CAZZOLA. -
Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
- Per sapere - premesso che:
con nota 30 marzo 2010 il direttore amministrativo dell'università degli studi di Bologna, dottor Giuseppe Colpani, inoltrava un «quesito in merito alla eleggibilità alla carica di preside della Facoltà di un docente di I fascia in regime di tempo definito», accompagnandolo con «un articolato parere reso dal professor G. della Cananea il quale conclusivamente depone per la eleggibilità di un professore ordinario a tempo definito alla carica di Preside di Facoltà». A detta nota rispondeva il Capo del dipartimento per l'università e l'A.F.A.M. del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottor Antonello Masia, con proprio parere espresso in data 22 aprile 2010;
non è dato sapere se nel quesito si dava notizia della facoltà interessata, cioè di giurisprudenza, per la quale il regolamento didattico era appena stato approvato con, a verbale, l'esplicita previsione di una siffatta ineleggibilità; e neppure se si precisava la provenienza del parere del professor G. della Cananea, del tutto privato, perché a quanto consta all'interrogante, richiesto dallo stesso interessato all'eleggibilità, fatto, peraltro deducibile dal non esserne destinatario il rettore o altra autorità accademica dell'università degli studi di Bologna;
il parere 22 aprile 2010 del Capo del dipartimento recita come segue: «In merito lo scrivente, tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382/80 la materia di incompatibilità tra regime a tempo pieno e a tempo definito dei professori, nonché delle pertinenti disposizioni statutarie dell'Ateneo di Bologna, ritiene che il predetto regime d'impegno del docente non possa ostare alla eleggibilità del medesimo alla carica di Preside di facoltà essendo la relativa disciplina rimessa all'autonomia dei singoli statuti universitari attualmente regolati dalla legge n. 168 del 1989 e dalle norme che vi fanno espresso riferimento»;
a giudizio dell'interrogante il parere fornito rischia di apparire approssimativo ed in contraddizione con la legislazione vigente, nonché con la giurisprudenza di merito. Va dunque segnalato quanto segue:
a) il richiamato articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, al comma quarto, lettera a) stabiliva esplicitamente che il regime di tempo definito fosse «incompatibile con le funzioni di Rettore, Preside, membro elettivo del Consiglio di Amministrazione, Direttore di Dipartimento, Direttore dei corsi di Dottorato di ricerca»; ed al comma settimo, aggiungeva che «le incompatibilità di cui al comma quarto, lettera a), operano al momento dell'assunzione di una delle funzioni ivi previste, con il contestuale automatico passaggio al regime di impegno a tempo pieno. A tal fine, è necessario che l'interessato, all'atto della presentazione della propria candidatura, produca una preventiva dichiarazione di opzione per il regime di impegno a tempo pieno in caso di nomina»;
b) lo statuto dell'università degli studi di Bologna non introduce alcuna deroga all'articolo 11 citato, limitandosi a stabilire articolo 17, comma secondo, che «il Preside viene eletto tra i professori di prima fascia del Consiglio di Facoltà», nulla prevedendo né qui né altrove in merito all'ineleggibilità, dando, dunque, per scontata la vigenza dell'articolo 11. Né l'articolo 33 della Costituzione, né la richiamata legge n. 168 del 1989 sono in grado di smentire questa conclusione, dato che in base al primo l'autonomia universitaria deve esercitarsi «nei limiti stabiliti dalla legge»; ed in forza della seconda l'autonomia può riguardare l'organizzazione, ma non lo status dei professori;
c) chiarissima in tal senso è la giurisprudenza costituzionale: Corte costituzionale 14 maggio 1985, n. 145, e Corte costituzionale 26 ottobre 1988, n. 1017, da cui si deduce non solo la piena legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma quarto, lettera a), perché rispondente alla necessità di assicurare che il preside possa espletare la sua attività senza doverla sacrificare a quella professionale, ben più impellente e pressante (Corte costituzionale n. 145 del 1985); ma anche l'appartenenza di tale materia a «norme generali» dettate dalla Repubblica, in specie per il sistema universitario in quanto costituito da «ordinamenti autonomi» nei limiti stabiliti da leggi dello Stato: pertanto la «riserva di legge assicura il monopolio del legislatore nelle materie indicate dalla Costituzione, sia escludendo la concorrenza di autorità normative secondarie, sia imponendo all'autorità normativa primaria di non sottrarsi al compito che solo ad essa è affidato» (Corte costituzionale n. 383 del 1988);
d) data tale giurisprudenza costituzionale, per cui l'articolo 33 della Costituzione escluderebbe che l'autorità primaria possa sottrarsi «al compito che solo ad essa è affidato», la legge n. 168 del 1989 non avrebbe potuto delegare la fonte statutaria, né, contrariamente a quanto asserito nel parere citato, l'ha fatto: il suo articolo 16, comma quarto, lettera d), disponeva che gli statuti sono tenuti alla «osservanza delle norme sullo stato giuridico del personale docente, ricercatore e non docente»: su questa base si è più volte affermato che «la materia dell'elettorato attivo e passivo a cariche accademiche nell'Università degli studi inerisce allo stato giuridico degli appartenenti alle singole categorie di volta in volta interessate (docenti di prima e seconda fascia, ricercatori, personale non docente) e in quanto tale, è sottratta alla normativa statutaria ed è rimessa alla competenza esclusiva della fonte statale di rango primario» (Consiglio della giustizia amministrativa della Regione Calabria n. 564 del 14 ottobre 1999; Consiglio di Stato, n.1269 del 23 settembre 1998, Tar Marche-Ancona, n. 5 del 10 gennaio 2002);
e) esemplare in tal senso è la sentenza del Tar Lazio, sezione III, 14 aprile 2005, n. 2744, secondo cui l'impossibilità per gli statuti d'intervenire sulla materia dell'elettorato, in quanto rientrante per intero nella disciplina dello status giuridico del personale è corroborata dalla «stessa legge n. 56 del 2002 di conversione del decreto-legge n. 8 del 2002», che «costituisce conferma del principio esposto (circa i limiti della autonomia statutaria), consentendo - evidentemente sul presupposto della insussistenza di una specifica competenza - agli Statuti delle Università di intervenire (soltanto) in materia di elettorato attivo (l'articolo 4, comma 2, decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 8, convertito in legge 4 aprile 2002, n. 56, dispone che "gli statuti delle università disciplinano l'elettorato attivo per le cariche accademiche e la composizione egli organi collegiali. Nel caso d'indisponibilità di professori di ruolo di prima fascia, l'elettorato passivo per la carica di direttore di dipartimento è esteso ai professori di seconda fascia")». Quindi «emerge in tutta evidenza che le norme statutarie non possono interferire, ampliandone o diminuendone la portata, sull'elettorato passivo dei professori universitari, trattandosi di materia che, inerendo allo stato giuridico, è sottratta alla normativa statutaria ed è rimessa alla competenza esclusiva della fonte statale di rango primario»;
l'interrogante ritiene che il parere sopra citato si discosti dal disposto dell'articolo 6, comma 12 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema Universitario», la dove dispone che «La condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l'esercizio di cariche accademiche» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze e prerogative, attivarsi al fine di verificare la piena rispondenza del parere fornito con la normativa vigente al tempo della formulazione del parere, dato l'effetto negativo da esso prodotto sullo svolgimento dell'elezione del preside della Facoltà di Giurisprudenza, verificando nel contempo i requisiti e le competenze professionali del personale apicale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca incaricato di rispondere ai quesiti proposti da soggetti terzi, come legittimati.
(4-13981)