FRANCESCHINI, TEMPESTINI, VENTURA, MARAN, AMICI, LENZI, BOCCIA, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, PISTELLI, NARDUCCI, BARBI, COLOMBO, CORSINI, LOSACCO, PORTA e MOGHERINI REBESANI. -
Al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:
la Libia è ormai sull'orlo di una vera e propria guerra civile, con un bilancio ufficioso che parla di centinaia di morti e feriti, destinati ad aumentare drammaticamente a causa dei bombardamenti in atto da parte dell'aviazione di Gheddafi sui manifestanti;
a fronte delle notizie allarmanti circa un gran numero di mercenari assoldati con il compito di sparare su quanti protestano anche pacificamente nelle strade, vi sarebbero notizie relative all'avvenuta diserzione di alcune unità dell'esercito che si sarebbero unite ai manifestanti, in un momento in cui è assai difficile prevedere con esattezza l'evoluzione a breve della difficile situazione che sta vivendo il popolo libico;
mentre l'amministrazione Obama - al pari di altri Paesi europei - si è affrettata a condannare con nettezza la brutale repressione in atto e ha considerato non tollerabile la violenza contro chi protesta in modo pacifico, colpisce la linea di silenzio prima e assai timida reazione poi del Governo italiano, che si è limitato in una prima fase a dichiarare di non voler disturbare il leader libico e solo successivamente, costretto dall'incalzare degli eventi, a esprimere parole meno timide di condanna;
il colpevole ritardo con cui l'Italia ha denunciato la strage di civili in atto in Libia è stato, inoltre, accompagnato da timidezze e cautele durante lo svolgimento del vertice del Consiglio europeo, durante il quale l'Italia avrebbe scoraggiato una più ferma presa di posizione delle cancellerie europee, motivandola col fatto che sarebbe a rischio l'integrità territoriale della Libia;
a fronte della gravità di quanto sta avvenendo non sono certo il silenzio o le eccessive cautele che potrebbero scongiurare l'eventuale rischio di una rottura dell'integrità territoriale della Libia, ma solo l'avanzare del processo democratico potrà aprire ad una soluzione positiva della crisi in atto;
quello che sta accadendo in Libia fa parte indubbiamente di un processo assai più ampio, che sta caratterizzando non solo la sponda sud del Mediterraneo, coinvolgendo Paesi come la Tunisia e l'Egitto, ma che si sta estendendo fino a Paesi come lo Yemen e il Bahrain, dove - esattamente come in Libia - la risposta alle richieste popolari di riforme e maggior democrazia sta assumendo connotati di ferocia e brutale repressione;
proprio in ragione dei rapporti importanti e significativi del nostro Paese con la Libia, anche alla luce della positiva chiusura del contenzioso coloniale con la firma e la ratifica del Trattato di amicizia e cooperazione, spettava e spetta all'Italia un dovere assai più forte nel condannare con fermezza i morti di Bengasi e nel ribadire che la libertà di espressione e di riunione pacifica sono diritti fondamentali di ogni essere umano e che come tali debbono essere sempre rispettati e protetti;
l'imbarazzo che ha contraddistinto la posizione ufficiale italiana è figlio, invece, di un'impostazione della nostra politica estera e di una gestione del trattato di cooperazione con la Libia di natura tutta propagandistica, disposta a concedere a Gheddafi una credibilità che non meritava e ad esaltarne i tratti più incivili, pur di ottenere risultati di immagine in materia di immigrazione, con la conseguenza di aver perso in questi anni ogni capacità di pressione sul colonnello libico, ad iniziare dalla questione dei rifugiati;
l'onda lunga delle rivoluzioni democratiche non si è affatto esaurita e l'Italia deve avere chiaro l'obbiettivo di aiutare tutti quei processi democratici volti a costruire una nuova stabilità e nuove prospettive di sviluppo tra le due sponde del Mediterraneo, né può limitarsi al ruolo di mero spettatore passivo a fronte dello sgretolarsi di quei regimi che, se da un lato hanno assicurato stabilità, dall'altro lo hanno fatto anche al costo di una pesante negazione dello stato di diritto e di libertà fondamentali -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, sia sul piano bilaterale che nelle opportune sedi internazionali, affinché abbia al più presto fine la brutale repressione in atto in Libia e venga dato ascolto alle richieste di riforme e tutela delle libertà fondamentali provenienti dal popolo libico. (3-01476)