ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/01645

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 680 del 05/09/2012
Firmatari
Primo firmatario: LO PRESTI ANTONINO
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Data firma: 05/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DELLA VEDOVA BENEDETTO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO 05/09/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 05/09/2012
Stato iter:
20/09/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/09/2012
Resoconto LO PRESTI ANTONINO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
 
RISPOSTA GOVERNO 20/09/2012
Resoconto MARTONE MICHEL ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
 
REPLICA 20/09/2012
Resoconto LO PRESTI ANTONINO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Fasi iter:

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/09/2012

DISCUSSIONE IL 20/09/2012

SVOLTO IL 20/09/2012

CONCLUSO IL 20/09/2012

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01645
presentata da
ANTONINO LO PRESTI
mercoledì 5 settembre 2012, seduta n.680

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:

l'articolo 1 della legge 12 luglio 2011, n. 133, nel modificare il comma 3 dell'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, ha consentito, anche alle casse ed enti di previdenza obbligatoria che adottano il sistema di calcolo contributivo per la determinazione delle prestazioni pensionistiche, di programmare l'aumento del contributo integrativo dall'attuale misura del 2 per cento fino ad un massimo del 5 per cento, così sostanzialmente equiparando la disciplina delle stesse con quella delle casse ed enti di previdenza che trovano privatizzate la loro regolamentazione nel decreto legislativo n. 509 del 1994;

la ratio legis è evidente se si considera che il legislatore - nella consapevolezza della inadeguatezza delle prestazioni pensionistiche calcolate con il sistema contributivo - ha inteso riconoscere la facoltà alle casse ed enti di previdenza di cui al decreto legislativo n. 103 del 1996 e a quelli al decreto legislativo n. 509 del 1994, sempreché questi ultimi abbiano riformato il criterio di calcolo delle prestazioni secondo il criterio di calcolo delle prestazioni proprie del sistema contributivo, di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali, così da migliorare immediatamente le pensioni dei liberi professionisti;

la potenziale criticità sulle conseguenze che la ridistribuzione di una quota del contributo integrativo avrebbe potuto comportare, in termini di equilibrio patrimoniale e quindi, di sostenibilità futura per le singole casse e gli enti di previdenza, è stata attentamente valutata tanto in sede di proposizione del disegno di legge che in sede di analisi del testo in Commissione Bilancio al Senato. Ed, infatti, già nel testo originario del disegno di legge era previsto che le delibere assunte dalle singole casse ed enti di previdenza in tema di richiesta di aumento e ridistribuzione del contributo integrativo sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti, che valutano la sostenibilità della gestione complessiva e le implicazioni in termini di adeguatezza delle prestazioni»;

la V Commissione Bilancio del Senato, poi, nel sottolineare la preoccupazione circa il «... rischio che all'aumento della contribuzione corrisponda un incremento eccessivo delle prestazioni che alteri l'equilibrio economico e finanziario delle Casse professionali», ha ritenuto opportuno «... introdurre una clausola che commisuri eventuali prestazioni previdenziali aggiuntive ai maggiori contributi, garantendo l'equilibrio finanziario delle Casse professionali», così emendando il testo del disegno di legge in approvazione con la specificazione «...senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle stesse»;

(seduta del 2 marzo 2011). L'inciso in esame è l'espressione dell'attenzione del legislatore affinché non si creino squilibri di bilancio delle casse ed enti di previdenza dei liberi professionisti, che renderebbero necessario un intervento integrativo dello Stato, con conseguenti «... maggiori oneri per la finanza pubblica»;

il relatore del progetto di legge in Senato, nel presentare lo stesso all'Assemblea, ha evidenziato, tra le altre, l'avvenuto recepimento delle modifiche «...non sostanziali cui la Commissione Bilancio ha condizionato il parere favorevole...». Nella discussione parlamentare, pertanto, non si sarebbe mai potuto pensare che dall'emendamento proposto dalla Commissione Bilancio potessero derivare effetti «sostanziali», apparendo invece chiaro che esso mirava solo a ribadire il principio della sostenibilità anche di lungo periodo della gestione previdenziale;

i Ministeri vigilanti, nell'approvare le delibere di modifica dei regolamenti previdenziali, adottate dalle singole casse ed enti di previdenza che hanno inteso adeguare la propria disciplina con la facoltà riconosciuta dalla legge n. 133 del 2011, hanno condizionato l'efficacia delle singole deliberazioni all'inserimento di una specificazione che limita il diritto del libero professionista di poter richiedere la contribuzione integrativa nella misura maggiore rispetto all'attuale 2 per cento nei confronti della pubblica amministrazione. L'interpretazione che i Ministeri vigilanti danno della norma ed, in particolare, l'autonoma estrapolazione dal testo legislativo dell'inciso «... senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» e l'altrettanto autonoma interpretazione restrittiva, secondo cui il legislatore avrebbe inteso sottrarre la pubblica amministrazione dall'aumento del contributo integrativo, contraddica, ad avviso dei firmatari del presente atto di sindacato ispettivo, la ratio legis che è quella di garantire pensioni più adeguate mediante l'aumento reale dei versamenti contributivi e smentisce nei fatti la reale volontà espressa dall'Assemblea e dalla stessa Commissione che ha proposto l'inciso emendativo;

una simile interpretazione, poi, se confermata, si risolverebbe nell'imposizione di un differenziato sistema di contribuzione, in base al quale i professionisti che prestano la loro opera nei confronti dei clienti privati applicherebbero il contributo integrativo nella più elevata misura stabilita dalla cassa o ente di previdenza (con conseguente aumento dei loro montanti contributivi e quindi della loro futura pensione), mentre i professionisti che fatturano a pubbliche amministrazioni dovrebbero continuare ad applicare il contributo integrativo nella misura attuale del 2 per cento, con la conseguenza che i loro montanti e le loro pensioni sarebbero inferiori;

di una simile differenziazione non vi è traccia nella norma di legge, che al contrario - nella sua formulazione letterale letta nella sua interezza «(...) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle stesse (...)» - altro non significa che il modo in cui si devono evitare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica consiste nel garantire l'equilibrio di bilancio delle singole casse ed enti di previdenza;

gli stessi Ministeri vigilanti, poi, non hanno eccepito alcunché rispetto alla interpretazione restrittiva della applicabilità della maggiore aliquota del contributo integrativo verso la Pubblica amministrazione ad altra cassa di previdenza, quale quella dei dottori commercialisti che seppur privatizzata ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 adotta il criterio di calcolo delle prestazioni secondo le regole del sistema contributivo, così sostanzialmente differenziando situazioni identiche entrambe disciplinate dalla stessa legge n. 133 del 2011 -:

se il Governo intenda consentire ai liberi professionisti che prestano la loro opera nei confronti delle pubbliche amministrazioni di applicare l'aliquota del contributo integrativo nella misura maggiore deliberata dalle singole casse ed enti di previdenza, dal momento che la inoperatività dell'aumento dello stesso contributo si porrebbe al di fuori della logica del sistema, ed in più avrebbe l'effetto di incidere in modo irrazionale sul trattamento pensionistico dei professionisti che svolgono la loro opera in misura prevalente con le pubbliche amministrazioni, discriminandoli - senza che vi sia una giustificazione razionale e perciò in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione - rispetto a coloro che hanno invece una clientela prevalentemente privata;

se il Governo, anche alla luce di quello che appare ai firmatari del presente atto di sindacato ispettivo un evidente contrasto dell'interpretazione assunta dai Ministeri vigilanti rispetto alla chiara volontà del legislatore e alla stessa ratio della legge n. 133 del 12 luglio 2011, intenda tempestivamente comunicare alle casse ed enti di previdenza dei liberi professionisti quale debba essere la operatività della norma e, quindi, in quale misura debba essere applicata l'aliquota del contributo integrativo rispetto alle pubbliche amministrazioni, anche al fine di prevenire potenziali contenziosi che vedrebbero coinvolti immediatamente e direttamente le singole casse ed enti di previdenza.

(2-01645) «Lo Presti, Della Vedova».