ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00390

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 336 del 14/06/2010
Abbinamenti
Atto 1/00366 abbinato in data 14/06/2010
Atto 1/00385 abbinato in data 14/06/2010
Atto 1/00386 abbinato in data 14/06/2010
Atto 1/00387 abbinato in data 14/06/2010
Atto 1/00388 abbinato in data 14/06/2010
Atto 1/00389 abbinato in data 14/06/2010
Firmatari
Primo firmatario: MISITI AURELIO SALVATORE
Gruppo: MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Data firma: 14/06/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LO MONTE CARMELO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD 14/06/2010
COMMERCIO ROBERTO MARIO SERGIO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD 14/06/2010
LATTERI FERDINANDO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD 14/06/2010
LOMBARDO ANGELO SALVATORE MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD 14/06/2010
BRUGGER SIEGFRIED MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE 14/06/2010


Stato iter:
15/06/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 14/06/2010
Resoconto MISITI AURELIO SALVATORE MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 14/06/2010
Resoconto TRAPPOLINO CARLO EMANUELE PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto AGOSTINI LUCIANO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto CARRA MARCO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto SANI LUCA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto SERVODIO GIUSEPPINA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto FIORIO MASSIMO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 15/06/2010
Resoconto BUONFIGLIO ANTONIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 15/06/2010
Resoconto MISITI AURELIO SALVATORE MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Resoconto MOSELLA DONATO RENATO MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA
Resoconto DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI
Resoconto COMPAGNON ANGELO UNIONE DI CENTRO
Resoconto NEGRO GIOVANNA LEGA NORD PADANIA
Resoconto OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BECCALOSSI VIVIANA POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 14/06/2010

DISCUSSIONE IL 14/06/2010

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 14/06/2010

NON ACCOLTO IL 15/06/2010

PARERE GOVERNO IL 15/06/2010

DISCUSSIONE IL 15/06/2010

RESPINTO IL 15/06/2010

CONCLUSO IL 15/06/2010

Atto Camera

Mozione 1-00390
presentata da
AURELIO SALVATORE MISITI
testo di
lunedì 14 giugno 2010, seduta n.336

La Camera,

premesso che:

gli effetti della crisi finanziaria in atto, manifestati anche dalla recessione che attanaglia l'economia a livello mondiale, incluso il nostro Paese, interpretano solo in parte l'eccezionale situazione negativa e penalizzante che sta vessando l'agricoltura italiana e, in particolare, quella meridionale;

nonostante i suddetti scenari negativi, nel Mezzogiorno le nuove imprese agricole sono risultate il doppio di quelle industriali, con l'avvio di 3823 attività in campagna rispetto alle 1607 di tipo idustriale nel secondo trimestre del 2009, a conferma che l'economia del Sud può ripartire dall'agroalimentare di qualità, che guarda al mercato e risponde alle domande dei consumatori e che, nonostante le difficoltà infrastrutturali, è importante investire in un territorio che è in grado di esprimere primati gastronomici, alimentari ed ambientali;

inoltre, nel Sud si concentrano circa i due terzi delle coltivazioni biologiche nazionali, con quasi la metà delle imprese agricole nazionali. Il 10 per cento del territorio è coperto da parchi e aree protette, un patrimonio che rappresenta una chance formidabile per generare nuovo sviluppo e opportunità occupazionale attraverso la valorizzazione del rapporto con il territorio, in un sistema integrato che coinvolge tutti i settori, dall'agricoltura all'industria, dalla finanza al commercio fino al turismo, in stretta connessione con le risorse storiche, archeologiche, culturali ed ambientali di cui il Sud è ricchissimo;

l'intento dell'Unione europea di sviluppare una politica estera oltre i confini, allargando il suo spazio economico e commerciale, ha posto all'inizio degli anni '90 del secolo scorso, il bacino mediterraneo in una felice congiuntura ed al centro di un nuovo progetto, quello dell'Euromediterraneo, che si presenta, anche grazie al processo di costruzione del partenariato euromediterraneo (pem), avviato nel 1995 con la Conferenza di Barcellona, come una scommessa sul futuro;

in termini previsionali, nel 2020, il «modello agricolo europeo» dovrebbe essere esteso a modello agricolo euromediterraneo, fattore di coesione interterritoriale e intraterritoriale, orientato ad una sostenibilità reale ed atto a creare una solidarietà di fatto;

il carattere multidimensionale dell'agricoltura nel Mezzogiorno e la sua centralità nell'equilibrio delle società delle economie dell'Europa e del bacino mediterraneo pongono le prospettive di sviluppo del binomio Mezzogiorno-agricoltura in una condizione privilegiata;

il sistema agricolo e della pesca, oltre a rappresentare una componente di rilievo del sistema economico del Mezzogiorno (con una incidenza sul prodotto complessivo doppia rispetto alla media del Paese), ha implicazioni che vanno oltre il suo rilievo economico e riguardano importanti legami con gli aspetti occupazionali, con le relazioni sociali, con il territorio e l'ambiente;

accanto ad alcuni sistemi locali di produzione «eccellenti», nei quali si sono potuti instaurare legami di integrazione verticale con la nascita di veri e propri distretti agroalimentari, vi è un ampio segmento in cui il Mezzogiorno costituisce semplice fonte di approvvigionamento per circuiti industriali o commerciali, collocati in altre aree del Paese o all'estero. L'industria alimentare è, infatti, poco sviluppata ed orientata ai modelli di impresa di piccole e medie dimensioni, con ampio rilievo dell'artigianato. Di conseguenza, permangono una scarsa capacità di realizzare in loco le fasi ad elevato valore aggiunto ed una ridotta propensione all'innovazione di prodotto (prodotti a maggiore contenuto di servizio) e basso associazionismo (l'indice intensità cooperativa è poco più della metà del dato nazionale);

la domanda di prodotti di qualità costituisce una grande opportunità strategica per l'agricoltura del Mezzogiorno, con la possibilità di diversificare profondamente le aree di mercato, attenuando, nel medio e lungo termine, la tradizionale competizione con i Paesi terzi mediterranei per l'accesso ai mercati di massa del Nord Europa e consentendo, invece, l'avvio di una proficua politica di cooperazione nel campo dei servizi commerciali, tecnici e ambientali;

accanto a tale componente del sistema agroalimentare, nuova e crescente importanza viene attribuita allo sviluppo dei «sistemi rurali». L'agricoltura e la pesca possono essere, cioè, intese come erogatrici di una pluralità di servizi (salvaguardia idrogeologica del territorio, gestione del paesaggio, mantenimento della biodiversità, tutela dell'ambiente e altro), interagendo ed integrandosi con altre funzioni produttive (turismo, artigianato e altro). La pesca nelle acque mediterranee sconta i ritardi dell'intero territorio nazionale. Il carattere disomogeneo della flotta è testimoniato dalla frammentazione della struttura produttiva, dalle ridotte dimensioni e dall'elevata età media dei battelli. Debole risulta attualmente il ruolo dell'acquacoltura; solo il 10 per cento delle aree produttive nazionali sono, infatti, localizzate nel Mezzogiorno, lasciando, perciò, intravedere, in corrispondenza di adeguate politiche di promozione, ampie possibilità di crescita;

la scelta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di destinare per il 2010 le somme ricavate dall'applicazione dell'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 e relativo ai cosiddetti «sostegni specifici» in agricoltura è risultata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, fortemente penalizzante per gli agricoltori e gli allevatori meridionali, oltre che lesiva dei loro diritti, ed ha rappresento per l'intero comparto una vera e propria sottrazione di risorse quantificabile in 30-40 milioni di euro. La stessa, nel non prevedere nessun obiettivo strategico nazionale da perseguire e nessun intervento di politiche di valorizzazione della qualità, del miglioramento della commercializzazione e di compensazione effettiva delle situazioni di svantaggio, si è sostanziata esclusivamente in una diversa riallocazione delle risorse, spostandole dal Mezzogiorno a tutto vantaggio del Nord del Paese, ed ha interessato, soprattutto, i comparti della zootecnia (allevamenti bovini e ovicaprini), dell'olivicoltura, del lattiero caseario e della filiera del tabacco, tutti per lo più concentrati nelle regioni del Nord del Paese;

gli agricoltori e gli allevatori del Mezzogiorno hanno finito con il godere di benefici assolutamente marginali delle suddette misure, pur essendo i principali finanziatori del fondo di cui al suddetto articolo 68, il cui valore si aggira intorno ai 420 milioni di euro e che, per oltre il 60 per cento, è alimentato dal prelievo operato sui premi per i seminativi, per l'olivicoltura, per gli ovicaprini e per l'ortofrutta. Inoltre, il 50 per cento del fondo servirebbe a finanziare gli interventi sulle assicurazioni, finora a totale carico del bilancio dello Stato, e solo una minima parte ritornerebbe alle aziende agricole del Meridione, mentre oltre 90 milioni di euro dei 146 previsti per gli interventi «accoppiati» è destinato alle principali produzioni del Nord, quali bovini da carne e bovini da latte, in coerenza con una scelta politica diretta verso interventi che emarginerebbero le regioni del Mezzogiorno, deficitarie proprio in tali produzioni;

per quanto riguarda l'ortofrutticoltura e l'olivicoltura, fortemente rappresentate nel Sud d'Italia, settori che da soli contribuiscono per oltre il 30 per cento all'intero fondo, è stata riservata la molto limitata somma di 6 milioni di euro per un incentivo ai soli oli d'oliva dop e igp, mentre gli interventi previsti per il grano duro sono stati destinati alle misure agroambientali, prevedendo solo un aiuto agli agricoltori che praticano l'avvicendamento triennale finalizzato alla copertura dei costi supplementari ed alla perdita di reddito connessa alla pratica colturale;

con la legge finanziaria per il 2010 non sono state risolte alcune questioni importanti come: la conferma delle agevolazioni per il gasolio agricolo, sia per l'uso in pieno campo che per l'impiego nelle serre e nel florovivaismo; la garanzia di un'adeguata dotazione finanziaria per il piano irriguo nazionale; la concessione degli sgravi contributivi per la formazione della piccola proprietà contadina, estendendo la validità del vigente sistema di trattamento fiscale ai casi di acquisto di terreni; la proroga del regime fondiario gestito di Ismea, in modo da favorire un miglior dimensionamento delle aziende agricole e l'ingresso dei giovani nel settore; l'adozione di un pacchetto di interventi anticrisi, così come è avvenuto in altri Paesi dell'Unione europea, quali la Francia, la Germania e la Spagna;

inoltre, la stessa legge finanziaria per il 2010 ha cancellato le agevolazioni previdenziali per le imprese agricole che operano nelle aree svantaggiate, comportando un onere aggiuntivo per gli agricoltori di circa 200 milioni di euro l'anno ed ha tagliato anche le agevolazioni fiscali sulle accise del gasolio per le coltivazioni sotto serra, per l'acquisto e la rivalutazione dei terreni agricoli, con un onere di oltre 150 milioni l'anno;

la previsione dell'autorizzazione per il 2010 dell'accesso al fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito centrale, per un importo di 20 milioni di euro, al fine di rafforzare le attività del fondo di garanzia nazionale e dei confidi agricoli e favorire l'accesso al credito alle aziende agricole, non ha prodotto i risultati sperati;

il settore agroalimentare in Italia è caratterizzato da una sempre maggiore attenzione del mercato a tutti gli aspetti legati alla qualità del prodotto/servizio acquistato. L'evoluzione dei consumatori, anche per effetto della globalizzazione dei mercati, ha portato ad una crescente richiesta di trasparenza, una «sete» di conoscenza delle caratteristiche dei prodotti e dei processi produttivi a garanzia della qualità e genuinità dei prodotti;

un mercato così evoluto richiede, necessariamente, alle aziende di tutte le dimensioni della filiera la capacità di gestire continuamente cambiamenti organizzativi, relativi sia alle aree di produzione e vendita che ai processi di supporto (approvvigionamento, marketing, gestione del personale e altro);

nel settore agroalimentare, che costituisce uno degli assi portanti della produzione italiana, si segnala, in particolare, un'eccessiva frammentazione degli operatori del settore. Nella filiera che parte dal contadino e arriva sulle nostre tavole, infatti, entrano in gioco una o più industrie di trasformazione, la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio e, spesso, anche vari intermediari, che si interpongono fra un anello e l'altro. A fronte di oltre un milione di produttori (includendo anche la pesca), si registrano oltre settantamila fabbriche coinvolte a vario titolo, più di duecentomila fra venditori all'ingrosso, supermercati e negozianti al dettaglio, e altre duecentocinquantamila figure che rivendono alimenti sotto altra forma, come bar e ristoranti, il tutto con l'inevitabile risultato conclusivo di un'eccessiva lievitazione del costo dei prodotti e, quindi, del prezzo finale, al fine di garantire a ciascuno un margine di guadagno;

in questo quadro è da registrare una sostanziale difficoltà da parte delle medie e piccole imprese dell'agroalimentare ad attivare le linee di credito in grado di sostenere gli investimenti. È anche per questo motivo che le aziende hanno, di fatto, bloccato l'attuazione dei piani industriali e di investimento, annunciando alle parti sociali di «attendere tempi migliori» per onorare gli impegni condivisi sul futuro dello sviluppo produttivo ed occupazionale dell'agroalimentare;

la dipendenza dalle politiche agricole dell'Unione europea del settore agroalimentare italiano, ove si alternano politiche protezionistiche sia contro che a favore dei prodotti italiani, crea delle difficoltà nelle analisi previsionali per capire la realtà economica in cui le aziende si devono muovere. Favorevoli all'Italia sono stati i riconoscimenti dei dop e igp da parte dell'Unione europea, che hanno portato aiuti alla produzione e sussidi all'esportazione;

nonostante i suddetti problemi e la crisi finanziaria in atto, alcune aziende italiane hanno fatto dei loro marchi un punto di forza dell'export. Il made in Italy di questo settore è richiesto all'estero non tanto per le materie prime, ma soprattutto per le ricette, la cultura, il lavoro degli imprenditori. Dunque, nel comparto export, negli ultimi mesi, il settore italiano agroalimentare ha, invece, registrato un aumento nelle esportazioni dei prodotti: vino (22 per cento dell'aggregato), frutta fresca e agrumi (14 per cento), pasta (12,4 per cento), legumi e ortaggi inscatolati (9,5 per cento), formaggi e latticini (8,7 per cento), prodotti dolciari (8,3 per cento). È andato bene anche per l'export dei prodotti di alta qualità: doc (denominazione di origine controllata), docg (denominazione di origine controllata e garantita), dop (denominazione di origine protetta), igp (indicazione geografica protetta). Questi prodotti hanno un valore aggiunto per la loro qualità e, di conseguenza, hanno un prezzo più alto e nonostante ciò prodotti, come il grana e diversi vini, hanno conseguito nell'export buoni risultati;

il settore agroalimentare, che, come è stato già sottolineato, si caratterizza come uno dei settori di punta dell'economia italiana, secondo solo all'industria metalmeccanica, e che contribuisce ad esportare l'immagine dell'Italia in tutto il mondo, negli ultimi anni è stato tuttavia scosso, oltre che dallo scoppio di diverse e gravi crisi alimentari di carattere internazionale, anche dalla scoperta nel nostro Mezzogiorno di veri e propri ghetti di lavoratori immigrati caratterizzati da pessime condizioni lavorative;

in Italia tutto il settore bieticolo è caratterizzato da una fortissima frammentazione produttiva, che colloca il Paese in una situazione di forte svantaggio strutturale rispetto ai concorrenti nordeuropei. Il numero di aziende bieticole, infatti, si aggira attorno alle 70.000 unità, con una superficie media che si attesta su livelli di gran lunga inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europaea. La bieticoltura è prevalentemente localizzata nel Nord, ove si concentra circa il 62 per cento della superficie nazionale e il 68 per cento della produzione;

a fronte della suddetta frammentazione, il settore della trasformazione industriale dei prodotti saccariferi ha subito un intenso processo di concentrazione e risulta attualmente caratterizzato dalla presenza di pochissimi grandi gruppi, processo favorito anche da un piano pubblico di risanamento del settore, varato nel 1983 per far fronte a una grave crisi di sovrapproduzione;

tutti i parametri di produttività, riferiti sia alla resa agricola sia alla resa industriale, vedono il nostro Paese largamente al di sotto degli standard di riferimento dei Paesi nordeuropei. Ciononostante, e anzi in alcuni casi proprio in ragione di tali difficoltà strutturali, la regolamentazione comunitaria ha concesso all'Italia un livello di protezione anche superiore rispetto a quello garantito agli altri Paesi;

i precedenti piani varati dai Governi che si sono avvicendati nell'ultimo decennio, che si basavano sul mantenimento della produzione di barbabietole da zucchero nelle tre aree del Paese di maggiore produttività, non sono valsi a scongiurare la forte crisi che sta attraversando il settore;

negli anni si è assistito ad una progressiva burocratizzazione della politica agricola comune, soprattutto con riferimento all'accesso ai contributi agricoli, finendo con il soffocare la vitalità del settore,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative volte a stanziare urgentemente, alla stregua di altri Paesi europei, come Grecia, Spagna e Francia, risorse finanziarie aggiuntive per sostenere il mancato reddito di quelle aziende agricole e zootecniche che registrano un forte indebitamento ed il rischio di chiusura;

ad adottare iniziative normative che prevedano la proroga per altri tre anni delle agevolazioni contributive per le aziende che assumono manodopera agricola e che operano in aree svantaggiate, come le zone montane e le regioni dell'ex obiettivo 1;

ad adottare un piano urgente di tutela e rilancio delle produzioni mediterranee;

ad aprire un confronto, in sede di rinegoziazione con la Conferenza unificata Stato-regioni e autonomie locali, per una distribuzione territoriale più equa dei finanziamenti previsti dall'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009, che, come nello stesso spirito della norma, dovrebbe rappresentare un valido strumento che permetta agli Stati membri di migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli;

ad avviare una semplificazione amministrativa finalizzata allo snellimento dei procedimenti per accedere ai contributi agricoli, che, a causa dell'eccessiva burocratizzazione, soffocano le aziende;

ad aprire con urgenza un tavolo di confronto con le associazioni degli agricoltori, al fine di individuare misure condivise per fronteggiare la crisi del settore agricolo e le sue prospettive future, impegnandosi affinché sia modificato il tetto massimo dei regimi de minimis, applicabili alle imprese che operano nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e che, attualmente, prevede un intervento non superiore a 7.500 euro in tre anni, aumentandolo a 50.000 euro, nel triennio, come avviene per gli altri settori produttivi;

ad adottare iniziative normative che prevedano la sospensione/moratoria dei pagamenti contributivi a carico delle aziende, la copertura finanziaria al piano assicurativo nazionale e le facilitazioni nell'accesso al credito, anche al fine di scongiurare lo stato di crisi di tutto il comparto agricolo;

ad attivarsi presso l'organizzazione comune di mercato dello zucchero affinché vengano mantenuti l'attuale regime delle quote e dei prezzi e l'assegnazione di quote di zucchero nazionali in linea con i consumi dei Paesi membri e perché siano confermati gli aiuti nazionali per la bieticoltura meridionale;

ad assumere iniziative finalizzate a prevedere incentivi di carattere fiscale che favoriscano l'aggregazione tra imprese o la costituzione di società ed associazioni fra produttori e manifattori, tali da ridurre i passaggi all'interno della filiera ed abbattere i rispettivi costi, o la realizzazione da parte di imprese più grandi di economie di scala che consentano di competere sui mercati internazionali.

(1-00390)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

agroindustria

azienda agricola

denominazione di origine

industria agroalimentare

industria di trasformazione

Mezzogiorno

politica agricola comune

regione mediterranea CE

settore agricolo

sostegno agricolo