Atto Camera
Mozione 1-00388
presentata da
DONATO RENATO MOSELLA
testo di
lunedì 14 giugno 2010, seduta n.336
La Camera,
premesso che:
con decisione del Consiglio dell'Unione europea del 20 febbraio 2006, sono stati definiti gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale, per il periodo 2007-2013, da cui sono emersi alcuni obiettivi principali sui quali vi è stata ampia convergenza: il mercato e le politiche di sviluppo rurale devono tendere ad uno sviluppo sostenibile, mostrando particolare riguardo alla promozione di prodotti sani e di qualità elevata, di metodi produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale, incluse la produzione biologica, le materie prime rinnovabili e la tutela della biodiversità;
da questo punto di vista l'azione della politica agricola comunitaria si concentra su determinati aspetti: competitività, ricerca e innovazione del settore agricolo e forestale; miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale; qualità della vita nelle zone rurali;
queste ultime, infatti, secondo una definizione dell'Ocse, costituiscono il 92 per cento del territorio dell'Unione europea, laddove il 19 per cento della popolazione vive in zone prevalentemente rurali e il 37 per cento in zone significativamente rurali; queste zone producono un valore aggiunto lordo pari al 45 per cento dell'Unione europea e garantiscono il 53 per cento dei posti di lavoro, ma risultano essere in ritardo per quanto riguarda tutta una serie di indicatori socioeconomici, rispetto alle altre zone non rurali; ne consegue che il reddito pro capite è di circa un terzo più basso nelle zone rurali;
inoltre, l'allargamento dell'Unione europea ha, in un certo modo, modificato la situazione dell'agricoltura europea, dal momento che nei vecchi Paesi membri rappresenta il 2 per cento del prodotto interno lordo, nei nuovi Paesi il 3 per cento, con picchi di oltre il 10 per cento in Paesi quali Romania e Bulgaria; anche il livello di occupazione nel settore agricolo segue un andamento simile, per cui nei nuovi Paesi è pari al 12 per cento, al 4 per cento in quelli vecchi e molto più elevato risulta essere in Romania e Bulgaria;
sebbene queste siano le intenzioni dell'Unione europea, ormai da alcuni anni il settore agricolo è al centro di continue difficoltà, rappresentate dapprima, tra la fine del 2006 e l'inizio del 2008, dalla bolla dei prezzi delle materie prime e delle commodity agricole (in particolare cereali) e, successivamente, proprio mentre la bolla si andava sgonfiando e i prezzi agricoli erano in forte discesa, si sono verificati gli effetti della crisi economica, con una contrazione del prodotto interno lordo, che nel 2009 è stata pari al -0,8 per cento a livello mondiale e al -4,8 per cento in Italia; e, benché tutti gli indicatori congiunturali indichino che il punto più basso del ciclo economico è stato toccato nel maggio del 2009, le conseguenze in termini reali sono tuttora evidenti e il peggio in termini occupazionali, con l'ulteriore riduzione dei redditi e dei consumi che ne deriva, si sta manifestando proprio nel corso del 2010;
nel corso della crisi dell'economia mondiale l'attenzione si è concentrata, soprattutto, sui settori dell'industria e dei servizi, sia per l'entità della contrazione della produzione del comparto manifatturiero (con una perdita cumulata del -16,8 per cento nei cinque trimestri della crisi), sia per il peso preponderante dei servizi nell'economia nazionale; invece, scarsa attenzione è stata dedicata all'impatto della crisi economica sul settore agricolo, in considerazione del fatto che l'agricoltura è stata tradizionalmente considerata come un settore anticiclico, ossia un settore che per le sue caratteristiche sarebbe in grado di assorbire e attutire gli shock macroeconomici, sia in un senso che nell'altro, e che, dunque, finirebbe con l'andare in controtendenza rispetto al ciclo economico generale: crescendo di meno quando l'economia tira e soffrendo di meno nelle fasi di recessione;
se è vero che l'agricoltura ha resistito meglio di altri settori, in forza di una maggiore flessibilità nell'utilizzo delle risorse, a partire dal lavoro, ed in virtù di un sistema di solidarietà familiare che ha contribuito a limitare le difficoltà di ricorso al credito, ciò non vale per i prezzi, che mostrano una variabilità molto più accentuata rispetto ad altri settori;
l'impatto della crisi sull'agricoltura è aggravato dal fatto che essa si inserisce in un quadro già difficile caratterizzato da prezzi fortemente calanti e da problemi specifici di alcune filiere (ad esempio, latte e zootecnia); inoltre, gli effetti negativi si fanno sentire maggiormente sulle aziende strutturate di medie e grandi dimensioni, che producono merci indifferenziate (commodity); soprattutto, la crisi mette in evidenza i mali antichi del settore agroalimentare; in particolare la presenza di una struttura di mercato largamente imperfetta lungo tutta la filiera;
nei cinque trimestri di recessione, la perdita cumulata dell'output agricolo è stata del -3 per cento, la perdita in termini di numero di imprese attive del settore agricolo è stata pari al -1,8 per cento; infine, nello stesso periodo, caratterizzato da perdita di occupazione in tutti i settori, si registra che la caduta dell'occupazione agricola rallenta (il tasso medio annuo passa dal -1,3 per cento, nel periodo che va dal primo trimestre 2000 al primo trimestre 2008, al -0,6 per cento del periodo della crisi); viceversa, la perdita di occupazione nell'industria si approfondisce drammaticamente, nonostante l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali (con un tasso medio annuo che passa dallo 0,7 per cento del periodo precedente alla crisi al -2,7 per cento durante i trimestri di recessione), mentre l'occupazione nei servizi diminuisce sensibilmente (dall'1,8 per cento del periodo pre-crisi al -0,6 per cento della crisi), ma con un certo ritardo, grazie alla maggior tenuta del lavoro nei servizi pubblici; la ragione principale di questa tenuta del settore agricolo dell'occupazione risiede nel tessuto di piccole imprese a conduzione familiare, che rende meno facile l'espulsione di manodopera, come sopra accennato;
nei primi sei mesi del 2009 le esportazioni diminuiscono del 24,2 per cento, con un leggero recupero del saldo negativo commerciale; il dato è leggermente migliore per i prodotti dell'agricoltura e dell'industria alimentare; Cina, India e Brasile determinano un aumento della domanda mondiale di beni di consumo, sostituendo, in parte, nel medio periodo la minore domanda dei Paesi sviluppati maggiormente colpiti dalla crisi; questo comporta una diversa composizione della domanda, con un aumento della domanda di beni primari a scapito di prodotti di alta gamma e di lusso; il made in Italy alimentare si colloca a metà strada tra questi estremi e non a caso soffre nei segmenti di qualità, le dop e le igp e nei tradizionali mercati di sbocco;
il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) sta creando forti preoccupazioni tra gli operatori del settore,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per liberare l'agricoltura italiana, a partire da quella del Mezzogiorno, da ogni influenza mafiosa e malavitosa, anche costituendo un osservatorio permanente formato con risorse tratte dalle forze di polizia, militari e della giustizia, nonché dagli operatori pubblici e privati del mondo agricolo e dalla società civile, promuovendo contestualmente accordi con le regioni e gli enti locali affinché, secondo le loro competenze, siano coinvolti nell'adozione di un pacchetto di misure a sostegno del settore agricolo fortemente colpito dalla crisi economica;
ad intervenire per contrastare le evidenti anomalie presenti sul mercato alimentare che la crisi rischia di amplificare;
ad attuare politiche atte a limitare la forte volatilità dei prezzi provocata dalle speculazioni di mercato e dal calo dei consumi;
a predisporre le premesse indispensabili perché le imprese agricole possano rilanciare la loro attività produttiva e favorire una nuova occupazione, in modo da essere realmente competitive a livello internazionale;
a sostenere il vero made in Italy attraverso la creazione di una vera e propria filiera agricola tutta italiana, con l'obiettivo di combattere le inefficienze e le speculazioni, di assicurare acquisti convenienti alle famiglie e di sostenere il reddito degli agricoltori;
a mettere in pratica tutte le iniziative necessarie a rendere maggiormente efficiente l'attuale sistema di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
ad assumere iniziative finalizzate a prorogare la fiscalizzazione degli oneri sociali per aziende operanti in territori svantaggiati;
ad adottare rapidamente quegli aiuti di Stato autorizzati dall'Unione europea per il sostegno delle imprese agricole in difficoltà a causa della crisi economica;
a convocare una conferenza nazionale dell'agricoltura ispirata al principio della massima partecipazione sociale e politica;
ad intraprendere ulteriori iniziative a sostegno delle categorie penalizzate dall'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo).
(1-00388)
«Mosella, Calgaro, Vernetti, Calearo Ciman, Brugger».