ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/01758

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 504 del 19/07/2011
Firmatari
Primo firmatario: D'ANTONI SERGIO ANTONIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 19/07/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO 19/07/2011
MARAN ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 19/07/2011
BOCCIA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO 19/07/2011
QUARTIANI ERMINIO ANGELO PARTITO DEMOCRATICO 19/07/2011
GIACHETTI ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO 19/07/2011


Destinatari
Ministero destinatario:
  • RAPPORTI CON LE REGIONI E COESIONE TERRITORIALE
Attuale delegato a rispondere: RAPPORTI CON LE REGIONI E COESIONE TERRITORIALE delegato in data 19/07/2011
Stato iter:
20/07/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/07/2011
Resoconto VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO
 
RISPOSTA GOVERNO 20/07/2011
Resoconto FITTO RAFFAELE MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (RAPPORTI CON LE REGIONI E COESIONE TERRITORIALE)
 
REPLICA 20/07/2011
Resoconto D'ANTONI SERGIO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 20/07/2011

SVOLTO IL 20/07/2011

CONCLUSO IL 20/07/2011

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01758
presentata da
SERGIO ANTONIO D'ANTONI
martedì 19 luglio 2011, seduta n.504

D'ANTONI, VICO, MARAN, BOCCIA, QUARTIANI e GIACHETTI. -
Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale.
- Per sapere - premesso che:

nell'estate 2009 il Governo dava inizio a una campagna di comunicazione incentrata sul «varo imminente di un grande piano Berlusconi» avente per oggetto il rilancio delle zone deboli del Mezzogiorno. Sotto i riflettori dei principali media nazionali, nell'agosto 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri assumeva direttamente il controllo dell'operazione, dichiarando che «occorre concepire l'intervento straordinario come un grande new deal rooseveltiano». Negli Stati Uniti, sottolineava in quella circostanza Berlusconi, «gli squilibri territoriali furono rimossi attraverso un'agenzia di livello federale, non dei singoli Stati. Anche nel nostro caso il ruolo di guida non può essere che del Premier»;

a tali dichiarazioni si aggiungevano poche settimane dopo quelle dell'allora Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola, secondo cui «con il piano Berlusconi per il Mezzogiorno che presenteremo nei prossimi giorni ci impegneremo per fare del Sud un ambiente più favorevole all'impresa, con una pubblica amministrazione più efficiente, una più ricca dotazione infrastrutturale, maggiore sicurezza e legalità»;

a tali annunci non è seguito alcunché fino al 26 novembre 2010, quando il Consiglio dei ministri ha licenziato, con grande clamore mediatico, un documento programmatico denominato «piano per il Sud». Una lista di titoli largamente sovrapponibile alle 10 priorità previste dal quadro strategico nazionale, in cui, però, mai si identificano i progetti specifici che si intendono finanziare. Nel piano mancano totalmente le modalità di trasposizione delle priorità in un reale programma operativo. La genericità regna sovrana, in quanto manca l'individuazione delle linee d'azione, delle risorse e dei risultati attesi, così da poter verificare la realizzazione delle varie fasi;

a tale documento programmatico si accostava un decreto di rimodulazione dei fondi esistenti. I roboanti annunci circa i «100 miliardi stanziati per il Sud» nascondono una realtà ben diversa. Il decreto non prevede un euro di risorse aggiuntive, limitandosi a riorganizzare le varie dotazioni e inferendo persino un nuovo taglio a danno delle aree sottoutilizzate. Il Governo decurta, infatti, 5 miliardi di euro dal fondo per le aree sottoutilizzate, 2,9 dalla dotazione regionale e 2,1 da quella nazionale;

sommando tutte le voci presenti in questa riallocazione ci si rende conto, inoltre, dei tagli inflitti alle risorse del Mezzogiorno in questi tre anni. Sul versante dei fondi nazionali, il Governo rastrella circa 35 miliardi di euro in gran parte dalla dotazione regionale del fondo per le aree sottoutilizzate. A questa quota, l'Esecutivo tenta, poi, di aggiungere i 40 miliardi di euro di fondi strutturali europei, 20 dei quali sono ancora una volta di competenza regionale. Anche volendo sommare tutte queste componenti, si arriva, quindi, a una riallocazione da 75 miliardi di euro. Quasi la metà dei 120 stanziati dal precedente Governo;

una dura critica ai decreti di novembre 2010 è arrivata anche dalla Commissione europea. In una missiva inviata ai Ministri competenti, il Commissario alle politiche regionali Johannes Hahn ha rilevato, tra l'altro, che sostanzialmente il provvedimento licenziato dal Governo difetta della pur minima concretezza realizzativa e non prevede risorse aggiuntive;

di quello che doveva essere il provvedimento qualificante del Governo sul piano per il Sud rimane, dunque, solo una tabella di marcia, peraltro già ampiamente disattesa. Il 2 febbraio 2011 il Ministro interrogato, rispondendo ad un analogo atto di sindacato ispettivo, affermava che «nel mese di febbraio il Governo proporrà i primi atti concreti, rispettando la tabella di marcia indicata nell'approvazione del piano nei mesi scorsi»;

sollecitato dalle critiche europee e incalzato dai più recenti sviluppi politici, nel corso dell'informativa resa alla Camera dei deputati il 22 giugno 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di voler assumere su di sé la responsabilità del piano, forse immemore di aver reso la stessa identica dichiarazione nel luglio del 2009;

nonostante l'impegno assunto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel solenne contesto del Parlamento, le ragioni del piano per il Sud non hanno trovato spazio in alcuno dei decreti economici varati del Governo. In particolare, non se ne trova traccia all'interno del cosiddetto decreto sviluppo, né tra le pagine della manovra di bilancio appena approvata dal Parlamento. Che anzi integra misure gravemente antisociali e colpisce, in particolare, i ceti e le aree più deboli, come l'introduzione universale del ticket sanitario;

si chiude così un cerchio aperto due anni fa dagli stessi proclami del Presidente del Consiglio dei ministri. Gli interroganti rilevano con preoccupazione che da allora nulla di concreto è stato fatto. Al contrario, si è proceduto al drenaggio di ulteriori risorse dalla dotazione nazionale destinata alla convergenza del Mezzogiorno. Senza alcun riguardo né per il vincolo di assegnazione dei fondi al Sud, né per il criterio di assegnazione in conto capitale, il fondo per le aree sottoutilizzate è stato impiegato in questi anni per coprire ogni ordine di spesa nazionale;

intanto, nei due anni passati, le condizioni sociali ed economiche del Mezzogiorno sono ulteriormente peggiorate. Secondo elaborazioni Svimez, nel biennio 2009-2011 la contrazione dell'occupazione nelle regioni meridionali è stata di intensità tripla rispetto al Centro-Nord. In tutti i comparti la flessione produttiva del Sud è stata maggiore di quella del Centro-Nord. Il prodotto interno lordo pro capite del Sud risulta inchiodato al 58,8 per cento di quello del Centro-Nord, percentuale simile a quella di 30 anni fa e peggiore di quella degli inizi degli anni '80. Il programma nazionale di riforma (pnr) indica come il tasso di occupazione meridionale sia strutturalmente più basso del Centro-Nord di circa 20 punti percentuali, attestandosi al 45 per cento;

sul versante sociale, secondo i dati diffusi recentemente dall'Istat, il 49 per cento delle famiglie in stato di povertà assoluta vive nelle regioni del Mezzogiorno, che ospitano tuttavia solo un terzo della popolazione italiana. Nel suo ultimo rapporto la Caritas conferma che la povertà è un fenomeno che riguarda soprattutto il Mezzogiorno, dove le famiglie sono mediamente più numerose e tendenzialmente monoreddito -:

se intenda spiegare che fine abbia fatto il progetto del piano per il Sud, dal momento che a due anni dal primo annuncio si è ancora al punto di partenza, chiarendo l'esatto stato di salute del fondo per le aree sottoutilizzate e provando il rispetto dei vincoli territoriali imposti dall'utilizzo della dotazione nazionale, con particolare riferimento al fondo infrastrutture e al fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale.(3-01758)