ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00975

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 612 del 27/03/2012
Abbinamenti
Atto 1/00986 abbinato in data 18/06/2012
Atto 1/01082 abbinato in data 18/06/2012
Atto 1/01083 abbinato in data 18/06/2012
Atto 1/01084 abbinato in data 18/06/2012
Atto 1/01085 abbinato in data 18/06/2012
Firmatari
Primo firmatario: DI PIETRO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 27/03/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 27/03/2012
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 27/03/2012
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 27/03/2012
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 27/03/2012
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 27/03/2012


Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 18/06/2012
Resoconto EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 18/06/2012
Resoconto ADINOLFI MARIO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 18/06/2012
Resoconto DE MISTURA STAFFAN SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 31/05/2012

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 18/06/2012

DISCUSSIONE IL 18/06/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 18/06/2012

ATTO MODIFICATO IL 19/06/2012

Atto Camera

Mozione 1-00975
presentata da
ANTONIO DI PIETRO
testo di
martedì 27 marzo 2012, seduta n.612

La Camera,

premesso che:

nel marzo del 2011 le proteste sono giunte anche in Siria, dopo aver interessato i Paesi del Maghreb e del Mashrek (avvenimenti ormai noti come «primavera araba»);

tutto è iniziato a Daraa, città nel sud del Paese, quando i residenti si sono riversati in piazza in quello che venne poi ribattezzato il «giorno della rabbia», per chiedere il rilascio di circa 15 studenti arrestati e presumibilmente torturati dopo aver scritto su un muro slogan che riprendevano gli stessi apparsi nel corso delle rivolte in Tunisia ed Egitto;

attualmente è ancora in atto una dura rivolta contro il regime alawita di Bashar Al Assad, Presidente dal luglio 2000, succeduto al padre, Hafez Al Assad, Presidente ininterrottamente dal 1971 al 2000 (la famiglia Al Assad appartiene alla minoranza islamica degli alawiti, di orientamento sciita, che fornisce la maggior parte dei quadri dirigenti del Ba'ath siriano);

il Governo di Damasco sta, purtroppo, rispondendo a queste legittime richieste di cambiamento con un uso sproporzionato della forza militare; stando agli ultimi dati diffusi dalle Nazioni Unite, infatti, tale violenta reazione avrebbe provocato finora la morte di oltre 10.000 persone; non è ovviamente possibile avere esatta contezza del numero dei morti ma l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), al 4 aprile 2012, parla di 10.281 persone, di cui 7.432 civili (tra cui 1.110 tra bambini e adolescenti e 232 donne), 2.281 forze militari governative e 568 disertori documentati finora; le persone attualmente arrestate sarebbero circa 21.000, di cui 482 minorenni e 237 donne; il Consiglio nazionale siriano, invece, parla di oltre 12.000 morti, di cui 11.188 civili (870 minori, 761 donne) e 1.081 soldati che si sono rifiutati di eseguire gli ordini;

si tratta in ogni caso di numeri inaccettabili, ancor più se si pensa che si parla di cifre destinate a crescere giorno per giorno: proprio il 27 maggio 2012, infatti, hanno perso la vita 108 persone, fra cui 49 bambini, in un nuovo, efferato massacro a Hula; il portavoce dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani (Unhcr), Ruper Colville, ha spiegato che solo una ventina dei siriani morti in questo ennesimo eccidio sono stati causati dai colpi dell'artiglieria e dei carri armati; lo stesso ha anche denunciato che «la mancanza di un accordo nel Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla Siria sembra aver incoraggiato le autorità di Damasco a portare avanti un massacro ancora più indiscriminato di dissidenti e crimini contro l'umanità»; ma l'ultimo bilancio delle violenze in Siria è del 30 maggio 2012, quando a Deir Ezzor si è verificato un altro massacro con 98 morti, tra cui 61 civili, nove ribelli e 28 soldati governativi; secondo il presidente dell'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra, Rami Abdel Rahman, «le vittime sono state giustiziate con un proiettile nella testa, secondo le prime informazioni provenienti dalla regione»;

la Lega araba, nel corso di riunione del 12 febbraio 2012 al Cairo, attraverso i suoi Ministri degli affari esteri, aveva chiesto al Consiglio di sicurezza dell'Onu l'avvio di una missione, in sostituzione di quella fallita il 28 gennaio 2012, che prevedesse l'invio in Siria di una forza di pace internazionale mista, composta da rappresentanti arabi e rappresentanti scelti dalle Nazioni Unite, finalizzata a porre fine ai massacri che insanguinano, da ormai un anno, il Paese arabo; nel corso della stessa riunione era stato chiesto ai Paesi arabi di sospendere ogni forma di cooperazione diplomatica con il regime di Damasco e di intensificare le sanzioni economiche e l'apertura di canali di comunicazione con le opposizioni, ancorché divise;

l'11 aprile 2012 il Governo siriano, dopo un trionfalistico annuncio sulla sconfitta dei «terroristi» e la ripresa totale di controllo del territorio, si era detto pronto ad attuare la tregua a partire dal giorno successivo, mantenendo, peraltro, le truppe pronte a nuovi interventi, ma la stessa veniva rispettata solo parzialmente, poiché nelle 36 ore successive le forze governative uccidevano una trentina di persone, come sempre dopo il consueto venerdì di preghiera;

dopo l'ennesimo massacro, il 14 aprile 2012 veniva approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza dell'Onu la risoluzione 2042, in cui si consentiva l'invio immediato di una missione esplorativa in Siria, composta da non più di trenta osservatori militari non armati, allo scopo di controllare il rispetto del cessate il fuoco, ma anche degli altri punti del piano di pace sottoposto ad Assad da Kofi Annan, con particolare riguardo al ritiro delle forze militari e degli armamenti pesanti dai centri abitati;

dopo l'inizio della missione di osservatori dell'Onu, la situazione nel Paese è rimasta difficile e l'Onu ha preso atto che la tregua è stata rispettata solo parzialmente dal regime, il quale, dal canto suo, sempre appoggiato dalla Russia, ne addossava la responsabilità ai combattenti definiti terroristi; di qui la decisione di approvare il 21 aprile 2012 una seconda risoluzione, la 2043, la cui urgenza era stata particolarmente sostenuta dalla Russia, votando all'unanimità l'invio progressivo di un contingente di non più di trecento osservatori militari disarmati, oltre alla necessaria componente civile; dopo l'eccidio di Hula, anche Russia e Cina hanno, infatti, poi sottoscritto la ferma condanna del Consiglio di sicurezza, dopo che per due volte avevano esercitato il potere di veto;

la missione deliberata (Unsmis, United nations supervision mission in Syria), della durata iniziale di 90 giorni e sulla quale già in precedenza le Nazioni Unite avevano firmato un protocollo d'intesa con il Governo siriano, sarà soggetta a una frequente periodica valutazione da parte del Segretario generale dell'Onu che riferirà al Consiglio, soprattutto in ordine all'effettivo rispetto - finora solo parziale - del cessate il fuoco;

gli attivisti dei comitati di coordinamento che si oppongono in Siria al regime non hanno nascosto la propria delusione, sostenendo che la missione fallirà il proprio obiettivo, in quanto insufficiente a coprire il vasto territorio siriano, e si risolverà solo in un'ulteriore concessione di tempo al regime di Assad; la perdurante repressione in atto nel Paese e i già menzionati massacri sembrano dare loro ragione;

il 23 aprile 2012, stante la violazione dell'impegno a cessare il fuoco, nuove sanzioni europee e americane hanno colpito la Siria: in particolare, quelle decise dal Presidente Usa Obama rivolte, soprattutto, verso una serie di tecnologie, con le quali il regime sarebbe in grado di rintracciare e colpire gli oppositori mediante il controllo dei telefoni cellulari e dei social network della rete internet;

nelle stesse ore la Turchia, preoccupata soprattutto degli effetti destabilizzanti a catena che un'eventuale partizione della Siria potrebbe provocare, ha ventilato la possibilità di portare in sede Nato la situazione di tensione del proprio confine con la Siria;

nemmeno le elezioni legislative del 7 maggio 2012 hanno segnato una qualche ricomposizione dei contrasti: piuttosto, esse sono state boicottate anche da forze di opposizione moderata non colpite finora dalla repressione, in quanto giudicate solo un'operazione cosmetica del regime, che, invece, le ha ritenute democratiche, in realtà, come poi è stato acclarato, si è trattato di elezioni-farsa;

l'8 maggio 2012 Kofi Annan ha rilevato come gran parte del suo piano per il cessate il fuoco non sia stato finora attuato, ma ha espresso fiducia nell'azione dei trecento osservatori che entro la fine di maggio 2012 dovrebbero essere tutti al lavoro in Siria, e tra loro vi sono 17 militari italiani (dei quali 5 sono partiti il 15 maggio 2012 alla volta di Damasco), come deciso dal Governo con comunicazione al Parlamento in un'informativa alle Commissioni riunite esteri e difesa della Camera dei deputati il 9 maggio 2012;

il 13 maggio 2012 il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi ha ricevuto a Roma il capo del Consiglio nazionale siriano, Burhan Ghalioun, ma le sue successive e improvvise dimissioni non rappresentano certamente un segnale positivo;

di fronte alle violenze e alla crisi diplomatica internazionale, il nostro Paese, a lungo uno dei principali partner commerciali della Siria, il 14 marzo 2012 aveva iniziato con la sospensione dell'attività della propria ambasciata a Damasco, rimpatriandone lo staff della sede diplomatica; altri Paesi si erano mossi in tale direzione;

con l'aggravarsi della situazione, a seguito delle efferate violenze contro la popolazione civile di Mula, ascrivibili alle responsabilità del Governo siriano, e a fronte del fallimento di quanto messo in campo sinora in sede Onu, con le risoluzioni 2042 e 2043, è stato concordato da Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Spagna di provvedere all'espulsione degli ambasciatori della Siria dal territorio nazionale, provvedimento esteso anche ad alcuni funzionari dell'ambasciata; anche gli Stati Uniti, l'Australia, il Giappone, il Canada e la Turchia hanno provveduto in tal senso, mentre la Russia ha, invece, criticato l'espulsione degli ambasciatori siriani, definendola una mossa «controproducente»;

il Premier turco Recep Tayyip Erdogan, nel condannare l'eccidio di Mula, ha sottolineato che «la pazienza del mondo si sta esaurendo» e ha anche fatto sapere di essere disposto e preparato a ricevere profughi siriani per proteggerli dalle forze armate lealiste e a ospitare le forze armate libere della Siria, escludendo in maniera assoluta un coinvolgimento militare;

a conferma, comunque, che il conflitto potrebbe estendersi pericolosamente, si è avuta notizia di spari dell'esercito siriano al confine con il Libano che hanno causato la morte di un contadino libanese; intanto l'opposizione siriana fa sapere di essere pronta a prendere il controllo degli arsenali chimici di Assad, non appena il regime crollerà;

al di là delle inevitabili ripercussioni sugli assetti politico-istituzionali dell'intera area geografica, tale situazione sta generando un forte allarme umanitario per i violenti massacri che da mesi continuano a perpetrarsi ai danni della popolazione civile e che rischia di provocare delle inevitabili e gravi ripercussioni sui già delicati equilibri dell'intero territorio mediorientale, per cui risulta quanto mai urgente e prioritario un decisivo e unanime intervento della comunità internazionale;

alla luce di una crisi economica e finanziaria che si aggrava sempre più a livello globale, i Governi occidentali restano ancora molto riluttanti a intervenire, avendo anche ben presente il complesso quadro regionale e internazionale in cui si colloca la crisi siriana; inoltre, va tenuto in debita considerazione il fatto che in Siria una delle principali incognite è caratterizzata dalla frammentarietà dell'opposizione al regime, dominata da una maggioranza sunnita sostenuta dai Fratelli musulmani e da Paesi arabi del Golfo e rappresentata da un insieme di gruppi in esilio che si fa chiamare Consiglio nazionale siriano (Cns), con una prevalenza sempre più consistente di movimenti e partiti islamisti sunniti, a fronte della presenza sciita di matrice iraniana; proprio l'Iran, ovviamente, ha dimostrato di essere particolarmente attento a quel che accade in Siria, offrendo innanzitutto l'appoggio alle forze del regime e alla repressione della rivolta nel Paese;

quella in atto in Siria appare ormai sempre più una guerra civile ampiamente iniziata, piuttosto che qualcosa in procinto di accadere, con conseguenze ancora più devastanti per la popolazione,
impegna il Governo:
a farsi promotore, nelle opportune sedi internazionali, di iniziative volte a:

a) favorire un deciso intervento diplomatico, di concerto con le istituzioni europee, per rafforzare la pressione internazionale sul regime siriano, far cessare qualsiasi atto di violenza nei confronti della sua popolazione, assicurare un forte sostegno politico alla già fragile e composita opposizione siriana nella direzione di evitare un'ulteriore degenerazione della situazione;

b) far sì che il Consiglio di sicurezza dell'Onu si pronunci nel più breve tempo possibile nel senso di:

1) fornire una più stringente e decisa risposta all'inaccettabile susseguirsi di violenze e repressione in Siria attraverso l'adozione di misure più rigorose, tra cui sanzioni economiche, contro il regime siriano;

2) valutare la possibilità di avviare una missione di peacekeeping congiunta Onu-Paesi arabi nell'estremo tentativo di dissuasione nei confronti del Presidente siriano;

3) prevedere l'aumento del numero degli osservatori militari delle Nazioni Unite già previsti dalla risoluzione 2043 e rafforzare il mandato della missione Unsmis;

ad adoperarsi nelle sedi internazionali per sostenere con forza che la commissione internazionale indipendente d'inchiesta, istituita dal Consiglio Onu dei diritti umani, possa entrare in Siria e verificare le denunce di violazioni commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto;

ad attivarsi perché vengano celermente avviate le necessarie procedure, previste dall'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, volte a revocare l'onorificenza concessa al Presidente siriano Bashar Al-Assad.

(1-00975) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Di Stanislao».