Atto Camera
Mozione 1-00770
presentata da
MARCO GIOVANNI REGUZZONI
testo di
mercoledì 30 novembre 2011, seduta n.555
La Camera,
premesso che:
la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema industriale, soprattutto in questa fase congiunturale, dipende dal supporto del sistema creditizio, in termini di finanziamento sia della gestione corrente, sia degli investimenti;
la genesi della pesante crisi economico-finanziaria che ha investito i mercati di tutto il mondo ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono; il crac di Lehman Brothers di tre anni fa ha fatto drammaticamente emergere l'abuso della leva finanziaria da parte degli istituti di credito e il problema della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
un anno fa il Comitato dei governatori delle banche centrali europee ha riscritto l'accordo cosiddetto «Basilea 2» per arrivare al «Basilea 3», che mira a rafforzare il patrimonio delle banche, al fine di scongiurare nuove catastrofi finanziarie; in particolare il nuovo accordo prevede l'invarianza dell'attuale requisito minimo per il patrimonio complessivo, che resta all'8 per cento in rapporto alle attività ponderate per il rischio e l'innalzamento dal 4 per cento al 6 per cento del «Tier 1 Capital», che è il requisito del patrimonio di base; viene poi stabilito che alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto («buffer») di capitale aggiuntivo sopra i minimi, pari al 2,5 per cento soggetto all'aumento nelle fasi di crisi; i nuovi requisiti saranno pienamente a regime solo nel 2019, prevedendo un innalzamento graduale delle soglie;
la questione dei requisiti patrimoniali delle banche degli Stati europei è tornata di attualità dopo la decisione del Consiglio europeo del 26 ottobre, nel quale i Governi dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di elevare l'indice di Core Tier 1 dal 7 al 9 per cento e hanno introdotto nuovi criteri per il calcolo dei requisiti patrimoniali che prevedono la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico, superando le disposizioni precedenti che prevedevano la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario al valore di acquisto;
il rispetto dei nuovi requisiti fissati dalla european banking authority, comporterebbe per gli istituti di credito italiani una ricapitalizzazione pari a circa 14,7 miliardi di euro, penalizzati dalla notevole quantità di Bot e Btp che detengono in portafoglio, in un momento in cui il nostro debito sovrano è sottoposto a evidenti pressioni speculative e soggetto a grande deprezzamento, con la conseguenza di dover aumentare il capitale aggiuntivo necessario per rispettare i nuovi limiti europei; la prospettiva per le banche italiane potrebbe essere quindi quella di restringere l'erogazione del credito verso le imprese con conseguenze disastrose per l'economia, in un momento in cui le necessità del sistema industriale sono proprio opposte; l'alternativa sarebbe quella di nazionalizzare il nostro sistema bancario o consentire l'ingresso nel capitale delle nostre banche ai grandi gruppi stranieri;
il rispetto dei nuovi requisiti patrimoniali penalizzerebbe eccessivamente gli istituti di credito italiani, che presentano sicuramente una struttura di bilancio meno rischiosa rispetto ai concorrenti europei: una ricerca di Mediobanca, pubblicata nei giorni scorsi, basata sui dati del primo semestre 2011, confronta l'attività dei 20 principali gruppi bancari europei. Il dato più interessante riguarda la rischiosità degli attivi e in particolare le attività di livello 3, cioè quelle di problematica valutazione e smobilizzo perché prive di mercati liquidi; considerando questo parametro, Intesa Sanpaolo e Unicredit, le uniche banche italiane esaminate nello studio, sono tra gli istituti meno esposti, con incidenze molto contenute, rispettivamente il 6 per cento ed il 17 per cento del patrimonio di vigilanza, ben al di sotto della media europea (31,2 per cento); considerando, invece, la leva, tra le 20 banche esaminate, Ubs e Deutsche Bank sono gli istituti con la leva più elevata (47,1 per cento e 49,9 per cento rispettivamente), mentre le italiane si collocano nettamente sotto la media, con il 20,8 per cento di Unicredit e il 17,9 per cento di Intesa;
la ricerca prosegue, prendendo in considerazione altri parametri: le nostre banche dipendono molto meno dal mercato interbancario, che rappresenta il 14,2 per cento della raccolta al 30 giugno 2011. La media europea si aggira invece attorno al 16,6 per cento, con il 24 per cento delle francesi e il 22 per cento delle svizzere e delle tedesche; per quanto riguarda poi le masse, in Italia la raccolta diretta è destinata per il 93,5 per cento agli impieghi, uno dei livelli maggiori del panel, mentre la media si ferma al 77,8 per cento; all'alta incidenza delle erogazioni si associa una bassa incidenza di derivati, che rappresentano il 6,8 per cento sul totale attivo contro una media europea del 16,9 per cento (Deutsche Bank arriva al 30 per cento); le banche italiane hanno, inoltre, una delle incidenze più elevate dei conti correnti e dei depositi della clientela sul totale attivo (41,1 per cento contro la media del 36,7 per cento e contro il 30 per cento delle francesi o il 32 per cento delle tedesche) e proprio lo studio Mediobanca sottolinea come i depositi siano la componente più stabile e meno onerosa della raccolta bancaria, costituendo un fattore di stabilità;
notizia delle ultime ore è che anche la seconda banca tedesca, la Commerzbank, parzialmente statalizzata dopo la crisi del 2008, necessiterà di molti più capitali rispetto alle previsioni per raggiungere l'obiettivo del Core Tier 1 al 9 per cento; un rapporto degli analisti interni prevede un fabbisogno di 5 miliardi di euro, cifra che ha fatto immediatamente crollare il titolo alla borsa di Francoforte;
per le attività di livello 3, tra le quali troviamo i titoli cosiddetti tossici (i subprime statunitensi, ad esempio), l'EBA non ha applicato il criterio di contabilizzazione ai valori di mercato, penalizzando di fatto gli istituti di credito tradizionali e privilegiando le attività ad alto rischio, collegate alla detenzione di titoli strutturati legati a cartolarizzazioni e a derivati, tipiche delle banche di investimento,
impegna il Governo:
ad intervenire a livello europeo chiedendo la revisione dei metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche e, in particolare, la revisione della valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico detenuti dalle banche stesse, con lo scopo di tutelare e rafforzare il sistema creditizio italiano, sicuramente meno esposto a rischi rispetto ad altri sistemi europei, in modo da prevenire l'ingresso dei capitali pubblici o dei capitali dei grossi gruppi bancari stranieri nel capitale delle banche stesse;
a prevenire la possibile contrazione del credito verso il sistema industriale derivante dal rispetto dei nuovi requisiti richiesti dall'EBA e dall'accordo «Basilea 3», in modo da garantire adeguate risorse finanziarie al nostro sistema industriale in questa particolare fase di crisi.
(1-00770)
«Reguzzoni, Bossi, Dal Lago, Allasia, Alessandri, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Desiderati, D'Amico, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Luciano Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».