ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00946

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 607 del 20/03/2012
Firmatari
Primo firmatario: BINETTI PAOLA
Gruppo: UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Data firma: 19/03/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
TESTA NUNZIO FRANCESCO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
DELFINO TERESIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
DE POLI ANTONIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
CALGARO MARCO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
FORMISANO ANNA TERESA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
CAPITANIO SANTOLINI LUISA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
COMPAGNON ANGELO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
TASSONE MARIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
BOSI FRANCESCO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
CERA ANGELO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
CICCANTI AMEDEO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
MEREU ANTONIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
MONDELLO GABRIELLA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
NARO GIUSEPPE UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
OCCHIUTO ROBERTO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
POLI NEDO LORENZO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
RAO ROBERTO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
RIA LORENZO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 19/03/2012
DI VIRGILIO DOMENICO POPOLO DELLA LIBERTA' 19/03/2012
BARANI LUCIO POPOLO DELLA LIBERTA' 19/03/2012
BOCCIARDO MARIELLA POPOLO DELLA LIBERTA' 19/03/2012
VOLONTE' LUCA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 29/03/2012


Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 29/03/2012

ATTO MODIFICATO IL 22/11/2012

Atto Camera

Mozione 1-00946
presentata da
PAOLA BINETTI
testo di
martedì 20 marzo 2012, seduta n.607

La Camera,

premesso che:

l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la giornata mondiale dell'autismo, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica davanti ad uno dei problemi più importanti che riguardano la tutela della salute mentale nell'infanzia e nella adolescenza, e promuovere lo studio e la ricerca scientifica di una patologia, in cui spesso assistiamo alla negazione di diritti specifici dei pazienti che ne sono colpiti e delle loro famiglie, con conseguenze molto pesanti anche sul piano sociale. Il Disturbo autistico rappresenta una delle patologie più complesse dell'infanzia perché chiama in causa tutti i fattori dello sviluppo determinando quadri clinici tra loro estremamente eterogenei che pongono al valutatore notevoli difficoltà interpretative. Esiste, infatti, proprio a causa di tale complessità, un'importante difficoltà in ambito clinico nel delineare correttamente l'inquadramento diagnostico rispettando i deficit ma anche le potenzialità del bambino e nel definire correttamente diagnosi differenziali che permettano di rispettare ogni situazione clinica nella sua specificità;

sono ormai trascorsi quasi 70 anni, da quando Leo Kanner usò per la prima volta il termine «autismo precoce infantile» per indicare una sindrome osservata in 11 suoi pazienti. Purtroppo, a distanza di tanti anni non se ne conoscono ancora bene le cause; per cui non è possibile né una diagnosi precoce certa né un trattamento specifico;

sono state formulate diverse ipotesi ezio-patogenetiche, che hanno messo l'accento su fattori di natura genetica, infettiva, vaccinica; si sono ipotizzate cause legate all'inquinamento ambientale o ad un deficit di funzionamento dei neuroni a specchio; sono state elaborate teorie che hanno fatto riferimento a cause di natura relazionale e psicodinamica. Attualmente si va affermando la teoria che pur nella grande eterogeneità dei fattori chiamati in causa, sono riconoscibili come una componente essenziale della patogenesi della malattia alterazioni del neuro-sviluppo ad esordio intorno al I-V mese di vita prenatale. L'autismo rappresenta il disturbo psichiatrico più fortemente «genetico», cioè quello con la più alta concordanza tra gemelli monozigoti (73-95 per cento), con le più alte stime di ereditabilità (> 90 per cento), e con un rischio di ricorrenza tra fratelli e sorelle di bambini autistici pari al 5-6 per cento per il disturbo autistico ed al 15 per cento circa per tratti dello spettro autistico, ossia superiore di ben 10-30 volte rispetto all'incidenza del 2-6:1.000 nati registrata nella popolazione generale;

tante ipotesi quindi, ma nessuna certezza che arrivi a chiarire, se non a risolvere uno dei grandi rebus della medicina in genere e della neuropsichiatria infantile in particolare. Per questo un modello di intervento per l'autismo deve essere: precoce, intensivo, integrato, individualizzato, inclusivo e sostenibile. Di autismo non si guarisce e per questo un buon modello per l'autismo deve tener conto che deve agire su tutto l'arco della vita e deve essere accessibile a tutti i soggetti autistici, conservando la specificità dei vari interventi nella globalità degli obiettivi generali della salute mentale non solo dell'infanzia e dell'adolescenza, ma anche di tutta l'età adulta;


i bambini autistici, in altre parole, diventano adulti con autismo nella quasi totalità dei casi; e si inoltrano, nella disperazione delle famiglie, in una terra di nessuno in cui spesso vanno perdute non solo la diagnosi stessa, ma anche e soprattutto la progettualità e la percezione di bisogni e problemi specifici che anche in età adulta la condizione autistica continua a porre;


si tratta di una malattia che colpisce lo 0,6 per cento della popolazione mondiale e si manifesta nella prima infanzia con una sintomatologia che si va facendo progressivamente più chiara fino ad apparire in forma pressoché inequivocabile intorno ai 2 anni;


sulla base di statistiche del 2003 elaborate dall'U.S. Department of Education, l'autismo sta crescendo del 10-17 per cento all'anno. Il Center for Disease Control, nel novembre 2004, riportava che l'incidenza variava da 2-6 casi ogni 1.000. Si stima inoltre che il numero di bambini che mostra uno spettro autistico con comportamenti autistico-simili oscilli tra il 15 e il 20 per 10.000 soggetti. Sono valori di circa 10 anni fa, ma oggi le maggiori conoscenze sulla sintomatologia autistica inducono in molti casi a parlare di spettro autistico polimorfo, e in mancanza di dati certi sui criteri paritari di inclusione e di esclusione di questa patologia nel dipartimento di salute mentale e nell'international classification of disease i numeri complessivi oscillano in una forbice, molto, troppo ampia, per non indurre a pensare che anche per fare la diagnosi di autismo serva un approfondimento più rigoroso;


in genere sono le mamme che colgono qualche aspetto particolare nel loro bambino; aspetti che possono sfuggire anche al pediatra di base, se non ascolta e non si fa carico di quanto riferisce la madre. Se tra i genitori e il pediatra si creasse una maggiore capacità di ascolto e il medico non tendesse a minimizzare quanto riferisce la madre, pensando ad una sua ansia eccessiva o ad un semplice ritardo nello sviluppo del bambino, l'autismo potrebbe essere diagnosticato più tempestivamente con il vantaggio di permettere un intervento più adeguato a limitare i rischi di un alterato sviluppo complessivo del bambino;



il quadro patologico si presenta soprattutto come un grave deficit della comunicazione complessiva, verbale e non verbale, con la tendenza del bambino ad isolarsi per fuggire a situazioni che percepisce come ostili, e trovare invece opportunità concrete per esprimere la sua immaginazione; in molti bambini autistici sono frequenti stereotipie e rituali che accompagnano la sua quotidianità, con un carattere evidentemente difensivo. Con il passare del tempo il ritardo nell'apprendimento, legato alle specifiche difficoltà d'inserimento nel contesto scolastico, accentua la sua distanza e la sua differenza con i coetanei;


considerare l'autismo come una patologia del solo sistema nervoso rappresenta oggi una iper-semplificazione. Infatti i pazienti autistici mostrano, in varia misura da soggetto a soggetto, segni e sintomi di un coinvolgimento sistemico, quali la macrosomia, vari tipi di disturbi gastrointestinali e una spiccata dis-reattività immunitaria. In breve, pur nella grande variabilità interindividuale che caratterizza questa patologia, l'autismo può essere inquadrato nella grande maggioranza dei casi come un disturbo sistemico, che coinvolge primariamente ma non esclusivamente il sistema nervoso, con patogenesi ad esordio generalmente prenatale da alterato neurosviluppo ed espressione sintomatologica in epoca postnatale;


la malattia non comporta solo un disagio personale nel bambino, ma coinvolge il sistema familiare a cui il soggetto appartiene, si estende con facilità a tutto il nucleo familiare, colpendo in modo più intenso proprio la relazione madre-figlio. Per questo è auspicabile, e a volte indispensabile, che l'intera sfera familiare sia coinvolta in un progetto terapeutico su misura. È inoltre necessaria un'adeguata sensibilizzazione sul piano sociale, a cominciare dal contesto prescolastico e scolastico, per evitare che i soggetti affetti da autismo subiscano un'emarginazione sociale. Occorre però tener presente che trattandosi di un disturbo di carattere evolutivo, le famiglie incontrano le loro maggiori difficoltà proprio quando il ragazzo esce dal circuito scolastico e sperimenta una sorta di silenzio delle istituzioni: sono ben poche infatti strutture specializzate in cui inserirsi, per cui finisce con l'essere accomunato ad altre patologie psichiatriche dell'adulto;


vi è un accordo generale sul fatto che l'intervento elettivo nella disabilità è l'intervento educativo, che deve essere altamente competente e deve esprimersi in condizioni di profonda interattività comunicativa e sociale. Per questo quando parliamo di «trattamenti» non ci si può riferire solamente agli interventi condotti dal sistema sanitario, anche se è tutt'altro che chiaro come misurare gli interventi condotti nelle comunità scolastiche in un contesto che sia realmente inclusivo;


in alcune regioni italiane sono stati attivati dei centri di riabilitazione specializzati nel trattamento di questi bambini. Tra i loro obiettivi specifici c'è anche la formazione e il supporto dei genitori attraverso iniziative appositamente studiate per loro; i genitori sono aiutati ad orientarsi fin dal primo momento della diagnosi nel mondo autistico, forse fatto più di domande che di risposte, ma in ogni caso si vuole aiutare i genitori a non sentirsi soli davanti ad un bambino che loro stessi faticano a comprendere e quindi non riescono a gestire;


in questi centri si cerca di non perdere mai di vista la visione globale dello sviluppo emozionale, cognitivo e psico-motorio del bambino che ha sempre bisogno di un contesto inclusivo, che non mostri quel volto arcigno che fa sentire il bambino sotto una costante aggressione, da cui non riesce a difendersi come vorrebbe. Il rischio maggiore che accompagna le diverse visioni terapeutiche è a volte quello di una certa unilateralità, che non tiene sufficientemente conto del carattere evolutivo dello sviluppo del bambino, sempre fortemente correlato con la sua vita emotiva e condizionato da eventuali forme di disabilità fisica. Come ogni altro bambino anche il soggetto autistico cresce e pone nuove domande all'ambiente, sollecita un maggiore riconoscimento ed esprime rinnovati bisogni di autonomia. Il suo sviluppo è sempre fortemente condizionato dalla integrazione sul piano sociale a cominciare dalla famiglia e dalla scuola;


gli interventi programmati debbono avere sempre carattere di sostenibilità: una sostenibilità economico finanziaria; una sostenibilità nella distribuzione dei servizi (modelli organizzativi) e delle attività (modelli gestionali) e delle competenze (modelli formativi). È necessaria una sostenibilità della diffusione delle attività diagnostiche, con la presa in carico dei pazienti, superando la classica antinomia che le distingue in centralizzate e territorializzate, perché alcune attività richiederanno centralizzazione: basta pensare alla ricerca e ai test genetici avanzati, ma altre dovranno necessariamente essere inserite sul territorio in cui vive il bambino autistico. Solo questo approccio potrà garantire infine la sostenibilità degli investimenti rispetto ai bisogni ipotizzati: ed è la dimensione epidemiologica, di enorme interesse per tutti: ricerca, assistenza, politica ed economia. Per quanto riguarda la terapia psicoeducativa (metodo TEACCH), il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo dell'individuo, la sua integrazione sociale e l'autonomia, tenendo conto dei deficit specifici che il disturbo autistico comporta i risultati monitorati nell'arco di più anni ne confermano l'efficacia specifica;


in ogni caso in questi centri sono previsti interventi diretti ed indiretti. Tra quelli diretti occorre ricordare quelli: psico educativo/occupazionale, individuali e di gruppo; logopedia individuale e di gruppo, psicomotricità individuale e di gruppo, fisioterapia individuale, eventuale prescrizione di farmaci, e altri. Tra gli interventi indiretti ci sono quelli rivolti alla famiglia attraverso colloqui di sostegno individuali, di coppia e familiari. Ma soprattutto è essenziale prevedere un protocollo di continuità di cura specifico per l'autismo, con il coinvolgimento di psichiatri o più professionisti e se necessario con indicazioni operative a livello aziendale o distrettuale;


sono tante le associazioni nate in questi ultimi anni, per iniziativa di famiglie di bambini autistici, che prestano aiuto ad altre famiglie di bambini autistici, mettendo a disposizione la loro esperienza e la loro solidarietà, promuovendo leggi apposite in materia di handicap, sollecitando scuole ed insegnanti di sostegno ad offrire ai loro figli la migliore formazione possibile sul piano della didattica e della integrazione sociale, prima ancora che l'indispensabile assistenza di cui hanno bisogno. Spesso sono proprio i genitori a proporre modelli di sperimentazione, che nascono da una loro personale esperienza, umilmente sottoposta al vaglio degli esperti: medici, neuropsichiatri infantili, psicologi, docenti e altri. Si tratta di associazioni in gran parte in rete tra di loro, con molti punti di somiglianza e con alcune caratteristiche peculiari: è proprio questa differenza nell'unità o questa unità nella differenza che ne descrive in modo efficace la ricchezza culturale, la reciproca autonomia e la libertà responsabile con cui operano;


ASL, scuole e famiglie, poste in rete tra di loro, sono chiamate a collaborare attivamente per valorizzare tutti i margini di sviluppo presenti in ogni bambino, in modo del tutto unico e peculiare, per impedirgli di regredire. Ma se il circuito ASL-scuola-famigiia deve mantenere al centro del suo impegno il bambino autistico concreto, serve anche una rete più vasta che colleghi tra di loro le diverse reti associative includendo anche la ricerca e una forte ed impegnata sensibilità politica. Su di una rete di queste dimensioni si riverseranno contemporaneamente domande di natura scientifica che ancora non hanno risposta, nuovi bisogni emergenti sul piano socio-assistenziale, che hanno bisogno di risorse economiche per effettuare sperimentazioni con la indispensabile creatività che deve andare oltre le esperienze già consolidate nel tempo. È di questo mix di cose note e non note che si nutre una ricerca a 360 gradi: una miscellanea di proposte e di iniziative che cercano con sensibilità umana e con rigore scientifico di sciogliere uno dei misteri più difficili che la medicina pone alla nostra società;


l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha pubblicato ad ottobre 2011 le nuove linee guida sull'autismo, elaborate da un gruppo di esperti, prevalentemente appartenenti ad uno stesso orientamento culturale, quello di tipo comportamentale. Scarso è il consenso dato a modelli di intervento terapeutico-riabilitativo che fanno riferimento a modelli di sviluppo relazionale, in una chiave che tenga conto del potenziale evolutivo del bambino, anche sotto il profilo affettivo ed emozionale. Questo fatto ha creato un certo disagio a quelle famiglie che in questi anni avevano fatte scelte diverse sul piano culturale-assistenziale, avendo alle spalle una pluridecennale dedizione alla assistenza di bambini autistici e alle loro famiglie. Non a caso queste famiglie da molti mesi chiedono una revisione delle linee guida, per riequilibrare il quadro complessivo. Le attuali linee guida contraddicono quanto sostenuto nella versione precedente delle Linee Guida elaborate dalla Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria infantile) del 2005, in cui si suggeriva di mantenere «le due grandi categorie di approccio al trattamento, comportamentale ed evolutivo, sottolineando che non esiste un intervento che possa andar bene per tutti i bambini autistici e per tutte le età»;


il documento dell'Istituto superiore di sanità si schiera decisamente a favore dell'ABA (Applied Behaviour Intervention), che propone programmi comportamentali intensivi, da 20 a 40 ore la settimana rivolti all'età prescolare. L'ABA punta a modificare il comportamento del bambino per stimolarne una maggiore autonomia attraverso tecniche efficaci soprattutto se utilizzate precocemente e in bambini ad alto funzionamento; il documento dell'Istituto superiore di sanità, sulla base di un mancato riscontro di adeguate conferme scientifiche esclude l'efficacia di altri metodi, trascurando il fatto che diversi modelli di assistenza e di riabilitazione possono anche richiedere modelli diversi di valutazione della relativa attività di ricerca;


la pratica clinica insegna che ogni soggetto si costruisce delle risposte e che ciascuno reagisce in un modo tutto suo alla malattia e al trauma, alle paure e all'angoscia. L'approccio evolutivo considera i sintomi non solo come indicatori di un disturbo, ma soprattutto come mezzi che il soggetto inventa per affrontare e trattare il suo stesso disagio. Anche in situazioni estreme come l'autismo, quindi, occorre prendere l'invenzione di ognuno, per quanto sintomatica, limitata, povera, fosse anche una stereotipia, una filastrocca, o un oggetto, come punto di partenza di un lavoro non tanto di interpretazione, quanto di «costruzione», del sé. La causa, da questo punto di vista, passa in secondo piano rispetto alle modalità di risposta messe in atto dal soggetto, garantendo un atteggiamento di apertura nei confronti delle scoperte scientifiche che arricchiranno un quadro sempre più complesso. È dentro una relazione che il cambiamento è possibile e anche dove la relazione sembra essere lo scacco fondamentale - come appunto nell'autismo - a determinate condizioni una certa apertura è sempre possibile, così come piccole acquisizioni e cambiamenti talvolta inaspettati. Ma occorre saper entrare in relazione con i soggetti autistici in un certo modo. Sappiamo troppo poco sulle cause di questo disturbo e proprio per questo, tutte le energie dovrebbero essere canalizzate nell'ambito della ricerca e dell'assistenza, senza violare il diretto alla libera scelta da parte del soggetto e dei suoi familiari, diritto per altro di rilevanza costituzionale (confronta articolo 32 della Costituzione);


il problema degli interventi per l'autismo sfaccettato e altamente problematico; il costrutto stesso di sindrome autistica è straordinariamente eterogeneo e ingloba quadri tra loro differenti (per eziopatogenesi, gravità, traiettorie evolutive). Una questione così spinosa va affrontata in un'ottica integrata, coinvolgendo tutti gli attori personali e sociali che a vario titolo vengono a contatto con le traiettorie atipiche dell'esistenza autistica; necessita di una continua rimodulazione degli interventi su una progettualità di vita che deve essere sostenuta ben oltre l'età evolutiva, evitando drammatiche discontinuità come quella esistente tra età evolutiva ed età adulta. È poco confortante che la discussione si riduca tanto spesso ad uno scontro tra tecniche e tra i livelli di evidenza (comunque assai deboli ed incerti);

per rispettare la libertà delle famiglie e il loro diritto a scegliere per i propri figli il miglior trattamento possibile, è stata presentata alla Camera una iniziativa promossa da un gruppo di oltre 100 parlamentari di tutti i partiti, sostenuta da 66 società scientifiche e da numerose scuole di formazione e specializzazione per operatori, 50 associazioni e 58 centri di riabilitazione accreditati e da tantissimi esperti del settore; l'obiettivo è quello di riaprire quanto prima le linee guida dell'ISS, tenendo conto anche della prospettiva evolutiva e delle esigenze degli autistici adulti;

per garantire la qualità degli interventi rivolti ai soggetti autistici occorre fare solo ciò che è davvero utile (efficacia teorica), nel modo migliore (efficacia pratica), con il minor costo possibile (efficienza), garantendo l'accessibilità ai servizi soltanto a chi ne ha veramente bisogno (appropriatezza), coinvolgendo solo chi è davvero competente per farlo con i migliori risultati possibili (soddisfazione);

alla Commissione XII, Affari Sociali il 29 luglio 2010 è stata assegnata la proposta di legge (AC 3677): «Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dell'autismo e per l'assistenza alle famiglie delle persone affette da questa malattia», di cui ancora non è iniziato l'iter e che sintetizza la necessità di un approccio multidisciplinare alla patologia,

impegna il Governo:

ad accelerare il processo di revisione delle linee guida che non può attendere la prevista scadenza del 2015, senza recare danni concreti alle famiglie e alle istituzioni che da decenni seguono metodologie diverse dall'ABA, con risultati positivi sul piano socio-assistenziale e scientifico;


ad assumere ogni iniziativa di competenza utile a garantire la cura e l'assistenza alle famiglie dei soggetti autistici, che necessitano di un sostegno multidimensionale, protratto nel tempo non solo attraverso aiuti economici, ma anche attraverso una rete di integrazione nel tessuto sociale che vada oltre i tempi della scuola, considerato che troppo spesso questi ragazzi al termine della scuola dell'obbligo o dopo i 18 anni diventano i cosiddetti «malati invisibili», assimilati in tutto o in gran parte ad una generica diagnosi di grave patologia psichiatrica;


ad assicurare un'attenzione concreta al rispetto della dignità e dei diritti umani delle persone con autismo, permettendo alle loro famiglie di scegliere il tipo di cura che considerano più efficace per i propri figli, come raccomanda non solo l'articolo 32 della Costituzione, ma anche un recente documento del Comitato nazionale di Bioetica;


a individuare risorse da destinare alla ricerca, sia sul piano di discipline di base come la genetica, ad esempio, che sul piano della ricerca clinica e dei modelli socio-assistenziali per una patologia che, almeno attualmente, accompagna la grande maggioranza dei soggetti per tutta la vita;


ad assumere iniziative per collegare un progetto sui disturbi dello spettro autistico con una legge quadro sulla salute mentale in età evolutiva per avere interventi più incisivi e più personalizzati per tutti i bambini/adolescenti.

(1-00946)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Delfino, De Poli, Calgaro, Anna Teresa Formisano, Capitanio Santolini, Compagnon, Tassone, Bosi, Cera, Ciccanti, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Poli, Rao, Ria, Di Virgilio, Barani, Bocciardo, Volontè».