NICOLA MOLTENI e BITONCI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:
una recente circolare emessa dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, contiene una previsione alquanto discutibile dal momento che non potrà esser richiesto alcun documento che dimostri la regolare presenza in Italia allo straniero che si reca in carcere per far visita a un familiare detenuto;
la suddetta circolare specifica inoltre quale comportamento debba essere adottato nella fattispecie da parte degli appartenenti ai ruoli dell'amministrazione penitenziaria, che, avendo la qualifica di pubblici ufficiali, sarebbero invece obbligati a verificare la regolarità degli stranieri che si recano in visita dei familiari ristretti nelle strutture penitenziarie del Paese, soprattutto alla luce delle nuove norme previste dal pacchetto sicurezza che hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina;
la medesima circolare, tuttavia, precisa che il mancato obbligo della verifica della regolarità dello straniero non esclude che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, in qualsiasi modo venga a conoscenza della sussistenza del reato di immigrazione clandestina non sia tenuto, in generale, a denunciare tempestivamente il reato all'autorità giudiziaria o ad altra che abbia sua volta obbligo di riferire a quella;
tale previsione non sembra tenere in alcun conto il fatto che agenti e ufficiali di Polizia penitenziaria, come appartenenti alle forze di polizia, hanno l'obbligo di far rispettare le leggi e reprimere i reati, finendo al contrario per svilirne la funzione rispetto alle altre forze di polizia;
i detenuti stranieri nelle sovraffollate carceri italiane sono oltre 25 mila (e rappresentano circa il 27 per cento del totale), di cui molti sono clandestini, con la conseguenza di una elevata probabilità che siano irregolari anche alcuni dei familiari che fanno loro visita in carcere;
la giustificazione della suddetta circolare risiederebbe, secondo il capo del Dipartimento, nel fatto che l'accesso per il colloquio con i familiari in carcere non si configura come la fruizione di un servizio pubblico ma come esercizio di un diritto, tanto da parte dei ristretti quanto da parte dei congiunti, evenienza che legittimerebbe la mancata richiesta dei documenti in oggetto -:
se non si ritenga che la circolare sopra citata si ponga in stridente contrasto con le norme recentemente varate con il pacchetto sicurezza e non si ritenga opportuna una correzione della circolare medesima che appare agli interroganti destituita di ogni fondamento, relegando oltretutto il personale di polizia penitenziaria in un ruolo subordinato nei confronti delle altre forze di polizia. (3-00837)