ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/01454

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 622 del 17/04/2012
Firmatari
Primo firmatario: MURO LUIGI
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Data firma: 17/04/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI BIAGIO ALDO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO 17/04/2012
DELLA VEDOVA BENEDETTO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO 17/04/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 17/04/2012
Stato iter:
19/04/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 19/04/2012
Resoconto MURO LUIGI FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
 
RISPOSTA GOVERNO 19/04/2012
Resoconto FORNERO ELSA MINISTRO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
REPLICA 19/04/2012
Resoconto MURO LUIGI FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 19/04/2012

SVOLTO IL 19/04/2012

CONCLUSO IL 19/04/2012

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01454
presentata da
LUIGI MURO
martedì 17 aprile 2012, seduta n.622

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:

la questione dei lavoratori cosiddetti «salvaguardati», esodati e mobilitati, che si configurano come coloro che hanno risolto il contratto di lavoro, su richiesta delle proprie aziende con accordi individuali di esodo o collettivi di mobilità, rappresenta uno dei nodi ancora irrisolti della riforma previdenziale definita nel decreto-legge n. 22 del 2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011;

la suindicata categoria comprende i lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, a seguito di dichiarazione aziendale di esuberi e sulla base di accordi collettivi sottoscritti presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, finalizzati all'accompagnamento alla pensione, e nel contempo alla salvaguardia della posizione dei lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e i soggetti all'esodo incentivato della dichiarazione aziendale di esubero e finalizzato all'accompagnamento alla quiescenza;

nello specifico con il comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito dalla legge 214 del 2011, sono stati esclusi dalle deroghe della riforma quei lavoratori - appartenenti alla categoria della mobilità ordinaria - che non maturano i requisiti di accesso al pensionamento durante il periodo di mobilità, ma che avevano accettato il licenziamento con la prospettiva di ottenere la pensione dopo un breve periodo di attesa a fine mobilità. Sono stati esclusi anche gli esodati non rientranti nella maturazione dei requisiti a 24 mesi contemplati all'articolo 2-ter del decreto-legge n. 216 del 2011, cosiddetto «Milleproroghe»;

fin dall'entrata in vigore del decreto-legge «Salva Italia» la confusione circa il numero esatto degli appartenenti alle suindicate categorie è stata palese: se in un primo momento il Ministero aveva fissato - al comma 14 - il limite «del numero di 50.000 lavoratori beneficiari» della deroga di cui allo stesso comma, successivamente aveva indicato i lavoratori in 65 mila unità dato messo poi in discussione, oltre che dai referenti sindacali, anche dall'Inps e dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

in un comunicato diramato in data 12 aprile 2012, dopo diversi e criticati tentennamenti, il Ministero ha comunicato il numero dei cosiddetti «salvaguardati»: secondo la nota «il numero delle persone complessivamente interessate è di circa 65 mila e pertanto l'importo finanziario individuato dalla riforma delle pensioni, attuata con decreto «Salva Italia», è adeguato a corrispondere a tutte le esigenze senza dover ricorrere a risorse aggiuntive»;

paradossalmente i dati diramati dal Ministero non collimano con quanto riferito - poche ore prima - dal direttore generale dell'Inps in occasione di un'audizione presso la Commissione lavoro della Camera dei deputati;

nello specifico il direttore generale dell'Inps ha parlato di 130 mila lavoratori, in 4 anni, ma agli interpellati sorge il dubbio di come siano distribuiti questi numeri tra le categorie in deroga sancite dalle lettere del comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge «Salva Italia» e sorge ulteriormente il dubbio che esistano molti «salvaguardati», esodati anche oltre i 4 anni (soprattutto donne dimessesi con accordi a 50-53 anni, che puntavano alla pensione di vecchiaia a 60 anni);

le informazioni contenute nella nota ministeriale non sembrano fornire molti dettagli circa i criteri di individuazione di coloro che rientrano nei 65 mila, lasciando emergere il dubbio che il numero di lavoratori indicati dal Ministero altro non sia che quello finanziariamente sostenibile dallo stesso, in armonia con quanto già stabilito attraverso gli stanziamenti del decreto «Salva Italia»;

a conferma di quanto suindicato, appare opportuno ricordare il portato del comma 15 dell'articolo 24 del decreto «Salva Italia» nel quale si evidenziava tra l'altro che «Qualora dal predetto monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione, (...) i predetti Enti non prenderanno in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici previsti (...)»; a tal riguardo se le cifre evidenziate di recente dal Ministero fossero rispondenti alla realtà, quanto riferito nel predetto comma dovrebbe essere abrogato, in considerazione del fatto che le coperture aggiuntive necessarie per gli «esodati» dovrebbero essere attinte anno per anno;

quanto riportato dal succitato comma 15 si configura ad avviso degli interpellanti di dubbia legittimità, in quanto crea una discriminazione all'interno della medesima categoria di cittadini, motivata da una ventilata scarsità di risorse;

a rendere ancora più critico lo scenario entro il quale dovrebbe strutturarsi un auspicato intervento del Governo sul «fronte esodati» sono state le parole del Ministro interpellato che in un recente intervento ha evidenziato che «gli esodati li creano le imprese che mandano fuori i dipendenti a carico del sistema pensionistico pubblico e della collettività», quasi a voler relegare ad avviso degli interpellanti il comparto dei lavoratori «esodati» ad una sottocategoria la cui gestione non spetta al Governo, ma alle imprese, attuando un rovesciamento improvviso e di dubbia legittimità del patto sociale tra Stato, imprese e cittadini garantito dalle norme previgenti, retroattivamente mutate per gli «esodati»;

è opportuno evidenziare che gli esodati rappresentano quei lavoratori che hanno sottoscritto con le aziende - prima dell'entrata in vigore del decreto-legge «Salva Italia», convertito dalla legge n. 214 - accordi individuali in sede sindacale finalizzati alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;

i lavoratori appartenenti alla suindicata categoria (in buona parte operanti presso realtà ben strutturate come Poste, Telecom, IBM, ENEL, Wind) hanno maturato contributi da 30 a 39 anni e la risoluzione del rapporto di lavoro è stata contraddistinta da una buonuscita pari ad un numero di mensilità ritenuto sufficiente per compensare la mancata erogazione dello stipendio e al versamento - a volte parziale - dei contributi volontari necessari fino all'ottenimento dei requisiti pensionistici vigenti al momento della sottoscrizione dell'accordo. Tale buonuscita è stata insufficiente per molti esodati del biennio 2009-2010 che si sono visti aumentare le «finestre» da 3 a 6 a 12 mesi (in virtù di quanto sancito dal decreto-legge n. 78 del 2010 e poi per aspettativa di vita ulteriori 3 mesi per anno (in virtù di quanto sancito dal decreto-legge n. 98 del 2011); le aziende non hanno integrato i mesi scoperti - anche 9 mesi per il 2012 - per anni successivi;

risulta agli interpellanti che per quanto riguarda i mobilitati la maggior parte di questi ha risolto il proprio rapporto di lavoro in maniera volontaria ai sensi della normativa vigente, alla luce di due imprescindibili presupposti: il primo è che a termine del periodo di mobilità avrebbero avuto accesso alla quiescenza ai sensi della normativa vigente al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come nel caso dell'accordo sottoscritto per i 3.700 esuberi della società Telecom Italia il 4 agosto 2010 nell'ambito del piano industriale 2010-2012. Il secondo è che, il dimissionamento avrebbe concesso la permanenza lavorativa dei giovani, evitandone in tal modo il licenziamento;

risulta agli interpellanti che ai sensi dell'articolo 1, comma 1189, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è stato esteso il beneficio di mobilità lunga di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 14 febbraio 2003, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 81, finalizzato all'accompagnamento alla pensione di anzianità, alle condizioni di cui alla normativa vigente al momento dell'entrata in vigore delle norme stesse;

risulta agli interpellanti - alla luce di quanto suindicato -, che la normativa attualmente vigente rischia di modificare in maniera retroattiva una norma speciale, disattendendo di fatto quanto evidenziato dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella nota 14/0000196 dell'11 gennaio 2005 nella quale veniva evidenziato che «poiché le norme in materia di mobilità lunga, fanno specificamente riferimento alla disciplina in materia di pensioni vigente alla data di entrata in vigore delle norme medesime, si può senz'altro ritenere applicabile il principio che la legge speciale deroga alla legge generale anche successiva»;

stando alla discutibile normativa introdotta nel decreto «Salva Italia», oltre ad essere introdotto un chiaro principio di discriminazione, privo di alcun tipo di fondamento se non quello finanziario - i cui aspetti continuano ad essere ancora poco chiari - si rischia di creare una vera e propria impasse sociale poiché non si fornisce alcun tipo di salvaguardia per coloro che non rientrano nelle deroghe del medesimo provvedimento, dinanzi al quale non appare chiara la volontà del Ministero di trovare una soluzione;

in una recente intervista, il Ministro interpellato ha snocciolato un'ulteriore serie di numeri: sono stati forniti i numeri dei lavoratori in mobilità, quelli in mobilità lunga, quelli a carico dei fondi di solidarietà dei settori bancari, e quelli autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, rispondenti alle diverse categorie «derogate» dall'articolo 24, comma 14, del decreto «Salva Italia». Purtroppo ci si è dimenticati di quelli appartenenti alla lettera e) del medesimo comma, vale a dire quelli che alla data del 4 dicembre 2011 avevano in corso l'istituto dell'esonero dal servizio, e quelli contemplati dall'articolo 2-ter del decreto-legge «Milleproroghe», lasciando di fatto un complesso vuoto informativo da parte dell'amministrazione;

fra i 65 mila lavoratori, stando a quanto risulta agli interpellanti, sarebbero compresi gli esodati che stando alla normativa previgente avrebbero dovuto attendere meno di due anni per arrivare alla quiescenza. Sussiste al momento assoluta mancanza di dati per quanto riguarda il numero preciso di «esodati» a cui mancherebbero tre, quatti i più anni alla maturazione dei requisiti pensionistici di cui alla norma previgente;

alla luce di quanto evidenziato, attualmente un numero non ben definito di lavoratori italiani, si colloca in una sorta di limbo previdenziale contraddistinto dalla mancanza dei requisiti pensionistici e delle coperture finanziarie (ai sensi del decreto-legge «Salva Italia») e dalla mancanza di una collocazione lavorativa (in virtù dei pregressi accordi di esodo e mobilità) che potrebbe durare diversi anni e in base alla quale un'intera generazione viene messa in ginocchio -:

se intenda chiarire i dubbi espressi in premessa, anche evidenziando se trovino conferma le contraddizioni normative e procedurali che risultano agli interpellanti e quali criteri di individuazione/monitoraggio/conteggio siano stati adottati nell'ambito del tavolo tecnico ministeriale per la «determinazione» dei 65 mila lavoratori «salvaguardabili», specificandone la suddivisione per le categorie previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge «Salva Italia» e dall'articolo 2-ter del decreto-legge «Milleproroghe» e precisando - nel contempo - la suddivisione in categorie dei lavoratori «esclusi» dal citato conteggio.

(2-01454)
«Muro, Di Biagio, Della Vedova».