Atto Camera
Mozione 1-00345
presentata da
BRUNO TABACCI
testo di
martedì 16 marzo 2010, seduta n.299
La Camera,
premesso che:
il problema dello sviluppo dell'economia italiana, o meglio del mancato sviluppo dell'economia italiana, cioè del suo declino, va inquadrato nella giusta prospettiva dei mercati globalmente integrati, risultando la crescita del nostro Paese stabilmente al di sotto della media dell'Unione europea e degli Stati Uniti;
secondo fonti statistiche ufficiali, il declino italiano è confermato: dal livello dell'indebitamento netto; dal valore del debito pubblico espresso in percentuale del prodotto interno lordo (poco meno del 120 per cento contro il 70 per cento dell'area euro, esclusa l'Italia); dal livello della pressione fiscale, stimato al di sopra del 43 per cento, contro il livello medio rilevato nell'Unione europea, esclusa l'Italia, del 38,5 per cento; dal livello delle spese primarie correnti, in percentuale del prodotto interno lordo, attestato al 42,5 per cento contro il 43,5 per cento europeo; dal tasso di occupazione della popolazione attiva, attestato intorno al 59 per cento, contro un livello medio europeo del 66 per cento; dagli scoraggianti indici del valore aggiunto per occupato; dall'indice del prodotto interno lordo per ora lavorata;
si affaccia, pur nelle forme disuguali rilevate dagli organismi internazionali, una ripresa dell'economia mondiale, più accentuata nell'area Bric che non in quella delle economie avanzate;
non è sorprendente che l'integrazione globale non contenga adeguati correttivi alle debolezze locali dei mercati del lavoro e del prodotto e, quindi, alle condizioni dei consumi e dei risparmi;
la fragilità del trend di crescita non innesca robusti processi di ripresa dell'occupazione, non potendo contare in Italia su appropriate e incoraggianti politiche creditizie nei confronti delle strutture portanti della nostra economia, a partire dalle piccole e medie imprese;
il dato relativo alla diminuzione del prodotto interno lordo intorno al 5 per cento nel 2009 non può essere inteso correttamente se non nella prospettiva segnata dalla perdita di competitività del Paese, che si protrae da 15 anni, ininterrottamente, a causa della mancata realizzazione di riforme strutturali. In una condizione aggravata dal fatto che di esse, della loro fisionomia, della loro sostenibilità, della loro teleologica ordinazione al superamento delle crisi più acute, si ha consapevolezza diffusa sia in ambito politico, sia in ambito sociale, sia in ambito culturale, e tuttavia i Governi che si sono succeduti non hanno saputo trasformare la conoscenza in azione politico-amministrativa; in chiave di etica delle responsabilità, chi ha detenuto le leve dell'iniziativa governativa avrebbe il dovere, ove tuttora collocato in posizione attiva, di ammettere il proprio fallimento e consentire il necessario ricambio;
per ammissione di autorevoli rappresentanti della maggioranza, il disallineamento tra consapevolezza e interventi riformatori strutturali è da addebitarsi alla protezione politica trasversale di cui si avvantaggiano gli autori degli sprechi in ambito pubblico, le forze economico-finanziarie non competitive, in una spirale negativa che ha impedito di cogliere le opportunità di un decennio di crescita economica globale;
le proposte avanzate per arrestare e invertire la tendenza al declino continuano a poggiare, in una stanca prospettiva liberista, sulla tradizionale equazione che lega crescita, consumo e benessere, senza illuminarsi né della forza trascinante della cultura e della tradizione italiana come fattori di promozione della produttività individuale e generale, né della via tracciata sul piano internazionale per le politiche di creazione del valore, avendo cura di legare lo sviluppo, e il conseguente benessere, ai parametri dei beni ambientali, relazionali e culturali;
si tratta di parametri che non sostituiscono ma si aggiungono, per condizionarle virtuosamente, alle leve economiche ordinarie; non potendosi immaginare, come testimoniato dalla drammatica realtà quotidiana del nostro Paese, purtroppo anche nella prospettiva storica, che nella politica delle opere pubbliche si possa prescindere dalla salvaguardia dell'ambiente, che nelle politiche industriali si possa ignorare il primato del lavoro, che nelle politiche dello sviluppo si possa continuare a trascurare il ruolo della famiglia e delle altre realtà associative di cui è intessuto il sistema sociale italiano;
le perdite di produzione e di reddito sono ingenti, nonostante i meccanismi di protezione sociale abbiano arginato i più gravi esiti di espulsione di lavoratori e cittadini dal contesto produttivo e sociale;
la crisi ha aggredito il nostro Paese, e tutti gli altri, nonostante l'integrazione europea abbia portato ad una sostanziale stabilità dei prezzi e ad un controllo continuo ed efficace sui deficit pubblici. Cosi che diviene necessario, parafrasando un concetto espresso autorevolmente da Joseph Stiglitz, riflettere sul fatto che se il tenore di vita di molti cittadini si abbassa fino a comprometterne i valori culturali di base, allora sorge l'esigenza politica di una revisione sui modi, sui mezzi, sui fini scelti ed utilizzati nella costruzione dei modelli di sviluppo, nazionali, sovranazionali, internazionali e globali;
attingendo ancora al pensiero di Stiglitz, se i processi politici e il sistema economico hanno avvantaggiato pochi soggetti a scapito di tutti gli altri, allora è indispensabile ripensare, strutturalmente, il nostro sistema di produzione delle politiche generali, perché non risultino mai indifferenti ai principi democratici che sovrintendono al governo del Paese;
l'Italia sopporta una crisi prolungata gravissima e gli italiani ne soffrono sul piano personale e comune,
impegna il Governo:
a varare un piano organico di riforme strutturali che poggino sui seguenti pilastri:
a) rafforzamento dell'integrazione europea nella prospettiva di un più forte governo economico dell'Unione e rafforzamento del ruolo internazionale dell'Italia;
b) riforma della pubblica amministrazione, per la salvaguardia dell'enorme serbatoio di conoscenze tecniche e scientifiche insidiato da pratiche di occupazione di parte e per la valorizzazione del potenziale in possesso delle giovani generazioni amministrative;
c) elaborazione di un modello sociale compatibile con i vincoli internazionali e con i vincoli interni che sviluppi una politica della famiglia, una politica del lavoro, una politica della previdenza e dell'assistenza, una politica della protezione della salute, armonicamente assunte in un quadro unitario;
d) riforma fiscale organica capace di sostenere il delineato quadro riformatore, rendendo prioritaria la riduzione del cuneo fiscale, il consolidamento delle occupazioni, la previsione di un reddito di cittadinanza e la qualificazione della protezione sanitaria;
e) politica meridionalista, che, nel rispetto dell'autonomia regionale, faccia del Mezzogiorno il fine di uno sforzo unitario e corale del Paese, applicando il principio di «convergenza condizionata», e quindi realizzando con priorità assoluta le condizioni di funzionamento (infrastrutture essenziali, materiali e umane) dei principali fattori di convergenza;
f) riqualificazione del sistema produttivo mediante politiche industriali coerenti con i programmi europei, che affianchino l'iniziativa privata mediante regole e incentivazioni che possono produrre le migliori condizioni per la crescita delle dimensioni delle imprese italiane e contestuale elaborazione di politiche di incentivazione della creazione di aree di concentrazione produttiva;
g) destinazione alla ricerca, alle università, all'istruzione, alla formazione di risorse oggi indirizzate a sostenere settori terziari, in particolare nell'area delle comunicazioni, con scarsissima propensione alla creazione di valore;
h) piano di valorizzazione culturale del Paese per il suo rilancio nel mercato mondiale dei patrimoni artistici e ambientali;
i) elaborazione di politiche del credito funzionali al quadro di sviluppo del Paese, secondo linee condivise, al cui interno trovino soddisfazione le attese e le ragioni dell'imprenditoria italiana, in una condizione di pari opportunità produttive;
l) inversione del trend di abbandono dell'agricoltura nazionale, con un'incisiva azione in ambito europeo;
m) elaborazione, congiuntamente alle parti sociali, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, di un progetto nel quale i vincoli siano resi conoscibili dal Paese, ad evitare vane o miracolose promesse, miraggi, cadute democratiche.
(1-00345)
«Tabacci, Calearo Ciman, Calgaro, Cesario, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».