, è un fatto che non si registrava dalla metà degli anni '90; a determinare tale differenza, secondo la Svimez, è una più accentuata riduzione della spesa pubblica nelle regioni meridionali; questa si è ridotta, nel 2007, a meno di un terzo rispetto all'anno precedente e si unisce al deciso rallentamento della spesa delle famiglie meridionali che hanno dovuto ridurre quella per consumi primari e non durevoli;
sul mercato del lavoro, il Mezzogiorno, dopo aver creato nel corso del triennio 2003-2006 di espansione dell'occupazione ben 478 mila posti di lavoro aggiuntivi, nell'ultimo biennio manifesta perfino difficoltà a mantenere lo stock di occupazione creato nel periodo precedente; tra il 2006 e il 2008 gli occupati a tempo indeterminato sono calati di oltre 56 mila unità; e questo nonostante il positivo andamento della produttività dell'area. Nonostante l'evidente fallimento delle politiche di sviluppo territoriale degli ultimi due anni, il Governo, nel DPEF, i tagli operati sulla dotazione del Fondo aree sottoutilizzate anche nell'ultimo semestre confermano la tendenza del Governo ad utilizzare le risorse del Fondo per finanziare interventi di diversa natura, non efficaci, non sempre corrispondenti a finalità di sviluppo e spesso non localizzati nel Mezzogiorno;
le imprese del meridione, soprattutto nei settori del manifatturiero tradizionale (tessile-abbigliamento, calzaturiero, meccanica leggera, eccetera), vivono un momento difficile, ulteriormente aggravato da problemi di natura strutturale, con evidente perdita di competitività. Sono questi i settori maggiormente esposti alla competitività dei paesi emergenti del sud-est asiatico che, in virtù dei bassi costi di manodopera e di produzione, invadono importanti segmenti di mercato occupati tradizionalmente dalle nostre imprese meridionali;
inoltre, lo scenario economico è ulteriormente condizionato dal processo di allargamento dell'Unione europea, che con l'ingresso di nuovi paesi a minore tasso di sviluppo determinerà una redistribuzione delle risorse introducendo nuove opportunità e nuovi rischi, sulla base dei quali è necessario ridefinire la politica economica per il Mezzogiorno per i prossimi anni. Una politica che miri allo sviluppo e alla crescita del Mezzogiorno non può non tenere in debito conto i profondi mutamenti dello scenario nazionale (basti pensare alla riforma federalista in atto) ed internazionale;
incentivare le politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno rappresenta un'opportunità di progresso economico per l'intero Paese non solo perché il sud possiede le maggiori potenzialità di crescita produttiva, spazi fisici ed economici, le risorse materiali e immateriali ma perché ha le più importanti potenzialità per accrescere il livello di competitività di tutta l'Italia;
infatti, nel corso degli anni le politiche per il Mezzogiorno hanno oscillato tra due paradigmi:
quello compensativo, in funzione della diminuzione più o meno graduale del gap con il centro-nord. Queste politiche hanno previsto trasferimenti ai cittadini e incentivi alle imprese per ridurne difficoltà e diseconomie;
quello della crescita, cioè azioni strutturali per accrescere occupazione e produttività, quindi la «competitività» dei territori;
nell'economia globale della conoscenza lo sviluppo industriale e produttivo delle regioni meridionali non può che basarsi su politiche volte a rafforzare i contesti dal punto di vista dei nodi strutturali che storicamente caratterizzano gran parte dei territori meridionali (capitale umano, mercati finanziari, pubblica amministrazione, ricerca e innovazione, infrastrutture materiali ed immateriali, eccetera), ma anche della capacità di valorizzare l'insieme più ampio delle risorse e delle opportunità presenti in ciascun contesto territoriale. Non si tratta quindi di preconfezionare ricette o modelli di sviluppo, ma di dare la giusta voce (e le giuste opportunità) ai protagonisti dell'economia meridionale per individuare le soluzioni a questi problemi;
è stata tuttavia sin qui portata avanti una politica di emergenza, fondata su azioni e misure di sostegno al capitale ed al lavoro dipendente piuttosto che di aggressione ai fattori interni ed esterni che penalizzano le imprese meridionali, piuttosto che rafforzare il contesto di riferimento storico, economico e sociale,
impegna il Governo:
a promuovere una maggiore coesione ed equità sociale finalizzata a favorire un modello di sviluppo economico che coinvolge l'intero paese e, in particolare, a sostenere le aree più svantaggiate;
a valutare attentamente le opere infrastrutturali da realizzare dal punto di vista della loro sostenibilità economica ed ambientale e della loro funzionalità, concentrando le risorse verso interventi infrastrutturali realmente utili al nostro Paese, definendo un Piano infrastrutturale con priorità per il Mezzogiorno, preso atto delle difficoltà esplicitate nel DPEF, in particolare assumendo come fondamentali per la sua crescita ed il suo sviluppo, la definizione del Corridoio 1 Palermo-Berlino e del Corridoio 8 Barcellona-Sofia, attraverso la costruzione del ponte sullo Stretto, il completamento dell'autostrada Reggio Calabria-Salerno, la realizzazione e l'ammodernamento delle opere di viabilità primaria e secondaria ad essi strutturalmente connessi;
a prevedere, attraverso atti normativi di governo certi nei tempi e nelle modalità, la restituzione delle risorse sottratte al meridione con l'approvazione del decreto-legge n. 93 del 2008;
a rafforzare il sistema aeroportuale ed i porti meridionali nonché le attività di logistica ad essi connesse, così da sfruttare la vocazione dell'Italia - del sud e delle isole in particolare - come naturale piattaforma logistica nel Mediterraneo, ancora di più in vista dell'apertura dell'area di libero scambio nel 2010, completando e realizzando le autostrade del mare;
a puntare alla ottimizzazione delle reti ferroviarie, in particolare di quelle capaci di ottimizzare il trasporto pubblico locale e di trasferire il trasporto di merci e passeggeri dalla gomma al ferro;
a intensificare gli investimenti nel settore della sostenibilità ambientale per far fronte e risolvere l'emergenza rifiuti e l'emergenza idrica;
a sviluppare il sistema delle telecomunicazioni, delle energie alternative, della difesa del suolo e del recupero dei centri storici delle città meridionali;
a rifinanziare, rendendolo uno strumento serio e radicato, il sistema del credito d'imposta automatico e diretto per le imprese che investono nelle aree dell'ex obiettivo 1 e per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato, anche privilegiando il settore primario e manifatturiero, l'occupazione femminile e la produzione di servizi esposti alla concorrenza internazionale;
a utilizzare le risorse dei fondi strutturali europei per le aree sottoutilizzate prioritariamente per progetti interregionali, con l'intervento sussidiario dello Stato, finalizzati a creare vere e credibili condizioni strutturali di sviluppo non solo economico ma anche sociale;
a promuovere l'emersione del lavoro irregolare, con particolare riguardo al Mezzogiorno, riconoscendo i contributi (per un valore complessivo almeno di 500 milioni di euro) per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro, funzionali a consentire una copertura percentuale del fabbisogno finanziario di norma necessario per la realizzazione del progetto di emersione, modulati in conto capitale e conto interessi;
a porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, la fiscalità di vantaggio per promuovere l'aggregazione tra le imprese operanti nel Mezzogiorno al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale puntando sul rafforzamento dei legami di rete e cooperazione;
a incentivare la creazione di distretti industriali, sistemi produttivi locali e reti di piccole e medie imprese per migliorare le produttività, il tasso di innovazione e il livello di apertura internazionale delle imprese che singolarmente non possiedono le capacità di rischio e di investimento necessarie;
a sostenere, anche in sede europea, la necessità di dedicare risorse per la messa in opera delle zone franche urbane al fine di sviluppare nuove logiche di implementazione o di ristrutturazione industriale;
a incentivare il rilancio dell'agricoltura come settore economico di valore strategico, in particolare per il Mezzogiorno, garantendo politiche volte a definire, in un quadro di sviluppo sostenibile, il settore delle produzioni tipiche;
ad implementare, sempre per il Mezzogiorno, una politica complessiva di incentivazione della localizzazione degli investimenti esteri, in particolare mediante un organico piano di marketing territoriale;
a rafforzare la riduzione del cuneo fiscale secondo un criterio di distinzione territoriale che tenga conto delle aree sottoutilizzate;
a favorire l'accesso al credito da parte delle realtà produttive del Mezzogiorno, rafforzando il sistema delle forme di garanzia collettiva fidi (anche come azione di contrasto al ricorso a forme alternative ed illegali di finanziamento da parte delle imprese (usura), con conseguente riduzione del peso della criminalità sul sistema imprenditoriale), studiando la possibilità, a tal fine, di uno specifico fondo rivolto agli enti territoriali (regioni ed enti locali) competenti per le aree dell'obiettivo 1, finalizzato all'attivazione, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni di categoria, di strumenti (consorzi di garanzia collettiva dei fidi) atti ad assistere in modo strutturato le imprese attraverso lo svolgimento di funzioni di accompagnamento al mercato, nonché attraverso azioni di intermediazione informativa e formativa finalizzata;
non ultimo, a dedicare maggiore attenzione alle famiglie che, stante il livello di inflazione e l'inadeguatezza dei salari, rischiano di vedere ulteriormente peggiorate le loro condizioni di vita, con particolare riferimento al Mezzogiorno dove disoccupazione e lavoro precario rendono più difficile sostenere gli attuali livelli di vivibilità.
(6-00003) «Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

consumo delle famiglie

costruzione stradale

creazione di posti di lavoro

crescita economica

finanze pubbliche

inflazione

Mezzogiorno

prodotto interno lordo

sviluppo economico

sviluppo sostenibile