ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/01113

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 333 del 08/06/2010
Firmatari
Primo firmatario: PORCINO GAETANO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 08/06/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 08/06/2010
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 08/06/2010
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 08/06/2010
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 08/06/2010
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 08/06/2010
PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 08/06/2010


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 08/06/2010
Stato iter:
09/06/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 09/06/2010
Resoconto PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI
 
RISPOSTA GOVERNO 09/06/2010
Resoconto SACCONI MAURIZIO MINISTRO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
REPLICA 09/06/2010
Resoconto FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 09/06/2010

SVOLTO IL 09/06/2010

CONCLUSO IL 09/06/2010

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01113
presentata da
GAETANO PORCINO
martedì 8 giugno 2010, seduta n.333

PORCINO, ANIELLO FORMISANO, PALADINI, MURA, DI GIUSEPPE, BORGHESI e PALAGIANO. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:

la Corte di giustizia europea nel 2008 ha condannato l'Italia per la mancata equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nel pubblico impiego;

la Commissione europea richiede che il Governo italiano, dando esecuzione alla predetta sentenza, proceda entro il 2012 all'equiparazione dell'età pensionabile;

all'interno dell'Unione europea l'Italia è fanalino di coda in questa materia, avendo quasi tutti gli altri Paesi proceduto all'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne. Tuttavia, sia ben inteso, l'Europa impone all'Italia l'equiparazione dell'età pensionabile tra i due sessi, ma non l'innalzamento di quella delle donne. Per esempio, in Francia esiste uno schema generale di pensionamento a 60 anni per uomini e donne e uno schema complementare a 65 anni;

se da un lato l'Italia deve raggiungere subito questo obiettivo per consentire alle donne di recuperare almeno in parte il gap contributivo con i loro colleghi maschi, dall'altro non sono indifferenti, anzi sono indispensabili, misure di riforma del welfare e della previdenza in grado di eliminare contestualmente le condizioni che sono all'origine della differenza di età pensionabile, dissipando il rischio di aggiungere ingiustizia a disuguaglianza;

è noto che in Italia le donne svolgono molto lavoro non pagato, a fronte di una vita lavorativa remunerata più corta, che ha come conseguenza una ricchezza pensionistica più ridotta. È indispensabile prendere atto che quelle di loro che si fanno carico di responsabilità famigliari, di cura e della maternità hanno in effetti una vita lavorativa complessivamente più lunga e pesante di quella degli uomini, con periodi di concentrazione spesso insostenibili e per cui pagano prezzi economici e professionali elevati;

è su questo che occorre intervenire, destinando a misure sia di sostituzione (tramite i servizi) che di riconoscimento del lavoro di cura (tramite congedi remunerati e contributi figurativi) i risparmi ottenuti con l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne. Ciò consentirebbe anche di non distinguere genericamente tra «donne» e «uomini», ma tra chi - donna o uomo - si prende cura dei figli o fa attività di cura per persone non autosufficienti per età o malattia e chi no;

l'Italia è, in Europa, tra i Paesi con i risultati peggiori in termini di differenziali di genere, in particolare con riferimento a lavoro e politica; l'occupazione femminile è molto lontana dagli obiettivi di Lisbona. Questo evidenzia, specialmente per il nostro Paese, un potenziale di crescita che un maggiore e migliore impiego delle capacità femminili consentirebbe di mettere a frutto. Chiudere il gap tra presenza maschile e femminile nel mondo del lavoro contribuirebbe anche ad alleviare il problema pressante della sostenibilità delle pensioni: l'aumento del numero degli occupati fra le persone in età lavorativa, infatti, ridurrebbe il cosiddetto «rapporto di dipendenza», ossia quello fra pensionati e lavoratori (si confronti l'articolo di Chiara Saraceno del 6 gennaio 2009);

vanno ridotte ed eliminate le condizioni che producono il gap reddituale e contributivo tra donne e uomini, eliminando le discriminazioni di genere che ancora esistono nel mercato del lavoro ad ogni livello: dall'accesso alle forme contrattuali alle possibilità di carriera, rafforzando le politiche di conciliazione, per donne e uomini, dai servizi di cura per la prima infanzia e per le persone non autosufficienti ai tempi scolastici, che tengano conto del fatto che oramai nella maggioranza delle famiglie entrambi i genitori - o l'unico genitore presente - sono occupati;

purtroppo, invece, per fare un esempio, l'obiettivo europeo per il 2010 - almeno 33 posti nei nidi pubblici ogni 100 bambini - è molto lontano per l'Italia, che si ferma all'11,4 per cento, contro il 25-30 del resto dell'Unione europea. In Francia, ad esempio, il 27 per cento dei bambini fino a 3 anni ha un posto in un asilo nido (o struttura assimilabile), a fronte del 7 per cento in Italia, che registra forti variazioni regionali, con tassi più elevati nelle regioni settentrionali;

per quanto riguarda l'aspetto più direttamente legato all'età pensionabile, una contestuale riforma del welfare deve contenere il riconoscimento di un adeguato valore economico al lavoro di cura e alla maternità, soprattutto sotto forma di contributi figurativi più sostanziosi di quelli attualmente vigenti, sulla scia di quanto già avviene in altri Paesi europei;

potrebbe essere valutato, per esempio, il riconoscimento della figura del «caregiver universale» (senza distinzione tra donne e uomini) figura già riconosciuta in molti Paesi europei, come Olanda, Germania, Francia, Austria e Paesi scandinavi, cui sono attribuiti benefici in termini pensionistici e in alcuni casi anche in termini di remunerazione e di ferie;

potrebbe essere, altresì, valutato quanto avviene in Germania, e in forme analoghe anche in altri Paesi, dove è adottato un sistema di crediti ai fini pensionistici per la cura dei figli, attraverso il conferimento ai genitori (da dividersi tra loro, a loro discrezione, se c'è accordo; in caso contrario in modo da riequilibrare le rispettive pensioni) di contributi figurativi, pari a tre anni per il primo figlio e due per ogni successivo. Questi contributi sono riconosciuti indipendentemente dallo status lavorativo e non sono comunque cumulabili ai periodi maturati durante il congedo parentale e a quelli per maternità -:
se il Governo, oltre a fissare la data della parificazione dell'età pensionabile maschile e femminile, intenda provvedere contestualmente a misure concrete di sostegno alle madri lavoratrici e per la cura dei non autosufficienti ed al riconoscimento di contributi figurativi o di crediti pensionistici per chi abbia avuto figli e svolga compiti di cura e famigliari.
(3-01113)
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

condizione di pensionamento

Corte di giustizia CE

lavoro femminile

parita' di trattamento

politica sociale

popolazione in eta' lavorativa

trattamento sanitario

valore economico

vita lavorativa