Atto Camera
Mozione 1-00469
presentata da
DONATO RENATO MOSELLA
testo di
martedì 26 ottobre 2010, seduta n.388
La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale ha avuto origine nel mercato dei titoli scambiati dalle banche e dagli altri intermediari, incorporanti i debiti sui mutui immobiliari;
protagoniste e grandi colpite le banche, anche per i venti di sfiducia reciproca che ne sono seguiti e che hanno scosso e scuotono dannosamente l'intero edificio delle economie dei Paesi avanzati e di quelli emergenti, nonostante denunce precoci, rimaste confinate nel limbo del dissenso;
la cultura della deregulation e dell'affidamento all'autodisciplina degli operatori, impostasi in Usa e, in Europa, soprattutto nei Paesi anglosassoni, ha rappresentato un limite per la necessaria maggiore pregnanza delle regole, a livello comunitario,di comportamento e di controllo;
in particolare, si sono rivelate insufficienti la normativa e la vigilanza in tema di trasparenza dei bilanci delle banche e si sono manifestate sistemiche violazioni di regole prudenziali, in particolare nell'utilizzazione di strumenti finanziari derivati;
i controlli hanno evidenziato ritardi nella previsione dei fattori di rischio e nell'esercizio della vigilanza;
il Governatore della Banca d'Italia, il 22 agosto 2008, con riferimento alle banche maggiormente responsabili della crisi parlò di «ignoranza, ingordigia o arroganza, mancanza di autodisciplina» in un contesto regolamentare insufficiente;
lo stesso Governatore il 21 ottobre 2010, di fronte alla Commissione finanze e tesoro del Senato della Repubblica, assicurò, però, che «le banche italiane hanno fronteggiato la crisi che ha investito con crescente violenza il sistema finanziario mondiale (...) potendo contare su un modello di attività fondamentalmente sano (...) su un quadro normativo, disegnato dal Parlamento nelle sue linee di fondo, esteso e prudente;
nei giorni scorsi, a New York, mentre il Fondo monetario internazionale definiva «fragile e poco omogenea la ripresa», il Ministro dell'economia e delle finanze dichiarava, con riferimento alle banche ed ai banchieri, che «la speculazione è a piede libero e i derivati circolano in misura maggiore di prima della crisi»;
seppure il sistema bancario italiano - in questa fase e grazie, in particolare, alla più stringente normativa emanata a tutela del risparmio nel 2005, al termine di un'approfondita indagine conoscitiva parlamentare - non ha avuto bisogno di interventi pubblici forti a carico dei contribuenti, le interrelazioni tra istituzioni finanziarie a livello mondiale e la globalizzazione degli scambi rendono quanto mai urgente una disciplina uniforme dell'attività bancaria;
peraltro, tale disciplina deve avere carattere di prevenzione diversamente dal passato, quando le leggi specifiche erano necessitate a seguito, il più delle volte, di generali crisi finanziarie o industriali, sulle quali il legislatore disponeva a posteriori;
la normativa in elaborazione che va sotto il nome di Basilea 3 risponde all'esigenza di uniformità regolamentare a livello comunitario e alla necessità di vincolare le banche a requisiti patrimoniali, in termini di liquidità e capitale, idonei a fronteggiare situazioni di sempre possibile crisi;
le conseguenze non sono, però, neutrali, sia per quanto riguarda la parità sostanziale tra banche che possono rispettare tali requisiti patrimoniali grazie ai salvataggi operati dallo Stato, sia per i comportamenti delle banche stesse nell'esercizio della funzione creditizia;
non v'è, infatti, chi non tema che il banchiere, spinto anche dall'azionista, privilegi la massimizzazione del profitto o tenendo al minimo tali requisiti, confidando in futuri salvataggi, o limitando la stessa attività creditizia, preferendole quella finanziaria e venendo così meno al dovere di saper vagliare ed assumere i rischi imprenditoriali propri;
ne deriva la necessità di una disciplina in cui i nuovi coefficienti di capitale e liquidità vengano attentamente calibrati, assicurando anche fasce di assunzione di responsabilità a livello di singola banca in termini e tempi stabiliti e in funzione dell'attività di stimolo e sostegno della crescita, che, specie nell'attuale congiuntura di crisi, è da considerare essenziale;
ciò per evitare un rallentamento - anche nella fase di transizione dall'attuale alla futura disciplina - dell'attività creditizia, soprattutto verso la famiglia e le piccole aziende, che costituiscono il 99,5 per cento dell'imprenditoria del Paese e non hanno la possibilità di ricorrere al mercato dei capitali;
la stessa durata del periodo della «transizione» richiede, perciò, di essere valutata attentamente per evitare, da un lato, il rischio del soffocamento delle possibilità di ripresa, dall'altro atteggiamenti del mercato penalizzanti per le banche considerate in maggiore affanno circa il raggiungimento dei futuri requisiti, non dimenticando che ben oltre la metà delle banche italiane sono piccole, territoriali e cooperative,
impegna il Governo:
ad operare in modo che le nuove regole, nell'assicurare la tutela dei diritti dei risparmiatori e dei depositanti, siano modulate in modo da far sì che le banche assumano i rischi imprenditoriali propri in un contesto di valutazione prudenziale del merito del credito che non mortifichi la funzione a vantaggio del profitto contingente;
ad attivare canali di confronto con Abi e Banca d'Italia perché l'elaborazione delle regole e dei tempi di avvio dell'efficacia rispondano ai criteri di prudenza, ma anche di impegno imprenditoriale;
a monitorare i modi di applicazione in Italia delle nuove regole e gli effetti delle medesime sul sostegno creditizio alle aziende, in particolare alle piccole, e alle famiglie;
a valutare se la mutata situazione dell'economia e della finanza a livello globale, l'architettura della nuova regolamentazione e l'esperienza normativa in materia di regole e controlli nei Paesi sviluppati, non solo europei, non postuli l'esigenza di una nuova riflessione sull'adeguatezza dell'attuale legislazione bancaria.
(1-00469) «Mosella, Tabacci, Brugger».