ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/01452

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 431 del 08/02/2011
Firmatari
Primo firmatario: ZAZZERA PIERFELICE
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 08/02/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 08/02/2011
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 08/02/2011
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 08/02/2011


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 08/02/2011
Stato iter:
09/02/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 09/02/2011
Resoconto ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI
 
RISPOSTA GOVERNO 09/02/2011
Resoconto VITO ELIO MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (RAPPORTI CON IL PARLAMENTO)
 
REPLICA 09/02/2011
Resoconto ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 09/02/2011

SVOLTO IL 09/02/2011

CONCLUSO IL 09/02/2011

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01452
presentata da
PIERFELICE ZAZZERA
martedì 8 febbraio 2011, seduta n.431

ZAZZERA, DONADI, EVANGELISTI e BORGHESI -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

da un articolo pubblicato su L'espresso del 29 ottobre 2010 si apprende che la polizia postale italiana ha stretto un patto di collaborazione a Palo Alto, in California, che consente l'attivazione di controlli sulle pagine dei social network, senza previa autorizzazione della magistratura;

la finalità dell'intesa è quella di prevenire i reati, che certamente trovano terreno fertile in internet, ma la mancata autorizzazione del pubblico ministero ai fini della suddetta attività investigativa certamente lede diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini;

a ciò va aggiunto che su social network come Facebook, che solo in Italia conta quasi 17 milioni di profili, è sufficiente «dare amicizia» a qualcuno sospetto per la polizia, perché si attivi il meccanismo del controllo preventivo;

nei fatti, dunque, come si legge nell'articolo, le forze dell'ordine hanno «il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali» senza alcuna autorizzazione, né della magistratura, né, ovviamente, nostra. L'utente del social network non sa e non saprà mai di essere costantemente monitorato dalle forze dell'ordine;

gli interroganti ritengono, pertanto, violato l'articolo 13 della Costituzione, che recita: «Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»;

l'articolo sopra menzionato, inoltre, riporta le dichiarazioni di un ufficiale dei carabinieri, il quale ammette chiaramente che le violazioni della legge sulla privacy avvengono «con disinvoltura». In particolare, parlando delle tecniche usate su internet dalle forze dell'ordine, l'ufficiale riferisce che, creando false identità, il carabiniere «virtuale» entra in contatto con la persona su cui si vuole raccogliere informazioni, e non solo, perché, infiltrandosi nel suo gruppo, riesce molto rapidamente a diventare «amico» di tutti i soggetti con i quali è in relazione;

di tale attività, prosegue l'ufficiale, non sempre si fa un resoconto alla procura e nei verbali ci si limita a «citare una fantomatica fonte confidenziale»;

l'agenzia Ansa del 28 ottobre 2010, ripresa su L'espresso del 29 ottobre 2010, riporta le dichiarazioni del direttore della polizia postale e delle comunicazioni, Antonio Apruzzese, con cui smentisce «la possibilità di entrare nei domicili informatici, né nelle caselle postali degli utenti internet, senza autorizzazione della magistratura»;

la risposta de L'espresso, contenuta nel medesimo articolo del 29 ottobre 2010, appare assolutamente coerente. Il quotidiano, infatti, conferma parola per parola quanto pubblicato dall'Ansa il giorno 28 ottobre 2010, precisando che per la stesura dell'articolo sono state utilizzate «proprio fonti interne alla polizia postale», peraltro contattate direttamente dal giornale;

inoltre, precisa L'espresso, le informazioni sono state confermate «da altre fonti autorevoli e qualificate della polizia e dei carabinieri»;

L'espresso aggiunge, infine, che il dirigente della polizia postale contattato, nel descrivere l'accordo raggiunto in California, avrebbe precisato: «L'accordo prevede la collaborazione tra Facebook e la polizia delle comunicazioni che prevede di evitare la richiesta all'autorità giudiziaria e un decreto per permettere la tempestività, che in questo settore è importante». Sulle ripercussioni dell'accordo avrebbe detto: «La fantasia investigativa può spaziare, si tratta di osservazioni virtuali, che verranno utilizzate anche in indagini preventive»;

il direttore Apruzzese non ha, di fatto, smentito i gravissimi fatti riportati su L'espresso -:

quale sia l'esatto contenuto del patto di collaborazione sottoscritto dalla polizia postale italiana a Palo Alto, in California, citato in premessa. (3-01452)