TEMPESTINI, VILLECCO CALIPARI, MARAN, LIVIA TURCO, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, GOZI e TOUADI. -
Al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:
secondo notizie a mezzo stampa, il 30 giugno 2010 circa 250 cittadini eritrei che si trovavano presso il centro di Misratah, sulla costa della Tripolitania, sarebbero stati spostati con tre camion container nel centro di detenzione di Sebha, un centro nel sud della Libia da dove normalmente vengono effettuati i rimpatri degli immigrati irregolari provenienti dall'Africa occidentale;
sempre da notizie a mezzo stampa sembra che mentre alcuni di questi cittadini eritrei si trovavano a Misratah da un tempo molto lungo, altri vi sarebbero giunti a seguito delle operazioni di respingimento effettuate da più di un anno a questa parte dalle motovedette cedute dal Governo italiano alla Libia o direttamente dalle unità della Marina militare italiana;
non si comprende ancora quali saranno le decisioni libiche in merito alla destinazione dei cittadini eritrei, in particolare se saranno oggetto di rimpatrio oppure se l'avvenuto trasferimento è stato determinato dalla rivolta scoppiata nei giorni precedenti a Misratah e, pertanto, se gli stessi resteranno trattenuti nel centro di Sebha;
la situazione a Misratah, infatti, è molto peggiorata dopo l'avvenuta chiusura improvvisa, l'8 giugno 2010, dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che operava in Libia in via di fatto da più di 19 anni e la cui attività costituiva una delle pochissime garanzie sul trattamento dei richiedenti asilo che restano in territorio libico, anche alla luce dell'accordo Italia-Libia, e che dall'8 giugno 2010 si trovano privati anche di quella minima possibilità di avanzare richiesta di asilo;
il Parlamento europeo, in una risoluzione approvata il 17 giugno 2010, dopo aver esortato le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia, inclusa la creazione di un sistema nazionale di asilo, ha invitato gli Stati membri che rinviano gli immigrati in Libia, in cooperazione con Frontex, a porre immediatamente fine a queste pratiche qualora sussista il serio rischio che la persona interessata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o a trattamenti inumani o degradanti;
è urgente che l'Unione europea adotti quanto prima un sistema comune in materia d'asilo, assicurando così il pieno rispetto di un principio ormai riconosciuto dal diritto internazionale generale e non lasciando il peso esclusivo della gestione di questo problema ai Paesi che sono per primi raggiunti dai richiedenti asilo;
le inumane condizioni di vita in Eritrea determinate dal regime autoritario di Isaias Afewerki - come documentato da diversi rapporti di organizzazioni non governative internazionali, tra cui Amnesty international, Reporter sans frontieres e Human rights watch - nonché la sussistenza di un servizio militare a tempo indeterminato, il clima di terrore, la negazione di ogni libertà individuale e sociale, il frequente arresto dei giornalisti, la persecuzione dei religiosi, il blocco di ogni attività produttiva sono la causa prima della fuga di centinaia di migliaia di giovani, tra i quali molti, verosimilmente, in possesso dei requisiti per presentare domanda di asilo;
ai sensi dell'articolo 1 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, entrato in vigore il 2 marzo 2009, le Parti si sono impegnate ad adempiere sia agli obblighi «derivanti dai principi e dalle norme del Diritto Internazionale universalmente riconosciuti, sia quelli inerenti al rispetto dell'Ordinamento Internazionale», mentre ai sensi dell'articolo 6 «le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente (...) agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo» -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare l'effettivo rispetto dei diritti garantiti ai sensi degli articoli 1 e 6 del Trattato con la Libia e per favorire quanto prima la ratifica da parte libica della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e la riapertura dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nonché per acquisire notizie certe e garanzie sulle condizioni e la destinazione dei circa 250 cittadini eritrei, anche attivandosi con il Governo libico per consentire l'invio di una delegazione parlamentare italiana in visita ai centri di detenzione libici.(3-01166)